mercoledì 31 ottobre 2018

PERSA LA TAP I PENTASTELLATI CI RIPROVANO A TORINO


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Dopo la questione Tap il Movimento 5 stelle a Torino sta cercando di rifarsi una verginità perduta proprio per l'altra"grande opera"che sta interessando la Puglia dove i pentastellati avevano avuto percentuali bulgare nei paesi interessati dalla costruzione del gasdotto transadriatico(madn tap-perugli-nel-salento ).
Per fare un bilancio della tragicità politica e sociale italiana è da sottolineare il fatto che i principali favorevoli al progetto Tav siano il Pd e Forza Italia,sostenuti da Confindustria e tutti i sindacati confederali,in un percorso che riesce ad unire forze che un tempo si combattevano(magari con altri nomi)mentre oggi fanno affari tra di loro.
L'articolo(contropiano torino-il-consiglio-comunale-vota-no-alla-tav )parla della cronaca di un consiglio comunale dove per il momento si è scelto di fermare il progetto Tav aspettando la tanto famosa analisi dei costi e dei benefici(tra l'altro stilata da società che ci guadagnano con l'avanzare dei lavori in corso)per vedere se è più conveniente andare avanti o fermarsi.

Torino. Il Consiglio Comunale vota no alla Tav. Padroni, sindacati, Pd e Forza Italia infuriati.

di  redazione di Torino 
Il Consiglio Comunale di Torino ha detto stop alla Tav in attesa dei risultati dell’analisi costi/benefici. L’ ordine del giorno è stato approvato con 23 sì e 2 no e diversi consiglieri astenuti che hanno lasciato l’aula consiliare. I sostenitori della Tav, quasi tutti del centrosinistra, hanno esposto cartelli con le scritte  come “Torino dice sì alla Tav”. La protesta ha portato all’espulsione di alcuni consiglieri.

Contro il voto del Consiglio Comunale si sono scagliati i rappresentanti padronali, il Pd e Forza Italia (ormai sempre più in sintonia), tra questi i presidenti delle 11 associazioni d’impresa di Torino insieme alla Confindustria e a Cgil Cisl Uil (anche questi sempre più in sintonia).

Sotto alla sede del Comune si sono fronteggiati gli attivisti No Tav e i rappresentanti di Confindustria, Cgil Cisl Uil, Pd e Forza Italia favorevoli invece alla Tav. In mezzo un cordone di polizia per evitare contatti fisici tra i due gruppi contrapposti.

Sul tema delle grandi opere cresce la tensione anche nella maggioranza di governo. Un consigliere leghista a votato contro l’ordine del giorno, mentre il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il leghista Giancarlo Giorgetti è intervenuto per dire che “le cose che devono essere fatte si fanno”.

Anche per il vicepremier Di Maio il voto di Torino potrebbe diventare una nuova rogna dopo quella del Tap in Puglia, al quale il governo ha dato il via libera nonostante il M5S avesse cavalcato l’opposizione al gasdotto durante la campagna elettorale. Adesso i consiglieri M5S di Torino si sono espressi pubblicamente e ufficialmente contro la Tav mentre la Lega la sostiene.

venerdì 26 ottobre 2018

UN PICCOLO PASSO


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La notizia della risoluzione volta a mettere al bando le organizzazioni neonaziste e neofasciste in Europa ha secondo ma anticipato nel tempo i festeggiamenti ed i complimenti per quello che per ora rimane sulla carta non trattandosi di una mozione legislativa.
E' solo un invito a compiere altri atti concreti per far sì che le varie sigle e anche partiti di chiara matrice nazifascista cessino di esistere,ma comunque una buona base di partenza anche se negli anni a venire purtroppo magari queste formazioni,o meglio quelle più importanti per numero di elettori che le hanno sempre appoggiate riuscendo ad incamerare ad essi i loro voti,metteranno nel dimenticatoio questa mozione.
Il breve redazionale di Left(bruxelles-mette-al-bando-le-organizzazioni-neofasciste-forenza-gue-ngl-una-vittoria-storica )spiega quello accaduto a Bruxelles e le reazioni penso troppo entusiastiche ed ottimiste dell'euro deputata Forenza che assieme ad altre donne sono riuscite a portare ed approvare questo documento.

Bruxelles mette al bando le organizzazioni neofasciste. Forenza (Gue/Ngl): Una vittoria storica

di Redazione Left
Mettere al bando le organizzazioni neonaziste e neofasciste in Europa. Il Parlamento europeo in seduta plenaria ha approvato una risoluzione comune dei principali gruppi politici (GUE, S&D, Verdi, ALDE e PPE). «La risoluzione – spiega l’eurodeputata Eleonora Forenza (GUE/NGL) – condanna tutti gli attacchi violenti dei gruppi neofascisti e neonazisti in Europa, non ultimo quello accaduto la notte dello scorso 21 settembre a me, al mio assistente Antonio Perillo e altri per mano di un gruppo di Casapound di Bari». Il testo chiede all’Ue e agli Stati membri di garantire che siano effettivamente bandite le organizzazioni neonaziste e neofasciste e qualsiasi tipo di fondazione e associazione che glorifichi il fascismo e il nazismo. «Era dal 1999 che una risoluzione del genere non veniva approvata ed è una posizione importante del Parlamento in vista delle prossime elezioni» prosegue Forenza. «È un risultato enorme, ottenuto anche con la collaborazione di altre due femministe come Ana Miranda (Verts/ALE) e Soraya Post (S&D), e le relatrici degli altri gruppi politici Cecilia Wikström (ALDE) e Róża Gräfin (PPE). Il femminismo si conferma essere il principale e più potente antidoto contro il fascismo, il razzismo e il patriarcato. Una vittoria storica, no pasaran».

giovedì 25 ottobre 2018

IDIOZIA O IGNORANZA?


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Nell'epoca in cui la sfacciataggine,la maleducazione e un'ignoranza al massimo dei livelli storici si accomunano in politica e pure nella vita sociale di un paese,il nostro,gesti irrispettosi e stupidi,idioti come chi l'ha fatto,un tale Angelo Ciocca che quando ho letto il cognome non ci credevo,sono all'ordine del giorno e purtroppo capitano in luoghi che dovrebbero essere sacri alla politica e al dialogo.
L'articolo di Left(una-scarpa-un-leghista-e-una-ciabatta )entra nel merito del sovracitato che ha preso la lettera di richiamo di Moscovici e l'ha calpestata togliendosi una scarpa nella sede dell'Europarlamento di Strasburgo lasciando sbigottiti i presenti e coprendo di vergogna e di merda l'Italia,perché gesti così proprio dei cavernicoli li potevano compiere.
Essendo la base leghista simile come capacità intellettiva,anche chi rappresenta loro deve avere delle lacune cerebrali tanto da poter essere talmente deficienti da calpestare una missiva importante per il futuro del nostro paese,ma pensando alla limitatezza di questi esseri è già molto che non si sia usata una clava.

Una scarpa, un leghista e una ciabatta.

di Giulio Cavalli 
C’era una volta il mito delle suole consumate, valeva per l’attività politica, per il giornalismo, per i venditori di mestiere e per i viaggiatori infaticabili lavoratori. La fatica veniva misurata dai metri percorsi, come una certificazione non detta della bontà del lavoro svolto, e nell’attività politica il comiziare di piazza in piazza era sinonimo di presenza sul territorio. Non so se sono vecchio io ma ricordo esattamente anche le lunghe assemblee in cui i circoli di centrosinistra si interrogavano sulla presenza dei leghisti in mezzo alla gente, con una punta di invidia.

Bene, sappiate (nel caso in cui ce ne fosse ancora bisogno) che ieri si è svolto invece l’ennesimo episodio da premio Oscar della nuova presenza utile per sfamare la propaganda: l’esibizione della sguaiatatezza, con sprezzo del senso del ridicolo e addirittura con la fierezza di chi ha compiuto un’idiozia. A esserne stato protagonista è stato un eurodeputato leghista piuttosto onomatopeico (Angelo Ciocca, che scriviamo per onore di cronaca ma a cui non daremo la soddisfazione di essere ripetuto nemmeno mezza volta da qui alla fine dell’articolo) che in risposta alla bocciatura dell’Europa nei confronti della manovra scritta dal governo italiano ha pensato bene di interrompere la conferenza stampa del commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, imbrattando i suoi appunti con una scarpa. Ha scritto lo scarparo leghista:

«A #Strasburgo, HO CALPESTATO (con una suola Made in Italy!!!) la montagna di BUGIE che #Moscovici ha scritto CONTRO il #NostroPaese !!! L’Italia merita RISPETTO e questi #EuroImbecilli lo devono capire, non ABBASSIAMO PIÙ LA TESTA !!! Ho fatto bene ???»

Balzano all’occhio piccoli particolari, oltre all’idiozia del gesto: le maiuscole a casaccio per alzare la voce come quelli che non ascolta più nessuno per l’abitudine alle loro troppe cretinerie; i troppi punti esclamativi come prolungamento della propria mascolinità come se fossero un SUV ortografico; la confusione tra il non essere d’accordo e il non avere rispetto come concetto evoluto che dovrebbe essere già dei bambini alla scuola elementare; la bambinesca domanda finale (“Ho fatto bene ???” con il solito errore di spazi) che è il manifesto dell’arretratezza politica e dell’inadeguatezza culturale di chi cerca soci nel clan per non sentirsi solo e quindi sentirsi più intelligente.

Caro leghista, hai fatto bene: stai in un partito (e in un momento storico) in cui un rutto attira più like di un ragionamento ben scritto. Vomitate ciabatte e le chiamate riforme. Continua così, alimenta pure lo stesso gorgo che vi trascinerà a fondo. Le macchiette, del resto, con il tempo diventano solo degli aloni di cui vi vergognerete in futuro. Noi, dalla nostra, cominciamo già a vergognarci per te.

Buon mercoledì.

mercoledì 24 ottobre 2018

SGOMBERO CANTINE E FOGNE


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La farsa accaduta a Roma ieri durante il tentativo nemmeno cominciato di sgombero della sede di Cagapovnd finita a tarallucci e vino è l'ennesima dimostrazione di attaccamento viscerale da parte dei fascisti del nuovo millennio e la sbirraglia e i questorini di quello attuale(contropiano casapound-sotto-sgombero-ma-per-finta ).
Una storia cominciata ormai da quasi 15 anni quella dell'occupazione di uno stabile intero in Via Napoleone II in zona Termini,grazie alle concessioni di Veltroni e poi acquistato da Alemanno per quasi 12 milioni di Euro e tolta al demanio statale(madn il-mutuo-sociale-di-alemanno-favore-di ca$$a povnd ).
Il blitz annunciato da tempo non c'è stato,forse troppa gente impegnata negli arresti di Ostia per il clan Triassi,nemici degli Spada,o forse è stato il solito opportunismo politico per far parlare queste merde che alla faccia della Costituzione hanno spazio e agibilità.
E non si venga a prendere le difese di questi imbecilli e parlare di centri sociali di sinistra ed equipararli a questa sede di sei piani per 60 stanza dove questi ratti squittiscono allegramente e non hanno voglia di andarsene nonostante i proclami della sindaca Raggi,staremo a vedere se nel prossimo futuro ci sarà qualche svolta,consci del fatto che la derattizzazione non termina con una cacciata con la scopa ma con la dichiarata incostituzionalità di questo movimento.

Casapound sotto sgombero, ma per finta…

di  Redazione Contropiano
Difficile non notare la differenza di “trattamento” usato dalle cosiddette forze dell’ordine nel caso l’ordinanza di sgombero riguardi – come stamattina – un edificio occupato da fascisti conclamati. Addirittura orgogliosi di dichiararsi tali come Casapound.

Nel delirio sgomberativo che da qualche anno attraversa l’Italia, stamattina la Guardia di Finanza – su ordine della Corte dei Conti, non della Questura o del Comune di Roma – si è presentata davanti alla lussuosa sede di via Napoleone II, a due passi dalla stazione Termini. Sei piani e 60 stanze a disposizione dei picchiatori sempre impuniti.

Ma nessun blitz, anzi un appuntamento stabilito da tempo e senza troppe sollecitazioni.

Le prove erano iniziate già ieri pomeriggio, per eseguire un sopralluogo nel palazzo, di proprietà pubblica ma concesso loro ai tempi di Veltroni sindaco. E’ uno dei tanti motivi per cui, quando sentiamo parlare del Pd come forza “antifascista”, ci scappa sempre uno sghignazzo gigante.

Il sopralluogo era stato disposto per determinare – intanto – i danni provocati dalla lunga presenza dei “fascisti del terzo millennio”.

Ci si sarebbe attesi un atteggiamento “belligerante”, da parte delle guardie, almeno lontano parente di quello messo in atto dalla squadretta di vigili urbani che – per esempio a San Basilio – si erano prodotti un mese fa in un assalto e due arresti (due attivisti di Asia Usb e candidati di Potere al Popolo!) pur di riuscire a sfrattare un’anziana donna da un appartamento popolare per cui, oltretutto, pagava regolarmente l’affitto.

Macché. Le cronache riferiscono di “ una serie strette di mano tra i militanti del partito di estrema destra, un sorridente Davide Di Stefano in testa, e gli agenti della Digos in borghese inviati sul posto dalla questura per mediare e arginare possibili disordini”.

Tarallucci e vino, insomma, come tra vecchi amici…

Questa la realtà bruta.

Tutt’altro clima se invece dovessimo stare dichiarazioni rilasciate a beneficio della stampa: “Se entrate sarà un bagno di sangue”, sembra abbia detto il fratello del boss, Davide Di Stefano. E si può anche credergli, tra una stretta di mano e un sorriso ci vuole un attimo a che scorra il sangue a fiotti…

O era il vino?

lunedì 22 ottobre 2018

LA FUGA DALL'HONDURAS


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La sciagura della povertà accompagnata da movimenti migratori di intere popolazioni in difficoltà non riguarda solo l'Africa e i viaggi verso l'Europa ma un poco tutto il mondo,come dimostrato dalla recente marcia di centinaia di persone in fuga dall'Honduras verso il Messico e gli Usa.
Questa carovana di disperati è stata costituita per proteggere a vicenda le intere famiglie che cercano una via d'uscita da un paese povero e violento,controllato dai signori della droga e con un tasso di omicidi tra i più elevati al mondo.
L'articolo di Contropiano(una-carovana-in-fuga-dallhonduras )parla dell'impresa di queste persone che dopo aver avuto il permesso dal governo guatemalteco di attraversare il proprio territorio è pronto a entrare nello Stato messicano del Chiapas,disponibile a farli passare solo che il Presidente Nieto non è dello stesso avviso e sta presidiando il confine e ci sono i primi scontri.

Una carovana in fuga dall’Honduras.

di  Francesco Fustaneo 
L’Honduras è un piccolo stato di otto milioni e mezzo di abitanti, ubicato nell’America Centrale e confinante con Guatemala, El Salvador e Nicaragua. Come altri paesi dell’area qui la povertà è sempre andata a braccetto con l’instabilità politica, spesso sfociata in violente svolte autoritarie.

Aggiungete la presenza di alcune delle più cruente organizzazioni del narcotraffico continentale e uno dei più alti tassi di omicidio al mondo e capirete il perché siano in molti a paragonare questa terra all’inferno.

Da ultimo il dicembre dello scorso anno, il governo sospendeva le garanzie costituzionali e proclamava lo stato d’emergenza dopo che il Paese era caduto nel caos per le tensioni post elettorali. Già nel corso dello spoglio la situazione era divenuta assai turbolenta: lo scrutinio era poi proseguito, nonostante fosse stato più volte interrotto dal Tribunale Supremo Elettorale (Tse). Al termine, l’opposizione accusando di frode la commissione elettorale, disconosceva l’esito del voto per le presidenziali dalle quali emergeva la conferma di Juan Orlando Hernandez, appoggiato da Washington e ricandidatosi grazie a una deroga rispetto alla norma imposta dalla Costituzione e vincente con uno scarto di 52.447 voti sullo sfidante di sinistra, Salvador Nasralla, giornalista televisivo e uomo d’affari con un passato ai vertici di Pepsi Honduras.

Questa premessa solo per illustrare la cornice sociopolitica da cui ha origine uno dei più grandi esodi degli ultimi anni nell’area. Da San Pedro Sula, città ubicata nella parte nord occidentale del paese, infatti, un gruppo composto inizialmente da poche centinaia di persone, ha dato vita ad una carovana per fuggire e varcare i confini dello stato honduregno. Un viaggio lungo che li ha portati ad attraversare strade dissestate, fiumi e foreste a piedi o con mezzi di fortuna.

L’organizzatore della marcia, Bartolo Fuentes, sostiene che i partecipanti stiano scappando dalla povertà e dalla violenza:”in passato ci sono stati migliaia di uomini e donne del nostro paese che sono morti in Messico” ha affermato “non vogliamo che muoiano altre persone e non vogliamo che altri vengano attaccati, così abbiamo deciso di andare tutti insieme, per proteggerci l’uno con l’altro. Non vogliamo portare persone senza documenti in Messico, chiediamo quindi al governo messicano di dare rifugio a tutta questa gente che non può più vivere in Honduras e che non può aspettare e sperare che le cose migliorino. Chiediamo, per favore di darci l’opportunità di rifugiarci e di lavorare.”

Fuentes, attivista per i diritti umani ed ex deputato in Honduras, è stato poi arrestato martedì scorso dalla polizia del Guatemala e rispedito nel proprio paese. Alla carovana invece, che si è accresciuta lungo il cammino (si sarebbero aggregati anche centinaia tra salvadoregni e guatemaltechi) e attualmente si stima sia composta da circa 3000-4000 persone, incluso donne e bambini al seguito, è stato successivamente concesso dal governo guatemalteco di attraversare i propri confini.

La Carovana punta verso nord, direzioni Stati Uniti dove i migranti sarebbero intenzionati a richiedere l’asilo politico, ma prima dovrà attraversare il territorio messicano.

Manuel Velasco Coello, governatore del Chiapas, lo stato più meridionale del Messico, ha annunciato che non ostacolerà il cammino alla carovana. “Noi – ha affermato – abbiamo una politica di rispetto per i diritti umani dei migranti e di porte aperte. Sette centri di accoglienza straordinari saranno allestiti nella provincia di Soconusco.”.

Di parere opposto sarebbe Enrique Peña Nieto, presidente del Messico in carica fino al prossimo dicembre, intenzionato a evitare noie al suo governo, così da non replicare i momenti di tensione diplomatica già vissuti in passato con l’amministrazione americana per il passaggio di altre carovane di disperati. Nieto ha già inviato centinaia di poliziotti per presidiare la frontiera. Dalle ultime notizie pare che una parte dei “migrantes” si sia staccato dal resto del gruppo e sia comunque riuscito a sfuggire i controlli e ad entrare in territorio messicano. L’emittente Milenio Television ha affermato poi che una moltitudine di persone precedentemente stanziata al confine in ripari di fortuna, avrebbe successivamente fatto pressione sui cancelli riuscendo a forzare il blocco nei pressi di Tecùn Umàn accolta dai lacrimogeni e dalle manganellate della polizia messicana.

Dalla Bolivia a loro sostegno e contro questo intervento di forza sono arrivate le dichiarazione di Evo Morales: “noi condanniamo la repressione in Messico contro i fratelli migranti provenienti dall’Honduras, che dimostra la sottomissione agli ordini del Segretario di Stato (degli Usa, n.d.a.), Mike Pompeo  che si è recato nel paese per esportare queste azioni contro i diritti umani e la cittadinanza universale dei popoli”.

Il presidente americano Donald Trump dal canto suo, ha invocato arresti e deportazioni all’arrivo e intimato ai Paesi della regione centroamericana il taglio degli aiuti economici se non cesseranno con queste politiche di apertura delle frontiere per agevolare il transito dei migranti.

Per capire l’entità della minaccia, tra l’altro formalizzata nelle proteste dell’ambasciata statunitense basti pensare che solamente tra il 2016 e il 2017, gli Usa avrebbero inviato più di 175 milioni di dollari di aiuti  all’Honduras.

sabato 20 ottobre 2018

LA FESTA DEL CONDONO PORTERA' BENEFICI POLITICI ALLA LEGA


La burrasca nata dalle dichiarazioni di Di Maio sul testo approvato dal Consiglio dei Ministri e che secondo lui è stato manipolato,salvo non aver ancora presentato la denuncia promessa alla procura
della Repubblica,sta animando la vita politica italiana ed europea(madn incompetenze-italiane ).
L'articolo di Contropiano(grillini-in-crisi-alla-festa-del-condono )parla di quello che un reato alla fine non è,Di Maio e i suoi collaboratori,ministri,parlamentari e consiglieri hanno davvero firmato il patto col diavolo e la festa del condono va avanti fino a prova contraria,naturalmente verranno cancellate o limate le parti più vergognose per il quieto vivere con Salvini ma la frittata per il Movimento 5 stelle ormai è fatta.
Con grande soddisfazione leghista in quanto semplicemente più avvezzi a questi giochetti,e con un maestro come Berlusconi gli alunni si sono fatti furbi giocando d'astuzia nonostante le loro politiche siano malvagie e pura spazzatura economica e sociale.

Grillini in crisi, alla “festa del condono”.

di  Alessandro Avvisato 
Crisi sfiorata, crisi rimandata. Lo scontro tra Lega e Cinque Stelle è esploso in tutta la sua evidenza, senza troppi filtri e possibilità di “narrazioni” dal sapor di melassa.

Il mistero della “manina”, dopo l’aperta rivendicazione del maxi-condono voluto da Salvini & co, non è più tale: il testo uscito dal Consiglio dei ministri è quello che poi Luigi Di Maio ha disconosciuto in diretta tv dallo studio di Vespa, minacciando denuncia alla Procura e voto contrario in Parlamento.

Ma la denuncia, a 72 ore dal fattaccio, non è stata presentata. Quindi Di Maio sa perfettamente che “il reato” non è stato commesso (e sarebbe pure singolare invocare la magistratura per sindacare atti del potere esecutivo mentre li si sta ancora elaborando): quello è il testo da lui approvato, anche se ora lo nega.

E non votare la legge di stabilità alle Camere significa crisi di governo, l’esercizio di bilancio provvisorio (quindi l’annullamento di tutte le “misure” previste nel testo), aprire la strada che porta alle urne. Con un clamoroso fallimento alle spalle e nessuna possibilità di gestirlo.

Ce n’è abbastanza per concluderne che Di Maio ha cercato una via di fuga inesistente tra le pressioni interne al suo movimento (i “boatos” riferiscono di telefonate inferocite di Beppe Grillo a proposito del condono approvato in consiglio dei ministri, oltre ai comprensibili mal di pancia di attivisti che hanno passato una decina d’anni a gridare “onestà, onestà”) e la necessità di non rompere con la Lega.

Si è inventato dunque la “manina” misteriosa mentre provava a ribadire la fiducia in Salvini e compagnia bella. Ma quelli lo hanno scaricato alla grande, denudandolo nella sua pochezza e intestandosi senza problemi un condono che va ben al di là dei “65mila euro” concordati tra i due soggetti politici. Quello che viene fuori dal testo, infatti, non solo arriva a 100.000 euro, ma permette di “riparare” mancate denunce di reddito per ogni singola voce di evasione. Classicamente, per un’impresa, sia per quanto riguarda i versamenti contributivi, che per l’Iva, l’Irpef, e altre imposte. Ci vuole insomma un attimo per passare dai 100.000 euro al milione a suo tempo promesso dalla Lega. Se poi ci aggiungiamo la possibilità di “sanare” anche mancate dichiarazioni di più anni, i milioni si moltiplicano come il pane alle nozze di Canaa…

La domanda finto-ingenua è dunque: possibile che Di Maio e il suo staff di ministri e consulenti, in sede di Consiglio dei ministri, non si siano resi conto di che cosa stavano approvando?

Se si risponde positivamente, garantendone dunque la “buone fede”, i grillini di governo fanno la parte dei fessi raggirati dagli espertoni della Lega (che, di pratiche di sottogoverno, hanno fatto scuola con Berlusconi). Se invece l’avevano capito, fanno la parte di quelli “come gli altri”, pronti a qualsiasi sozzura pur di salvare la poltrona.

Di qui Di Maio e i suoi fedelissimi non possono scappare.

Fosse solo un problema interno al movimento Cinque Stelle, non sarebbe neanche particolarmente interessante occuparsene. E’ invece il primo, serissimo, “incidente di percorso” che mette in discussione il rapporto fiduciario tra gruppo dirigente grillino ed elettorato che ha fin qui creduto in loro. E’ questa la crisi che interessa chi, come noi, lavora alla costruzione della rappresentanza politica del nostro “blocco sociale”, in gran parte fin qui attirato dalla autocertificata “differenza” grillina.

Il focus politico principale è però sulla prossima, quasi programmata, crisi di governo. Per ora rientrerà, perché – come scrive il confindustriale Sole24Ore – “Matteo Salvini non può permettersi di far saltare il banco prima che le elezioni europee di maggio consegnino alla Lega il vessillo di primo partito in Italia e a lui quello di premier in pectore. Con lo spread a 327 punti, l’imminente bocciatura della manovra da parte della Commissione Ue, mettere fine al governo Conte è un azzardo che neppure Salvini può permettersi. Dunque, ci sarà a breve una riappacificazione tra i due vicepremier, sia pure fasulla, con tanto di sorrisi e pacche sulle spalle”. Si stralcerà la parte più ignobile del condono, con un breve tira-e-molla  che consenta ai due contendenti di salvare la faccia e rimandare a tempi migliori il regolamento di conti.

Ma l’establishment italiano ed europeo ha già emanato la sua sentenza: i grillini sono inaffidabili come forza di governo. Non perché siano “antagonisti” al sistema, tutt’altro… Sono inaffidabili perché la loro “cultura politica” – e quindi anche l’immaginario di chi ha avuto fiducia in loro – è fatta di princìpi astratti, slogan pubblicitari senza contenuto, interessi sociali marginali mal sintetizzati (dal punto di vista macroeconomico, anche se riguardano milioni di persone), rigidità formali incomprensibili a maneggioni abituati a farsi scrivere leggi su misura, evasione fiscale in primo luogo.

Ma se non puoi essere un partito-movimento affidabile per l’establishment industrial-finanziario, e al tempo stesso non hai mai voluto essere il referente politico degli sfruttati… a che titolo, in nome di chi,  pretendi di “governare un paese” peraltro sottoposto al vincolo esterno dei trattati europei?

Possiamo dirlo con altre parole: avrai pure fatto temporaneamente fortuna giurando di essere “né di destra né di sinistra”, ma al dunque – la prova di governo, ovvero delle scelte da fare a favore di uno strato sociale o di un altro – ti ritrovi dentro un sistema di trappole, senza armi culturali per dominare quella complessità e infine senza via d’uscita. Tranne quella, democristianissima, di gridare al “complotto”. Come un liceale un po’ imbroglioncello, convinto chissà perché di poterla far franca in ogni occasione.

Abbiamo sempre ricordato che pensare di trasformare un paese avendo come riferimento “la legalità” era una pia illusione. Non perché sia sempre meglio essere “illegali”, ma il buon motivo che le leggi fissano temporaneamente un determinato rapporto di forza tra classi sociali; insomma esistono per essere cambiate. E la politica si può fare solo cambiando la legalità esistente, per crearne un’altra.

Ma questo presuppone che tu abbia un’idea più alta rispetto alla legge. Che tu sia in grado di concepire e costruire consenso intorno a un’idea di giustizia sociale. Ovvero a una visione del mondo. Il che, purtroppo per i Cinque Stelle, costringe a girovagare tra destra e sinistra per cercare un rifugio non  improvvisato, magari creato da “pensatori da tastiera”.

La Lega una “cultura politica” – per quanto immonda e reazionaria, da combattere con tutti i mezzi – ce l’ha. I grillini no. E ora si vede benissimo.

E’ indicativo che questo disastro politico, comunicativo, di immagine, sia avvenuto alla vigilia dell’”evento” romano che doveva essere un festa per “la forza del cambiamento”, tra le ammonitrici rovine del Circo Massimo. Rischia invece di passare per la festa del condono”, con molta meno gente, meno entusiasta, con musi più lunghi e qualche sorriso stiracchiato, a beneficio di telecamera.

Noi, come sapete, riempiamo oggi ben altra piazza. Quella del conflitto sociale, per “riprenderci quel che è nostro”, per nazionalizzare imprese, infrastrutture e servizi strategici. Quella di San Giovanni.

venerdì 19 ottobre 2018

I BUONI RISULTATI DELLE INDUSTRIE STATALI


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In un periodo nel quale le percentuali contano in una maniera fondamentale ma anche inquietante,anche lo spostamento di uno 0,1% può essere favorevole o deleterio,e l'analisi fatta e proposta da Contropiano(lindustria-pubblica-fa-incette-di-commesse )fa il punto sulle commesse ricevute dagli ultimi colossi industriali rimasti in parte nelle mani dello Stato.
Infatti aziende come Finmeccanica e Fincantieri hanno ordinativi che ne fanno impennare le percentuali e con essi i ricavi e anche le appetibilità future,in quanto in molti settori rimaniamo ancora eccellenze,nonostante i nomi che girano nelle relative amministrazioni e soprattutto gli stipendi siano vergognosi(e con esse le buonissime uscite).
Dallo smantellamento dell'Iri cominciato nel 1993 e la definitiva liquidazione avvenuta dopo dieci anni con la progressiva privatizzazione in settori nevralgici per l'economia di una nazione,il controllo diretto dello Stato si è man mano affievolito con i risultati pessimi che sono sotto gli occhi di tutti,con una qualità dei servizi e dei beni peggiorata e che in molti casi ha provocato tragedie.
I settori della metallurgia,delle auto,delle costruzioni navali,quello aerospaziale e delle telecomunicazioni oltre quelli della chimica,dell'informatica e dei trasporti,una volta erano il fiore all'occhiello dell'industria di beni e di alcuni servizi italiani,e in parte se non tutti dovrebbero ritornare sotto il controllo statale per riportarli in auge e per essere davvero alla portata di tutte le persone che con i loro contributi riescono a mantenerle attive e produttive,anche perché ormai sono quotidiane le notizie che vedono aziende ed industrie del settore privato in mano a rappresentanze estere,vuoi per profitti o per necessità.

L’industria pubblica fa incette di commesse.

di  Pasquale Cicalese 
Il 16 ottobre scorso l’Istat ha pubblicato i dati relativi agli ordinativi nel mese di agosto. Hanno avuto un aumento congiunturale del 4,9% e un aumento anno su anno dell’11,2%.

Luca Orlando, analista economico congiunturalista del Sole 24 Ore, il giorno dopo ha scritto che l’aumento era dovuto a maxi commesse nel settore dei trasporti, principalmente Fincantieri e Leonardo Finmeccanica.

Oggi sono uscite alcune notizie che danno l’Idea che se ci fosse l’Iri questo Paese potrebbe prendere tutt’altra piega. Fincantieri ha avuto una nuova maxi commessa per costruire quattro navi da crociera per il gruppo italo elvetico Msc. Eni ha ottenuto un contratto di esplorazione in un maxi giacimento in Mozambico. Secondo il Corriere Mediobanca, advisor del gruppo ferroviario pubblico Fs, sta valutando una due diligence per valutare un ingresso di Trenitalia in Alitalia con uno scambio di equity da 400 milioni di euro.Su Milano Finanza di oggi c’è la notizia che Banco Posta, braccio finanziario di Poste Italiane, potrebbe entrare nella compagine azionaria di Monte Paschi di Siena, una soluzione avversata da Bce, Banca d’italia e Commissione Europea che obbliga alla privatizzazione della banca senese.  Infine, alla fiera Helitech di Amsterdam Finmeccanica ha avuto un pieno di ordini tale da coprire già l 90% dell’order book del 2019 con produzione assicurata. Inoltre è in ballo per alcune maxi commesse in Giappone, Corea e Canada per elicotteri navali del valore di 4 miliardi di euro.

Come si sa già, Leonardo Finmeccanica dovrebbe firmare entro la fine di questo mese un deal con il colosso cinese aerospaziale Carmac per progetti comuni del valore di 20 miliardi di euro nell’arco di dieci anni.

E’ la nemesi del capitalismo di Stato nei confronti di un’imprenditoria privata che da decenni arranca o vende i gioielli, e che si presta ogni giorno a dare lezioni alla politica su come gestire l’economia. Sui siti finanziari c’è da mesi un flusso di notizie che racconta i successi industriali delle industrie pubbliche rimaste, mentre a Genova si celebrava la tragedia delle privatizzazioni. Un giorno si farà un bilancio di quella stagione, ma di certa già oggi è chiaro che aver smantellato l’Iri ha significato la fine dell’industria italiana. E non pochi piccoli e medi imprenditori quasi vorrebbero che si ricreasse un panorama industriale pubblico che faccia da cerniera a commesse e appalti per loro. Lo scherzo della storia.

giovedì 18 ottobre 2018

INCOMPETENZE ITALIANE


Ormai il governo italiano è sempre più un reality show con colpi di scena e dichiarazioni da fuoco d'artificio e la prova la si è avuta nuovamente nel"salotto buono"di Vespa che come altri luoghi in Italia sostituisce le camere dove si dovrebbe parlare e fare politica.
Qui entrano in gioco i grillini,incompetenti,inaffidabili,ingenui forse mentre la Lega che ormai da anni bazzica a Roma non più ladrona è più scaltra e decisamente più dentro i giochi di potere:Di Maio che dice al popolo italiano che la legge di stabilità,nello specifico alcuni punti che riguardano la pace(condono)fiscale(madn pace-fiscalecondono ),è stata manomessa prima di essere stata inviata a Mattarella è una bomba politica.
Ma non finisce qui perché la Presidenza della Repubblica ha dichiarato di non avere ricevuto ancora nessuna documentazione formale,ed entra in scena anche il premier Conte che come al solito cade delle nuvole ma ancora senza schiantarsi edice che si rileggerà il tutto e nel caso modificherà i punti sotto accusa.
Che altro non sono che la possibilità a criminali mafiosi o meno di poter usufruire del condono su soldi riciclati e su immobili e conti esteri,in pratica un grosso regalo uscito fuori non si sa come dal pastrocchio di questa legge.
Nell'articolo(contropiano.org/news/politica )questo gioco di prestigio che come sottolineato in un paese normale,si litiga sempre a volte sia in maggioranza che in minoranza ci mancherebbe,su di una proposta di legge così basilare ed importante per il lavoro di un esecutivo con accuse sottaciute ma anche non troppo,vi sarebbe lo scioglimento di questa alleanza oppure un ritorno alle urne nel caso non se ne trovi una nuova...sempre che non nasca un governo tecnico.

La “manina” che strozza l’accordo Lega-M5S.

di  Alessandro Avvisato - Giorgio Cremaschi 
Che il governo a tre presentasse problemi di tenuta fin dall’inizio, ci era abbastanza chiaro. Mettere insieme blocchi di interessi sociali diversi (Lega e M5S), entrambi posti sotto tutele contabile da parte dell’Unione Europea (Tria, Mattarella, Moavero Milanesi), significava disporsi a camminare sul filo mentre soffia tramontana.

Però che il bubbone sarebbe esploso così presto, effettivamente, era un po’ difficile da prevedere, anche per il più speranzoso dei “gufi”.

Ieri sera il vicepremier e ministro Luigi Di Maio ha utilizzato il megafono tardo-democristiano di Bruno Vespa per buttare lì una bomba politica di prima grandezza: «Non è possibile che vada al Quirinale un testo manipolato» che riguarda la pace fiscale. «Domani sarà depositata una denuncia alla procura della Repubblica».

Stiamo parlando della più importante legge dello Stato – quella di “stabilità”, che regola entrate e uscite per il prossimo anno – su cui già ora la Commissione Europea ha anticipato il veto, aprendo quindi un contenzioso dalle incerte conseguenze (è la prima volta che accade, nella Ue). Una legge che, garantisce il Quirinale, non è neppure ancora arrivata sul tavolo del presidente della Repubblica, come se in due giorni il “camminatore” non fosse riuscito a coprire i 500 metri che separano Palazzo Chigi dal Colle. Una legge che – una volta approvata dal Consiglio dei ministri – nessuno può azzardarsi a modificare senza aprire un confronto politico nel governo.

I problemi sono parecchi, ma di due tipi, fondamentalmente.

Il merito della “manipolazione”. Su questo Di Maio è stato chiaro. «Nel testo che è arrivato al Quirinale c’è lo scudo fiscale per i capitali all’estero. E c’è la non punibilità per chi evade. Noi non scudiamo capitali di corrotti e di mafiosi. E non era questo il testo uscito dal Cdm. Io questo testo non lo firmo e non andrà al Parlamento. Questo è un condono fiscale come quello che faceva Renzi, io questo non lo faccio votare. Non abbiamo mai chiesto né parlato di scudare capitali all’estero e tanto meno di prevedere l’impunità per gli evasori. Non abbiamo mai discusso di questi temi e soprattutto mai pensato a dare l’impunità per il reato di riciclaggio».

Si tratta di temi contro cui i Cinque Stelle hanno costruito gran parte della loro fortuna politica, quindi impossibili da avallare senza perdere automaticamente l’aura di “onestà” che li ha portati a diventare il primo partito nel paese.

La “manina” che avrebbe apportato le modifiche è certamente competente, sia in in materia economico-legale, sia in equilibri politici.

Secondo la denuncia (solo politica, per ora) di Di Maio la possibilità di “pace fiscale” (pagando il 20% del dovuto, senza sanzioni e interessi) sarebbe stata in modo fraudolento estesa a due imposte che riguardano proprietà e attività fiscali extra-confine (Ivie e Ivafe), che riguardano gli immobili all’estero e l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero. Insomma, una specie di “scudo fiscale” per i capitali oltre confine.

Proprio come quello varato a suo tempo – con dettagli leggermente diversi – da Berlusconi-Tremonti, Renzi-Padoan, ecc. Come “governo del cambiamento” non c’è male…

In questi ultimi anni, quelli renziani, si chiamava voluntary disclosure, anzi è ora persino più benevola (la vecchia voluntary prevedeva il pagamento di tutto il dovuto, mentre ora gli evasori pagherebbero solo il 20%; bello sconto, vero?).

Ma c’è ovviamente di peggio, visto che la stessa “manina avrebbe” autorizzato anche uno scudo penale per chi presenterà la dichiarazione integrativa. Se, come c’è scritto nel testo “taroccato”, non c’è punibilità per “dichiarazione infedele, omesso versamento di ritenute e omesso versamento di Iva”, questa “facilitazione” varrebbe automaticamente anche in caso di riciclaggio o impiego di proventi illeciti. Un po’ troppo sfacciati, dài…

Altri argomenti spinosi già non mancavano, visto che la formula usata per delimitare la sanatoria di fatto esclude gli “evasori per necessità” (di cui si riempiono la bocca tutti i leghisti ospitati nei talk show), mentre ci rientrerebbero gli evasori totali, quelli che non vogliono pagare nemmeno davanti a una pistola puntata. Lo sconto sulle imposte si applica infatti sul “maggior reddito dichiarato” (nascosto al fisco), ma non a chi ha dichiarato tutto e poi non ha versato le imposte perché non aveva i soldi.

Il secondo ordine di problemi è tutto politico, invece.

Se c’è stata davvero una “manina” competente che ha provato a far passare condoni non concordati tra i “tre governi in uno”, si tratta di scoprire a chi appartiene. Non è una indagine complessa, perché può essere stato solo un ministro o un vice, o il sottosegretario alla presidenza del consiglio (il leghista Giorgetti).

Se invece era già tutto scritto così come si legge oggi, allora i ministri grillini – e tutto il loro staff, Giuseppe Conte compreso – semplicemente non avevano capito che cosa stavano elaborando di concerto con la Lega e Tria.

In entrambi i casi, però, questo governo sta insieme con lo sputo. Perché nel primo caso i leghisti sarebbero i nuovi berlusconiani, interessati soprattutto a fare gli interessi delle imprese, qualsiasi cosa facciano (evasione fiscale compresa); disposti a tutto, anche a taroccare la prima legge dello Stato infilandoci nottetempo frasi opportunamente scelte. Nel secondo, perché i grillini sarebbero degli incompetenti totali che poi buttano per aria il tavolo quando si accorgono di essere stati presi per il naso.

Sia chiaro. Queste cose accadono nella normale dialettica politica di qualsiasi governo in qualsiasi paese, ma hanno altrove un esito obbligato: lo scioglimento dell’alleanza di governo e la formazione di uno nuovo, oppure elezioni anticipate. L’unica alternativa in mano al ministro o partito che si ritiene truffato è infatti una sola: tacere e dunque cercare di rifarsi in un’altra occasione (a parti invertite), oppure denunciare davvero tutto e far saltare l’alleanza.

L’unica cosa che non si può fare è proprio quella provata fin qui da Di Maio: denunciare e continuare ad andare avanti come prima.

Ci sembra perciò altamente utile il sarcasmo del commento di Giorgio Cremaschi alla vicenda.

E adesso pover’uomo?

Questa davvero è un cambiamento, robe così non risultano agli archivi. Di Maio annuncia che denuncerà alla Procura della Repubblica la manipolazione del suo decreto fiscale del suo governo. Egli stesso ammette che quel testo contiene uno scandaloso condono, e anche una salvaguardia sul piano penale, per chi ha riciclato all’estero capitali sporchi. Mafie, corruttori e corrotti vari ringraziano.

Di Maio annuncia solennemente in TV che tutto questo è avvenuto a sua insaputa e che per questo andrà dal giudice. Ma chi denuncerà il vice presidente del consiglio? Salvini che conferma integralmente il provvedimento? Conte che come al solito non sa nulla? Tria che complotta nel buio? Castelli che non ha controllato i testi? O sé stesso per manifesta incapacità? Non lo sa Di Maio cosa approva? Non ha dei collaboratori che leggano i testi per lui? Non lo sa, il pover’uomo, che condono chiama condono? Che questa sanatoria sempre più vergognosa non riguarda solo l’evasione fiscale, ma anche quella dell’IVA e dei contributi previdenziali?

E siccome il testo non è ancora pubblico, finora neppure è arrivato al Quirinale, chissà quante altre porcherie contiene, come il decreto Genova nel quale una manina a cinquestelle – così dichiara Salvini – ha inserito la sanatoria per le case abusive di Ischia.

Che scambio di gelide manine tra Di Maio e Salvini: io metto una cosa a te, tu metti una cosa a me.

Ora però Di Maio annuncia, il che vuol dire che non è proprio detto che lo faccia, una denuncia in Procura.

Pover’uomo o ci fa o ci è, se fosse un concorrente de La Corrida a questo punto sarebbe travolto dai campanacci, ma come vicecapo del governo gode ancora del residuo credito che gli deriva dal discredito dei suoi predecessori. Di Maio deve tutto a Renzi, che come lui aveva inizialmente maturato un grande consenso, ma questa eredità si sta consumando rapidamente.

A sua insaputa.

mercoledì 17 ottobre 2018

MA LA FRANCIA E' ANCORA LA CULLA DELLA DEMOCRAZIA?


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La democrazia di facciata dell'Europa,ricca di propaganda e di slogan,sotto sotto è falsa ed è rivolta solamente a ben poca parte della popolazione,dovrebbe essere per tutti ma di fatto non lo è,e le perquisizioni volute dal Presidente francese Macron nella sede di France Insoumise,la creatura politica di Jean Luc Melenchon,è l'attualità della democrazia occidentale stessa.
Infatti ieri(contropiano macron-fa-perquisire-jean-luc-melenchon )ci sono state irruzioni e perquisizioni anche personali dello stesso leader della sinistra d'oltralpe e di alcuni suoi collaboratori nonché del segretario generale del gruppo all'assemblea nazionale,una vera e propria intimidazione di Macron che messo alle strette in un periodo di basso consenso e con le piazze in costante tumulto,azione che potrebbe costare cara più a lui,ha cercato di attuare forzando e di molto la mano.
Infatti come spiegato nell'articolo di Contropiano(la-democrazia-in-francia-fine-di-un-illusione )c'è stata una fuga di molti socialisti nelle file di FI,mentre En Marche!,la costola degli stessi socialisti fondata da Macron che come il Pd è più di destra,nemmeno più di centro,come detto potrebbe perdere molti punti percentuali così come stanno le cose per la data delle elezioni europee.
Un fatto molto grave che fa venire in mente i metodi sbrigativi di alcune dittature di eliminare i propri avversari politici(da quella fisica di Matteotti col fascismo a quella politica di Lula in Brasile come uno degli ultimi esempi più eclatanti),aggravati dal fatto che la Francia è una delle culle della democrazia che come detto in principio ormai è solamente una sigla e non un sistema di governo in cui il popolo è sovrano.

La democrazia in Francia: fine di un illusione.

di  Giacomo Marchetti – Potere Al Popolo Genova 
La provocazione politica ordita ieri contro Jean Luc Mélenchon e la France Insoumise, ma con ogni probabilità preparata da tempo, rischia di divenire un gigantesco boomerang per Macron.

Ad un anno e mezzo dall’inizio della sua elezione come presidente e dell’affermazione di En Marche! si trova ai suoi minimi storici di consenso secondo i sondaggi, avendo fallito tra l’altro nei suoi obiettivi dichiarati di “moralizzare” la vita politica e di nominare un governo “che duri”.

Il presidente dei ricchi ha visto scoppiare numerosi scandali che hanno coinvolto il suo più stretto entourage, ha conosciuto numerose defezioni tra i suoi fedelissimi e le persone “più popolari” del suo staff governativo, ha dovuto procedere a numerosi “rimpasti” di cui l’ultimo realizzato proprio ieri, ormai avendo palesemente esaurito le risorse umane che aveva a disposizione.

Oltre a questo, si ritrova di nuovo le piazze piene per contrastare le scelte da lui operate, come è avvenuto il 9 ottobre o a più riprese di recente sulla questione ambientale, dopo le dimissioni del suo ministro per la transizione ecologica.

Sul piano internazionale, il rilancio dell’asse franco-tedesco si era già arenato lo scorso anno a causa delle difficoltà incontrate dalla “GroKo”  in Germania (Grosse Koalition tra Cdu e Spd); problemi tutt’altro che risolti come dimostrano le recenti elezioni in Bavaria che hanno fortemente penalizzato due tra le formazioni principali che la compongono.

Allo stesso tempo il suo tentativo esportare il modello En Marche! per le prossime elezioni europee, cambiando le geografie degli schieramenti così come era riuscito a fare nell’Esagono, è fallito anche a causa della mancanza una solida base impiantata a Bruxelles.

Di fronte a questo isolamento all’interno e all’esterno, il movimento guidato da Jean-Luc Mélenchon aveva apertamente lanciato la sfida, questa fine estate, al proprio meeting di Marsiglia, in cui veniva specificata la strategia di trasformare le prossime elezioni europee in un referendum contro Macron e contro le sue “politiche fotocopia” imposte dall’Unione Europea.

E proprio lunedì Mélenchon ribadiva che era “pronto” a governare, sicuro della scossa tellurica che verrà data dalle urne a Macron il maggio prossimo…

In questo contesto proprio la France Insoumise si stava affermando come polo in grado di coagulare all’interno di un rinnovato “Fronte Popolare” un arco di forze abbastanza trasversale e soprattutto di catalizzare l’interesse di quel blocco sociale tradizionalmente “escluso” dai meccanismi della rappresentanza, come gli abitanti dei quartieri popolari oggetto di una campagna mirata; la proposta di un “contre-budget” per l’anno prossimo raccoglieva le istanze di questo blocco trasformandole in programma di governo insieme alla questione ecologica, divenuta sempre più perno della proposta degli insoumis.

Quindi la scelta dei tempi per questo colpo di teatro – da parte di Macron – era stata perfetta, tesa a screditare ed intimidire prima che FI preparasse al meglio la “spallata” per le europee.

Un giorno dopo l’esposizione al pubblico del documento di programmazione economica alternativo proposto dalla France Insoumise, in contrapposizione a quello della maggioranza del leader di LREM – il “contre-budget” appunto –; pochi giorni dopo l’uscita dell’eurodeputato Maurel e della senatrice Lienemandal dal Partito Socialista per convergere su France Insoumise; e dopo la decisione di Jean-Luc Laurent del Mouvement Républicain et citoyen di partecipare alla ricerca di una lista comune con la FI (una scelta che Maurel, in una intervista a “Le Monde” di sabato 13 ottobre, dichiara sarà seguita da centinaia di quadri e di eletti locali nelle fila del PS) scatta la “rappresaglia” per i successi politici ottenuti.

Successi ormai in grado di proiettare una alternativa come possibilità concreta, mentre il PCF appare ormai ripiegato su sé stesso dentro una cornice identitaria senza sbocchi, e il movimento Génération.s di Benoit Hamon non è decollato e il Partito Socialista resta in crisi cronica, amputato della sua ala sinistra.

Ma la determinazione di Mélenchon e degli altri dirigenti nel saper respingere questa provocazione, denunciandone i connotati politici sotto il pretesto di due inchieste giudiziarie (i Pm, in Francia, dipendono dal governo, non sono “indipendenti”), rischiano di mandare in tilt la strategia macroniana, rendendo evidente ai più questo maldestro tentativo di liberarsi del suo più temibile avversario e ridurre il consenso di cui gode.

Il leader di France insoumise è un avversario che peraltro ha ispirato un arco di forze europee non proprio gradite alle oligarchie continentali, il cui interesse per le politiche ha travalicato la Manica durante il festival politico collaterale all’ultimo congresso dei neo-laburisti di Corbyn.

C’è da chiedersi: una rappresentanza politica che ha guidato il processo d’integrazione europea, ora in forte crisi, e che sembrava aver trovato in Macron il suo enfant prodige per dare nuova linfa al progetto, quando può sopportare di vedersi tra i piedi un Mélenchon?

La FI di fronte all’intimidazioni ha saputo reagire e chiamare all’appello i propri militanti, per difendere e “riprendersi” le sedi perquisite sia di FI che del Partie de Gauche (in Francia, a quanto pare, i partiti di sinistra sanno come stare in un movimento più ampio…), mostrando lo stato dell’arte della democrazia in mano a Macron.

Di fronte alla pressante richiesta di spiegazioni rispetto al ruolo del suo pretoriano Benalla, coinvolto nel pestaggio di alcuni manifestanti durante la mobilitazione del Primo Maggio, insieme ad uno stipendiato di LREM, Macron aveva detto con spocchia: “che mi vengano a cercare”.

“Lo Stato sono io”, in pratica.

Non c’è migliore rappresentazione plastica delle immagini che sono apparse durante tutta la giornata di “contrapposizione” tra deputati con la fascia tricolore che gridavano “Resistenza, Resistenza” e che più volte hanno sfiorato la bagarre con le forze dell’ordine che occupavano le sedi, per simboleggiare non solo la fine definitiva della narrazione macroniana, ma la crisi definitiva del presidenzialismo della Quinta Repubblica, che è ormai una monarchia repubblicana in cui un autocrate risponde solo a se stesso e coltiva spudoratamente i propri affari.

Lo stato d’eccezione permanente da ieri è attuato non solo per gli abitanti delle periferie, per i contesti di resistenza territoriale o di combattività operaia, o le “ex” colonie, ma per l’opposizione istituzionale tout court.

Vi ricordate le parole dell’Odio di Kassovitz girato a metà anni Novanta?

Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio…

martedì 16 ottobre 2018

UNA MANOVRA DI PROPAGANDA PIU' CHE DI CAMBIAMENTO


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Allo scadere della mezzanotte di ieri in linea con la scadenza fissata dall'Europa,il governo italiano ha presentato la proposta del decreto fiscale e del disegno di legge sul bilancio approvate dal consiglio dei ministri dopo un lungo braccio di ferro tra leghisti e grillini.
Si è arrivati ad un compromesso un poco su tutte le questioni più importanti di questa manovra più di propaganda che dei reali contenuti che andranno a fare tirare un sospiro di sollievo agli evasori fiscali e alle piccole imprese ed ai professionisti(coloro che maggiormente fanno a guerra col fisco e che spesso si dimenticano di adempiere ai loro obblighi e doveri),che tra l'altro sono la base dell'elettorato leghista e pentastellato.
Il redazionale di Contropiano(una-manovra-di-cosette-e-tanta-propaganda )in poche righe spiega bene che cosa si è approvato e a che cosa andrà incontro questa manovra,partendo dal giudizio della commissione europea con la concreta possibilità di drastiche modifiche fino all'iter parlamentare successivo.
Inoltre sono spiegate una ad una le voci più significative di questo decreto:pensioni,taglio delle pensioni d'oro,la flat tax,il reddito di cittadinanza e il condono,scusate,la pace fiscale e le conseguenti problematiche attuative,in linea con un sostanziale discostamento dalle linee di austerità precedenti ma con i possibili fruitori che non sono la base povera della popolazione ma bensì non proprio i ricchissimi ma il ceto medio alto degli italiani.

Una manovra di “cosette”, e tanta propaganda.

di  Redazione Contropiano 
Una manovra di piccole cose, che nel loro insieme muovono grandi cifre, ma che non incideranno in modo sostanziale nella vita delle diverse fasce sociali cui si è venduta una “rivoluzione” o un “grande cambiamento”. L’unica cosa vera, per il momento – il testo della legge di stabilità è per definizione un canovaccio sempre modificabile, dalle obiezioni dell’Unione Europea fino al consueto “assalto alla diligenza” in Parlamento – è un lieve scostamento dalla direzione fin qui imposta dalle politiche di austerità. Ma anche questo più enfatizzato che reale.

Ieri sera il consiglio dei ministri ha approvato il decreto fiscale, e il disegno di legge sul bilancio, trovando alla fine la “quadra” tra le ambizioni leghiste e quelle grilline, entrambe sorvegliate dalla necessità di “mantenere in ordine i conti”, come vuole la Ue e il suo garante Tria.

E’ utile non tenere conto, nell’analisi delle varie misure, di quanto declamato dai singoli protagonisti, almeno in prima istanza. Le esigenze della propaganda, infatti, superano di gran lunga i fatti concreti. Vediamo perciò i vari punti, misurando successivamente la distanza con le promesse.

Pensioni

La “legge Fornero” viene ritoccata introducendo la “quota 100”, ovvero la possibilità di uscire dal lavoro a 62 anni di età e 38 di contributi (o altre combinazioni possibili, ma sempre a partire dai 62 anni). E’ una misura che viene incontro in primo luogo alle esigenze delle imprese – soprattutto quelle del Nord, base elettorale leghista, dove forte è la necessità di “svecchiare” la manodopera, sostituendo lavoratori anziani con buon salario e contratto con giovani precari e pagati una miseria – molto meno a quelle dei lavoratori. Nel testo inviato a Bruxelles non c’è alcun dettaglio ulteriore, ma tutte le indiscrezioni fatte circolare di proposito nei giorni scorsi indicano una forte penalizzazione per i lavoratori che sceglieranno di utilizzare questa “finestra”. In alcuni casi – IlSole24Ore – è stato calcolato che potrebbe essere imposta una riduzione del 25% dell’assegno pensionistico. Non proprio un regalo…

Pensioni d’oro

Il taglio riguarderà gli assegni mensili superiori ai 4.500 euro netti e il governo pensa di ricavarne 1 miliardo. Si tratta di uno dei cavalli di battaglia pentastellati, osteggiata a lungo dalla Lega (e infatti prima si parlava di un tetto intorno ai 3.500 euro), ma esposta a ricorsi quasi certamente vincenti davanti ai giudici e davanti alla Corte Costituzionale. A seconda della formula che sarà scritta per realizzarla, infatti, c’è il rischio che violi il principio della “non retroattività” di ogni legge. Anche se molto popolare tra i non addetti ai lavori, una violazione di questo tipo – se diventasse la normalità – sarebbe un’arma micidiale in mano a qualsiasi governo, anche il più folle. Solo due esempi: a) le pensioni già erogate, anche al di sotto dei 4.500 euro mensili, potrebbero domani venire tagliate per “esigenze di bilancio”; b) una riformulazione ancora più reazionaria del “decreto Pillon” potrebbe dichiarare reato l’aborto, anche se praticato durante i decenni in cui era legale. Chiaro?

La pace fiscale

Alla fine il maxi-condono anche per i grandi evasori (fino a 1 milione, voleva la Lega) non è passato. L’accordo raggiunto stabilisce un’aliquota al 20% per sanare il pregresso di chi ha già presentato la dichiarazione dei redditi. Potrà esser fatto emergere fino ad un massimo del 30% in più rispetto alle somme già dichiarate e comunque con un tetto di 100.000 euro per periodo d’imposta. Inoltre, potranno essere sanate le liti con il fisco pagando senza sanzioni o interessi il 20% del non dichiarato in 5 anni in caso di vittoria del contribuente in secondo grado (o il 50% in caso di vittoria in primo grado). In arrivo anche la rottamazione ter delle cartelle Equitalia, che cancella come in precedenza sanzioni e interessi, dilazionando i pagamenti in 20 rate in 5 anni. Per eliminare milioni di micro-provvedimenti arriverà lo stralcio delle minicartelle sotto i mille euro, dal 2000 al 2010. In pratica le multe stradali e altra piccole infrazioni.

Il reddito di cittadinanza

E’ la grande incognita della manovra. L’attivazione della misura scatterà nei primi tre mesi del 2019. L’assegno da 780 euro – per quelli che lo percepiranno, ma la platea non è affatto chiara – verrà caricato sul bancomat, e ci sarà anche l’annunciato “monitoraggio sugli acquisti”. Ci dovrebbe essere anche l’obbligo di frequentare corsi di formazione, nonché quello di prestare 8 ore a settimana di “lavoro socialmente utile”. La revoca della misura scatterà al terzo rifiuto di un’offerta di lavoro. La temuta “deportazione regionale” resta, ma limitatamente alla seconda o terza offerta di lavoro. In pratica si prepara uno spopolamento delle aree “depresse” del paese, con l’obbligo di andare a lavorare altrove, a qualsiasi salario ti venga offerto e quindi nell’impossibilità di sopravvivere tra affitto, bollette, costo dei mezzi di trasporto, ecc. A un passo dallo schiavismo, insomma.

Flat Tax

Come avevamo già scritto, questa non c’è. Viene esteso invece il forfait al 15% per i professionisti che dichiarano fino a 30.000 euro e per le altre categorie che arrivano a 50.000 euro. Potrebbe essere estesa ad autonomi, Sas, Snc e Srl con ricavi fino a 65.000 euro. Per chi guadagna dai 65.000 ai 100.000 euro è previsto un 5% in più. Start up e imprese avviate dagli under 35 avrebbero invece un ulteriore al 5%. Un “forfettone”, insomma, che serve soprattutto alle piccole imprese e ai professionisti, base portante dell’elettorato leghista e in parte anche di quello grillino.

E anche il “decreto semplificazioni” conferma che al centro dell’attenzione anche di questo governo ci sono soprattutto le imprese, non lavoratori e disoccupati. Rinominato «taglia scartoffie e leggi inutili», questo decreto-bis cancella oltre 100 “adempimenti per le imprese”. Manca un passo al “fate un po’ come ca..o vi pare”…

Molta propaganda intorno all’aumento della tassazione sul gioco d’azzardo, «una piaga sociale da combattere», dimenticando le decine di miliardi di mancata riscossione nel settore.

Queste le parti essenziali, in attesa di vedere i dettagli. Ma soprattutto il “voto” della Commissione Europea, che potrebbe costringere a veloci riscritture, anche drastiche.

lunedì 15 ottobre 2018

IL VOTO BAVARESE


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Il più importante Land tedesco,la Baviera,è il più grande e ricco,ed è pure il più vicino geograficamente ed economicamente all'Italia,ed il voto espresso ieri ha avuto come risultato molte affinità al nostro ed alle ultime tornate elettorali europee.
Infatti pure qui i partiti sostenitori dell'austerità e dell'Europa a tutti i costi hanno avuto una brusca frenata ed in alcuni casi un vero e proprio crollo come capitato ai socialdemocratici che hanno visto la loro percentuale più che dimezzata,frutto anche della Grosse Koalition di Germania dopo un lungo periodo di stallo politico(madn e-se-accadesse-ancora-pure-in-italia ).
Perché il partito gemello del Cdu,quello della Merkel,i democratici del Csu,che è sempre stato il dominatore in Baviera e pur essendo il primo partito votato ha perso oltre il 10%dei consensi,mentre i veri vincitori sono stai i verdi(dal 7,6 al 17,5%)mentre i neonazisti dell'Afd all'esordio nel Land hanno superato appena il 10% e non hanno sfondato come temuto.
La Linke pur guadagnando qualcosina è fuori dai giochi ed il partito dei Liberi Elettori,molto vicini ai democratici hanno un buon gruzzolo con l'11,6 % e facilmente si alleeranno con i conservatori del Csu.
L'articolo preso da Infaut(voto-in-baviera-crollano-i-partiti-della-grosse-koalition )parla di sigle e numeri con le possibili e quasi obbligate alleanze per il governo della Baviera,allargando il contesto di queste elezioni non sono all'Italia ma a tutta Europa,con i socialdemocratici(qui il Pd)in un crollo sempre più verticale mentre le sinistre tengono se unite allontanandosi dai partiti dell'austerità così come pure la destra guadagna soprattutto grazie all'odio verso i migranti senza avere politiche sociali ed economiche degne di nota.

Voto in Baviera: crollano i partiti della Grosse Koalition.

Il voto regionale di ieri in Baviera ha confermato anche nel land più ricco di Germania una tendenza ormai diffusa in tutto il mondo occidentale: quella della diffusa ostilità elettorale verso i partiti ritenuti responsabili e artefici dell'attuale assetto politico ed economico.

L'Unione dei Cristiano-Sociali, da sempre al governo nel land e alleato della CDU su scala nazionale, ha ottenuto uno dei peggiori risultati della sua storia a livello locale, fermandosi intorno al 35%.

Il voto più che una sconfitta per la Merkel lo è per il suo ministro dell'Interno Seehofer, propugnatore di una linea più oltranzista sul tema dei movimenti migratori al punto tale di minacciare negli scorsi mesi la tenuta del fragile governo di Grosse Koalition.

La debacle dell'opzione di Seehofer, che sembra aver più che altro spostato voti verso l'Afd, porterà probabilmente ad un rafforzamento della linea Merkel verso le elezioni europee. Ovvero, tenuta dei confini e controllo delle migrazione, ma nell'ottica degli accordi vigenti come quelli di Dublino e senza toni alti e respingimenti al confine come preannunciato da Seehofer.

Sul lungo periodo e dati questi numeri è facile immaginare però che la possibilità di nuove forme di accordo di governo tra CSU e SPD scricchioleranno: la SPD non ha raggiunto neanche il 10% dei consensi.

Molto positivo il risultato dei candidati dei Verdi, trainati da una campagna giocata invece a favore dei migranti oltre che sui classici temi ambientali, che hanno sfiorato il 20% risultando i vincitori della consultazione. Buon risultato, ma senza sfondamento, degli xenofobi dell'Afd. Fuori invece la Linke, mentre per il governo l'esito più probabile sarà una coalizione tra CSU, i Demcoratici-Liberali e il movimento dei Liberi Elettori.

Hanno sicuramente giocato un ruolo nelle elezioni le centinaia di migliaia di persone scese in piazza contro il razzismo sabato a Berlino, così come le proteste popolari contro i progetti di devastazione territoriale della foresta di Hambach, che hanno messo in luce e fatto discutere in maniera forte nelle ultime settimane sui temi ambientali cari ai Verdi.

Ma soprattutto il tema migratorio sembra essere risultato decisivo, divenendo spartiacque della competizione politica in linea con quanto avvenuto in tante altre parti d'Europa. A pochi giorni dal Consiglio sulla Brexit che si occuperà anche di difesa dei confini e sicurezza comune, su questa frontiera si ridefiniscono le opzioni politiche anche in Germania, e in questo caso sembra non con l'esito a cui siamo stati abituati nelle recenti consultazioni italiane, austriache e svedesi.

I fatti di Chemnitz delle scorse settimane sembrano avere avuto un impatto sociale ben oltre la dimensione locale, cosi come le mobilitazioni che ne sono seguite in tante città tedesche. Le prossime elezioni locali, in programma tra due settimane, diranno di più sulle tendenze in corso nel principale Stato dell'Unione.

domenica 14 ottobre 2018

TRENT'ANNI PER SEDICI ATTIVISTI NO TAV


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Le pesanti sentenze per gli attivisti No Tav nel processo per i fatti accaduti in Val di Susa il 28 giugno 2015(madn la-rappresaglia-di-rinaudo )sono frutto della persecuzione prima poliziesca e poi della magistratura di decine di persone che hanno cercato di difendere la loro terra dall'invasione autoritaria e criminale di un progetto inutile e che ha attirato l'interesse di mafiosi.
Il breve redazionale di Contropiano(no-tav-condanne-per-30-anni )che comprende una nota del Movimento No Tav scritta prima della sentenza,parlano della distribuzione di trent'anni di condanne a sedici persone per reati certamente di lieve entità ed amplificati dai piagnistei di politici attaccati alle gonnelline delle forze del disordine.
Ed i grillini,nati e cresciuti anche grazie ai No Tav,ora che sono seduti sugli scranni al governo assieme ai leghisti,stanno zitti e lasciano che questi progetti vadano avanti e che le persone imputate vengano condannate.

No Tav: condanne per 30 anni. “Avanti No Tav!”.

di  Redazione Contropiano 
Sedici condanne e 3 assoluzioni hanno chiuso a Torino un processo ad attivisti e simpatizzanti No Tav per le manifestazioni contro i cantieri della Tav in Val di Susa del 28 giugno 2015, in cui ci furono anche cariche e scontri tra polizia e manifestanti. L’accusa era quella di resistenza aggravata, lesioni, lancio di artifizi pirotecnici e materiale esplodente.
L’ammontare complessivo delle pene inflitte dal tribunale si aggira intorno ai 30 anni di reclusione. Il pubblico ministero Antonio Rinaudo ne aveva chiesti più del doppio, circa 70.
La condanna più alta e di 3 anni 10 mesi e 10 giorni. A Nicoletta Dosio, 73 anni, storica attivista No Tav, sono stati inflitti un anno, 8 mesi e 10 giorni. Un’altra attivista storica del movimento, Marisa Meyer, è stata assolta.  Alla lettura del dispositivo in aula erano presenti numerosi compagni degli imputati.

Qui di seguito una nota del Movimento No Tav emessa alla vigilia della sentenza sui fatti del 28 giugno 2015:

“Di quella giornata di lotta, ricordiamo con piacere il presidio fisso messo dalla questura a protezione dell’accesso al cantiere venire giù con pochi tiri di fune e la reazione orgogliosa con cui tanti No Tav tra cui Andrea, Nicoletta, Luca, Giuliano, Eddi, Gianluca, Fulvio ecc hanno deciso si sottrarsi alle misura cautelari per mesi, in alcuni casi finendo anche in carcere.

Il Movimento si strinse subito attorno agli imputati, sostenendoli nella loro evasione organizzando presidi diurni e notturni, accompagnamenti ed iniziative di protesta. Da tutta Italia arrivò forte la solidarietà dei tanti che riconobbero l’orgoglio di un popolo che non accetta di inginocchiarsi ai propri carcerieri.

Oggi questa bellissima storia di coraggio e solidarietà No Tav c’è chi vorrebbe riscriverla nelle aule di tribunale, il pm Rinaudo ha infatti richieste pene che superano i 70 anni complessivi, arrivando addirittura a pretendere per due No Tav ben 7 anni e 8 mesi di reclusione.

Una delle ultime possibilità del pm con l’elmetto Rinaudo di battere un miserevole colpo, poiché oramai vicinissimo alla pensione e l’ennesima del Tribunale di Torino per dimostrare che la Giustizia, quella vera, non risiede in quelle fredde aule.

L’udienza durerà poco poiché dev’essere solo letta la sentenza e invitiamo chi potesse a sostenere gli imputati in aula.

Possiamo già dire che i No Tav usciranno dal tribunale condannati, ma sicuramente a testa alta!

Avanti No Tav!

giovedì 11 ottobre 2018

NEL PROCESSO CUCCHI SPUNTA UN COLLABORATORE DI GIUSTIZIA


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La notizia di uno dei tre carabinieri imputati per il reato di omicidio preterintenzionale e abuso di autorità che ha accusato gli altri due colleghi di avere massacrato Stefano Cucchi e di averne provocato il decesso,sta rimbalzando sui media con un forte impatto emotivo e con la speranza di mettere la parola fine a questa vergognosa vicenda(madn i-ragazzi-del-paese-al-contrario ).
Il redazionale di Contropiano(processo-cucchi-confessa-uno-dei-carabinieri )ci spiega della svolta nelle indagini parlando anche degli altri due imputati con accuse di calunnia e falso,in quanto il depistaggio fin da subito attuato dalla"benemerita"è stato accertato in quanto la nota di servizio scritta dal carabiniere pentito è stata fatta sparire per magia.
Proprio come un mafioso ha deciso di usufruire degli sconti di pena denunciando i suoi colleghi diventando un collaboratore di giustizia,in due ambienti che hanno in comune molto,partendo dall'omertà che da sempre contraddistinguono i mafiosi e alcuni carabinieri.

Processo Cucchi. Confessa uno dei carabinieri e accusa due “colleghi”.

di  Redazione Contropiano 
A colpi di testardaggine, competenza giuridica e volontà di arrivare alla verità, il processo a cinque carabinieri per l’uccisione di Stefano Cucchi è arrivato al momento decisivo.

Stamattina, all’inizio dell’udienza, il pm  Giovanni Musarò ha reso nota “un’attività integrativa di indagine” nata dalla denuncia di Francesco Tedesco, uno degli imputati. Il militare – evidentemente ormai convinto di non avere più scampo – ha deciso qualche tempo fa di “cantarsela” e cercare di cavarsela con il minimo della pena per i “collaboratori di giustizia”. Il carabiniere Francesco Tedesco ha infatti accusato i colleghi  Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo del pestaggio che ha provocato le lesioni fatali per Stefano.

I due erano coimputati di Francesco Tedesco per l’identico reato (omicidio preterintenzionale e abuso di autorità), mentre Roberto Mandolini è sotto processo per calunnia e falso, e Vincenzo Nicolardi solo per calunnia.

Tedesco, il 20 giugno scorso, ha presentato una denuncia in procura sulla vicenda. Per questo è stato poi sentito tre volte dai magistrati. Il magistrato ha spiegato che il carabiniere sostiene che “quando ha saputo della morte di Cucchi ha redatto una notazione di servizio”. Come accade quasi sempre nelle casi di omicidio in caserma o commissariato, quella nota è poi scomparsa.

“In sintesi – ha spiegato il pm – Tedesco ha ricostruito i fatti di quella notte e chiamato in causa gli altri imputati: Mandolini, da lui informato; D’Alessandro e Di Bernardo, quali autori del pestaggio; Nicolardi quando si è recato in Corte d’Assise, già sapeva tutto“. La procura non si è ovviamente limitata a registrare la confessione, ma ha svolto indagini al termine delle quali ha potuto verificare che “è stata redatta una notazione di servizio, che è stata sottratta, e il comandante di stazione dell’epoca non ha saputo spiegare la mancanza”.