venerdì 21 settembre 2018

UN GOVERNO STABILMENTE SUL BARATRO


Risultati immagini per conte di maio salvini
Questo esecutivo che dopo i canonici cento giorni non ha combinato nulla a parte fare campagna elettorale ad oltranza,vede negli ultimi giorni lo spettro,e non si sa se possa ritenersi una cosa positiva o meno vista l'inesistenza almeno per ora di un'opposizione seria,di dissidi legati ad un rinnovamento di antiche alleanze.
Infatti pace fatta tra Salvini,Berlusconi e Meloni che correranno assieme alle regionali e alle prossime europee,così come hanno fatto lo stesso cammino elettorale per le ultime politiche che hanno visto la nascita del pastrocchio Salvini-Di Maio.
Proprio quest'ultimo discute animatamente col ministro Tria per via dei conti che tenendo conto delle promesse elettorale sia di lega che dei pentastellati non riescono minimamente a sopperire alle richieste dell'esecutivo.
Perché lo si sapeva già ancora prima della nascita del governo attuale che ciò promesso non aveva il supporto economico sufficiente per essere realizzato,ed ora si tenta di strappare fino all'ultimo Euro ancora alle spese sociali,ai fondi per le periferie ma guai parlando di patrimoniale(anzi la flat tax ne è proprio l'antitesi)e di aumento dell'Iva,l'unica soluzione per il ministro dell'economia e delle finanze assieme ad un aumento del deficit(cosa sgradita all'Ue)per portare a casa qualche soldino.
Gli articoli di Contropiano(il-centrodestra-mette-unopa-sul-governo e un-governo-cosi-compatto-che-puo-anche-andare-a-casa )parlano delle richieste che senza sforare i parametri europei mai potrebbero essere accolte,ma anche senza questo,facendo un volo pindarico mettendoci fuori dall'Ue,sarebbe ancor più tragico per i servizi basilari dello Stato,che invece dovrebbero essere riconquistati dopo anni di privatizzazioni ed aumentati di quantità e di qualità.

Il centrodestra mette un’opa sul governo.

di  Redazione Contropiano 
Il governo è così “compatto” che si prepara ad affrontare le prossime elezioni (regionali ed europee sono quelle certe, per ora) fermamente diviso. Il centrodestra si è nuovamente unito sotto la leadership di Salvini, con Berlusconi e Meloni ridotti a paggetti che devono portare la loro dotazione di voti (tra il 10 e il 12%, secondo l’ultimo sondaggio Swg) per cercare di superare la soglia che garantisce la maggioranza assoluta dei parlamentari. Alle politiche, naturalmente. In teoria tra quasi cinque anni…

Il vertice di ieri ha risolto molte delle poche ruggini esistenti tra i tre componenti del centrodestra. E del resto lo scarto nei consensi elettorali attesi, tra la Lega e gli altri, è così ampio da ridurre a zero qualsiasi ipotesi di vera “contrattazione”.

La prova empirica si sta per avere già stamattina, con il nuovo tentativo di issare Marcello Foa alla presidenza della Rai. Forza Italia, contraria alla prima prova, dovrebbe ora garantire un voto favorevole. Avere una Rai a trazione leghista è indubbiamente un vantaggio enorme per Salvini, mentre per i Cinque Stelle – che pure voteranno a favore, come la prima volta – sarebbe un disastro sul lungo periodo, oltretutto preparato con le proprie mani.

Ufficialmente la ritrovata unità del centrodestra ha un raggio d’azione limitato (alcune nomine, elezioni regionali e altre locali), ma già la nota ufficiale stesa a fine incontro da Giorgetti segnala la preoccupazione di “rassicurare” l’alleato di governo: “Il governo Lega-5Stelle lavorerà, e bene, per tutti i cinque anni previsti, rispettando punto per punto il contratto di governo e la voglia di cambiamento degli Italiani”.

Formalmente non fa una grinza, ma è solare il contrasto tra un’alleanza su tutto (come centrodestra) e un’altra di governo tenuta insieme soltanto da un “contratto”. Sul piano politico l’intesa di ieri rafforza le pretese della Lega dentro il governo, perché diventa la “carta di riserva” in caso di contrasti insanabili sulla legge di stabilità; a cominciare, per esempio dalla platea ammissibile per il reddito di cittadinanza, su cui la Lega già spara il suo slogan per fessi: “solo agli italiani”… Tanto che Di Maio si è affrettato a farlo suo (“’Con le migrazioni irregolari non si può non restringere la platea”).

In realtà la partita si gioca sulla proporzione di quanto verrà “portato a casa” per poter dire – prima di qualsiasi altra elezione – “qualcosa abbiamo fatto, tutto e subito non era possibile, ecc”. Già ora si può notare che la bilancia è pesantemente spostata a favore dei temi leghisti, che hanno avuto grande visibilità e dunque popolarità, perché “a costo zero” (blocco delle navi, decreto migranti in preparazione, taser ai poliziotti, sgomberi violenti a gogò, armi a volontà ai privati, ecc).

Sui provvedimenti che costano, invece, il “terzo polo” del governo – rappresentato dal ministro Tria – ha l’ultima parola, ed è evidente che non molto potrà essere conseguito davvero. Solo per dirne una di oggi: la promessa di tagliare le accise sui carburanti (una risale addirittura al terremoto di Messina, oltre un secolo fa!) è praticamente irrealizzabile, tanto le compagnie petrolifere hanno già programmato gli aumenti a partire dal primo gennaio. Il massimo che questo governo potrà fare, dunque, è cancellare questi aumenti già previsti.

Come scriviamo dal varo di questo governo, i grillini sono destinati alla parte del vaso di coccio. E ogni giorno che passa si nota di più…

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Un governo così “compatto” che può anche “andare a casa”.

di  Alessandro Avvisato   
Non è una nostra cattiveria, ma una dichiarazione fatta dal vicepremier nonché “capo politico” del movimento Cinque Stelle, Luigi Di Maio, a Radio24 stamattina. La radio de IlSole24Ore, ossia di Confindustria, non un’emittente qualsiasi.

Per la precisione, Di Maio si è espresso così: “Questo è un governo compatto, che sta mettendo insieme le risorse, che ci sono, per mantenere le promesse fatte agli italiani perché il M5s non ha dimenticato le promesse fatte in campagna elettorale. Siccome i soldi ci sono le cose si possono realizzare: io ho detto che un governo serio trova le risorse, perché sennò è meglio tornare a casa, è inutile tirare a campare“.

Inizio e fine del discorso fanno a cazzotti, ma non ci sembra il caso di ironizzare sulla logica imperfetta, perché ci sembra in assoluto la prima volta l’ipotesi di una caduta del governo fa capolino nei discorsi dei Cinque Stelle.

I problemi sono molti, e sempre i soliti. La discussione e le liti intorno alla legge di stabilità (l’ex legge finanziaria, quella che decide per il prossimo anno come graduare le spese dello Stato e le entrate fiscali) ogni anno riproduce gli stessi riti e identiche liti. Ogni partito di governo e gruppo di pressione interno spinge per soddisfare i propri sostenitori, finanziatori, elettori. Nessun “cambiamento”, in questo.

Il problema principale lo conoscono anche i sassi: tutte le promesse elettorali fatte da Lega e Cinque Stelle comportano spese incompatibili con i vincoli posti dall’Unione Europea. Questo è un dato oggettivo. Da questa contraddizione si può uscire solo in due modi: o infrangendo i trattati europei (con conseguente attacco della speculazione finanziaria, sanzioni della Commissione, stretta da parte della Bce, downgrading dei titoli di stato da parte delle agenzie di rating, ecc) o dimenticando le promesse.

Il governo grillin-leghista – è l’unica differenza rispetto a quelli precedenti, ma neanche troppo – sta ancora provando a navigare tra Scilla e Cariddi, forzando un po’ i limiti posti dai vincoli europei e depotenziando molto le promesse elettorali. Il ragionamento di entrambi i partiti di governo è semplice: almeno qualcosa di simbolico tocca darlo, altrimenti il consenso va a finire da qualche altra parte. Ma anche riducendo al minimo la portata di flat tax, reddito di cittadinanza e ritocchi alla legge Fornero, il costo eccede – e di molto – i confini posti dall’Unione Europea, che pretende riduzione del deficit e del debito pubblico.

Tradotto il slogan, bisogna perciò “trovare le coperture”. Nella testa di qualcuno c’erano ben 75 miliardi di “tagli di spesa” che potevano essere socialmente “indolori”, e avrebbero garantito un robusto – seppure non completo – mantenimento delle promesse. 

Ma andando a vedere nel dettaglio si scopre che non è affatto così. Secondo i grillini si potevano recuperare 40 miliardi dalle tax expenditures, cioè di detrazioni, deduzioni e sconti fiscali. Quelle alle famiglie, ma anche alle cosiddette Sad (sussidi dannosi per l’ambiente), come le accise scontate sui carburanti per autotrasporto, pesca e agricoltura. Però per i grillini sarebbero da aumentare mentre per la Lega sarebbero da ridurre, e quindi probabilmente resteranno come sono (e 17 miliardi spariscono dalle “nuove risorse”).

Stesso discorso per i 30 miliardi di possibili tagli alla spesa pubblica, compresi i famosi “costi della politica” (massimo 1 miliardo, al di là delle chiacchiere). Per i Cinque Stelle potevano sparire sia i trasferimenti «improduttivi alle imprese» che il bonus da 80 euro di Renzi; che sarebbero stati compensati dalla riduzione delle tasse. 

E infine, ma solo alla fine, un leggero aumento del deficit di bilancio (tra 10 e 15 miliardi l’anno, ossia tra lo 0,6 e lo 0.8% del Pil) che secondo il “garante dei conti” – Tria – è il massimo che si può ottenere dalla Commissione europea.

Se le prime due voci si sgonfiano, tecnicamente restano solo due possibilità l’aumento del deficit a livelli che la Ue non può accettare oppure l’aumento dell’Iva (altri 12,5 miliardi sarebbero serviti a sterilizzare gli aumenti automatici). Una misura che colpisce i consumi, specie nelle fasce più povere (un 2% in più sul prezzo di tutte le merci diventa un problema per chi ha i soldi contati, non certo per chi sta benone).

E lo stesso Tria ha confermato che questa ipotesi è tra quelle principali, allo studio nel ministero dell’economia. Per ora solo come extrema ratio per far fronte a due partiti che premono disperatamente per alzare la spesa senza disturbare troppo la Ue.

I “tre governi in uno”, al dunque, stanno tirando ognuno la corda nella propria direzione. E tra i tre sono i Cinque Stelle gli unici senza paracadute (la Lega ha in tasca l’accordo con Berlusconi, Meloni e cespuglietti vari; gli “europeisti” devono obbedire e basta a Bruxelles).

Si capisce, dunque, perché la possibile caduta del governo – se non saranno soddisfatte le poste di spesa sufficienti per realizzare almeno pezzi del programma grillino – faccia ora capolino tra le crepe di un esecutivo “assolutamente compatto”.

Nessun commento: