L'articolo preso da Senza Soste da anche un taglio mediatico riuscendo a far capire con una ricerca della redazione,che in Germania la notizia non ha interessato praticamente in nessun modo la stampa ed i media teutonici.
Perché in effetti Renzi si è presentato da partner europeo minoritario e le sue sfuriate amplificate dai nostri media all'estero non hanno nessuna eco,nell'indifferenza più totale visto che lo affermo ormai da tempo che in materia di politica europea ed estera non contiamo nulla.
Quindi i proclami urlati dal premier non eletto lasciano il tempo che trovano al di là dei nostri confini e dalla Germania non ha portato a casa niente a differenza degli incontri mediorientali più proficui per i soliti noti se non qualche strigliata non riportata dai media italiani e un obbligo di interventi militari nelle zone calde del pianeta.
Sulla indimenticabile visita di Renzi a Berlino.
La visita di Renzi a Berlino può restare in memoria come una di quelle indimenticabili. A patto che sia chiaro di cosa si sta parlando. Non farebbe male, ad esempio, registrare la differenza di attenzione dedicata all’evento nei due paesi: dopo il colloquio, tra la cancelliera tedesca e il presidente del consiglio italiano, i siti mainstream italiani erano affollati di foto e di commenti. Mentre nel mainstream tedesco lo spazio toccava quota zero. E non siamo andati a monitorare qualche sito distrattamente: abbiamo guardato, nell’ordine, i siti di Die Welt, Der Spiegel, della Frankfuter Allgemeine, del Tagesspiegel, della Handelsblatt e del telegiornale della Ard. Spazio a Renzi: zero. Dall’Italia abbiamo trovato un servizio sulla mafia (brand nazionale che non tradisce mai) e una foto della torre di Pisa (e per un periodico livornese non è il massimo). Su una rete all news tedesca abbiamo trovato un lungo servizio sulle tecniche di fabbricazione delle motoseghe, con tanto di intervista ai tester, ma di Renzi nessuna traccia. Se si voleva trovare qualche commento bisognava fare una ricerca su Google News tedesco perché nella schermata delle notizie principali, anche lì, Renzi non c’era. Andando, grazie a Google News, nelle pagine interne dei siti dei giornali abbiamo trovato articoli e commenti che parlano di un Renzi in accordo con la Merkel e un non proprio lusinghiero pezzo delle pagine economiche della Frankfurter Allgemeine su Renzi (o meglio sulle amicizie da Carrai alla Boschi). Insomma il tutto è stato rappresentato come la visita a Berlino di un minore, che si trova alla fine d’accordo con la sorella maggiore e che pensa soprattutto alle clientele della bottega sotto casa. Non è propriamente così, l’Italia ha una bomba di debito pubblico da far sembrare, in caso di crisi, la vicenda del debito sovrano europeo del 2011-12 un refolo di vento primaverile.
Ma guardiamola dal punto di vista di Berlino: Renzi è un signore che si agita per pochi decimi di punto di manovra sul Pil da farsi scontare da Bruxelles, la famosa flessibilità di bilancio, esprime un potere che conta, quello bancario-finanziario, piuttosto ridotto (specie se si pensa alle sole banche) e nei momenti topici è sempre docile (vedi la crisi Tsipras). Infatti alla Germania preme più la crisi polacca, che rischia di far perdere un alleato importante ad est, o consolidare l’alleanza con la Turchia che deve portare questo paese ad essere un immenso hotspot, leggi campo profughi di dimensioni inedite, per i prossimi flussi di migranti. E sicuramente teme più la Brexit, possibile uscita della Gran Bretagna dall’Ue che in Italia si trascura seriamente, cosa che comunque porterà certo Berlino a fare concessioni, semmai, prima a Londra e poi, se necessario, a Roma. Poi che la strategia di Renzi risulti aggressiva è vero: ma solo nelle fantasie delle riunioni redazionali di Repubblica o dell’Unità. Se poi sulla stampa italiana si fantastica di partnership a tre tra Francia, Germania e il nostro paese bisogna dire che sognare, per chi ha questo genere di onirico, non costa nulla. Renzi continuerà a dire nei tg che “L’Italia è un grande paese” e gli altri paesi continueranno a considerarlo il giusto. Come è accaduto con l’ultima visita di Renzi a Parigi, relegata tra le notizie francobollo su Le Monde.
E qui qualche considerazione politica: Renzi si gonfia come una rana solo sui media italiani. Media che non solo sono pettegoli, provinciali e autoreferenziali. Ma soprattutto in grado di fare sistema, un format militarizzato attorno al presidente del consiglio, senza alcuna reale opposizione politica a tutto questo. Davvero c’è da rimpiangere Berlusconi, la cui presenza sopra le righe almeno faceva scattare proteste e interrogativi sul livello di democrazia presente nei media italiani. Renzi non si è nemmeno risparmiato la gestione da Minculpop e da telegiornale Luce dei dati Istat (e, a quanto sappiamo, dell’Istat stessa), sul presunto stato di ripresa dell’economia, ed ha raggiunto nel corso dell’anno precedente livelli di conclamata parodia. Tanto che gli indici di fiducia dei consumatori non sono mai stati così alti negli ultimi 5 anni. Ma non perché circolino soldi o solide garanzie di ripresa ma perché la rilevazione, diciamo creativa, degli indici di fiducia, specie se aggregata nelle notizie assieme a dati reali gonfiati oltre l’inverosimile, fa molto “effetto ripartenza economica” sui media. C’è quindi da chiedersi sul serio perché non ci siano reazioni serie nei confronti di una propaganda blindata e sfacciata. In un paese dove pullulano i maestri di retorica barocca della democrazia deliberativa (dal basso, procedurale, orizzontale..) l’assenza della minima reazione nei confronti della democrazia nella comunicazione non è problema da poco.
L’altro elemento da considerare è cosa l’Italia porti a casa da questi summit mediatizzati (solo dalle nostre parti, come si vede). Padoan al vertice sulle banche, per ora, l’unico effetto che ha realizzato è quello di far crollare, di nuovo, i titoli bancari. E quella dei crediti non esigibili è una bomba che, in caso di esplosione, può portare grossi danni economici, politici e finanziari. Renzi, a Berlino, non solo non ha ottenuto nulla ma si è dovuto spendere in una dichiarazione congiunta sulla Turchia dalla quale si capisce che sicuramente andranno fondi ad Ankara, strategica per la prossima crisi dei migranti, mentre invece sono incerti ruolo e destini di Roma per le prossime ondate di profughi nel Mediterraneo. E il problema non è di poco conto visto che sulla gestione dei flussi di migranti si gioca una complessa partita economica e politica tale da mettere in discussione, come è stato detto pubblicamente anche a Bruxelles, la stessa integrità della Ue.
Insomma l’Italia sta fallendo, o bluffando, nella rappresentazione della più classica politica di potenza, leggi sbattere i pugni sul tavolo a Bruxelles, ed è sostanzialmente presa nella gabbia della governance Ue. Decimi di punto più decimi di punto meno. I contenziosi tra Italia e Germania restano quindi corposi
1) sulla questione banche dove la Germania può concedere poco visto anche lo stato di Deutsche Bank, che ha registrato nel 2015 un passivo superiore persino ai tempi della crisi Lehman, che impone di tener deboli i sistemi concorrenti e di mantenere fondi ben finanziati in patria in caso di emergenza
b) sulla flessibilità di bilancio tanto più invisa a Berlino di fronte a una situazione economia di rallentamento globale e di rischio bolla finanziaria a maggior ragione globale
c) sulla gestione delle prossime emergenze flussi migratori dove la Germania, non da sola, intende sganciare quanto possibile a sud tutte le contraddizioni sociali del fenomeno. Sempre considerando che ci sono crisi internazionali in cui il peso di Roma è destinato a decrescere quanto più aumenta quello del partner grosso ovvero Berlino (Siria, Libia, da non dimenticare Afghanistan).
Questa visita di Renzi costellata di nulla di fatto può però, come scrivevamo all’inizio, risultare indimenticabile. Specie se nel prossimo futuro scatteranno due dispositivi della governance europea. Il primo che guarda alle banche il relativo controllo della Bce, che ha rafforzati poteri di vigilanza e indirizzo dopo l’unione bancaria del 2015, in caso di grossa crisi degli istituti bancari nazionali. Il secondo riguarda sanzioni e possibile commissariamento di parte del bilancio italiano, modalità presenti nel two e nel six pack firmati pochi anni fa dal nostro paese, in caso di mancata capacità di rientro dai pochi decimi punti di flessibilità di bilancio strappati dal governo italiano. E’ bene essere chiari: ad oggi l’Italia non è in grado di rientrare neanche di questi decimi di punto. E qui se scattasse il terzo meccanismo, il MES votato pure dall’Italia, in caso di crisi grossa potremmo davvero parlare di occupazione del paese con altri mezzi. Il viaggio di Renzi come quell’ultimo nulla di fatto, quindi indimenticabile prima della tempesta? Vedremo. Di sicuro le crisi globali, economiche e finanziarie, ci sono. Quelle geopolitiche, dalla Libia alla Siria, pure. Nel frattempo il Matteo Renzi show, genere minore della politica spettacolo, continua nel silenzio di un paese stordito che pensa solo a sopravvivere.
redazione, 30 gennaio 2016