lunedì 30 novembre 2015

LA RIVOLUZIONE MESSICANA

L'articolo preso da Senza Soste omaggia il fine del novembre del 1910 come l'inizio della rivoluzione messicana che ha portato alla lotta un intero popolo e che ha dato alla gente di tutto il mondo dei nomi leggendari come Emiliano Zapata e Pancho Villa.
Anni di combattimenti,di sangue e di sacrifici nel nome della terra in mano a chi la coltiva,contro le ingerenze degli stranieri con la Francia e soprattutto la Spagna che dominarono lo Stato centroamericano,ed una forte sudditanza economica statunitense che sta ancora oggi dettando legge.
Questa è stata la prima di una serie di rivoluzioni di carattere nazionale del novecento,e l'articolo da solo un'infarinatura sulla storia di quasi due secoli,salvo poi che ognuno possa informarsi non necessariamente sui libri di storia ma anche con saggi e romanzi(cito il grande Paco Ignacio Taibo II che ispirò il nome di questo blog)oppure guardando le opere del famoso pittore messicano Diego Rivera.
 
¡Que viva México! Novembre 1910: scoppia la Rivoluzione messicana.
 
Come accadde per molti stati latinoamericani, anche per il Messico l’indipendenza dalla Spagna (conquistata negli anni ’20 del XIX secolo) non significò la fine della subalternità alle potenze straniere, e in particolare nei confronti dell’ingombrante vicino del nord che ha sempre considerato l’intero continente come il suo “cortile di casa”.
Già nel 1835 i coloni del Texas si ribellarono all’autorità del Messico e ne nacque una guerra con gli Stati Uniti dalla quale il territorio messicano uscì ridotto addirittura del 40%. Nel 1861 vi fu la spedizione di Massimiliano d’Asburgo, voluta dalla Francia di Napoleone III, che si concluse con la fucilazione del protagonista. Fu dalla guerra con i francesi che emerse la figura di Porfirio Diaz, che iniziò nel 1876 un mandato presidenziale destinato a durare per diversi decenni. Porfirio Diaz trasformò progressivamente il sistema politico del paese in una dittatura personale. Il Messico si aprì agli investitori stranieri, che con i loro capitali realizzarono grandi infrastrutture ma si garantirono anche il controllo delle risorse minerarie e petrolifere del paese. Le disuguaglianze tra le classi si aggravarono in modo estremo: anche le terre demaniali finirono in mano ai latifondisti e le condizioni di lavoro e di vita dei contadini poveri e dei braccianti erano disumane. Neanche per la classe operaia fu un periodo favorevole: Porfirio Diaz proibì gli scioperi e represse il movimento sindacale. Il malcontento si fece strada anche tra la piccola e media borghesia e tra gli intellettuali che vedevano il loro ruolo mortificato, mentre il “porfirismo” poteva invece contare sull’appoggio delle gerarchie militari e del clero cattolico. Vi furono diversi tentativi di insurrezione, finché in occasione della vittoria di Porfirio Diaz nelle elezioni del 1910 il dirigente liberale Francisco Madero lanciò un appello (noto come Piano di San Luigi di Potosí) dichiarando nullo il risultato e invitando a prendere le armi contro il dittatore.
La Rivoluzione scoppiò alla fine di novembre in diverse città del paese e in Messico accorsero volontari da tutto il mondo per sostenere la prima grande insurrezione proletaria del XX secolo. Insurrezione che avrà lunga durata e un pesantissimo bilancio di vittime: quasi un milione di morti. Nel 1911 Porfirio Dìaz fu rovesciato e costretto all’esilio ma le varie anime della Rivoluzione entrarono in conflitto tra loro: in particolare le correnti liberali e borghesi e quelle di origine operaia e contadina. Madero, conquistato il potere, non aveva mantenuto la promessa di ridistribuire le terre. Contro di lui si mossero allora grandi dirigenti popolari tra cui il più noto è senz’altro Emiliano Zapata (nella foto), proveniente dalle campagne del sud, che lanciò un piano per la riforma agraria. I grandi proprietari terrieri e il governo statunitense, preoccupati per le rivendicazioni dei contadini e degli operai, promossero un colpo di Stato nel quale Madero fu assassinato e sostituito dal sanguinario Victoriano Huerta. Anche Huerta alla fine fu costretto alla fuga e nel 1917 fu promulgata una nuova Costituzione, che prevedeva la possibilità di espropriare le terre dei latifondisti e garantiva i diritti dei lavoratori. Gli scontri armati tuttavia continuarono: Zapata fu assassinato nel 1919. Fu anche un periodo di forte insofferenza verso il clero cattolico: solo nel 1915 furono uccisi 160 preti, e nel 1926 furono adottate misure severissime tra cui l’imposizione agli impiegati cattolici di abbandonare la loro fede per poter mantenere il posto di lavoro. Poi negli anni ‘30 emerse il Partito Rivoluzionario Istituzionale, espressione di una nuova classe dirigente che manterrà il potere ininterrottamente fino al 2006 caratterizzandosi per forme crescenti di corruzione e autoritarismo.
Nel 1983 sul versante popolare era nato l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale che con le sue comunità liberate del Chiapas costituisce a tutt’oggi uno dei più interessanti esempi di confederalismo democratico. Unica luce in un paese che oggi affonda di nuovo nella violenza dei cartelli del narcotraffico e nelle disuguaglianze sociali provocate dal neoliberismo.
Nello Gradirà
Pubblicato sul numero 109 (novembre 2015) dell'edizione cartacea di Senza Soste

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