sabato 16 giugno 2018

LA MACEDONIA DEL NORD E L'INVOCAZIONE AL GOLPE IN GRECIA


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Negli ultimi giorni è il caos totale in Grecia e in Macedonia per la scelta dei due premier Tsipras e Zaev per l'accordo sul nome che ufficialmente prenderà lo Stato dell'ex Repubblica Jugoslava,che ancora è Fyrom(Former Yugoslav Republic of Macedonia,in italiano ex Repubblica Jugoslava di Macedonia)nome dato provvisoriamente nel 1993 dopo le tragiche vicende legate alla guerra nei Balcani per poter aderire all'Onu.
Proteste sia da una che dall'altra parte culminata con l'intervento del parlamentare di Alba Dorata Barbarousis che in aula ha invocato il golpe richiedendo l'intervento dell'esercito e l'arresto di Tsipras oltre quello del Presidente e del Ministro della difesa per alto tradimento,accusa che alla fine è stata fatta nei sui confronti.
Lo stato che è conosciuto come Macedonia o Repubblica di Macedonia ai più dovrebbe chiamarsi,previo referendum,Macedonia del Nord e questo ha fatto arrabbiare seriamente i nazionalisti di entrambi i fronti ma anche dalla sinistra greca,come in anni passati,non è che questa scelta sia stata condivisa.
Un paese sul baratro del crollo sociale ed economico ancora più del nostro,dove i golpe come quello dei colonnelli che per sette anni hanno instaurato una dittatura anticomunista dal 1967 al 1974 con chiari riferimenti al più becero fascismo:non c'è nulla da sottovalutare mentre Barbarousis è attualmente latitante per evitare l'arresto.

Atene: invoca il golpe, deputato neonazista destituito e ricercato.

di  Marco Santopadre 
E’ ancora in fuga e ricercato dalle forze dell’ordine il neonazista greco Konstantinos Barbarousis che, nel corso del dibattito parlamentare sulla sfiducia presentata dall’opposizione contro il governo, aveva chiesto all’esercito di ribellarsi e di attuare un colpo di stato, iniziando con l’arrestare il premier Alexis Tsipras, il presidente della Repubblica Prokopis Pavlopoulos e il ministro della Difesa Panos Kammenos.

Nel corso del suo violento intervento in aula a proposito dell’accordo siglato da Atene e Skopje sul nuovo nome della “Macedonia del Nord”, il parlamentare aveva accusato il governo di «non negoziare nell’interesse della nazione, ma nel proprio», e poi aveva chiesto ai vertici militari di «rispettare il proprio giuramento» e arrestare quindi i vertici di governo e stato, «per evitare il tradimento».

La mossa di Barbarousis è stata talmente sconsiderata da costringere il partito di estrema destra Alba Dorata a sconfessarlo, espellerlo dal suo gruppo parlamentare e poi dalla formazione. Dopo poche ore, inoltre, il ministro Kammenos – esponente della formazione di destra ‘Greci Indipendenti’ alleata di Syriza – ha chiesto alla magistratura che Barbarousis fosse accusato di alto tradimento ed incriminato.

In base alla legislazione ellenica, le accuse di alto tradimento fanno cadere la necessità di un voto parlamentare per togliere l’immunità al deputato che da ieri si è reso irreperibile. Secondo la polizia, Barbarousis, dopo un inseguimento con la polizia sulla Atene-Patrasso, si nasconderebbe ora nella regione Aetolia-Acarnania (Grecia occidentale), dove è stato eletto.

Intanto si attende il voto sulla mozione di sfiducia contro l’esecutivo presentata dall’opposizione di centrodestra di Nuova Democrazia, il cui leader Kyriakos Mitsotakis ha definito l’accordo siglato martedì scorso con Skopje “dannoso” e “frutto di una ritirata nazionale”. Tsipras può contare su una risicata maggioranza in parlamento, ed anche i Greci Indipendenti di Kammenos si sono detti contrari all’accordo raggiunto dal capo del governo con il suo omologo macedone Zoran Zaev. Ma a sostegno di Tsipras potrebbero votare alcuni deputati centristi che non fanno ufficialmente parte della sua maggioranza e anche Kammenos si è detto non intenzionato a mettere a rischio l’esecutivo nonostante la sua ferma opposizione al patto che concede all’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia l’utilizzo, nella propria denominazione ufficiale, di un termine che i nazionalisti greci, trasversalmente agli schieramenti politici, rivendicano come parte esclusiva della propria storia e della propria cultura.

“Solo i greci possono essere chiamati macedoni” ha spiegato ai media Michalis Patsikas, il promotore della protesta. “La storia è scritta nel sangue” ammoniva invece uno striscione tenuto da un monaco. Ma ieri sono state solo poche centinaia di persone, compresi alcuni sacerdoti ortodossi e deputati di Alba Dorata, a manifestare davanti al parlamento in Piazza Syntagma. Negli anni scorsi però le manifestazioni trasversali convocate contro la Macedonia da numerose forze politiche greche, dall’estrema destra fino alla sinistra, hanno visto la partecipazione di milioni di cittadini e cittadine.

Paradossalmente, anche a Skopje si mobilitano le forze contrarie all’accordo. Ieri, per il secondo giorno consecutivo, nella capitale del piccolo stato nato dalla disgregazione della Jugoslavia – che grazie all’accordo potrà ora chiedere l’adesione alla Nato, finora bloccata dalla Grecia – hanno protestato diverse migliaia di manifestanti che, intonando canti patriottici e slogan contro il governo, hanno ricevuto la solidarietà del Presidente della Repubblica Gjorgje Ivanov, anch’egli contrario all’accordo, che ha annunciato di non voler firmare perché dannoso per il paese e anticostituzionale.

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Macedonia, a rischio il patto con la Grecia sul nuovo nome.

L’accordo tra Atene e Skopje sul nuovo nome di Fyrom – ribattezzata Repubblica della Macedonia del Nord – stenta, come ampiamente previsto, a decollare mettendo a rischio l’intesa che spalancherebbe al paese balcanico l’accesso a Ue e Nato. Bruxelles, Alleanza atlantica e Usa hanno applaudito allo storico compromesso che chiude quasi trent’anni di braccio di ferro tra le due nazioni. Ma i problemi restano

dal nostro inviato ETTORE LIVINI

ATENE - L'accordo tra Atene e Skopje sul nuovo nome di Fyrom - ribattezzata Repubblica della Macedonia del Nord - stenta, come ampiamente previsto, a decollare mettendo a rischio l'intesa che spalancherebbe al paese balcanico l'accesso a Ue e Nato. Bruxelles, Alleanza atlantica e Usa hanno applaudito allo storico compromesso che chiude quasi trent'anni di braccio di ferro tra le due nazioni. "E' un passo che consoliderà la pace nella regione", ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. L'accoglienza è stata invece molto meno entusiastica in Grecia e Fyrom dove i nazionalisti (e non solo loro) hanno attaccato i termini dell'accordo e minacciano di farlo saltare.

Una prima manifestazione di protesta si è tenuta ieri mattina a Skopje dove centinaia di manifestanti hanno sfilato davanti al Parlamento blindato dalla polizia urlando "traditori". Il presidente della Repubblica Gjorgje Ivanov ha già fatto sapere che non firmerà a nessuna condizione una decisione "anticostituzionale" e "dannosa per i cittadini macedoni". Il no di Ivanov non è l'unico problema del premier Zoran Zaev: "Questa soluzione è una drammatica sconfitta per la diplomazia macedone", ha tuonato il leader dell'opposizione Hristijan Mickoski, annunciando battaglia. L'intesa dovrà superare nella nazione balcanica un doppio scoglio: un complesso passaggio in aula dove è richiesta una maggioranza dei due terzi per l'approvazione dei cambi costituzionali necessari e un referendum sul nuovo nome con un quorum minimo del 50% dei votanti.
  
In difficoltà è anche il premier ellenico AlexisTsipras. I nazionalisti greci, protagonisti nei mesi scorsi di oceaniche manifestazioni contro l'accordo, torneranno in piazza oggi ad Atene. Panos Kammenos, leader di Anel, il partito di destra che gli garantisce i voti necessari per governare, ha annunciato in una conferenza stampa che non appoggerà in aula l'iniziativa: "Non accetteremo nessuna soluzione che preveda l'uso del termine Macedonia". E il deputato di Alba Dorata Konstantinos Barbarousis è stato messo sotto inchiesta  dopo che nel dibattito parlamentare sulla mozione di sfiducia a Tsipras ha chiesto all'esercito di intervenire "prestando fede al suo giuramento di fedeltà per arrestare il premier , il presidente della Repubblica e il ministro degli esteri" per alto tradimento sulla questione macedone.
 Contraria anche l'opposizione di centro-destra che ha presentato una mozione di sfiducia al premier destinata a scaldare gli animi e ad essere votata sabato, alla vigilia della firma del compromesso del giorno successivo a Prespes, nel nord della Grecia.

"Non ci possono mettere davanti a un fatto compiuto - ha detto il leader di Nea Demokratia Kyriakos Mitsotakis - Questa intesa è dannosa per il nostro paese perché in sostanza riconosce radici macedoni al di fuori dei nostri confini". La sfiducia a Tsipras però, salvo clamorose sorprese, non dovrebbe passare: Kammenos ha preannunciato il voto disgiunto: no al nuovo nome se e quando si voterà su questo tema  (accadrà solo dopo che Skopje avrà detto sì e cambiato la costituzione) ma no anche alla sfiducia perché "non intendo far cadere il governo". 

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