giovedì 5 aprile 2018

I MARTIRI DEL MARTINETTO


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Il duro colpo inflitto il 5 aprile del 1944 alla Resistenza partigiana piemontese con l'esecuzione di otto membri autorevoli del Comitato di Liberazione Nazionale tra cui il generale Medaglia d'Oro al valor militare Giuseppe Perotti,non interruppe l'azione dei partigiani dalla lotta contro il nazifascismo ma diede nuovo impulso e nuova linfa per i combattenti.
Il tutto avvenne nel tristemente noto Martinetto,un poligono da tiro che per l'occasione dal 1945 al 1945 divenne terreno d'esecuzione per ben 59 persone durante la tragica e vergognosa Repubblica sociale italiana.
Nell'articolo(infoaut storia-di-classe )il ricordo attraverso frasi scolpite nelle lapidi e il ricordo del condannato Eusebio Giambone che assieme a Franco Balbis,Quinto Bevilacqua,Giulio Biglieri,Paolo Braccini, Errico Giachino,Massimo Montano e al già citato Perotti morirono per consegnare un'Italia migliore e libera dalla dittatura nazifascista a tutto il popolo.

5 aprile 1944: i Martiri del Martinetto.

"Qui caddero fucilati dai fascisti i martiri della Resistenza Piemontese. La loro morte salvò la vita e l'onore d'Italia. 1943-1945".

Lunedì, 31 marzo 1944, la Resistenza piemontese subisce un durissimo colpo: nella mattinata, sulla sagrestia del Duomo, vengono catturati quasi tutti i componenti del Comitato Regionale Militare Piemontese (Crmp): Franco Balbis, Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Braccini, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano e Giuseppe Perotti.

Il Crmp era stato costituito clandestinamente a Torino nell'ottobre del 1943, come organo del Comitato di Liberazione Nazionale, con il compito di coordinare le azioni delle bande partigiane già esistenti.

Gli otto vengono condotti alle Carceri Nuove, e il 2 aprile, in gran fretta, viene dato il via al processo alla presenza dei massimi vertici fascisti. Già il giorno successivo, e nonostante le trattative intavolate dal Cln, viene pronunciata la sentenza: fucilazione.
All'alba di mercoledì 5 aprile gli otto condannati vengono condotti all'interno del poligono di tiro, ammanettati: ci sono decine di militi della Guardia Nazionale, che li legano alle sedie poste all'estremità del poligono, schiena rivolta al plotone di esecuzione. Passa ancora qualche minuto, il tempo per Padre Carlo Masera, che ne ricorderà il coraggio, di benedirli, quindi viene letta la sentenza, ed infine il plotone spara. Una sola voce, quella di Franco, Quinto, Giulio, Paolo, Errico, Eusebio, Massimo e Giuseppe grida "Viva l'Italia libera!"

Con queste parole, Eusebio Giambone si rivolge alla moglie,qualche ora prima di essere fucilato: "fra poche ore io certamente non sarò più, ma sta pur certa che sarò calmo e tranquillo di fronte al plotone di esecuzione come lo sono attualmente, (...)come lo fui alla lettura della sentenza, perché sapevo già all'inizio di questo simulacro di processo che la conclusione sarebbe stata la condanna a morte. Sono così tranquilli coloro che ci hanno condannati? Certamente no! Essi credono con le nostre condanne di arrestare il corso della storia. Si sbagliano! Nulla arresterà il trionfo del nostro Ideale,essi pensano forse di arrestare la schiera di innumerevoli combattenti della Libertà con il terrore? Essi si sbagliano!"

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