venerdì 25 novembre 2016

CENSURA A SAN SEBASTIAN

Si è giunti quasi al termine dell'esperienza di Donostia-San Sebastian capitale europea della cultura 2016 e lo sia fa con un fatto increscioso che vanifica tutti questi mesi dove la città basca affacciata sul Mar Cantabrico si è dimostrata all'altezza dell'investitura ricevuta.
E'degli scorsi giorni la notizia della censura di alcune opere esposte nella mostra"Sin lugares,sin tiempo:notas sobre la reclusion"ree di essere dipinte(stiamo parlando di quadri)da alcuni carcerati condannati per essere membri dell'Eta.
Come detto dal direttore della fodazione"San Sebastian capitale europea della cultura 2016"e dal rappresentante della cultura del governo autonomo basco tali rappresentazioni avrebbero potuto urtare la sensibilità dei familiari delle vittime dell'Eta,una lobby piuttosto potente ed influente in Spagna,mentre certamente non dello stesso avviso i curatori e la direzione artistica della mostra che parla molto italiano.
L'articolo di Senza Soste(visioni )parla del fattaccio e approfondisce molto il tema del lavoro all'interno di un carcere con le problematiche relative spiegate grazie al lavoro della cooperativa"Sensibili alle foglie"che grazie alla propria esperienza di aiuto per esprimersi attraverso l'arte per non fare dimenticare ai detenuti cosa voglia dire la libertà.


Il governo basco censura alcuni quadri fatti da carcerati di Eta in una esposizione di donostia capitale europea 2016. La mostra si inaugura ma le opere sono coperte. Polemiche politiche in una spagna dai conflitti irrisolti

San Sebastian, capitale europea della cultura per il 2016, è stata ribattezzata Capitale europea della censura. E’ successo all’indomani della decisione del direttore della fondazione “San Sebastian capitale europea della cultura 2016”, Pablo Berástegui, di eliminare dalla mostra alcune opere fatte da carcerati. Il motivo della censura preventiva, ha dichiarato lo stesso direttore, non ha riguardato il contenuto delle opere, bensì gli autori, prigionieri ex appartenenti ad ETA, che avrebbero potuto offendere i familiari delle vittime. Dello stesso avviso il rappresentante culturale del governo basco, il socialista Denis Itxaso. I curatori però, contrariamente a quanto accade solitamente, non se la sono sentita di eliminare le opere in silenzio ed hanno preferito rendere visibile questa scelta imposta dalle autorità, coprendo le opere con l’aggiunta di un cartello dove si legge, in castigliano e in basco: opera censurata.
Da quando la notizia è stata battuta dai giornali locali e nazionali, la polemica è divampata. La mostra ha avuto una impennata di visitatori e certamente la vicenda continuerà a tenere banco tra le diverse anime della società basca e spagnola. Artisti, intellettuali, esponenti della sinistra, semplici cittadini hanno condannato con fermezza la censura imposta, facendo notare che in Spagna esistono ancora statue e monumenti che ricordano il dittatore fascista, Franco. Dall’altra, esponenti socialisti e popolari, che vanno a caccia di consensi tra i moderati, paladini di una censura senza senso .
Al centro del progetto “Sin Lugares Sin Tiempo: Notas Sobre la Reclusion" di cui la mostra è la parte conclusiva, sviluppa una riflessione a tutto campo sui sistemi di regolazione della libertà individuale, ma anche sulle intermediazioni tra il carcere, il manicomio, gli ospizi per anziani, la strada e tutto ciò che è fuori da essi.
Un tema delicato che interseca le paure individuali con la censura collettiva di pratiche che esistono, ma che non pare opportuno divulgare o far conoscere. Così, in un territorio come la Spagna, nel quale i conflitti irrisolti sono mediati dal carcere e dalla censura della indipendenza e delle idee, una mostra pensata come luogo di riflessione diventa essa stessa fonte di assurde polemiche. Se non fosse per il rumore che suscita la censura di alcune opere in mostra, verrebbe da pensare che i censori abbiano voluto nascondersi dietro questo stratagemma per non affrontare il tema vero che aleggia all’interno della mostra e cioè l’incapacità di trovare forme alternative alla privazione della libertà come forma di castigo.
Tornando alla parte seria, “Sin lugares Sin tiempo”, un progetto pensato e ideato da Dario Malventi, filosofo-antropologo livornese emigrato, è iniziato un anno fa con incontri tra gli operatori del carcere di San Sebastian e altri che hanno fatto esperienze concrete nel campo dei “linguaggi” simbolici all’interno dei sistemi di negazione della libertà. La cooperativa italiana “Sensibili alle foglie” ha messo a disposizione degli operatori spagnoli l’esperienza ventennale di un lavoro di raccolta e studio di linguaggi simbolici adottati dai “reclusi” per aggirare i dispositivi di inclusione/esclusione che producono la morte interiore.
Come sostiene Nicola Valentino, uno dei curatori della mostra: “ La ricerca socio analitica che Sensibili alle foglie porta avanti guarda all’espressione creativa come al prodotto di una “dissociazione identitaria”, come un’elaborazione mediante cui una componente identitaria aiuta la persona nel suo insieme a lenire una condizione di sofferenza e a non lasciarsi morire. Il concetto di “dissociazione identitaria”, come evidenziano le ricerche sugli stati modificati di coscienza, non è inteso in chiave patologica bensì fa riferimento ad una visione della persona come insieme di “esistenze psicologiche simultanee”. In ogni persona può emergere un’identità creatrice, di semplice resistenza ad un contesto mortificante o anche di ampliamento della consapevolezza individuale. Questo aspetto, che mette al centro la persona qualsiasi sia la sua condizione, ci sembra interessante per il visitatore al pari del - carattere simbolico – e quindi capace di comunicare forti emozioni – delle opere proposte”
L’esposizione che propone Sensibili alle foglie, oltre ad essere uno strumento valido per operatori sociali e culturali a vario titolo interessati ai temi della reclusione, del disagio sociale e della creatività, si è rivelata, dove è stata aperta alle scuole, un valido strumento didattico. Valorizzando il ricorso ai linguaggi espressivi e l’invenzione di mondi simbolici come risorse che tutti possiamo utilizzare soprattutto nei momenti difficili, essa educa alla creatività, e favorisce l’incontro con i mondi reclusi ed emarginati attraverso la voce creativa delle persone che li abitano. La funzione principale della mostra è quella di sollecitare un lavoro ad ampio raggio di consapevolezza sociale. Consapevolezza dei dispositivi di inclusione/esclusione che risultano mortificanti per gli esseri umani e dai quali origina il malessere che li accomuna, delle risorse creative che aiutano ad aggirarlo o ad elaborarlo, e di un’ecologia relazionale che accoglie e valorizza la persona evitando di mortificarla. La mostra, oltre a sollecitare l’interesse del grande pubblico, può essere validamente utilizzata per educare alla creatività e ad una cittadinanza solidale e sensibile.
L’altro segmento della mostra, che resterà aperta fino al 19 gennaio 2017 e che di fatto accompagna la chiusura di “2016 San Sebastian capitale europea della Cultura”, è riferito ad una ricerca sul sistema carcerario dei paesi baschi e della Spagna attraverso l’utilizzazione di opere artistiche prodotte dai soggetti incarcerati.
Nel complesso una mostra suddivisa in due distinti intenti comunicativi, uno simbolico e umanamente duro da digerire senza sentirsi in colpa come essere umano, una più didascalica, ma altrettanto spigolosa e forte. Insomma da vedere e certo non da censurare.
Al direttore artistico della mostra “Sin lugares Sin Tiempo”, Dario Malventi, filosofo-antropologo e tra i fondatori di Senza Soste, una domanda d’obbligo: Al di là delle polemiche politiche, soddisfatto del lavoro?
Nel complesso direi di si, Non mi aspettavo un risultato, ma molti risultati e l’apertura di nuovi percorsi. Vediamo se siamo stati capaci, con gli amici di Sensibili alle foglie e i ricercatori baschi, di lanciare sufficienti messaggi per restituire dignità al concetto di libertà. Ci stiamo avvicinando a uno degli obiettivi che mi ero posto fin dall’inizio: liberare la parola sociale sulla reclusione, fare in modo che si possa ritornare a discutere su quelle istituzioni totali che giornalmente rinchiudono ed escludono migliaia di persone. Spero davvero che aldilà delle polemiche sulla censura, la mostra possa essere visitata da tutte quelle persone che hanno intenzione di denunciare quei crimini di pace che tanto sono invisibilizzati dietro le pareti delle istituzioni reclusive.
redazione, 25 novembre 2016
vedi anche
http://www.lavanguardia.com/cultura/20161117/411939418081/san-sebastian-2016-censura-obras-eta-exposicion.html

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