sabato 31 ottobre 2015

LA MILITARIZZAZIONE DEL COMUNE DI ROMA

Alla fine il consiglio comunale di Roma ha messo fuori gioco l'ormai ex sindaco Marino in una battaglia che non è nemmeno cominciata in quanto 26 consiglieri si sono dimessi non consentendo di fatto una soluzione democratica alla questione.
Dopo abdicazioni,ripensamenti e false dimissioni ora Marino è momentaneamente out dai giochi politici di Roma,salvo secondo me ricandidarsi ovviamente al di fuori del Pd in una coalizione tra i dissidenti del partito stesso e alcune altre realtà di sinistra così come sta avvenendo in Parlamento.
Questo finale della querelle Marino ha indebolito non poco il Pd ormai visto sempre più come un movimento di succubi del premier Renzi dove chi non la pensa come lui viene estirpato un po' come accade con Grillo nel M5stelle.
Questa è stata solo una premessa all'articolo sotto di Contropiano(http://contropiano.org/politica/item/33766-i-prefetti-commissariano-roma-in-attesa-di-spostare-la-capitale-a-milano )dove si consacra la militarizzazione del Comune di Roma che tra magistrati,prefetti,questorini e commissari,oltre che a poliziotti e palazzinari di vario titolo e nefandezze,in cui la politica ha un ruolo pari a zero.
Tronca,Gabrielli,Sabella,Malagò e Rettighieri hanno il vanto(io direi l'onta)di passare dalla Tav al G8 di Genova tornando da Expo a chi non tollera la lotta per il diritto allo sciopero alla casa,col Giubileo straordinario che incombe e che vuole essere organizzato stile Milano Expo.
Il tutto con l'ombra di un'Olimpiade e parecchi milioni di Euro pronti per essere spartiti tra amici,mafia e amici degli amici,in una capitale che stava cercando di uscire dal cancro della criminalità e della corruzione e che ora rischia di nuovo di tornare negli abissi delle speculazioni e del mal governo,sia che il prossimo sindaco sia di destra o del Pd.

I prefetti commissariano Roma, in attesa di spostare la capitale a Milano.

Il prefetto commissario nomina un prefetto commissario. È la via della cooptazione interna alle strutture di polizia (i prefetti sono funzionari alle dirette dipendenze del ministero dell'interno, dunque del governo) per amministrare i territori.
Francesco Paolo Tronca, prefetto di Milano, è stato nominato commissario straordinario al Comune di Roma dopo la decadenza di Ignazio Marino. L'ha “scelto” Franco Gabrielli, prefetto di Roma e già di suo nominato commissario straordinario per il giubileo, poliziotto asceso fino ai vertici del Sisde (il servizio segreto interno) e poi riutilizzato per dre una vernicata di legalità alla Protezione civile post-Bertolaso.
Tronca, palermitano di 63 anni, ha ovviamente accettato dichiarando: "Affrontero' il nuovo incarico con il medesimo impegno con cui ho affrontato, in questi 2 anni, il semestre europeo, il vertice Asem e la preparazione e la gestione di Expo". Di lui si sa con certezza che non ama gli scioperi e le manifestazioni, si oppone a qualsiasi diritto alla casa e non disdegna l'uso familiare delle auto di servizio.
Del resto Matteo Renzi l'aveva promesso: "Faremo di tutto per fare del Giubileo con Roma ciò che è stato l'Expo per Milano". Quindi i giovani romani si dovranno preparare al lavoro “volontario” non retribuito, oppure a contratti-capestro da cui saranno comunque esclusi tutti coloro che il ministero dell'interno considera “inaffidabili” per aver espresso – magari su feisbuk – critiche al governo...
Il prefetto sarà circondato da quello che solo la propaganda governativa può considerare un dream team. I nomi che si fanno sono infatti quelli di Alfonso Sabella, il presidente del Coni Giovanni Malagò e all'ex direttore generale costruzioni per l'Expo, Marco Rettighieri.
Del primo, magistrato in aspettativa, si ricorderà per sempre la brillantissima prestazione come capo del servizio ispettivo del Dap (Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria), per conto del del Ministero della giustizia, nominato responsabile delle carceri provvisorie di Bolzaneto e San Giuliano durante il G8 di Genova 2001. Fu così attento alla “difesa della legalità” (Marino gli aveva dato per l'appunto un assessorato apposito) da non riuscire proprio a vedere due giorni di torture di massa su decine di manifestanti “tradotti” nelle due strutture sottoposte al suo “responsabile controllo”.
Malagò, invece, attuale presidente del Coni, resterà nella leggenda per l'organizzazione dei campionati mondiali di nuoto del 2009. Qualsiasi automobilista prenda l'autostrada per Napoli partendo dal Gra di Roma potrà così ammirare la “grande vela” di cemento armato che avrebbe dovuto contenere la piscina principale, “purtroppo” mai completata e quindi lasciata marcire in attesa di nuovi progetti speculativi nell'area di Tor Vergata.
Marco Rettighieri, infine, è conosciuto come “l'uomo della Tav”. È stato infatti direttore operativo di Italferr e in precedenza aveva seguito i lavori della Tav per Lyon Turin Ferroviaire (Ltf), la società responsabile della parte internazionale della nuova ferrovia Torino-Lione.
La “politica” esce dunque di scena nella gestione-amministrazione della capitale. Al suo posto un grumo di poliziotti, magistrati, costruttori di infrastrutture (quasi sempre) inutili ma costose (per la collettività), “referenti professionali” della speculazione edilizia.
A noi non resta che segnalare ai nostri lettori come anche questo sia un passo avanti molto deciso verso la “prefettizzazione” dell'amministrazione pubblica. O, se il termine vi risulta poco chiaro, nella sua militarizzazione. Il controllo militar-poliziesco a supporto del business peggiore, quello che ha progressivamente affondato il paese negli ultimi 40 anni.
L'altro elemento che a questo punto comincia a farsi evidente è un'ipotesi che nessuno aveva fin qui preso in considerazione. In un paese il cui smantellamento industriale procede a passo di carica in nome della “competitività” (non vi sembra singolare che da quando le imprese hanno vinto la battaglia contro i lavoratori sia cominciata anche la vendita o la chiusura degli impianti?), in cui la Capitale sembra destinata a essere trasformata in una disneyland archeologico-museale subappaltata ad imprenditori-mecenati (che, come per il Colosseo, si approprieranno della vendita dei biglietti), in cui le decisioni di politica economica e fiscale sono state ormai delegate ad una Unione Europea “a trazione tedesca”, ecc, che senso ha mantenere a Roma l'apparato centrale dell'ex Stato?
A pensarci meglio, le parole scomposte di Raffaele Cantone a proposito di “anticorpi” e “moralità” restituiscono probabilmente discorsi ascoltati tra Palazzo Chigi e le assemblee di Confindustria, ed anche a margine di qualche coordinamento “europeo”.
Intanto si fanno calare su Roma dream team esogeni incaricati di ristrutturare la catena degli interessi “legittimati” a fare business (non ne soffriranno, certamente, palazzinari e cementificatori, oltre ad impresari e albergatori, persino fai-da-te; tantomeno il Vaticano – proprietario di un quarto degli immobili dentro il Raccordo Anulare), rigettando magari ai margini o negli interstizi del “mondo di mezzo” che si era “montato la testa”.
Poi, con calma, si procederà a spostare a Milano anche l'amministrazione centrale residua, quella minima indispensabile a far funzionare una macchina dai compiti ridotti all'osso. In fondo, è da lì che si controllano meglio le filiere e i flussi di capitali “a trazione europea”.
Come dite? Ma allora che ne resta della democrazia, dei diritti e dell'autogoverno dei territori? Niente, naturalmente.

venerdì 30 ottobre 2015

BIMBIMINCHIA DI CASACLOWN IN VIAGGIO PREMIO IN CARCERE

Breve spazio per la notizia dell'arresto di due squadristi di Ca$$a Povnd romani dopo le indagini per gli scontri avvenuti a Casale San Nicola(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2015/07/risse-in-famiglia.html )dove avevano cercato di impedire l'arrivo di migranti ospiti in un edificio della periferia della capitale lo scorso luglio.
Oltre loro altri tre indagati con obbligo di firma in quello che si prevede,come al solito,come la solita ramanzina un poco più pesante delle altre da parte delle autorità che si sono incazzate stavolta perché le hanno prese fisicamente da quattro teppistelli che hanno fomentato la rivolta degli abitanti della zona.
Ennesimo episodio di razzismo quello di luglio con le solite dichiarazioni del capo branco Iannone che non perde occasione di lasciare uscire escrementi quando apre bocca affermando le solite trite frasi...prima gli italiani,diritti agli italiani,blablabla.
Ora questi bimbiminchia staranno piangendo e supplicando gli avvocati di non essere messi in cella magari con degli omaccioni dalla pelle scura che tanto odiano e che vorrebbero essere eliminati dalla faccia della terra.
Articolo preso da Il Messaggero(http://www.ilmessaggero.it/ ).

Roma, scontri anti-immigrati a Casale San Nicola: arrestati sei esponenti Casapound.

Sono nove complessivamente le misure cautelari eseguite a partire dalle prime ore della mattina dagli agenti della Polizia di Stato della Digos della Questura di Roma a carico di altrettanti esponenti dell'Associazione di estrema destra Casapound.

Al termine delle indagini, condotte con il supporto tecnico del Gabinetto Interregionale della Polizia Scientifica il Gip Giorgianni su richiesta del pm Albamonte ha emesso sei ordini di custodia agli arresti domiciliari e tre obblighi di firma a carico di persone ritenute responsabili di concorso in resistenza aggravata a pubblico ufficiale, e, a vario titolo, di lesioni a pubblico ufficiale, porto di oggetti ad offendere, nonchè utilizzo di casco in
occasione di manifestazioni in luogo pubblico. Tra gli episodi analizzati dagli investigatori della Digos anche l'aggressione fatte da tre attivisti di Casapound ad un agente del Reparto Mobile, più volte colpito. A carico di tutti gli indagati il Questore di Roma ha già adottato l'avviso orale mentre per sei soggetti è stato adottato anche il Daspo.

Lo scorso 17 luglio a Casale San Nicola diversi esponenti dell'organizzazione di estrema destra, con caschi e volti coperti, organizzarono un blocco contro il trasferimento degli immigrati nel centro d'accoglienza, dando vita a tensioni nel quartiere con successivi scontri con le forze dell'ordine. Nei tafferugli rimasero feriti 14 agenti, mentre due manifestanti furono arrestati.

giovedì 29 ottobre 2015

LE CENSURE PRE ELETTORALI IN TURCHIA

A pochi giorni dalle elezioni anticipate in Turchia il dittatore Erdogan ha platealmente sguinzagliato i propri poliziotti presso due emittenti televisive ree di dare praticamente informazione con l'unico neo di essere vicine all'opposizione,chiudendo in pratica le reti Bugun TV e Kanalturk oltre a un giornale ed una radio tutti riconducibili al gruppo editoriale Koza Ipek.
Ma è anche il metodo con cui sono state fatte chiudere che è allucinante,con vere e proprie irruzioni nei luoghi di lavoro con percosse e uso di spray urticante contro i giornalisti ed i dipendenti delle emittenti,con alcuni arresti tra di loro.
Per maggiori informazioni sul clima di tensione amplificato dall'ultimo attentato di Ankara costruito ad hoc proprio da Erdogan(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2015/10/orrore-ad-ankara.html )ecco un altro link che ne contiene altri,tutti postati dopo il 7 giugno data delle ultime elezioni turche(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2015/08/perche-la-turchia-bombarda-chi-combatte.html ).
Il timore di Erdogan è quello di un'ulteriore emorragia di voti del suo partito(Akp)e di una nuova consacrazione col superamento della soglia di sbarramento del 10% da parte dell'Hdp,il partito filo curdo:il tutto condito dalla voglia di poter entrare nell'Unione Europea,cosa che francamente allo stato dei lavori è un pensiero inammissibile.
Articolo preso da Infoaut:http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/15766-turchia-erdogan-chiude-tv-radio-e-giornali .

Turchia: Erdogan chiude tv, radio e giornali.

La polizia turca ha occupato, in dietta tv, due emittenti televisive legate al gruppo editoriale Koza Ipek, Bugun TV e Kanalturk. Anche una radio e un giornale legati al gruppo editoriale sono stati fatti chiudere.

A pochi giorni dall'elezioni politiche in Turchia, due emittenti televisive - Bugun TV e Kanalturk - legate al gruppo editoriale Koza Ipek e vicine all'opposizione, sono state attaccate e fatte chiudere dal governo di Erdogan. Il blitz delle forze di polizia ha disperso, sfondando il cancello di ingresso e facendosi largo spruzzando spray orticante, giornalisti e dipendenti che cercavano di difendere l'accesso della sede delle due emittenti televisive. In seguito gli agenti hanno occupato la sala regia e la redazione mettendo fuori uso le apparecchiature interrompendo così la diretta tv. Durante il blitz, sembra che siano stai effettuati 19 arresti.

Tarik Toros, caporedattore di Bugun tv ha dichiarato “Si tratta di un’operazione per mettere a tacere tutte le voci fuori dal coro, quelle che non piacciono all’AKP che siano media , ONG o sindacati , oppure per i partiti di opposizione e uomini d’affari. Questo vale per tutti coloro che non obbediscono a Erdogan .”

Dopo lo sgombero del personale dalle sedi televisive, si sono insediati nuovi “amministratori” nominati dalla magistratura che ha giustificato il blitz al gruppo Koza-Ipek affermando che l'accusa è di “finanziare, reclutare e fare propaganda” per conto dell’imam Fethullah Gulen, nemico numero uno di Erdogan.

L'intensificarsi del clima di tensione creato da Erdogan, ultimo l'attentato durante la manifestazione pacifica ad Ankara, è dovuto all'avvicinarsi delle elezioni politiche. In un clima di minaccia e paura, Erdogan spera di recuperare la maggioranza dei voti persi con l'elezioni di giugno. Infatti se con le l'elezioni di domenica il partito filo curdo del Hdp dovesse superare per la seconda volta la soglia di sbarramento del 10%, molto probabilmente impedirebbe all'Akp di recuperare la maggioranza parlamentare che Erdogan vuole ad ogni costo.

mercoledì 28 ottobre 2015

PIU' REPRESSIONE E BOTTE PER TUTTI

Ieri sono arrivate al governo le richieste della polizia italiana grazie ai documenti dell'Anfp,l'associazione dei funzionari di polizia che chiedono sempre meno il contatto con i manifestanti in quanto credono che il centro dei loro interventi e del loro mostrarsi al popolo e all'opinione pubblica si evinca proprio dalla loro gestione delle situazioni durante i cortei.
Perché sì il grande fratello guarda e scopre soprattutto chi va al d sopra delle righe durante alcune proteste,ma d'altro canto la diffusione di video e foto di azioni di abuso delle forze dell'ordine che combinano spesso disordini,è sempre più pronta e capillare(anche se gli esiti delle loro colpe vengono insabbiati e se scoperti depenalizzati).
Fatto sta che quindi si chiedono tonfa piuttosto che manganelli(più piccoli e letali),fucili per sparare marcatori e pistole ed armi per sparare proiettili di gomma e naturalmente i numeri identificativi sulle divise in uso dappertutto non sono voluti per nessun motivo:e ritornano di moda i daspo estesi praticamente in ogni ambito sociale e gli arresti differiti.
Articolo preso da Rado Onda d'Urto.

ORDINE PUBBLICO: LE RICHIESTE DELLA POLIZIA AL GOVERNO, REPRESSIONE E OMERTA’ 2.0.

La polizia italiana è stufa di usare (solo) i manganelli: anche la repressione deve diventare hi tech, le pene per chi scende in piazza devono essere innalzate mentre, per chi indossa una divisa, l’impunità non deve essere toccata e quindi no ai numeri identificativi.
Così oggi, martedì 27 ottobre, l’associazione dei funzionari di polizia (Anfp), principale organizzazione di settore, ha ufficilizzato il proprio programma di richieste al governo durante la presentazione, avvenuta a Palazzo Chigi, del libro “Dieci anni di ordine pubblico”.
Secondo i poliziotti, il punto centrale è non entrare in contatto diretto con i manifestanti, per evitare – magari – qualcuno dei numerosissimi casi degli ultimi anni in cui gli agenti sono stati “pizzicati” da telecamere e smartphone a pestare, tanti contro uno, chi ha la sventura di entrare in contatto con loro. E allora arriva la richiesta di proiettili di gomma e fucili “marcatori“, armi ad aria compressa che sparano sfere di plastica contenenti vernice colorata, “per – dice l’Anfp – rendere possibile l’identificazione dei facinorosi e dei violenti, anche una volta cessata l’emergenza”.
Non solo: pure il caro e vecchio manganello non va più bene. Poco “2.0”. Meglio quindi i tonfa, più leggeri da maneggiare e più utili a spaccare teste, e gli scudi in kevlar, con uniformi paracolpi, fondine di pistola antifurto e radio hi tech.
Il commento generale sull’impostazione delle richieste dell’Anfp con l’avvocato Paolo Cognini, del foro di Ancona, attento conoscitore dei meccanismi repressivi e dei dispositivi di controllo oltre che legale in diversi procedimenti che vedono sotto accusa migranti, occupanti di casa, compagne e compagni di diversi movimenti.
Cambiano gli strumenti, in sostanza, ma la gestione opaca e omertosa dell’ordine pubblico non deve cambiare “anche perchè – sottolinea, in maniera piuttosto sibillina, l’Anfp – oggi il conflitto sociale rischia di ritornare sulla scena con tutta la sua carica dirompente, come testimoniato dalle numerose proteste contro il governo Berlusconi prima, nel 2011, contro le politiche di austerità del governo Monti poi, nel 2012, nonché quelle avverse l’esecutivo Renzi nel 2014″.
Per il prossimo futuro l’Anfp indica inoltre, nello specifico, due settori ritenuti particolarmente caldi: quello del tema dei migranti e della cosiddetta “accoglienza” e le dimostrazioni “dei movimenti di lotta per la casa”.
Su questo punto abbiamo sentito il commento di Irene, dei Blocchi Precari Metropolitani di Roma.
DDL SICUREZZA URBANA – Sul fronte normativo, invece, la prima richiesta dell’Anfp è l’introduzione dell’arresto differito: “auspichiamo – ha scandito il segretario, Lorena La Spina – che il ddl sulla sicurezza urbana introduca questa modifica normativa. Dobbiamo conciliare il rispetto delle liberta’ individuali con la tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico ma e’ necessario uscire anche dall’ambiguita’ di fondo a causa della quale si stenta ad intervenire in maniera decisa: non sono in discussione i diritti, quello che deve essere messo in discussione sono le modalità con cui alcuni soggetti scendono in piazza, attentando alla possibilità di godere di questi diritti’. 
GENOVA CHI? –  Linea analoga anche per il numero uno della Polizia italiana, Alessandro Pansa, che lancia un’operazione di pulizia (anche mediaticamente) dell’immagine delle divise, a partire dalla rimozione collettiva di quanto accaduto, nel luglio 2001, al G8 di Genova. Pansa, rivolto ai colleghi, ha detto: “Dobbiamo scrollarci di dosso il peso del 2001. Abbiamo studiato, analizzato, trovato le soluzioni e oggi siamo completamente diversi nella gestione dell’ordine pubblico rispetto al passato. L’ordine pubblico  è il core business del nostro lavoro. E’ evidente la necessità di affinare i meccanismi nell’ordine pubblico, soprattutto per quanto riguarda la normativa. Ed è per questo che, nel disegno di legge sulla sicurezza urbana abbiamo introdotto strumenti che potenziano molto l’azione di prevenzione e sono state individuate tutte quelle regole che rendano migliore la gestione dell’ordine pubblico, tra cui proprio l’arresto differito”.
PIU’ DASPO PER TUTTE E TUTTI – Dall’Anfp arriva infine pieno sostegno all’idea di estendere il Daspo, la diffida introdotta negli ambiti sportivi – senza tra l’altro sia necessaria alcuna condanna: basta, in quel caso, la parola della polizia – e ora da estendere a tutti quei soggetti, dice l’Anfp, “la cui pericolosità sociale possa dirsi “qualificata” da un sostanziale abuso del diritto di manifestare”, oltre a pene più dure per chi non è immediatamente riconoscibile. Dulcis in fundo: il no assoluto al codice identificativo sulle divise, come già tra l’altro annunciato dal ministro di riferimento, Alfano.
Su questo abbiamo sentito Diego Piccinelli, portavoce del gruppo ultras Brescia 1911 ex Curva Nord, impegnato nel riconoscimento dei numeri identificativi fin dal massacro, nel 2005, di Paolo Scaroni, ultras biancoblu spedito in coma dai celerini a Verona Porta Nuova.

martedì 27 ottobre 2015

ESSERE L'1 O IL 99%

L'articolo proposto da Senza Soste che racchiude i dati di un rapporto della banca elvetica Credit Suisse si accompagnano bene al post dell'altro giorno(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2015/10/dooh-nibor.html )dove venivano rappresentate le diseguaglianze economiche con le quali si sono fatti i conti per calcolare le tasse in Italia.
Il discorso qui è mondiale e si parla di capitalismo planetario dove il famoso 1% della popolazione di adulti nel mondo da quest'anno detiene la maggior parte dei beni,esattamente il 50,4%:e questo dato dicono gli esperti che assumerà nel corso degli anni un aumento.
L'articolo offre numerosi spunti e numeri,e vorrei solamente rimarcare che anche tra la percentuale del 99% della popolazione adulta mondiale ci sono disparità enormi con ben 3,4 miliardi di persone che posseggono beni la cui entità non è superiore ai 10 mila dollari.
Il resto parla anche della suddivisione geografica di tali ricchezze,concentrate negli Usa con la Cina che sale qualche gradino e l'Europa,la Russia ed il Giappone in flessione:queste disparità portano a risultati economici e sociali che non servono tanti studi per capire che le differenze,che per esempio parlando solo di salute e di educazione scolastica,sono abissali.
I soldi e le ricchezze a disposizione per nutrire il pianeta e creare meno differenze sociali ci sono,manca la volontà per farlo.
 
L’1%, ovvero la metà di tutto
Michele Paris - tratto da http://altrenotizie.org
Un nuovo rapporto pubblicato recentemente dalla banca Credit Suisse ha delineato l’aggravarsi delle disparità di reddito e di ricchezza nel pianeta, registrando un tristissimo primato. L’1% della popolazione mondiale è cioè giunta nel 2015 a possedere oltre la metà delle ricchezze, mentre il resto dell’umanità - ovvero circa 4,8 miliardi di adulti - si spartisce il resto della torta, peraltro in maniera altrettanto ineguale.
Lo studio riassume i dati raccolti in una piramide che mostra immediatamente le disparità che caratterizzano la suddivisione dei beni disponibili a livello globale, stimati attorno ai 250 mila miliardi di dollari. 3,4 miliardi di adulti posseggono beni non superiori ai 10 mila dollari, un altro miliardo tra i 10 mila e i 100 mila dollari, 349 milioni tra i 100 mila e un milione.
Allo strettissimo vertice della piramide si trova la vera ricchezza, con 34 milioni di persone che detengono più di un milione di dollari. Tra di essi, 29,8 milioni vantano beni tra 1 e 5 milioni di dollari, 2,5 milioni tra 5 e 10 milioni, 1,34 milioni tra 10 e 50 milioni, per poi arrivare alla vera aristocrazia planetaria, quella che decide le sorti di praticamente tutte le popolazioni, vale a dire 123.800 individui con più di 50 milioni di dollari ciascuno.
Poco meno della metà di questi super-ricchi vive negli Stati Uniti, circa un quarto in Europa e il resto quasi tutti in Giappone e in Cina. Lo sbilanciamento nella distribuzione delle ricchezze è dovuto principalmente al capitalismo USA, come conferma il fatto che questo paese ha un numero così elevato di multi-milionari a fronte del 5% della popolazione del pianeta.
Esaminando i numeri proposti dall’istituto bancario svizzero, emerge come il 71% degli adulti che popola il pianeta è costretto a vivere con appena il 3% delle ricchezze complessive, laddove un minuscolo 0,7% controlla beni pari al 45,2% del totale. Ancora, il 10% della popolazione può contare sull’87,7% delle ricchezze, lasciando al 90% degli adulti appena il 12,3% dei beni totali. Come già ricordato, l’1% detiene infine il 50,4% dei beni, una soglia altamente simbolica che secondo alcuni studi precedenti sarebbe stata superata solo nei prossimi anni.
A dare l’idea della scarsità di beni che possiedono coloro che si trovano alla base della piramide basta citare un dato, cioè che sono sufficienti poco più di 3 mila dollari per essere inclusi nella metà più “ricca” della popolazione mondiale.
Per rientrare nel 10% più benestante di dollari ne bastano invece quasi 69 mila. La definizione di ricchezza considerata da Credit Suisse comprende, oltre al denaro, proprietà immobiliari e titoli azionari, mentre dal conteggio sono esclusi i debiti.
Come conferma il rapporto, le disuguaglianze sono rapidamente aumentate in tutto il mondo dopo la crisi finanziaria scaturita da Wall Street nel 2008. A generare un ulteriore spostamento verso l’alto della ricchezza sono stati e continuano a essere soprattutto i programmi pubblici di salvataggio delle grandi banche e l’espansione del credito di fatto a costo zero che, invece di stimolare l’economia reale, ha ingigantito le rendite parassitarie.
Significative sono anche le differenze tra i vari continenti o paesi del mondo. Se la ricchezza complessiva degli Stati Uniti è cresciuta finora nel 2015 di 4 mila 600 miliardi di dollari, nonostante un calo a livello globale di 12 mila 700 miliardi, principalmente a causa del rafforzamento del dollaro, i paesi dell’Unione Europea, la Russia e il Giappone hanno fatto segnare flessioni importanti. Quella della Cina è poi salita di 1.500 miliardi di dollari, anche se lo studio prende in considerazione i dati fino al 30 giugno scorso, tralasciando quindi il recente crollo del mercato azionario in questo paese.
Simili differenze hanno ovviamente riflessi rilevanti all’interno del sistema capitalistico globale. Infatti, la crescita e la perdita di ricchezza soprattutto delle potenze mondiali contribuisce a inasprire i conflitti o, quanto meno, a peggiorare le relazioni tra i paesi, come conferma l’aggravamento delle tensioni in molte aree del globo, a cominciare dal Medio Oriente e dall’Asia sud-orientale.
La sempre maggiore concentrazione di ricchezze nelle mani di pochi è il sintomo anche dello stato di avanzato deterioramento in cui versa lo stesso capitalismo planetario, con tutte le conseguenze distruttive che ne derivano per le popolazioni del pianeta.
La disponibilità virtualmente illimitata di beni per un numero ristrettissimo di ultra-ricchi determina infatti automaticamente un degrado delle condizioni di vita di tutti gli altri, principalmente a causa di effetti devastanti in vari ambiti, dall’assistenza sanitaria allo stato delle infrastrutture e all’educazione.
Uno scenario, quello che si sta delineando, che non può che alimentare tensioni sociali sempre più esplosive, dirette alla riappropriazione di risorse enormi, dirottate deliberatamente verso l’alto e che sarebbero invece abbondantemente sufficienti a garantire i bisogni fondamentali dell’intera popolazione del pianeta.
18 ottobre 2015

lunedì 26 ottobre 2015

BEATA IGNORANZA

La vittoria della destra antieuropeista nelle elezioni legislative polacche di ieri era scontata,e grazie al sistema maggioritario consentirà al partito Diritto e Giutizia(PiS)guidato dall'ex premier Jaroslaw Kaczynski di poter comandare quasi certamente da soli.
Beata Szydlo sarà invece il primo ministro in un paese che ha svoltato a destra ormai da anni,complici le lotte contro il comunismo degli anni 80 cominciate da Solidarnosc e rintuzzate da Papa Wojtila,dando un senso religioso ultracattolico che sfocia nel reazionario alla vita sociale polacca condito da un ultranazionalismo che il paese ha già vissuto,subendolo,con l'invasione della Germania nazista nel 1939.
Diverse colpe le ha sicuramente anche la parte della sinistra della Polonia incapace di ottenere la soglia per essere ammessa al governo,su cui sono ricadute molte colpe dei politici di quando c'era il blocco sovietico.
L'articolo di Contropiano parla delle ragioni del voto in cui ha partecipato poco più della metà dei polacchi,fomentati soprattutto dalla paura di invasioni ed epidemie portate dai migranti durante la campagna elettorale,indirizzati verso la destra dai soliti proclami populisti di cui anche da noi sappiamo qualcosa.

La Polonia va all’ultradestra che guarda a Washington.

La vittoria dell’ultradestra alle elezioni legislative di ieri era prevista, ma non ci si aspettava un’affermazione così netta di Diritto e Giustizia (PiS), partito conservatore di stampo cattolico (sarebbe meglio dire reazionario), ultranazionalista, populista ed ‘euroscettico’ (qualsiasi cosa voglia dire questo termine usato dalla stampa per etichettare forze politiche di destra e di sinistra).La formazione guidata da Jaroslaw Kaczynski ha trionfato conquistando quasi il 40% dei voti, che il sistema maggioritario traduce in una maggioranza assoluta dei seggi, 238 sui 460 che compongono il Sejm, la camera bassa di Varsavia, se gli exit poll sui primi voti scrutinati saranno confermati dal risultato definitivo atteso per oggi.
Brutto risultato invece per i liberali europeisti di Piattaforma Civica (Po). Il partito dell’ex premier polacco e attuale presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk si è fermato al 23.4% dei consensi, ottenendo solo 135 seggi e una quota assai inferiore alle aspettative della vigilia.
Al terzo posto si è piazzata la formazione del cantante rock 'anti-sistema' Pawel Kukiz, denominata “Kukiz’s 15”, in realtà anche lui su posizioni nazionaliste, con il 9% e 44 seggi. A seguire i liberali di ‘Nowocczesna’ (Moderni) con il 7% e 24 deputati e il partito di centrodestra Psl con il 5% e 18 seggi.
E il vento di destra ha fatto scomparire dai banchi del parlamento di Varsavia l’opposizione di sinistra (socialdemocratica) che non è riuscita a raggiungere la soglia minima richiesta per poter accedere all’Assemblea.
Da segnalare che alle urne si è recato solo il 51,6% degli aventi diritto, tra l’altro uno dei più alti tassi di partecipazione alle elezioni degli ultimi anni.
La destra nazional-conservatrice ha candidato alla carica di premier la cinquantaduenne Beata Szydlo, scelta per i suoi ‘toni moderati’ (anche se più volte ha detto di ispirarsi all'ungherese Orban ed è spesso accostata dai media alla francese Marine Le Pen), e quasi sicuramente porterà a casa il risultato di formare un esecutivo monocolore (oppure in coalizione con il Psl) che potrà contare sul sostegno del capo dello Stato Andrzej Duda, anche lui esponente di Diritto e Giustizia eletto alla carica di Presidente della Repubblica lo scorso maggio. A dominare la scena, avvertono in molti, sarà comunque Jaroslaw Kaczynski, il leader della formazione uscita vincitrice dalle urne che somma alla sua aggressiva retorica sulla difesa dell’identità nazionale e della tradizione cattolica più conservatrice, una visione politica ed economica da “destra sociale”, favorevole all’intervento dello Stato nell’economia oltre che al sostegno pubblico alle famiglie e alle piccole imprese. Kaczynski, già primo ministro dal luglio del 2006 al novembre del 2007 (il fratello Lech, allora presidente della Repubblica, morì nel 2010 in un incidente aereo in Russia) è a capo di una destra nazionalista che vuole stare nella Nato ed anzi vuole aumentare la presenza militare dell'alleanza nel paese in funzione anti russa e che negli ultimi anni ha accresciuto la sua polemica nei confronti della vicina Germania e dell’Unione Europea in quanto tale, guardando più a Washington che a Bruxelles. Più volte il PiS si è dichiarato contrario all'ingresso della Polonia nell'Eurozona.
Sull’elettorato ha fatto presa la violenta campagna elettorale del partito contro l’apertura delle frontiere e le ondate migratorie che hanno interessato il continente europeo negli ultimi mesi, nonostante che la Polonia sia un paese di emigrazione e non certo di immigrazione. Dei profughi afghani o siriani a Varsavia non c’è traccia, eppure la paura diffusa dalla destra ha fatto breccia.
La candidata premier Ewa Kopacz della Piattaforma Civica non è riuscita invece a convincere gli elettori, nonostante il partito abbia guidato il paese negli ultimi anni segnati da una crescita del Pil – mediamente del 4% - assai superiore ai livelli continentali. Un ‘miracolo polacco’ che però ha lasciato indietro fasce consistenti della popolazione ed aumentato le diseguaglianze sociali.
Oltre a cavalcare il sentimento xenofobo di una parte consistente della popolazione del paese, la destra ultranazionalista ha stravinto attaccando le misure economiche varate dal precedente governo liberale e filo europeo, e promettendo misure ad hoc per sostenere le fasce della popolazione più colpite dall’integrazione della Polonia nell’Unione Europea, a partire dai giovani e dagli abitanti delle aree rurali. Ad esempio Diritto e Giustizia ha annunciato l’imposizione di nuove tasse contro le catene della grande distribuzione per favorire il piccolo e medio commercio interno ed anche contro le banche straniere, ha promesso l’abbassamento dell’età pensionabile, agevolazioni fiscali per le famiglie meno abbienti ed anche per le piccole imprese, impegnandosi a tagliare dal 19 al 15% la tassazione. Al contempo il partito vincitore delle elezioni di ieri ha in programma di utilizzare le risorse della Banca Centrale per immettere nell’economia del paese 90 miliardi di euro in sei anni, anche per controbilanciare un aumento della spesa pubblica che se realmente attuato non potrà che vedere l’opposizione delle istituzioni europee ed un aumento dei contrasti con Bruxelles e Francoforte.
http://contropiano.org/internazionale/item/33660-la-polonia-va-all-ultradestra-che-guarda-a-washington

domenica 25 ottobre 2015

ARMARSI DI TESTA

L'articolo preso dal blog del poliziotto scrittore Riccardo Gazzaniga parla dell'esperienza quotidiana di un tutore dell'ordine che parla in maniera coscienziosa dell'uso della pistola e delle armi in generale che devono essere utilizzate solo in casi estremi e da gente qualificata a farlo.
Tra le varie riflessioni la sua stessa ammissione di voler lasciare la propria arma di ordinanza in un luogo sicura appena smette il turno lavorativo,ma anche il fascino ed il senso di potere che si prova a maneggiarla e la consapevolezza che quella forza è distruttiva,potenzialmente mortale.
Ed invita a non armarsi,non ricorrere all'acquisto di pistole e fucili per difendersi perché è il primo step per cacciarsi nei guai vista la legge e le dinamiche dei tentativi di furto:ci sono apposta dei professionisti da chiamare nel caso si assista a furti o rapine,sperando siano capaci di essere all'altezza di queste situazioni.
Purtroppo non è sempre così e molti post di questo blog parlano di errori commessi da polizia ed affini,e di come queste disattenzioni più o meno consapevoli portino a conseguenze serie o alla morte,e che il grado di impunità verso chi commette questi atti è molto elevato.
Comunque questi appelli(vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2015/10/pistole-e-pistola.html )che non sono suggerimenti ma vere e proprie incitazioni ed esortazioni a difendersi a qualunque prezzo e danno sono fatti da gente disturbata mentalmente,e non posso far altro che mio invece l'appello di Gazzaniga a demandare le situazioni di potenziale pericolo a chi è realmente in grado di poterle risolvere,armando soprattutto la testa.

Ricordo bene la prima volta che mi consegnarono la pistola d'ordinanza, alla fine del primo corso in Polizia.
Aveva un suo strano fascino. Pesante, scura, un insieme di congegni perfetti, efficaci, micidiali.
Era una Beretta, ovviamente, perché mezzo mondo usa pistole italiane. Armi che rappresentano un' eccellenza tutta nostra, perché non fanno quasi mai cilecca, risentono poco delle condizioni atmosferiche, non necessitano di grandi cure.
I primi giorni la pulivo sempre,... la mia Beretta.
La osservavo con riverenza, perché per mesi ci avevano insegnato come maneggiarla e, soprattutto, quanto temerla. Gli istruttori ci avevano fatto il lavaggio del cervello: i controlli di sicurezza sempre doppi, per non sbagliare. L' arma mai rivolta contro qualcuno, nemmeno scarica, nemmeno per scherzo.
Mai.
Più di un mese a fare operazioni «in bianco» senza caricatori e pallottole, prima di andare in poligono. E, una volta lì, concentrati, in silenzio, qualsiasi movimento con la pistola rivolta al bersaglio. Ricordo che quando la guardavo, mi trasmetteva un oscuro senso di forza, invulnerabilità. Qualsiasi cosa mi fosse capitata, qualsiasi situazione mi si fosse presentata davanti, io avevo una pistola.
La tenevo con me in servizio e fuori, complicata da nascondere sotto i vestiti, impossibile da mettere in uno zaino per il rischio folle di perderla, farsela rubare, dimenticarla nel bagno di qualche bar. L' ho portata con me per qualche mese, giusto il tempo di rifletterci su. Poi basta.
Oggi la prendo solo per lavorare o in situazioni particolari, ma non vedo l' ora di riporla in una cassetta di sicurezza.
Eppure, sui social, vedo una smania di armarsi, di essere pronti a difendersi, persone tranquillissime che magnificano i loro piccoli arsenali privati, piccoli Tex Willer che non vedono l'ora di usare i loro cannoni.
E per farci cosa?
Io vado in direzione contraria e vi dico: lasciate perdere le pistole.
"E se vedi una rapina e sei disarmato?" mi chiedono spesso.
Prendo il telefono - grande arma - chiamo i miei colleghi, che hanno armi e dotazioni adeguate a intervenire.
Se riesco seguo la situazione a distanza, mentre sono a telefono con la sala operativa.
Oppure uso un' altra arma, la penna,e segno le informazioni utili.
Se ho tempo scatto una foto: basta una targa o un dato fisico, per arrivare a una persona, senza travestirsi da Ispettore Callaghan.
"Ma se entri in banca e c' è una rapina a mano armata?".
La pistola non servirebbe a nulla. Non potrei mai ingaggiare una sparatoria al chiuso, con il rischio di coinvolgere persone inermi. Avete idea di quanti rimbalzi può fare un proiettile prima di fermarsi da qualche parte?
Tanti.Troppi.
"Ma se vengono i ladri a casa?".
In qualsiasi abitazione puoi trovare oggetti per difenderti, senza utilizzare un' arma letale, magari di notte, magari al buio. Troppo grande il rischio di colpire un parente o un ladro disarmato o uno che scappa: per la legge italiana un uomo che fugge, anche armato, non rappresenta più una minaccia. Sparandogli, si risponde di omicidio. Questa è la situazione più frequente perché, nella stragrande maggioranza dei casi, un ladro scoperto scappa e basta, consapevole che qualsiasi altro gesto aggraverebbe il reato di cui risponderà.
"Ma potresti mirare alle gambe per fermarlo!".
Certo, come no, se sei un attore di Hollywood. Nelle gambe ci sono punti vitali e, comunque, già può essere complicato centrare una sagoma a dieci metri di distanza, a quindici diventa arduo. Figurarsi colpire lo spazio ristretto di una gamba. Per non parlare di tiro in corsa o da una macchina, pura fantascienza.
Ragazzi, il punto è questo: nella grande maggioranza dei casi utilizzare una pistola contro una persona è l' anticamera di enormi problemi, drammatici errori, tragedie gigantesche.
Senza contare la mole di incidenti causati da chi non ha la competenza per gestire un'arma e i furti in cui sono le armi non adeguatamente custodite a venire rubate, dalle case e finire proprio nelle mani dei criminali.
Una ricerca del 2007 stimava che in Italia 12 persone su 100 fossero in possesso di armi: molto meno che in Svizzera, Francia, Germania, Inghilterra. Enormemente meno che negli Stati Uniti, dove 88 persone su 100 possedevano un' arma da fuoco.
Non è con i cittadini armati e con le armi da fuoco in casa che si garantisce sicurezza.
La soluzione non è la corsa all'arsenale casalingo, ma il contrario: limitare al massimo le armi, lasciarne la disponibilità a chi ha la competenza e la conoscenza per usarle. Investire sule forze dell' ordine e su chi, per dare sicurezza, lavora ogni giorno.
Un lavoro che si fa poco con le pistole e molto con la prevenzione, il controllo del territorio, le attività investigative, l'impegno quotidiano reso complicato dai tagli di risorse di governi che affrontano questi argomenti solo sull'onda di fatti tragici ed eclatanti..
«Se nella prima scena del dramma, c' è un fucile appeso alla parete, questo dovrà sparare nell'ultimo atto» diceva Cechov.
Per questo, nel mondo reale, fucili e pistole lasciamoli agli attori della sicurezza, lontano dagli spettatori.

(La versione originale di questo mio articolo, leggermente modificata per questo post, è stata pubblicata su Repubblica due anni fa).
riccardogazzaniga.com

sabato 24 ottobre 2015

PISTOLE E PISTOLA





















Doppio contributo odierno con due articoli presi da Infoaut ed Il fatto quotidiano e che parlano,come evidenziato dal titolo del post,di pistole e pistola,di armi messe in mano a dei coglioni in due contesti al di fuori delle regole e del buonsenso.
Il primo parla dell'irruzione di polizia e Digos con un componente di questi che con pistola in mano è entrato per sfollare degli studenti che stavano protestando,occupando l'ex Gea sita nel polo universitario di Pisa,contro i nuovi parametri Isee decisi dal governo.
Il secondo parla del sindaco ed europarlamentare leghista Buonanno(quello che si è fatto fotografare in Libia con la bandiera della Sega con a fianco scritto in arabo"non scaricare qui l'immondizia,questo non è un cassonetto",vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2015/05/il-nemico-sempre-piu-sud.html )che è apparso per pochi istanti in televisione con una pistola in mano prima di essere stato oscurato dalla giornalista che lo stava intervistando.
Ciò perché a Borgosesia dov'è per l'appunto sindaco,offre 250 Euro a chi compra un'arma,manco essere un repubblicano Usa che fa promesse di voto:questo rondaiolo mancato,sceriffo pistolero che tra l'altro riesce a smentire se stesso e non è cosa da molti,cavalca l'onda dell'episodio di Vaprio d'Adda dove un pensionato ha ammazzato un ladro in circostanze ancora da chiarire.
Perché ora non v'è dubbio che il ladro avesse cattive intenzioni,ma anche l'assassino lo ha freddato sulle scale e non in casa,facendo di fatto abuso di legittima difesa sparando dall'alto verso il basso.
Come dire che se alla fine se la dovesse cavare in Italia ci sarebbero molte occasioni per uccidere nemmeno tanto i nemici,ma anche gli antipatici o chi ci ha tagliato la strada in auto:posso invitare a casa mia che ne so proprio Buonanno o Salvini e tra al ciar e al fosc(tra il chiaro e lo scuro)sparargli e con una scusa e con un precedente passarla liscia.
Attenzione che ci potrebbero essere molti inviti a cena con delitto!

 
Irruzione di polizia e Digos all' ex Gea di Pisa pistole alla mano.
 

aggiornamento ore 21.45:terminata ora l'assemblea alla facoltà di lettere occupata. Centinaia di persone hanno ribadito che non si lasceranno intimidire dalla brutalità di questo sgombero; l'appuntamento è quindi per domattina alle 10.00 di fronte a lettere, per muoversi per le facoltà e richiedere a gran voce che i vertici dell'università si prendano le loro responsabilità!

aggiornamento ore 20:30:

centinaia di #studenti occupano la facoltà di lettere in risposta allo sgombero di oggi. Ora è in corso un'assemblea per rilanciare le lotte

aggiornamento ore 20:20:

il corteo ha raggiunto la mensa universitaria per poi rilanciare

aggiornamento ore 19:52:

Il corteo continua a crescere, in oltre 400 attraversano con rabbia la città mentre dalla facoltà di storia ci si dirige alla mensa universitaria.

aggiornamento ore 19:25:

Il corteo numeroso sta bloccando i lungarni di fronte al rettorato chiedendo le dimissioni del rettore di Pisa e quelle di Mazzantini, il responsabile all'economato che ha dato l'ok all'azione di polizia.
Si susseguono anche lanci di uova e scatolame all'indirizzo del Rettorato.

aggiornamento ore 19:10:

Si conferma che non ci sono stati fermi, tutti rilasciati gli studenti precedentemente bloccati all'interno dell' ExGea. In oltre trecento ora in corteo dal polo Fibonacci all' aula studio Pacinotti, per poi raggiungere gli altri poli dell'ateneo.
La rabbia è tanta e il corteo prosegue determinato scandendo cori contro la polizia e denunciando il vile accaduto.

aggiornamento ore 18:50:gli studenti all'interno sono stati fatti uscire e ora si muovono in corteo per denunciare quanto accaduto!Vergognosa irruzione meno di una ora fa all' ex Gea all'interno del Polo di Pisa. Poliziotti e digos sono entrati puntando le pistole nel magazzino occupato due giorni fa dagli studenti e dalle studentesse in protesta contro i nuovi parametri ISEE che minano l'accesso allo studio di centinaia di iscritti all' Ateneo. L'operazione di polizia è totalmente volta a intimidire una protesta che fa paura in quanto sempre più allargata; riprova ne è stata la grande assemblea universitaria in città che ha visto centinaia e centinaia di partecipanti. La scusa additata per questa irruzione è quella di furto di libri in un magazzino che ne stipa migliaia a insaputa di tantissime persone da anni!Un atto intimidatorio inaccettabile che vede in questi istanti trenta studenti bloccati dentro e la risposta solerte di oltre un centinaio di solidali che si sono subito riversati all'esterno dell' edificio.La Redazione di Infoaut fa appello ad accorrere quanto prima in solidarietà a chi si trova all'interno e contro questo inaccettabile sopruso.A breve maggiori e più dettagliate informazioni su quanto sta accadendo!

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SkyTg24, Buonanno mostra pistola in diretta tv. Salvini: “Non si fa”. Lui: “La gente è con me” (VIDEO)

di | 23 ottobre 2015
 
Nello spazio condotto da Federica De Sanctis l'europarlamentare del Carroccio ha promosso l'iniziativa del suo comune Borgosesia che dà il contributo di 250 euro a chi compra un'arma. Il viceministro dell'Interno Bubbico: "Si dimetta". Salvini: "Non serve a niente, solo a far fare a Renzi la figura del fenomeno". La replica: "La gente è con me".

Ha sventolato una pistola come fosse una bandierina in favor di telecamera per poi, sommerso dalle polemiche, prendere le distanze da se stesso: “Io non ho il porto d’armi e non amo le pistole: era solo una carcassa“. L’ultima trovata dell’eurodeputato della Lega Nord Gianluca Buonanno è andata in onda su SkyTg24 e ora, che la semiautomatica fosse carica o meno, rischia una denuncia per porto abusivo di armi. Lo show non è piaciuto nemmeno al suo segretario Matteo Salvini: “Non si risolve niente mostrando una pistola in tv”, ha detto a Radio Padania, “non serve ad altro che a far fare a Renzi la figura del fenomeno. I problemi si risolvono manifestando e lottando per avere buone leggi”. Lui ha ribattuto: “Abbiamo chiarito, ma io faccio il sindaco dal ’93. E posso dire che la gente è con me“.

Il caso questa mattina intorno alle 10.30. Il primo cittadino di Borgosesia ha deciso di presentarsi con la semiautomatica nello spazio condotto da Federica De Sanctis per parlare del suo originale, quanto probabilmente inapplicabile, provvedimento per un contributo di 250 euro per chi compra una pistola. Un'”idea” arrivata pochi giorni dopo l’arresto per omicidio volontario del pensionato che ha ucciso un ladro rumeno nella sua villetta. Da cronista, presente in studio, sono inorridito e gli ho detto: “Non parlo con chi brandisce un’arma e spero che sia il parlamento europeo che il suo Comune prendano provvedimenti”.
La conduttrice De Sanctis, giornalista di lungo corso a Sky fin dai primi mesi, lo ha invitato più volte a non mostrare la pistola. Passano pochi secondi, Buonanno non lo fa, e a quel punto De Sanctis ha fatto oscurare il collegamento e si è scusata col pubblico. “Riteniamo inaccettabile il comportamento del sindaco ed europarlamentare”, ha detto il direttore di Sky Tg24 Sarah Varetto. “Era stato invitato in studio a dibattere con altri ospiti della sua discutibile iniziativa, perché è nostro dovere ospitare sempre tutti i punti di vista, senza censura. Abbiamo però condannato subito in diretta il suo gesto, inaccettabile, ma che deve far riflettere perché compiuto da un esponente politico che ha ben due cariche elettive, una delle quali in ambito internazionale”.
Lo show in diretta tv ha subito scatenato numerose polemiche, dalle richieste di “dimissioni” del viceministro dell’Interno Filippo Bubbico alla derisione di Pino Pisicchio (“Cercava il cast dei ‘soliti idioti'”). Le critiche hanno spinto Buonanno al mezzo passo indietro: “Non capisco tutto questo clamore”, ha commentato all’agenzia Ansa. “Ma quanta ipocrisia di chi protesta contro di me, quando ogni giorno in tv si vede di tutto, corpi sgozzati e via dicendo. Io non ho detto di farsi giustizia da soli. Ho solo presentato la mia iniziativa”. Insomma l’eurodeputato ha cercato di sminuire la sua performance, ma non è bastato per evitare le critiche. “E’ un irresponsabile”, ha continuato Bubbico. “Il gesto compiuto oggi in televisione è di una gravità sconcertante, chiaramente incompatibile con chi svolge un ruolo istituzionale. Compia finalmente un gesto di buonsenso e si dimetta”. Così anche il responsabile sicurezza Pd Emanuele Fiano: “Iniziativa squallida e strumentalizza una vicenda tragica e delicata. Offende le istituzioni”. Chiude il coro delle critiche anche il presidente del gruppo Misto alla Camera Pisicchio: “Qualcuno avrebbe dovuto spiegargli che il casting per la nuova serie de ‘I soliti idioti’ era da un’altra parte.”
E’ la prima volta nella storia che un parlamentare, eletto in Italia o Europa, fa una cosa del genere. Chiamarla provocazione è riduttivo. Buonanno rappresenta le istituzioni, è sindaco da vent’anni del suo paese, ha fatto carriera nella Lega a suon di provocazioni. Pesci in aula, mascherato con la maschera della Merkel a Strasburgo. Nella sua lunga biografia di provocazioni, figuracce ed espressioni fuori luogo tanti sono gli episodi da ricordare. Nel paese che amministra, Borgosesia, Buonanno ne ha inventate una più del diavolo: dallo sconto sul viagra ai suoi concittadini, alle multe per chi bestemmia, fino ai vigili di cartone per disincentivare le violazioni del codice della strada. Poi ci sono le dichiarazioni, molte delle quali rilasciate a “La Zanzara” di Radio24 dove è praticamente ospite fisso. Tra le più recenti? Dopo la strage alla Mecca in cui sono morti oltre 700 pellegrini, ha detto: “Dovrebbero andare allo zoo”. Una pistola, in fascia protetta, però no. Ogni limite è superato, per quanto l’uomo possa far ridere le pistole no, non fanno sorridere nessuno. Anche se fosse stata un giocattolo, ma non sembrava.

venerdì 23 ottobre 2015

IL SERVIZIO DI LEVA DELL'ASSURDO

I soldati di 38 unità delle forze armate greche: «Non partecipiamo alla guerra contro i migranti, non reprimiamo le lotte sociali»
L'articolo proposto dal sito Cortocircuito(http://www.inventati.org/cortocircuito/2015/10/23/comunicato-dei-soldati-di-50-unita-delle-forze-armate-greche/ )parla di un comunicato dei soldati di leva greci di decine di unità delle forze armate(sui numeri ci sono discrepanze,forse alcune meno del numero scritto)che suggeriscono ai loro colleghi ed anche ai militari di carriera di non adoperarsi a combattere e reprimere i migranti che sbarcano sulle loro coste.
In un contesto europeo ed internazionale dove i quasi nemici greci e turchi collaborano militarmente per sorvegliare le coste lambite dal Mar Egeo,i flussi migratori sono controllati e gestiti dagli stati in modo che diventino lavoratori col guinzaglio incapaci(per ora)di ribellarsi in cambio di un documento che sancisca loro lo status di rifugiati.
Questi soldati che sono l'opposto dello stereotipo che li contraddistingue di solito,parlano di lotta al capitalismo e all'imperialismo sottolineando che purtroppo il governo greco sostenuto da Syriza e Anel sta dalla parte delle politiche europeiste che guardano allo sfruttamento dei migranti una volta identificati e smistati di nazione in nazione.
 
 
...carni lacerate dal filo spinato, bambini annegati sulle coste, affamati nelle piazze, folle accalcate che pregano per i loro documenti…
Molti di noi hanno visto e hanno vissuto queste scene vergognose prima che arrivassero sulle prime pagine e nei telegiornali, sul fiume Evros e sulle isole, là dove ci hanno mandati per svolgere obbligatoriamente il servizio dell’assurdo. Lavoratori schiavi e contemporaneamente carne per i loro cannoni.
Queste scene ci scioccano, monopolizzano i nostri discorsi. Non vogliamo, però, che diventino routine. Come non ci siamo abituati e non riconosciamo i memorandum e le politiche anti-popolari, gli interventi imperialistici e le loro sporche guerre, così non accetteremo e non ci abitueremo al dramma dei profughi. È il dramma delle nostre genti, del nostro mondo, del mondo del lavoro, indipendentemente dalla nazionalità, dalla religione o dal sesso!
Il cosiddetto «aumento dei flussi migratori» è in realtà fuga dalla guerra e sradicamento. Non è un fenomeno naturale, ci sono dei responsabili. È la loro crisi capitalistica. Per far sì che passi, aboliscono i nostri diritti, ci lasciano nella fame, nella povertà, nella disoccupazione, nella nuova necessità di migrare. Sono gli USA, la NATO, l’Europa, la Cina e la Russia. Impongono i loro interessi economici con la paura e la morte, mantengono e resuscitano nuovi alleati e nemici, alimentano il fondamentalismo religioso. Sono le forze della periferia dell’impero (Turchia, Israele, Grecia, paesi Arabi), che inaspriscono gli antagonismi di quest’area.
Sono quelli che parlano di stati falliti e di popoli inferiori, quelli che affrontano gli uomini come spazzatura e fanno rastrellamenti, trasformando interi territori in discariche di persone e in dispense per il crudo sfruttamento! Uno solo è il nemico della classe borghese e dei suoi governi: i lavoratori, sia che si battano per i loro diritti, sia che si muovano senza documenti, anche se sono stati i loro interventi militari a portarli allo sradicamento. E inoltre, non sono i rifugiati a decidere dove andare: i flussi migratori vengono incanalati verso i moderni campi di concentramento, gli hot spot, perché i lavoratori scelgano dove essere sfruttati! Se ne libereranno, chiaramente, quando non avranno più bisogno di loro, o quando si azzarderanno a reagire, rimettendoli di nuovo sul mercato…
Lo stato greco e l’esercito sono parte del problema e non la soluzione. Il governo SYRIZA-ANEL continua la guerra al terrorismo, prende parte ai programmi imperialistici, combatte le «minacce non conformi» (migranti, movimenti sociali). Replica la falsa ripartizione tra profughi di guerra buoni e migranti economici cattivi. Le forze armate chiedono a noi, i soldati di leva, insieme a quelli in ferma stabile e agli ufficiali, di fare la guerra al «nemico esterno», come nel caso recente dell’esercitazione PARMENIONE 2015! Al ciclo morte-sfruttamento-oppressione collaborano in armonia i “nemici” Grecia e Turchia, che pattuglieranno congiuntamente l’Egeo! Il fronte di guerra dell’Europa, per altro, comincia a Gibilterra e termina nell’Egeo, con Frontex con un ruolo preponderante.
Un sommergibile greco si unirà alla flotta europea che opera nelle acque territoriali libiche. La 16° divisione, sull’Evros, è in stato d’allerta per i migranti che arrivano da Edirne. Ci ordinano di esercitarci per reprimere le folle, come a Kos, dopo i drammatici eventi di Kalymnos, quando il generale ha richiesto che venisse dichiarato lo stato di emergenza e che fossimo mandati armati contro i migranti reclusi senza cibo né acqua. Facciamo la guardia a questa cortina omicida che è anche la ragione di tutte questi affogamenti nell’Egeo.
 
NON COMBATTIAMO, NON REPRIMIAMO, NON DIAMO LA CACCIA AI MIGRANTI.
 
Noi soldati in lotta siamo contro tutto questo, ai loro crimini vecchi e nuovi.
Chiamiamo a un Movimento di massa, sia dentro che fuori l’esercito.
Per bloccare in ogni modo Frontex, la NATO e l’esercito europeo, l’azione delle forze armate in questo massacro continuo. Non partecipiamo alle ronde d’arresto.
Aiutiamo ad abbattere le cortine e non a costruirne di nuove. Che nessun soldato salga sulle navi dirette in missione.
Navi, sommergibili e aeroplani facciano ritorno alle loro basi. Nessun supporto ai loro rifornimenti.
Rifiutiamo la trasformazione dell’esercito greco in un dispositivo capitalista, sia a discapito dei migranti che dei movimenti sociali. Non accetteremo di rimediare come «lavori volontari» alle carenze delle infrastrutture sociali. Per noi la minaccia non conforme sono la guerra dichiarataci contro dai governi e gli interessi che essi sostengono..
Chiediamo ai nostri colleghi non solo di mostrare pietà e compassione, ma anche di considerare i comuni interessi di classe. Sono le stesse istituzioni borghesi, le stesse politiche borghesi, gli stessi governi borghesi che distruggono anche i nostri sogni.
Quello che adesso vivono i profughi, la continua persecuzione da parte di dispositivi totalitaristici di ogni tipo, la lotta per la dignità e la sopravvivenza, il loro tragico presente è per molti di noi l’incubo di un presente e di un futuro che non vogliamo vivere: lo stato del totalitarismo parlamentare con i collaboratori NAZISTI di Alba Dorata.
Sappiamo bene che le prossime rivolte vedranno gli sfruttati uniti o gli uni contro gli altri.
Non esiste oggi una solidarietà più pragmatica e un aiuto più grande a noi stessi che il colpire il male alle radici.
Siamo parte del moderno movimento dei lavoratori e contro la guerra, che può esistere solo attraverso un’ottica di classe, anticapitalista e internazionalista. Con la resistenza, l’opposizione, il rifiuto in toto del governo, dei dispositivi imperialistici, del mondo borghese dell’oppressione.
(seguono nel testo originale le sottoscrizioni dei soldati da 50 unità delle forze armate, n.d.t.)
 
RETE DI SOLDATI LIBERI “SPARTAKOS”
COMITATO DI SOLIDARIETA’ AI SOLDATI DI LEVA
Traduzione di AteneCalling.org

giovedì 22 ottobre 2015

IL DERBY TRA LE CANAGLIE E I LEBBORSI

In Argentina il calcio è parte fondamentale della vita,così come nel resto del Sudamerica e in tutti i paesi latini compreso il nostro:ma a differenza di tutti gli altri è quello dove la rivalità tra le tifoserie giunge nel quotidiano e oltre al tifo vero ci sono dietro storie di criminalità e di morte.
Rosario,la terza città per abitanti dell'Argentina,non si toglie da questo discorso ed il derby tra il Rosario Central e il Newell's Old Boys è uno di quelli più sentiti e più violenti,uno che almeno una volte nella vita vorresti assistere.
L'articolo preso da Senza Soste parla di questo passando per le storie delle due squadre con i loro trofei,le loro origini,i soprannomi,le barras bravas e gli stadi in un racconto che come del resto nelle favole del calcio si trascina nella leggenda.
Con le canaglie da una parte e i lebbrosi dall'altra ci sono anche fatti reali come quello che la città è quella dove le due squadre più amate e blasonate di Baires e di tutta la nazione(Boca e River)non sono seguite quasi affatto perché si dice che a Rosario o tieni al Central o ai Nob o non sei nessuno.
E anche perché come dice mister Bielsa anche se ha un milione di abitanti Rosario non è come Baires dove puoi nasconderti prima o dopo un derby:se qualcuno vuole cercarti e sfotterti ti esce fuori anche da sotto al letto!
 
Il derby di Rosario, la partita senza eguali
Il senso di Rosario per il calcio
«A Buenos Aires una sconfitta nel derby è più sopportabile perché viene smorzata dalla presenza di grandi edifici, dall’estensione della città: c’è sempre un luogo in cui nascondersi. A Rosario lo sconfitto non conosce pace: son capaci di venirti a cercare sotto il letto per prenderti per il culo». (Marcelo Bielsa)

Secondo molti il derby tra Central e Newell’s Old Boys è uno dei più caldi del mondo. Secondo alcuni invece non ha eguali. Andiamo a Rosario, bella metropoli immersa tra le pampas argentine, dove il forte sentimento di appartenenza alla città trova la sua massima espressione nell’amore folle e incondizionato verso le due squadre locali.
 
Secondo un rosarino doc come Jorge Valdano, “essere di Rosario vuol dire essere argentino in una maniera esagerata. Fino alle estreme conseguenze”.Per capire invece cosa sia il calcio per questa città basta un dato: Rosario, terza città argentina per numero di abitanti (1.100.000) dietro Buenos Aires e Córdoba, è l’unica del paese in cui Boca Juniors e River Plate, che insieme coprono i tre quarti delle preferenze calcistiche di tutta l’Argentina, raccolgono meno simpatie dei club locali (1). Il sentimento di appartenenza localistico attraverso il calcio è talmente forte che qua si usa dire che a Rosario non si può essere solo rosarini. “O eres del Central o eres del Newell's o no eres nada” (“o sei tifoso del Central o del Newell’s, altrimenti non sei niente”). Rosario è sicuramente la città più futbolera di tutta l’Argentina e il derby tra Rosario Central e Newell’s Old Boys e il più antico del paese. Qualcosa che da quasi 112 anni, da quando fu fondato il Newell’s (il Central è addirittura del 1889), blocca la città per giorni e si prolunga prima e soprattutto dopo il giorno della gara. Qua se si perde l’appuntamento dell’anno si cerca di rifarsi a cazzotti, a coltellate e anche a pistolettate. Si minaccia di morte i propri calciatori oppure semplicemente non si esce di casa.
Sebbene geograficamente la città sia divisa abbastanza nettamente a metà, la parte nord è territorio del Central e quella sud è a maggioranza Newell’s. Giganteschi murales delimitano la fede calcistica, un po’ come accade politicamente a Belfast. Eppure in città i tifosi del Central sono quasi il doppio rispetto a quelli del Newell’s: 33% contro 18% (2). Malgrado ciò il confronto è continuo e più o meno pari: i tifosi del Central rivendicano di essere più caldi e fedeli dei cugini i quali replicano dicendo che i loro decibel sono alti solo grazie all’uso degli altoparlanti. Quelli del Central rivendicano anche un’estrazione sociale più popolare mentre quelli del Newell’s rispondono che è una menzogna nata quando qualcuno ha messo in giro la voce - secondo loro falsa - che il rosarino più famoso di tutti i tempi, un tale Ernesto Guevara de la Serna, fosse tifoso del Central. Per avere conferma che il Che fosse realmente tifoso gialloblù qualcuno ha scomodato perfino un già quasi novantenne Alberto Granado, testimone diretto degli anni giovanili del Che del quale fu grande amico e con il quale intraprese un lungo viaggio alla scoperta dell’America Latina (3). Eppure non tutti i tifosi del Newell’s si sono arresi di fronte all’evidenza.
La guerra dei soprannomi
Sin Aliento, nel senso di “senza tifo”. Così quelli del Newell’s chiamano quelli del Central. Che rispondono deridendoli come pechofríos, letteralmente “petti freddi” nel senso di “poco passionali”. Ma i veri soprannomi che accompagnano i due club, e per riflesso le due tifoserie, sono soprattutto altri due. Siamo agli inizi degli anni ‘20 quando il Patronato dei Lebbrosi, ubicato all’interno del locale ospedale Carrasco, organizza una partita di beneficienza tra Newell’s e Central in favore dei malati. I primi accettano, i secondi no. Da questo momento in poi quelli del Central saranno identificati per sempre come Canallas (“canaglie”) mentre quelli del Newell´s come Leprosos (“lebbrosi”). Questa è l’ipotesi più accreditata, ma non l’unica. Un’altra versione, che riprende la prima e spiega anche perché storicamente il Central è considerato il club del popolo e il Newell’s quello della borghesia e dell’aristocrazia, è ancora più suggestiva: i fratelli Isaac e Claudio Newell, fondatori non solo del club ma anche del Colegio Comercial Anglicano Argentino, costruiscono quest’ultimo circondandolo di altissimi muri per evitare che la gente potesse sbirciare da fuori. L’immaginazione, o più probabilmente l’ironia popolare, porta a definire quel collegio un lebbrosario visto che i veri lebbrosari all’epoca venivano costruiti così, isolati dal resto delle persone e con enormi muri. In risposta a ciò, gli aristocratici del Newell’s insultavano i sostenitori del Central, di estrazione popolare, col soprannome di canallas, in riferimento alla loro appartenenza al ceto sociale più basso. Soprannomi di cui, però, vanno orgoglioseentrambe le tifoserie tanto che tra i cori e gli striscioni più famosi delle due hinchadas vi sono slogan come “Soy Canalla” o “Leproso hasta la muerte”.
Stadi, icone e barras bravas
Una rivalità del genere non poteva che portare all’ambizione di avere uno stadio tutto proprio. L’attuale stadio del Central è chiamato “El Gigante de Arroyito” in riferimento al quartiere dove è ubicato. Ha una capienza di oltre 41.000 spettatori ed è costruito su due anelli, senza pista di atletica, ed è l’unico stadio, insieme al Monumental di Buenos Aires, ad ospitare le sfide casalinghe della nazionale.È stato sede dei Mondiali del ’78 ed è senza dubbio più affascinante di quello dei cugini che però è 15 anni più vecchio (è stato costruito nel 1911) ed è curiosamente intitolato a Marcelo Bielsa, “El Loco”, l’allenatore fresco di dimissioni dall’Olympique Marsiglia che in maglia rossonera è cresciuto come calciatore e come allenatore ha scritto forse le pagine più epiche del club raggiungendo due titoli nazionali e una finale di Copa Libertadores persa solo ai rigori (4). Il “Marcelo Bielsa” ha praticamente la stessa capienza del “Gigante de Arroyito” ma ha tribune irregolari ed è municipale. Si trova all’interno di un grande parco. Se il Central può annoverare il Che tra i propri tifosi, il Newell’s ha iniziato al grande calcio un certo Leo Messi e può vantare Diego Armando Maradona tra i calciatori che hanno vestito la casacca leprosa. Le barras bravas di entrambi i club sono tra le più temute del paese. La più numerosa del Central prende il nome di Los Guerreros mentre la maggioritaria del Newell’s si fa chiamare La Hinchada Más Popular. Entrambe hanno stretti legami con la malavita locale e si portano dietro una lunga striscia di sangue (e di morti) anche per il controllo stesso delle due curve.
I trofei
Il computo totale dei clásicos rosarinos sorride al Central ma il Newell’s ha conquistato 6 campionati nazionali contro i 4 degli odiati rivali. Il Central ha invece in bacheca una Copa Conmebol (oggi Copa Sudamericana), conquistata nel 1995, che per come è stata ottenuta vale per cinque: dopo aver perso in Brasile per 4 a 0, il Central riuscì nell’impresa di rifilare quattro reti all’Atletico Mineiro e aggiudicarsi poi ai rigori la finale. Il Newell’s invece ha solo sfiorato la conquista della più prestigiosa Copa Libertadores, sfuggita di mano per ben due volte prima nel 1988 con gli uruguagi del Nacional e poi nel 1992 ai rigori contro il San Paolo.
Tito Sommartino
Pubblicato sul numero 107 (settembre 2015) dell'edizione cartacea di Senza Soste
NOTE
(1)Los números de la pasión, Página 12, 24 dicembre 2006.(2) Vedasi nota n. 1
(
3) Alberto Granado confirma que el Che era canalla, youtube.com
(4) Bielsa, oltre a vincere titoli, promosse uno stile di gioco tutto nuovo che contribuì a rivoluzionare il calcio argentino e mondiale che prevedeva una squadra molto corta e il cosiddetto “sdoppiamento difensivo-offensivo” in cui tutti i giocatori partecipavano sia alla fase difensiva che a quella offensiva.

mercoledì 21 ottobre 2015

HITLERYAHU

Doppio contributo preso da Senza Soste che delinea il prospettarsi sempre più imminente di una nuova intifada nei territori israeliani e una possibile ritorsione che da Gerusalemme potrebbe spostarsi più ad est nei territori occupati e più a sud nella striscia di Gaza.
I sempre più frequenti attacchi da entrambe le parti con la solita rappresaglia dei soldati israeliani che con metodi alla Via Rasella impongono sempre almeno una decina di vittime in più delle loro perdite ai palestinesi,scatenano come al solito le più svariate reazioni in tutto il mondo.
Cominciando dal secondo articolo ci sono parecchi ebrei che chiedono di smetterla con l'occupazione e sono contro la creazione di ulteriori colonie,in questo caso quelli italiani(ma non solo)del gruppo degli Eco(ebrei contro l'occupazione)che indicano i loro compagni di religione più radicali di voler seguire per filo e per segno le idee della Bibbia che vuole il territorio loro promesso quella terra tra il Mediterraneo ed il fiume Giordano.
Naturalmente chi ci vive da centinaia di anni ed oltre deve sloggiare con le buone o con le cattive maniere.
Il primo articolo invece se non per la gravità di ciò descritto sembrerebbe addirittura una barzelletta raccontata dal premier Netanyahu e che vede protagonisti Hitler ed il gran Muftì di Gerusalemme(arabo e palestinese,il capo supremo della comunità islamica sunnita)al-Husseini parlare sul futuro degli ebrei nella Germania nazista.
Perché quello detto da Netanyahu al congresso mondiale del sionismo recita più o meno che Hitler voleva solo cacciare gli ebrei dal territorio tedesco e che fu convinto a sterminarli dal palestinese al-Husseini che sennò avrebbe avuto la sua terra invasa da tutti gli esiliati.
Tesi fantasiosa come detto dallo stesso centro Wiesenthal e dalla cancelliera Merkel che si"assume"tutta la colpa per la Shoah,che secondo il premier israeliano sarebbe stata originata proprio dai palestinesi.

Olocausto: Netanyahu scagiona Hitler e incolpa i palestinesi.

Le dichiarazioni di oggi di Netanyahu al congresso mondiale del Sionismo, sono frasi che non hanno bisogno di commento. Figlie dell'espressione del peggior nazifascismo da parte di un popolo che abbagliato dal sionismo ha eletto un premier del genere. Oggi nessuno può più accusare di antisemitismo chi condanna le barbare azioni del governo israeliano il cui capo arriva addirittura a una sorta di negazionismo e giustificazione degli atti di Hitler a suo avviso sobillato dal gran Muftì di Gerusalemme.
Di seguito la traduzione dall'inglese del link video dell'intervento a cura del quotidiano israeliano Haaretz
Netanyahu: Hitler non voleva sterminare gli ebrei.
Il primo ministro dice al congresso mondiale del sionismo che Hitler voleva soltanto espellere gli ebrei, ma Haj Amin al-Husseini lo convinse a sterminarli, un'affermazione rifiutata dalla maggior parte degli studiosi dell'Olocausto. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha suscitato clamore quando oggi ha affermato che il Mufti di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini, è stato colui che ha piantato l'idea dello sterminio degli ebrei europei nella mente di Adolf Hitler. Il sovrano nazista, ha detto Netanyahu, non aveva alcuna intenzione di uccidere gli ebrei, ma solo di espellerli.
In un discorso davanti al Congresso Sionista Mondiale a Gerusalemme, Netanyahu ha descritto un incontro tra Husseini e Hitler nel novembre del 1941: "Hitler non ha voluto sterminare gli ebrei, al momento, ha voluto espellere l'Ebreo. E Haj Amin al-Husseini andò da Hitler e disse: "Se li espelli, verranno tutti qui (in Palestina)". Secondo Netanyahu, Hitler poi chiese: «Che cosa devo fare con loro?", E il mufti rispose: "Bruciali"
redazione, 21 ottobre 2015
vedi anche
 
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Ebrei contro l'occupazione: "Israele cerca di portare a termine l'obiettivo sionista della nazione ebraica a danno dei palestinesi".
 
La nuova guerra della Spianata delle Moschee, che Israele chiama Monte del Tempio, insieme alla deprivazione di acqua imposta ai Palestinesi, sono i due strumenti che Israele sembra aver adottato per portare a termine l’impresa sionista di conquistare tutta la terra tra il Giordano ed il Mediterraneo al Popolo Ebraico, a cui la avrebbe promessa nientemeno che Dio, alcuni millenni orsono. Per stramba che sembri questa interpretazione della Bibbia, è quella adottata come base dagli Ebrei israeliani (che costituiscono l’80% circa dei cittadini di Israele: il rimanente 20% è costituito da Palestinesi Arabi ed alcune altre etnie molto minoritarie) per affermare il loro proposito di creare lo Stato Ebraico per i soli ebrei: gli altri abitanti debbono andarsene, con le buone o con le cattive. Tale dottrina è dunque diventata dottrina politica, perseguita con costanza da oltre i 67 anni. La cosa più assurda è che tale dottrina politica è adottata e proclamata non solo dagli ebrei religiosi a tutti i livelli possibili di fondamentalismo e settarismo, ma anche dagli israeliani del tutto secolarizzati, molti dei quali nettamente atei, che evidentemente hanno machiavellicamente deciso che tutto ciò che giova alla Nazione Ebraica, (il Popolo di Israele variamente definito con criteri etnici e/o religiosi) può essere utilizzato per la causa della Nazione, il loro reale idolo-dio. In spregio dei diritti umani e della moderna cultura democratica.
Paola Canarutto, presidente di ECO e Giorgio Forti di ECO
13 ottobre 2015

martedì 20 ottobre 2015

DOOH NIBOR

Sembrerebbe superfluo commentare notizie del genere,ma rilanciando almeno nel piccolo quella dell'abolizione della Tasi(quella sui servizi indivisibili)dalla prima casa di chiunque è palese che questa è manna dal cielo per i ricchi ed i privilegiati.
Mentre è pur vero che a molti questa per ora promessa della nuova manovra economica(ora legge di stabilità)di tassazione va più che comodo:però altrettanta gente danarosa che può e deve permettersi una maggior contributo verrà a risparmiare migliaia di Euro,che sul computo nazionale sono milioncini.
Ancora una volta nessuna patrimoniale e nemmeno al momento richieste alla Chiesa di un obolo,come dicono loro,verso lo Stato,solo la consapevolezza che la prossima manovra graverà ancor di più sulle tasche dei più poveri.
Come al solito e come sempre.
L'articolo di Infoaut si chiude con il calcolo del nuovo Isee che serve per capire la situazione economica familiare e quindi le esenzioni o le agevolazioni cui possono beneficiare:anche su questo fronte con l'adozione di nuovi parametri agli occhi dello Stato invece i più poveri sembreranno un poco più agiati.
Solo sulla carta ovviamente.

Via la Tasi: togliere ai poveri per dare ai ricchi.

Togliere ai poveri per dare ai ricchi. Sembra essere proprio questa la razionalità ispiratrice del governo Renzi.
Nella prossima legge di stabilità (a breve in parlamento) verrà abolita la Tasi (tassa sui servizi indivisibili che grava sulle abitazioni). Questa è una buona notizia per molti italiani gravati dai costi sociali della crisi. Tuttavia, anche in questo caso, il PD renziano non poteva non privilegiare le classi sociali alte. L'eliminazione della Tasi riguarderà infatti anche ville, abitazioni signorili, castelli e dimore storiche (sono 45mila in Italia), sarà sufficiente che risultino essere la prima casa del loro ricco possessore. Per capirci, secondo stime Uil il proprietario di un appartamento, di categoria A8 (ville di pregio), collocato ad esempio a Roma, sull'Appia Antica o all'Eur, di 297 metri quadrati potrebbe risparmiare fino a 5.238 euro l'anno.

Tanti, quindi, risparmieranno sulla Tasi, i ricchi in particolare fino a diverse migliaia di Euro. Il problema è che saranno, di fatto, i ceti sociali più bassi a pagare i costi di questa manovra! Infatti se il governo con una mano da, con l'altra toglie. Da tempo il PD ha ingaggiato una lotta senza quartiere contro i poveri ( per esempio: qui e qui), in particolare nell'ultimo periodo stanno avendo risalto i cambiamenti riguardanti l'ISEE. Il nuovo ISEE fa risultare tutti più ricchi, in questo modo il numero di coloro che usufruiscono di servizi e prestazioni legati alla situazione economica potrebbe ridursi del 20%. Molte persone saranno escluse o dovranno pagare servizi sanitari, assistenziali o legati al diritto allo studio, di fatto un risparmio proprio sulle possibilità di vita dei ceti più poveri.