lunedì 22 agosto 2011

LE FESTE ABOLITE DAL REGIME FASCISTA

Brandelli di questa notizia li avevo già assaggiati mentre non ero a casa ed ora che mi sono informato un pochino,anche se superfluo visto il diktat imposto dal governo e firmato da Napolitano,quello che è parso subito come un imponimento dittatoriale volto a cancellare le due feste nazionali più "comuniste" d'Italia ha trovato conferma.
Infatti mascherate da misure urgenti contro la crisi che più volte non è mai esistita almeno secondo le voci proferite dal lurido orifizio del premier dvce,lo spostamento alla domenica che equivale all'abolizione delle feste del 25 aprile e del primo maggio è un altro scossone del regime sempre più spostato verso l'estrema destra.
Infatti è dai tempi di Mussolini che il giorno della festa dei lavoratori non veniva onorato,e la continuità temporale ed ideale di questo regime presieduto e gestito da non lavoratori è il naturale passo che sta a significare che molte idee del fascismo non sono morte ma si sono solo modificate adattandosi ai tempi moderni.
Convinto che nel 2012 personalmente in una maniera o nell'altra sarò a festeggiare queste due date sono pronto a scommettere che tali decisioni non siano viste di buon'occhio da chi quotidianamente lavori e di qualunque credo politico,e di certo da tale discorso si escludono i parlamentari che fanno solo finta di guadagnarsi lo stipendio,e che di conseguenza hanno deciso coerentemente di cancellare la data del primo maggio dal calendario delle feste.
Per quanto riguarda il 25 aprile,beh,già detto e ripetuto,che il giorno della Liberazione è valido per tutti i giorni dell'anno:articoli presi dal sito di"Senza Soste".

E' GOLPE. Liquidati statuto dei lavoratori e contratto nazionale. Aboliti 25 aprile e 1 maggio
Un governo allo sfascio, morale e materiale, dopo aver approvato una finanziaria da 70 miliardi un mese fa ne ha approvata un'altra da 45 miliardi come pensiero di ferragosto.
Complessivamente si tratta di un un mese di manovra da 120 miliardi di euro circa. Il più grande colpo all'economia del paese che un governo in Italia, non a caso commissariato dalla Bce, abbia mai assestato alla popolazione.
Nel decreto, che andrà analizzato nel dettaglio nei prossimi giorni, c'è di tutto. Tasse ai lavoratori autonomi, congelamento delle tredicesime, privatizzazione dei servizi locali (che così costeranno di più e non saranno controllati dalla popolazione), azzeramento dei servizi sociali tramite il mancato trasferimento di fondi a regioni, province, comuni.
Inoltre tra le pieghe del decreto emerge l'attacco più pesante che un governo abbia mai portato a chi lavora.
Come conferma Sacconi, il decreto liquida in un colpo solo contratto nazionale di lavoro e statuto dei lavoratori. Introduce infatti il modello giuridico Marchionne, la deroga ai contratti nazionali, come norma e prassi.
Siccome l'arroganza inqualificabile di questo governo non ha limiti oltre all'abolizione, di fatto, del contratto nazionale il prossimo 25 aprile non sarà festa. E neanche il primo maggio. Per la prima volta dal governo Mussolini.
Una norma voluta, viste gli scarsissimi effetti sull'economia del provvedimento, per azzerare culturamente ogni tradizione di sinistra di questo paese.
Il bello, si fa per dire, è che queste norme rischiano di non servire a nulla. I mercati finanziari promettono ulteriori bagni di sangue. Sull'opposizione istituzionale, politica e sindacale, inutile parlare. Stiamo parlando di relitti che non fanno nemmeno ridere. Un mese fa il PD aveva fatto approvare la manovra finanziaria da 70 miliardi, Napolitano aveva parlato di "miracolo". Bel miracolo, impoverire il paese e dare fiato ad un governo che ha liquidato decenni di diritti in una serata di metà agosto. Con quello che tecnicamente è un golpe, come conseguenza del commissariamento della maggioranza da parte della Bce.
L'auspicio è che, appena possibile, il paese ruggisca.
Questo ceto politico di disperati, che ha agganciato il proprio destino al delirio dei mercati finanziari, è capace di portarci al medioevo. (red) 13 agosto 2011
agenzia asca.it, dichiarazioni di Sacconi
MANOVRA BIS: SACCONI, CONTRATTAZIONE DIVENTA AZIENDALE E TERRITORIALE

(ASCA) - Roma, 12 ago - ''Le norme approvate in materia di lavoro contengono il cuore dello Statuto dei lavori in quanto attribuiscono ai contratti aziendali o territoriali la capacita' di regolare tutto cio' che attiene all'organizzazione del lavoro e della produzione anche in deroga i contratti collettivi e alle disposizioni di legge quando non attengano ai diritti fondamentali nel lavoro che in quanto tali sono inderogabili e universali''. E' quanto afferma in un comunicato il ministro del lavoro Maurizio Sacconi sottolineando che ''come si e gia' fatto nei Paesi che hanno piu' intense relazioni industriali il cuore della contrattazione diventa l'azienda o il territorio''.
Ecco chi pagherebbe l'abolizione del 25 aprile e del primo maggio.
Pochi sanno o ricordano che Italia-Inghilterra, allora sentitissimo incontro valevole per la qualificazione ai mondiali del ’78, fu giocata nel 1976 un novembre di mercoledì alle 14,30 e senza diretta televisiva. Allora passò la linea nel governo, presieduto da Andreotti con l’appoggio esterno del Pci, che il paese dovesse adottare la linea del rigore dei costumi e dei comportamenti. Una partita con la diretta televisiva, si disse all’epoca, avrebbe favorito l’astensionismo dal lavoro in un periodo di grave recessione economica (si era nel bel mezzo di due shock petroliferi). Finì come sarebbe finita più o meno oggi: chi poteva si attaccò alla radio, oggi si sarebbe attaccato ad Internet, e i parlamentari andarono a vedere la partita gratis.
Le misure di accorpamento e di abolizione delle feste in questo paese sono sempre una misura punitiva verso la popolazione, non a caso Napolitano la vestale del “rigore” di oggi faceva lo stesso mestiere di predicatore governativo di austerità anche allora, e hanno dubbia o nulla efficacia economica. Anzi nelle economie di oggi hanno un peso negativo. L’Italia non è più un paese industriale come negli anni ’70 del ‘900 e feste e ponti servono per nutrire la redditizia industria del loisir e del tempo libero. Infatti i primi a protestare contro il tentativo di accorpamento sono state regioni fortemente interessate all’economia dei ponti festivi (come la Liguria) e le associazioni di categoria locali legate al turismo e al settore alberghiero. Queste sarebbero le prime categorie a pagare una misura esclusivamente punitiva (rispetto a cosa non si sa ma quando c’è crisi l’importante è dare un’impressione di autorevolezza punendo) visto che a livello produttivo, e di sviluppo tecnologico, oggi due o tre giorni di lavoro in meno non cambiano niente a livello di Pil.
Per intendersi su quanto danneggino la popolazione misure estemporanee come questa dell’abolizione delle feste civili, altre categorie a rischio sono quelle dei cittadini che hanno stabilito un contratto per l’erogazione di elettricità a tariffe biorarie. In questo caso i contatori sono programmati elettronicamente, a suo tempo ci sono voluti due anni per farlo, e c’è il fondato rischio che nella primavera 2012 sballi completamente la regolare tariffa bioraria. Come già avvenuto per il 17 marzo quando, per la festa improvvisa (e decisa all’ultimo momento) dei 150 anni dell’unità d’Italia, milioni di persone si sono trovate a pagare una salata tariffa piena perché i contatori elettronici (non facilissimi da regolare a causa di una serie di procedure tecniche e giuridiche) calcolavano il giorno come feriale. Questo per dare un’idea di come si danneggi a fondo le più disparate categorie con decisioni punitive, avventate fatte per l’effetto annuncio in televisione e senza alcuna idea di come funzioni davvero un paese. E questi portati sono soltanto esempi: nelle società complesse cambiamenti radicali di abitudini e calendario decise con un tratto di penna si possono immaginare solo in qualche festa padana, tanto per rabbonire i leghisti che cominciano a contestare il capo, o nelle menti di qualche stratega di un neoliberismo che esiste solo nelle proprie meningi.
Ma cosa accadrà alle feste in questione? Saranno abolite, differite o accorpate? E con quali effetti sulle festività in busta paga?
Il decreto, firmato da Napolitano nelle ore di ferragosto, stabilisce la classica linea Tremonti dello strangolamento e delle piccole concessioni alle varie categorie colpite dal provvedimento. Secondo uno schema che vuole prima l’effetto annuncio in televisione, poi un decreto reale che rimanda il problema e poi ricatti e piccoli colpi di scena, a ritmo di dichiarazioni contraddittorie del ministro, fino al momento dell’entrata in vigore dei provvedimenti. E’ accaduto così con i finanziamenti ai quotidiani proprio da parte di un uomo, Tremonti, che Bersani nell’estate 2010 aveva proposto come presidente del consiglio.
Infatti il decreto prevede al momento che, ogni anno, il 30 novembre il presidente del consiglio emetta un altro decreto che regola le disposizioni di legge per le festività civili dell’anno successivo. Inviolabile la befana, che fu abolita nel 1977 da Andreotti e reintrodotta da Craxi nel 1985, ed ogni tipo di festività religiosa in vigore entro il 30 novembre di ogni anno verrà deciso se differire il 25 aprile, il primo maggio e il 2 giugno al venerdì, al sabato al lunedì o accorpare una o più date direttamente alla domenica. Come dicevamo è il metodo Tremonti, trattare con tutte le categorie interessate al provvedimento fino all’ultimo per fiaccarle e separle al momento della decisione. Che questa volta sarà anche legata alla piena dimensione della simbolica politica. Se l’autunno sarà caldo sarà facile, sotto la spinta dei media forcaioli (praticamente tutti), fare campagna per accorpare 25 e primo maggio alla domenica per non fare concessione ai “violenti” (che in Italia oggi coincidono con chiunque protesta contro provvedimenti liberticidi).
Insomma, una serie di feste e ricorrenze a fondamento della cultura democratica di un paese sono messe politicamente in discussione e in giudicato da un governo che il 25 aprile non l’ha mai celebrato, figuriamoci il primo maggio, e dalla sua componente che sogna la Padania. Quanto alle festività in busta paga previste per il 2012 l’esempio dei consumatori di elettricità a tariffa bioraria serve come monito. In questo caos normativo, con un governo che di fatto ha abolito statuto dei lavoratori e contratto nazionale, niente è garantito. Specie se la crisi peggiora e c’è bisogno di nuovi “esempi” da dare alla popolazione.
Ma il danno più grave è quello solo apparentemente simbolico. Il 25 aprile, il primo maggio e il due giugno sono cerimonie che celebrano la validità della costituzione e dei diritti fondamentali che dovrebbe garantire. Questo governo vuole riformare l’articolo 41 della costituzione, quello che limita lo strapotere dell’impresa, e l’articolo 81 inserendo il pareggio di bilancio, quindi proprio il liberismo che sta agonizzando in queste settimane in tutto il mondo, nel dettato costituzionale. Quest’ultima misura è stata chiesta dal sindacato, nella famosa conferenza stampa in cui si è fatto rappresentare da Confindustria, e promossa proprio dalla Germania. Infatti Merkel e Sarkozy, che hanno commissariato l’Italia come ormai si dice pacificamente sui giornali e in parlamento, l’hanno chiesta assieme e pubblicamente per tutti i paesi europei. Indebolire il potere simbolico del 25 aprile, del primo maggio e del 2 giugno è aprire coscientemente la strada ad una modifica autoritaria della costituzione fatta per impoverire la popolazione secondo, oltretutto, i dettami di un liberismo agonizzante.
Non resta che opporsi a queste misure sia squallide che inique. Per ristabilire un principio di libertà ed eguaglianza in questo paese. E non resta infine che fare un bell’applauso a Giorgio Napolitano che ha firmato un provvedimento che prevedeva l’abolizione di fatto del primo maggio ristabilendo una linea di continuità con la proibizione della festa dei lavoratori decisa negli anni ‘20 dal governo Mussolini. D’altronde, ai tempi del governo Andreotti del 1976, uno dei più liberticidi della storia d’Italia, Napolitano era l’ambasciatore di chi sosteneva l’esecutivo dall’esterno presso la presidenza del consiglio. Un particolare dal passato che aiuta molto a capire la storia di questo paese e i problemi di oggi.

(red) 19 agosto 2011

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