l’iride chiusa palpita,
l’emozione sottomessa al volere
delle perse ambiguità.
Girano specchi appesi lenti
girano anime appena nate
da piante vecchie di tanti frutti
che bevono avide al tremore
del sole che pulsa e vibra
un calore soffocante che provo io,
che mi fa star male perché non riesco
a farti ricordare il brivido.
Lento sale il sonno del piacere
che fulgido si prova stando genuflessi
a guardare uno scintillio
che pago torna a dormire.
Lento sale il termometro
verso gradi che non si sentono
nell’albore di un cielo che
scotta solo se lo guardi un istante.
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