Dalla collina di un verde bagnato
ammiravo la città destarsi da un torpore alcolico
proprio di un giovedì sera sacrilego.
Nell’aria,con le vibrazioni di bastoni
mossi ritmicamente al vento,
un cammino per immortalare
un istante di un infinito eterno.
E scale antiche e l’eco chiassoso,
ed il mercato morente e la pioggia debole,
le verdure trionfanti ed i cani leali,
le sigarette spente e gli sputi raccolti.
Un battito di palpebre dopo
e sono passati parecchi giorni,
senza un perché,
come se questo non fosse un problema.
Ma lo è.
Poiché mi ricordano i minuti passati assieme a te,
che non so se siano immagini positive o meno,
non so se ripensare a questo
come ad un sorriso o come una lacerazione.
E tutto ciò in questo periodo confuso,
dove non credo che una sola piccola gioia
possa annullare lunghi periodi di depressione.
Aspetto e aspetto e aspetto,ancora,
ed ogni attimo che trascorre
passa lancinante nel mio corpo
come un fulmine scoccato da un dio,
che pur tifando per me
continua a massacrarmi di tiri mancini.
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