Israele sotto tiro. La reazione palestinese mette a dura prova il dogma della sicurezza.
di Alessandro Avvisato
Anche nella notte è proseguito il lancio di razzi da Gaza contro diverse città israeliane mettendo in crisi il dogma della sicurezza su cui si regge gran parte della politica e della narrazione dominante in e di Israele.
Dopo lo shock di Tel Aviv i razzi si sono abbattuti sul porto di Ashkelon, su Lod e Modiin ed hanno portato ieri sera alla chiusura temporanea dell’aeroporto Ben Gurion. Un’automobile è stata colpita nella città di Lod, a sud-est di Tel Aviv portando a cinque il numero di israeliani rimasti uccisi dai razzi lanciati dalle organizzazioni palestinesi.
Secondo fonti israeliane ci sono decine i feriti, centinaia di migliaia di persone costrette nei rifugi da Tel Aviv a Beersheva a Sderot.
L’aviazione e le truppe israeliane hanno continuato a bombardare pesantemente la Striscia di Gaza, dove secondo il ministero della Salute palestinese sono state uccise 35 persone, tra cui 12 bambini nei raid effettuati negli ultimi due giorni da Israele. Le autorità militari israeliane hanno annunciato di aver distrutto a Gaza un edificio di nove piani ritenuto una sede di Hamas.
Ma anche in Cisgiordania la tensione è altissima. L’agenzia Nena News riferisce che ad un checkpoint vicino Nablus i militari israeliani hanno ucciso un poliziotto palestinese, Ahmad Abdel Fattah Daraghmeh, e ne ferivano un altro, secondo i testimoni “a sangue freddo”. A Gerusalemme, scrive Nena News, ieri sera per la terza volta in pochi giorni, le forze di polizia israeliane hanno compiuto un raid sulla Spianata delle Moschee e hanno di nuovo impedito ai medici della Mezzaluna rossa di entrare a soccorrere i feriti. Prima dell’ennesimo raid, ai palestinesi di Gerusalemme sono arrivati sms sui cellulari in cui le autorità israeliane li avvertivano di non prendere parte alle proteste: “Ciao! Sei stato segnalato per aver preso parte ad atti violenti alla moschea di al-Aqsa. Ne sei responsabile. L’intelligence israeliana”.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha decretato questa notte lo stato di emergenza nella città di Lod, a sud-est di Tel Aviv, dove sono in corso durissime proteste della comunità arabo/israeliana e si registrano scontri anche tra giovani palestinesi e israeliani. Il ministro della Difesa di Israele, Benny Gantz, ha inviato sul posto rinforzi, su richiesta del sindaco di Lod. Gli scontri hanno causato almeno 14 feriti, quattro dei quali in gravi condizioni. Ma oltre a Lodd proteste sono esplose ieri notte anche in diverse città palestinesi o miste in Israele come Nazareth, Haifa, Jaffa, Umm al-Fahem, al-Mashad, Tamra.
“Dopo una valutazione della situazione, è stato deciso che saranno aumentate sia la potenza che la frequenza dei nostri attacchi contro i terroristi a Gaza” ha affermato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alle prese con un processo per corruzione e con la difficoltà a tenere in piedi il governo.
Sul piano diplomatico al momento non si profila nessuna ipotesi di tregua. Egitto e Qatar stanno cercando una mediazione tra israeliani e palestinesi a senza risultati. L’amministrazione Usa si è limitata ad invitare israeliani e palestinesi a porre fine alle violenze in corso aggiungendo di essere preoccupata per l’escalation tra le due parti in Medio Oriente. Gli Stati Uniti “continuano a sostenere la soluzione dei due Stati nel conflitto israelo-palestinese”, ha affermata la portavoce della Casa Bianca. Una posizione che ormai sa di ipocrisia e che ha consentito in questi decenni di vedersi affermare con la violenza solo uno degli Stati: Israele. Per i palestinesi si è trattato di un inganno durato fin troppo tempo.
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