giovedì 13 maggio 2021

QUANDO CRESCERE NON E' TUTTO

Un recente lavoro di ricerca che riguarda da vicino la salute e le soluzioni dei problemi ambientali della Terra è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature e fornisce dati riguardanti un connubio tra l'economia reale e la qualità dell'ambiente e quindi della vita.
Da molti chiamata la decrescita felice queste transizioni ecologiche di cui in questi mesi tanto se n'è sentito parlare a volte a sproposito(per approfondire vedi:madn i-dubbi-sulla-transizione-ecologica )possono e devono essere accompagnate da un calo del Pil,un Dio sacro a politici e banchieri,ad industriali e capitalisti,con una sovrapproduzione sempre più letale sia per la natura che per i lavoratori e gli abitanti del pianeta.
Nell'articolo(comune-info.net/la-decrescita-che-serve-al-pianeta )la necessità di cambiare le regole e soprattutto di seguire alla lettera quelle che già abbiamo e che pur essendo buone non vengono rispettate come quelle dell'accordo di Parigi.
Lo studio riporta che un Pil negativo dovuto a soluzioni che tutelano l'ambiente e riducono o azzerano il cambiamento climatico,fonte di devastazioni e concausa di malattie,non è per nulla un fattore negativo sia per la socialità che per l'ecologia,rendendo le persone più felici ma tendendo conto che tutto questo necessiti di profonde riforme sia politiche che sociali ed economiche,come il drastico abbattimento dello sfruttamento delle risorse naturali e le emissioni zero da parte delle imprese e delle singole abitazioni.

La decrescita che serve al pianeta.

di Francesco Paniè 

Una preziosa ricerca pubblicata da Nature fornisce le prime prove che la transizione guidata dalla decrescita potrebbe portarci a raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sugli effetti del cambiamento climatico. Si fa strada così, ben al di là della riflessione elaborata dai movimenti ambientalisti, uno Stop alle false soluzioni tecnologiche per le emissioni negative o alle mitologie tossiche come quella del disaccoppiamento della crescita del PIL dagli impatti ambientali. Una riduzione del PIL, viene spiegato sull’antica e prestigiosa rivista scientifica internazionale, in questo quadro sarebbe tutt’altro che fine a se stessa, ma diretta conseguenza delle misure ecologiche e sociali necessarie.

La decrescita è una via da prendere in considerazione per mitigare il cambiamento climatico. Non lo dicono solo i movimenti che da decenni con varie sfumature hanno iniziato la conversazione globale sul superamento del dogma della crescita economica. 

Da oggi lo dice anche un lavoro appena uscito su Nature. I due ricercatori che lo hanno realizzato partono da una considerazione: a 5 anni dall’Accordo di Parigi, le emissioni globali continuano a crescere e gli scenari costruiti dall’IPCC per rispettare il target di 1,5 °C combinano lo sviluppo di controverse tecniche per raggiungere emissioni negative e una transizione tecnologica senza precedenti, pur ipotizzando una crescita continua del prodotto interno lordo (PIL). 

Finora, la scienza del clima ha trascurato di considerare scenari di decrescita, in cui la produzione economica diminuisce a causa di una rigorosa mitigazione del cambiamento climatico. 

Questo silenzio – che mette in luce un pregiudizio di fondo preoccupante che oggi affligge il mondo scientifico – impedisce di conoscere il potenzale della decrescita in un percorso di decarbonizzazione libero dalla dipendenza dai pericoli della geoingegneria, così come da uno spostamento dell’estrattivismo sulle materie prime necessarie alla transizione ecologica (con il relativo impatto sui diritti umani e la giustizia climatica).

Il prezioso lavoro pubblicato da Nature fornisce le prime prove che la transizione guidata dalla decrescita potrebbe portarci a raggiungere gli obiettivi di Parigi, abbandonando false soluzioni per le emissioni negative o mitologie tossiche come quella del disaccoppiamento della crescita del PIL dagli impatti ambientali. 

Una riduzione del PIL non sarebbe in questo quadro fine a se stessa, ma diretta conseguenza delle misure ecologiche e sociali necessarie. Ripetiamo: NECESSARIE.

La decrescita è quindi “un equo ridimensionamento del throughput“, cioè del flusso di materia e di energia che attraversa l’economia, senza intaccare – o perfino migliorando – i livelli di benessere. 

I paesi “ricchi”, ci dicono i ricercatori, “potrebbero ridurre il loro impatto biofisico (e il PIL), mantenendo o addirittura aumentando le prestazioni sociali e raggiungendo una maggiore equità tra i paesi”. 

Tutto questo, ça va sans dire, si può fare solo tramite riforme economiche, sociali e politiche profonde e mai viste: l’elenco di Nature va da un tetto ai redditi a servizi pubblici universali e gratuiti, da una riduzione dell’orario di lavoro alla proprietà democratica delle imprese. 

Inutile dire che questo genere di ipotesi non sfiora neppure la mente delle classi dirigenti. Ma è bene che almeno qualcuno che arriva a pubblicare su Nature cominci a esplorare possibilità diverse, per rompere quella saldatura ottusa e mortifera fra mondo scientifico, istituzioni e imprese che sta immobilizzando le società nel mezzo di veri e propri cataclismi come la pandemia e la crisi climatica.

Più info https://go.nature.com/33zyJvJ

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