La decrescita che serve al pianeta.
di Francesco Paniè
Una preziosa ricerca pubblicata da Nature fornisce le prime prove che la transizione guidata dalla decrescita potrebbe portarci a raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sugli effetti del cambiamento climatico. Si fa strada così, ben al di là della riflessione elaborata dai movimenti ambientalisti, uno Stop alle false soluzioni tecnologiche per le emissioni negative o alle mitologie tossiche come quella del disaccoppiamento della crescita del PIL dagli impatti ambientali. Una riduzione del PIL, viene spiegato sull’antica e prestigiosa rivista scientifica internazionale, in questo quadro sarebbe tutt’altro che fine a se stessa, ma diretta conseguenza delle misure ecologiche e sociali necessarie.
La decrescita è una via da prendere in considerazione per mitigare il cambiamento climatico. Non lo dicono solo i movimenti che da decenni con varie sfumature hanno iniziato la conversazione globale sul superamento del dogma della crescita economica.
Da oggi lo dice anche un lavoro appena uscito su Nature. I due ricercatori che lo hanno realizzato partono da una considerazione: a 5 anni dall’Accordo di Parigi, le emissioni globali continuano a crescere e gli scenari costruiti dall’IPCC per rispettare il target di 1,5 °C combinano lo sviluppo di controverse tecniche per raggiungere emissioni negative e una transizione tecnologica senza precedenti, pur ipotizzando una crescita continua del prodotto interno lordo (PIL).
Finora, la scienza del clima ha trascurato di considerare scenari di decrescita, in cui la produzione economica diminuisce a causa di una rigorosa mitigazione del cambiamento climatico.
Questo silenzio – che mette in luce un pregiudizio di fondo preoccupante che oggi affligge il mondo scientifico – impedisce di conoscere il potenzale della decrescita in un percorso di decarbonizzazione libero dalla dipendenza dai pericoli della geoingegneria, così come da uno spostamento dell’estrattivismo sulle materie prime necessarie alla transizione ecologica (con il relativo impatto sui diritti umani e la giustizia climatica).
Il prezioso lavoro pubblicato da Nature fornisce le prime prove che la transizione guidata dalla decrescita potrebbe portarci a raggiungere gli obiettivi di Parigi, abbandonando false soluzioni per le emissioni negative o mitologie tossiche come quella del disaccoppiamento della crescita del PIL dagli impatti ambientali.
Una riduzione del PIL non sarebbe in questo quadro fine a se stessa, ma diretta conseguenza delle misure ecologiche e sociali necessarie. Ripetiamo: NECESSARIE.
La decrescita è quindi “un equo ridimensionamento del throughput“, cioè del flusso di materia e di energia che attraversa l’economia, senza intaccare – o perfino migliorando – i livelli di benessere.
I paesi “ricchi”, ci dicono i ricercatori, “potrebbero ridurre il loro impatto biofisico (e il PIL), mantenendo o addirittura aumentando le prestazioni sociali e raggiungendo una maggiore equità tra i paesi”.
Tutto questo, ça va sans dire, si può fare solo tramite riforme economiche, sociali e politiche profonde e mai viste: l’elenco di Nature va da un tetto ai redditi a servizi pubblici universali e gratuiti, da una riduzione dell’orario di lavoro alla proprietà democratica delle imprese.
Inutile dire che questo genere di ipotesi non sfiora neppure la mente delle classi dirigenti. Ma è bene che almeno qualcuno che arriva a pubblicare su Nature cominci a esplorare possibilità diverse, per rompere quella saldatura ottusa e mortifera fra mondo scientifico, istituzioni e imprese che sta immobilizzando le società nel mezzo di veri e propri cataclismi come la pandemia e la crisi climatica.
Più info https://go.nature.com/33zyJvJ
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