martedì 11 agosto 2020

LO SCANDALO DEI BONUS NEL PERIODO REFERENDARIO

 

Il pudore ed il rispetto verso milioni di italiani che veramente hanno bisogno di aiuti economici rapidi e certi non sono di casa verso i cinque parlamentari che hanno chiesto,e si crede che tre di essi abbiano anche ricevuto,i 600 Euro di bonus che spetterebbero a partite Iva e altre categorie lavorative colpite dalla crisi post pandemia.

I nomi non ci sono ancora ma allo stato delle cose sarebbero tre leghisti,un renziano ed un grillino ad avere approfittato della situazione nonostante il loro stipendio mensile sia più alto di quello di una buona fetta dei lavoratori italiani in un anno,in una situazione tipicamente italiana dove la disciplina e l'onore evocati dalle regole costituzionali che in maggior modo devono essere seguite da chi ricopra cariche istituzionali,sono invece causa di giusto ribrezzo e scandalo.

Gli articoli di Contropiano(i-quacquaraqua-della-politica-attaccati-al-bonus-covid e i-cinque-furbetti-lorrore-e-il-dibattito )parlano di questo oltraggio alla decenza sociale che parte per l'ennesima volta dai banchi della politica,soprattutto in un periodo di campagna elettorale referendaria dove certi giornalisti rincarano la dose confondendo scientificamente le idee per ottenere un risultato positivo al quesito di settembre quando si chiederà agli italiani se ridurre o meno proprio il numero dei parlamentari,fuorviandone il contesto per favorire un ulteriore impoverimento della democrazia.

Tutto questo ovviamente tralasciando gli altri beneficiari del bonus,si arriva fino a duemila amministratori pubblici,per non parlare di alcune categorie come notai ed avvocati che sono presenti in queste lista che l'Inps dovrebbe rendere pubbliche in quanto trattasi di soldi di tutti.

I quacquaraquà della politica attaccati al “bonus Covid”.

di  Dante Barontini   

Com’è che non siamo affatto sorpresi?

L’ultimo scandaletto politico agostano – a Camere chiuse non si può pretendere molto – riguarda cinque parlamentari che avrebbero chiesto e ottenuto il “bonus Covid” da 600 euro, destinato a partite Iva e altre figure lavorative colpite dalla crisi pandemica.

Insieme a loro, secondo la segnalazione della direzione centrale Antifrode, Anticorruzione e Trasparenza dell’Inps, struttura ad hoc voluta dal presidente Pasquale Tridico, circa 2.000 tra amministratori locali e sindaci.

I “boatos” riferiscono che i cinque parlamentari sarebbero rispettivamente tre della Lega, uno della renziana Italia Viva e uno eletto tra i Cinque Stelle (ma potrebbe anche essere uno dei “fuoriusciti”).

Diciamo che l’unica cosa incomprensibile è il mantenimento, per ora, del segreto sui loro nomi, per ancora meno comprensibili motivi di privacy. Se c’è infatti una categoria che non può pretenderla – tranne che per fatti privatissimi, come quelli familiari – è proprio quella di parlamentari; per definizione, infatti, ogni loro atto deve essere conoscibile dal pubblico.

L’atto, di per sé, è miserabile. Chiedere altri 600 euro, conoscendo meglio di tutti le pieghe della legge (da loro votata o magari contro cui avevano votato, com’è il caso dei leghisti), godendo dei quasi 15.000 euro mensili garantiti dalla carica, dà la statura morale di questa feccia. Si capisce, in qualche misura, che si tratta di “peones”, semplici “schiacciabottone a comando”, esclusi dalla possibilità di “grattare” in grande, e dunque attentissimi ai piccoli dettagli, alle molliche che sgocciolano giù dal tavolo.

Dalle nostre parti abbiamo visto come tale bonus non sia stato dato a persone senza reddito e senza proprietà, per motivi incomprensibili ai profani. Quindi non per una eccessiva “permissività” del decreto presidenziale.

Ma la dimensione numerica degli “abusivi”, tenuto conto della marea di amministratori locali coinvolti (si potrebbero giustificare solo quelli di certi comuni sperduti che fanno la loro funzione per due spiccioli di rimborso…), restituisce plasticamente la “qualità” fognaria dell’attuale classe politica, senza alcuna distinzione tra “partiti” (ormai da tempo semplici aggregati di clientele, pacchetti di tessere, ecc, capaci dai catturare “consensi volatili” con slogan da osteria).

In un certo senso, è il punto di arrivo della “discesa in campo della società civile”, dei “non professionisti della politica”, aperto a suo tempo da Berlusconi e perfezionato do 30 anni dai “grillini”. Al di là infatti della contrapposizione “morale” tra i vari fenomeni (la cultura dei “cazzi propri” simboleggiata dal Caimano e la retorica della “legalità” che ha portato per un breve attimo i Cinque Stelle a diventare primo partito, così come il razzismo intrinseco di Lega e “meloniani” o l’affarismo “europeista” del Pd), c’è un tratto comune a tutti, che ha coinvolto entusiasticamente anche i residui della sedicente “sinistra” (chi non ricorda la “pulizia etnica” praticata da Bertinotti nei confronti dei militanti di esperienza per “date spazio” a campioni della “nuova politica” come Gennaro Migliore e Vladimir Luxuria?).

E quel tratto comune era appunto l’ignoranza e l’estraneità alla politica, sia rispetto alle “grandi visioni” che alla “struttura dei valori”.

Sembrava una “svolta purificatrice”, è stato il traboccare delle fogne che già la “vecchia politica” democristiana e craxiana faticava a contenere, subordinando (e utilizzando) le clientele come vettore di consensi.

Di fatto, le clientele sono rimaste, ma senza più il “tappo istituzionale” rappresentato da politici di professione. Ossia da quelli formati nell’arco di una vita – dalla semplice iscrizione alla gavetta dell’attivismo territoriale o categoriale, dalle prime prove nelle amministrazioni locali attraverso cui si selezionavano poi gli aspiranti alle cariche parlamentari e alle poltrone di governo – per mediare tra una moltitudine di interessi, seguendo un minimo (molto minimo e alla fine quasi nulla) di logica politica generale.

Che differenza vedete – quanto a “competenza” – tra un Toninelli o una Azzolina e le torme di “nani e ballerine” portati ai vertici dal cavaliere?

L’estinzione del ruolo della politica, sotto la pressione congiunta della prevalenza dell’economia e del “trasferimento di sovranità” alle istituzioni sovranazionali (UE, Nato, Bce, ecc), ha portato naturalmente con sé l’estinzione della “professionalità”.

Parlamento e amministrazioni locali sono oggi popolate da “miracolati” che sono riusciti ad entrare in una istituzione che dà qualche potere (decidere l’allocazione di risorse pubbliche sempre meno rilevanti, lungo la catena di comando che va da Bruxelles all’ultimo municipio metropolitano o paese della provincia).

Come si fa, allora, a stupirsi ancora, a “scandalizzarsi”, davanti al fatto che poi questi quacquaraquà – perfettamente consapevoli che la loro stagione da “miracolati” durerà un battito di ciglia – provano a “massimizzare gli introiti” racimolabili in quel breve lasso di tempo?

Avete creduto alla “società civile”? E’ questa. Merda secca, senza onore e senza uno straccio di dignità. Figuriamoci di idee…

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

I cinque furbetti: l’orrore è il dibattito.

di  Massimo Zucchetti   

Non pensavamo che, alla tradizionale scuola di vita cui vengono iniziati i deputati del nostro Parlamento, nessuno più insegnasse certi fondamentali. 

Molti deputati italiani conoscono fin troppo bene cosa voglia dire il privilegio, l’arroganza, il delirio d’infallibilità da “eletti dal popolo sovrano” (in realtà, sappiamo che sono solo dei nominati, dopo imbarazzanti votazioni al buio su un sito di poche decine di internauti, o – peggio – dopo sanguinose lotte a coltello fra valvassori e valvassini per entrare nella “lista” buona, a rimorchio del Dominus di turno). 

Non importa: da lotte intestine, non necessariamente escono nomine di merda. Spesso – e parlo dei “buoni” – si tratta di persone pressoché prive di esperienza e inadatte al ruolo, che però si applicano, studiano, si fanno consigliare, si documentano. E fanno un buon lavoro. 

Altri purtroppo seguono la traccia indelebile lasciata dai democristiani e loro alleati a partire dagli anni ’50, diventando loro degni eredi nell’arte di dissimulare l’interesse privato o di partito nella cosa pubblica. 

Ma anche in questi ultimi casi, vale la prima delle regole non scritte: se proprio devi rubare, malversare, favorire ingiustamente, raccomandare, bisogna essere cauti e bisogna che ne valga la pena. Stupido correre rischi per approfitticchiare, quando con un solo Grande Latrocinio si può ottenere molto di più: meglio essere integerrimi, o perlomeno fingersi tali. 

I cinque deputati “furbetti del sussidio” da 600 euro, invece, non hanno rispettato neppure questa regoletta minima di decenza. 

Quello che però fa orrore, ed indica il degrado morale desolante di parte dell’intellighenzia e dell’opinione pubblica italiana, è il dibattito di questi giorni: in sostanza, “dato che la Legge non vieta espressamente a un deputato del Parlamento di chiedere un sussidio destinato alle Partite Iva sul lastrico, beh allora ‘tecnicamente’ potevano farlo, la colpa è a monte, di chi fa la legge, non di chi trova l’inganno“. 

Ecco: questo ci fa orrore e lo ripudiamo. 

In un paese civile, è appena ovvio che almeno i rappresentanti in Parlamento debbano comportarsi “con disciplina e onore” (art. 54 della Costituzione). Ci sono regole minime di morale e di decenza. Oltre che nei deputati e amministratori pubblici, anche nei cittadini e nella pubblica opinione. 

Non c’è cavillo, interpretazione o scusante. Se guadagni 12mila euro al mese, non rubacchi 600 €. È immorale. Costoro devono dimettersi. E noi dobbiamo imparare che – come in certi paesi anglosassoni o del nord Europa – deve esserci la presunzione automatica di buona fede ed onestà. 

Non dobbiamo avere leggi dettagliate fino al minimo codicillo che ci costringano a comportarci correttamente, sorvegliati da occhiuti controllori. Deve essere già scritto a fuoco nella nostra coscienza di cittadini: sono passati oltre due secoli dal 1789, ma ancora, evidentemente, “non ci siamo”. 

La prima volta che viaggiai per lavoro a spese di una Università statunitense, al rientro mi preparai a chiedere il rimborso delle spese sostenute, esibendo una lunga collezione di ricevute e pezze d’appoggio varie. 

L’amministrativo dell’università (era il MIT) mi spiegò con pazienza; fai il calcolo di quanto hai speso e scrivi: tot di trasporti, tot di albergo e tot di pasti, poi fai la somma, e quello ti rimborsiamo. E “gli scontrini”? Beh, mettili in una busta e tienili lì per un po’, nell’improbabile caso che servano. 

Va da sé, però, che se io avevo speso 1500$ e ne chiedevo 3000 di rimborso, e se per caso veniva fuori, non è che mi dicevano “ahi, ahi, cattivo bambino: restituisci le caramelle e non farlo più“. Mi licenziavano. 

Quindi, in automatico, ma senza tanti isterismi o crocifissioni pubbliche in sala mensa, i cinque si dimettano, e finisce lì. 

Non possiamo più permetterci né di essere governati o rappresentati da mariuoli, né di trovare naturale che – se un pertugio in una legge lo permette – ci si comporti da mariuoli. 

Se no, è inevitabile che dei mariuoli eleggano e si ritrovino rappresentati da mariuoli.


Nessun commento: