martedì 25 agosto 2020

LA SARDEGNA PAGA IL CONTO DEL TURISMO

 

Alla fine anche la Sardegna,nonostante mesi passati praticamente con pochissimi contagi anche grazie alla lontananza fisica col resto d'Italia e d'Europa,ha segnato il passo ed ora c'è un serio rischio pandemico visti i numeri lievitati da quando è stata oggetto di vacanze.

Era in preventivo tutto ciò visto che la regione non poteva chiudere i battenti vista l'importanza primaria del settore turistico che trascina l'economia isolana,ma è vero pure che una bella fetta percentuale stia uscendo fuori da una movida sfrenata e di lusso,quella delle località più esclusive e a detta degli addetti ai lavori immune da qualsiasi contagio(sono già più di sessanta i contagianti della discoteca del cinghiale Briatore,solo che lui è scappato per farsi curare,vedi anche il secondo contributo:left essere-flavio-briatore ).

L'articolo di Contropiano proposto in principio(covid-in-sardegna-e-arrivato-il-conto )parla di questo che è davvero un conto da pagare per troppe leggerezze di un presidente dapprima preoccupato(in primavera)e poi entusiasta a giugno con la partenza dell'alta stagione pronto ad accogliere frotte di turisti senza nessun controllo sanitario ed il risultato si è visto,anche con i contagi di ritorno che i vacanzieri hanno riportato indietro soprattutto nel Lazio.

Non voglio stigmatizzare chi ha potuto fare un viaggio in quest'isola splendida ma certi comportamenti adottati non sono stati di certo in linea con le normative preposte a limitare il diffondersi del contagio e chissà che in autunno la stessa gente non piangerà miseria e darà la colpa di un eventuale futuro aumento del cononavirus ai migranti.

Covid in Sardegna: è arrivato il conto.

di  Liberu - Lìberos Rispetados Uguales   

Non era difficile immaginare, da tempo c’erano le avvisaglie e con un po’ di buonsenso si sarebbe potuto prevedere tutto ciò. I nostri documenti che già ad aprile prevedevano il disastro e proponevano risposte, sono stati costantemente ignorati dalla politica regionale e censurati dai principali mezzi di informazione.

Ora da più parti si tenta la santificazione di Solinas che, secondo la vulgata, non sarebbe stato ascoltato quando chiedeva controlli sanitari per venire in Sardegna. Il che è sicuramente vero e gli fa onore.

Ma è anche vero, ridimensionando un po’ le cose, che Solinas ha tenuto duro fino a maggio, con la bassa stagione, chiedendo controlli sanitari severi ma senza proporre niente di concreto. 

Il primo giugno poi, con una clamorosa retromarcia, dichiarava: “Per venire in Sardegna dal 3 giugno è sufficiente fare una prenotazione, e noi invitiamo tutti i turisti a prenotare perché l’Isola intende accoglierli a braccia aperte“, piegandosi a decisioni romane che riducevano i controlli a una sostanziale buona volontà.

Dopodiché la situazione è andata progressivamente degenerando, con una miriade di arrivi senza alcun controllo sanitario, né alla partenza né all’arrivo.

Nel mese di luglio, assieme all’assessore al turismo, lo stesso Solinas che prima era paladino dei controlli sanitari rigidi, arrivò ad indignarsi per l’applicazione della legge che vietava l’arrivo di turisti dagli USA, lamentando che si trattava di un “viaggio di lavoro”. Il classico viaggio di lavoro estivo con appresso due bambini piccoli. 

Parlò di grave danno d’immagine per la Sardegna: non si riferiva al fatto che dal posto più contagioso del mondo fossero arrivati turisti, ma che non si volesse infrangere la legge in loro favore.

Nel corso della stagione, a tutti i livelli, è diminuito anche il numero di tamponi giornalieri, forse per evitare di spaventare i vacanzieri si è voluta cinicamente seguire la dottrina di Donald Trump: “Se non facessimo test avremmo pochissimi casi”.

In questo quadro, mentre migliaia di turisti vanno e vengono dai luoghi più contagiosi del mondo, nei giorni scorsi Solinas non ha trovato di meglio che segnalare il pericolo contagio… da parte dei migranti!

A questa vergognosa condotta da scaricabarile incallito, fa eco l’atteggiamento – a dir poco ignobile – dei media italiani che in questi giorni presentano la Sardegna come focolaio del virus. Giusto per ricordare che quando si inizia la caccia al nero, prima o poi anche tu sarai il nero per qualcuno.

A questo sarebbe giusto chiedersi se la proposta di Liberu, fatta già ad aprile, non fosse la migliore risposta. Una misura che puntava alla massima apertura delle attività, delle sagre, dei concerti e delle feste che tanto benessere portano alla Sardegna, da ottenere con una chiusura regolata e razionata all’entrata esterna. 

Proponevamo che si evitassero arrivi di massa disordinati, permettendo alcune migliaia di rientri quotidiani di Sardi e di turisti in maniera controllata, anche considerando che già in piena quarantena entravano in Sardegna oltre un migliaio di persone ogni giorno. Sarebbe stato un ingresso non massivo e sicuro, che avrebbe salvaguardato tutti. 

Il presidente Federalberghi Sardegna nei giorni scorsi ha dichiarato che il suo settore ha perso circa il 75%. Pur di accontentare gli albergatori però sono state cancellate feste e sagre, con gravissimo danno per centinaia di paesi, mentre ristoratori e baristi anche della zone interne sono stati messi in croce da misure di emergenza dovute all’apertura massima per un turismo minimo.

Adesso in Italia agitano l’immaginario dell’infetto che viene dalla Sardegna, mentre da noi andranno in fumo anche prossime iniziative importanti come Cortes Apertas e le tante feste autunnali, con milioni di euro di danno per quelle famose zone interne che non si dovrebbero spopolare.

Una situazione disastrosa che rende ancor più urgente la necessità di nuova classe politica, capace di difendere gli interessi generali del popolo sardo davanti alle lobby e al potere romano.

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Essere Flavio Briatore.

di Giulio Cavalli 
Io vorrei essere per qualche ora, qualche ora soltanto, nella testa di Flavio Briatore, del manager dei manager che quest’estate ci siamo dovuti sciroppare un po’ dappertutto perché la stampa qui da noi funziona così: chiami un volto noto, qualcuno che funziona, gli chiedi di spararla grossa o forse non glielo chiedi nemmeno perché gli autori del programma sanno già per certo che la sparerà grossa, e lo intervisti su tutto, lo intervisti sul virus, lo intervisti sull’economia, lo intervisti sulla politica, lo intervisti sulla società e tutto il resto.

La testa di Flavio Briatore deve essere uno spazioso loft non ancora arredato in cui si misura il resto del mondo secondo canoni tutti suoi: un piatto è buono solo se lo mangiano i calciatori, una discoteca è bella se viene frequentata da personaggi pubblici, un lido è interessante solo se è estremamente costoso e una donna è interessante solo se può essere sua. Misurare il mondo attraverso i soldi e osservare la realtà come se fosse solo un’escrescenza del proprio ego deve avere qualcosa di mistico, deve essere la stessa sensazione di un nirvana solo che questo tende verso il basso.

Così Flavio Briatore quest’estate è diventato esperto di Covid e ci ha insegnato come gestire un’emergenza. Ne è uscito alla grande. Prima se l’è presa con il sindaco di Arzachena accusato di essersi occupato della chiusura dei locali che favorivano assembramenti e contagio (“Abbiamo trovato un altro grillino contro il turismo!”, ha detto) e poi si è lanciato in una considerazione elegantissima: “A me spiace per i nostri clienti, la costa Smeralda si stava riprendendo, abbiamo portato giù i calciatori, non capisco è una vendetta? Questa è gente che non ha mai fatto un cazzo nella vita, Arzachena nessuno sa dove cazzo sia, la conoscono lui e due pecore!”. Ha portato giù i calciatori. Capito, che figo, Briatore.

Il sindaco Roberto Ragnedda, al contrario di quelli che strisciano servili ai piedi dei tanti briatori che abbiamo in giro, gli ha risposto per le rime: “questa ordinanza serve a tutelare soprattutto gli anziani come lui”. Chissà come si è sentito male Briatore, lui che la gioventù se l’è comprata via internet ma non capisce perché non gliel’abbiano ancora consegnata.

E per chiudere in bellezza la sua estate si finisce con sei suoi dipendenti positivi al Covid e qualche centinaio messi in isolamento. Chissà come sono contenti quelli di avere preso il virus in versione deluxe. E cosa ha fatto Briatore? Se n’è tornato mesto mesto nella sua Montecarlo, perché il grande vate dell’economia italiana ovviamente paga le tasse in giro per l’Europa. Qui da noi “porta giù i calciatori” e noi dovremmo volergli bene per questo.

Bene, bravo, bis.

Buon lunedì.

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