sabato 23 febbraio 2019

CALCIO E MASCHILISMO


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Ma davvero il calcio è uno sport,una religione per qualcuno,solamente per uomini?
La domanda che ci si pone da decenni e che francamente non ha ragione d'essere è sempre più frequente perché ultimamente ci sono stati episodi di sessismo verbale e fisico che fanno discutere e pensare e che scaturiscono purtroppo in casi di violenza sulle donne.
L'articolo di Infoaut(calcio-e-sessismo-cronache-dal-2019-avanti-cristo )parla degli episodi di Collovati,con soprusi verbali e con Insigne,prototipo del macho italico che opprime la donna e la vuole in condizioni medievali se non preistoriche,violento fisicamente e pericoloso,un uomo di merda.
Poi gli esempi di Zaniolo e della procuratrice di Icardi Nara,protagonisti loro malgrado di episodi di violenza e di stereotipi sessisti,con il programma televisivo Le iene(il livello di"giornalismo"nostrano a volte è rappresentato da trasmissioni abominevoli come questa)che hanno provocato reazioni non preventivabili.
L'altro contributo(www.minutosettantotto fan-tastic-females )racconta di una mostra presentata ad Amburgo che parla delle donne negli stadi,sia da protagoniste dirette come giocatrici o arbitri,a tifose o professioniste a bordo campo,nata soprattutto per testimoniare la presenza delle donne nel modo del calcio e per combattere il maschilismo che è una delle parti malate di questo sport(vedi anche per i problemi interi del mondo del pallone:madn il-calcio-allo-sbando ).

Calcio e sessismo, cronache dal 2019 (avanti Cristo).

Nel giugno 2019 si terranno in Francia i Mondiali di calcio femminile. A questa edizione prenderà parte anche la nazionale italiana, a differenza di quella maschile che non si qualificò per i Mondiali 2018 in Russia. È semplice notare l'hype che si sta costruendo sull'appuntamento estivo. In televisione, in particolare su Sky che sta sempre più "spingendo il prodotto", viene dato sempre maggiore spazio sia alle partite che al dibattito su tutto ciò che gli ruota intorno. Anche la carta stampata sempre più dà spazio alle varie Bonansea, Gama, Girelli e via dicendo.

Si va nella direzione della parità dunque, almeno dal punto di vista della commercializzazione. Ovviamente non c'è da rallegrarsi della cosa. Il calcio-business non ci piace né al maschile né al femminile. Se non altro si potrebbe almeno sperare in un passo avanti dal punto di vista del rispetto per le donne che decidono di scegliere percorsi culturalmente identificati come maschili,. Quanto meno in paragone al tempo delle "quattro lesbiche che corrono dietro a un pallone", come definiva un collaboratore dello scorso presidente della Figc le giocatrici.

Eppure il mondo del calcio rimane profondamente sessista. Nemmeno l'evidente volontà di mettere a profitto il calcio femminile, creandoci intorno un redditizio mercato sembra infatti riuscire a sconfiggere o a mettere nell'angolo una mentalità diffusa, la quale riproduce uno stereotipo di genere e una gerarchia dei sessi all'interno di uno dei più importanti elementi culturali delle nostre società.

Lo scorso weekend ha prodotto molteplici eventi in questa direzione. In una trasmissione sempre più becera come Le Iene è andata in onda una doppia pagina vergognosa di maschilismo e di prevaricazione di genere. In un primo episodio, il calciatore del Napoli Insigne, già amante dei selfie con Salvini, è stato "vittima" di quello che è stato senza vergogna definito uno scherzo da parte della sua compagna e degli autori del programma. Scherzo che in realtà altro non è stato che una resa plastica di come uno dei simboli della città partenopea, dotato quindi di una enorme capacità di influenzare la società, viva di fatto la sua relazione in termini medievali.

Insigne, si scopre, impedisce alla moglie di poter utilizzare i social networks, ma non solo. Quando la compagna lo avverte che desidera fare un provino per un film, e nonostante la contrarietà del marito prova a impuntarsi nel volerlo fare lo stesso, Insigne si impone al grido di "decido io per te!" E non solo: per la "gelosia" le tira uno schiaffo e poi la manda a dormire sul divano. La perla sessista si conclude con la moglie che una volta finito lo scherzo bacia e abbraccia il marito, contenta di poter tornare al suo ruolo da sottomessa.

Un vero e proprio incubo, ma non è finita qui. In un altro grande momento di televisione la madre del talento della Roma Zaniolo veniva messa sotto scrutinio da un arrembante giornalista per le foto caricate sul suo profilo Instagram. Il tutto di fronte al giocatore, visibilmente infastidito, che veniva mostrato come in balia di una madre desiderosa di sfruttarne il successo. Il tutto a colpi di battute a doppio senso di serie Z.

Ancora: poche ore dopo andava in onda sulla Rai un ex campione del mondo del 1982, Fulvio Collovati, a blaterare che "ogni volta che una donna parla di tattica lo stomaco mi si stringe". Un punto di vista talmente ridicolo di fronte all'ormai ampio numero di giornaliste sportive, di tifose, di opinioniste, di allenatrici donne, che ha giustamente provocato una grande reazione sulle reti sociali. Ma che è riuscito a essere rivendicato dalla stessa moglie di Collovati. La quale, in un evidente dimostrazione di autosottomissione è riuscita a difendere il marito. Nonostante, e qui si vola alto, anche essa sia giornalista sportiva.

Il tutto accadeva mentre nel frattempo arrivava la notizia di un lancio di sassi nei confronti della macchina dove viaggiava insieme ai suoi figli Wanda Nara, agente di Mauro Icardi, giocatore dell'Inter. Il problema che evidentemente non va giù ai giornalisti maschi e sessisti di questo paese è che Wanda Nara è anche moglie di Icardi. I fatti avvengono dopo giorni di forti polemiche sull'operato e sugli atteggiamenti della donna, vivisezionati al microscopio quotidianamente. Anche questo caso si nota una evidente denigrazione sessista, giocata attraverso un doppio standard davvero inaccettabile.

Costruito sulla base della riproposizione dei peggiori insulti nei confronti di una donna per le sue modalità di utilizzare i social network e di mettere legittimamente in mostra il suo corpo, il doppio standard fa in modo che uno stesso comportamento messo in atto quotidianamente da decina di procuratori maschi, quello di strappare le migliori condizioni economiche per un suo giocatore, passi in secondo piano rispetto a quando a farlo è una donna. Questa infatti diventa immediatamente una sorta di arrivista sfruttatrice del marito che lavora.

Non stiamo appoggiando la corsa all'arricchimento o la schifezza del sistema dei procuratori, che riguarda uomini e donne del settore allo stesso modo. Ma ci limitiamo a dire che se a chiedere un aumento è un procuratore uomo, evidentemente è normale, anzi è un bomber. Mino Raiola è un bomber! Mentre se a farlo è una donna questa diventa senza dubbio alcuno una persona interessata a sfruttare i soldi del suo assistito, probabilmente circuito con la sua sessualità.

E sono solo alcuni casi di sessismo banale emersi in questo weekend. Potremmo andare avanti per ore. Purtroppo, la vicenda dello stupro di cui è accusato Cristiano Ronaldo non ha insegnato proprio niente, né è servita per un passo avanti del sistema mediatico e sportivo. Anzi, quanto successo è spia del modo in cui è stata trattata quella storia, e di come in generale è combattuta la "battaglia al sessismo" nel sistema calcio. Un approccio puramente ipocrita, che ha toccato il fondo con la ridicola immagine dei giocatori con la guancia rossa contro la violenza. Ovviamente senza affrontare la quotidiana riproduzione di discorsi e stereotipi sessisti nell'industria del pallone.

Un'ultima considerazione. Mentre si insultava questa o quell'altra donna legata al calcio, a Cuneo,in Lega Pro, andava in scena un umiliante 20 a 0 rifilato dalla squadra di casa ad una selezione di 8 minorenni della Pro Piacenza. Il motivo di questa farsa? La pro Piacenza non paga i suoi giocatori e ha schierato adolescenti per non essere esclusa dal campionato e radiata. Si tratta di una delle tantissime squadre che negli ultimi anni sono fallite o stanno per fallire per via di una politica sportiva fallimentare a tutti i livelli e per le manovre speculative di decine di presidenti impegnati solo a cercare di guadagnare qualcosa dal calcio. Spesso distruggendo storie gloriose di club, portandoli al fallimento, quando il gioco non vale più la candela o non ci si guadagna abbastanza. Ma il problema del calcio è evidentemente una donna che parla di tattica o che magari addirittura prova a giocare...

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Fan.Tastic Females: storie di donne negli stadi d’Europa.

Anastasia vive a Mosca e il calcio è la sua vita; anche lo Spartak lo era, ma da quando ha smesso di andare allo stadio la passione è scemata; e d’altronde come biasimarla? Da quelle parti sugli spalti vige una serie di regole inaccettabili per lei. Essere donna e avere posizioni politiche forti la costringe ad una scelta: accettare passivamente la propria condizione subalterna alla massa, oppure tifare in silenzio, altrove. Per Ana – come la chiamano tutti – la risposta non può essere che una: organizzarsi per conto suo, abbandonare lo stadio e seguire le partite dello Spartak dalla tv e giocare a calcio in qualsiasi forma: a 5 o a 11, in squadre miste o composte solo da donne. È l’unica alternativa che ha.

Per Cecilia, invece, coltivare la sua passione è stato più facile. È nata a Verona e da quando le hanno regalato un paio di pantaloncini per giocare a pallone, da bambina, non ha più smesso. Nel frattempo si è spostata dal Veneto a Roma e ha trovato la sua seconda famiglia nell’Atletico San Lorenzo, diventandone capitana e portando la sua squadra di calcio a 5 alla conquista delle Serie C. “Quando guardiamo la squadra maschile giocare, il nostro gruppo di donne grida e beve più dei maschi”. La determinazione nello sguardo mentre pronuncia queste parole non lascia dubbi che sia l’assoluta verità.

Sophie è entrata nella storia come la prima donna transgender a lavorare ufficialmente nella Premier League: fa la fotografa a bordo campo per il Bournemouth, la squadra che ha sempre tifato. La partita della promozione è stata anche l’ultima prima della sua transizione, la sua storia e quella del suo club in quel momento si sono incrociate. Sophie è anche attivista politica e il suo sogno è che il coming out di un calciatore diventi una cosa noiosa che non importi a nessuno, esattamente come tutti i gesti quotidiani come allacciarsi le scarpe, scendere su un campo da calcio e fare dei giri intorno alle 4 bandierine per il riscaldamento. 

Maria ha 79 anni e non si perde una partita dell’Arsenal per nessuna ragione al mondo. L’emirates è universalmente riconosciuto come lo stadio più silente d’Inghilterra: ha ereditato dal vecchio highbury la nomea di ‘the library’, la biblioteca dove si entra si prende un libro e lo si legge stando attenti a fare il minimo rumore. Se tutti i tifosi gunners avessero la sua voglia di gridare e la sua energia avrebbero dovuto trovare un altro nomignolo per descrivere lo stadio dei bianco rossi del nord di Londra.

Anna, Cecilia, Sophie e Maria sono 4 donne che hanno raccontato la loro storia di calcio a Fan.tastic Females, una mostra itinerante – ma anche un progetto, una serie di workshop e discussioni, una rete di donne e molte altre cose – che ha preso il via ad Amburgo il primo weekend di Settembre.
 
Il calcio ha un problema di sessismo talmente tanto esteso e diffuso da apparire endemico. Nella concezione comune la donna si avvicina al calcio da ospite e si trova a dover giustificare la propria presenza in stadi, redazioni giornalistiche, società e istituzioni calcistiche. Cambiare la narrativa e riequilibrare la sottorappresentazione femminile nel mondo del calcio è stata la base di partenza al progetto sin dalla sua fase embrionale. A raccontarlo è Antje Grabenhorst, coordinatrice del progetto insieme a Daniela Wurbs e Barbara Paech. L’idea di partenza, spiega ancora Antje, venne a lei e a Daniela nel 2010 durante un meeting di Football Supporters Europe (FSE), durante una discussione all’interno di un workshop che aveva come tema centrale le esperienze delle donne allo stadio. Apparve chiaro come la presenza femminile fosse una componente essenziale del calcio, ma che fosse – come lo è anche ora – rappresentata in maniera distorta.

L’idea di partenza è stata successivamente ripresa e sviluppata nel 2016, quando è iniziata la pianificazione del progetto: mettere in piedi un piano di lavoro, formare la squadra e trovare i fondi (aspetto che ha causato i maggiori grattacapi). 

Come ricorda ancora Antje, l’intero progetto è stato realizzato seguendo logiche DIY (Do It Yourself – ovvero senza ricorrere a lavoro professionistico), aspetto che ha portatoun’ulteriore complicazione alla realizzazione della mostra. 

La fase realizzativa è durata circa 18 mesi e ha coinvolto un gran numero di persone che hanno prestato il proprio lavoro a titolo principalmente gratuito.

Tra queste c’è Filo, che di lavoro fa la videomaker e vive a Londra. La sua avventura con Fan.Tastic Females è iniziata ad Aprile 2017, quando Antje e Daniela si trovavano nella capitale inglese per intervistare Eva dei Clapton Ultras – gruppo di cui anche lei faceva parte. In quella occasione è venuta a conoscenza del progetto e non ha esitato a buttarsi dentro con tutto il suo entusiasmo. 

Quando Filo parla di calcio cita immediatamente le Temporary Autonomous Zone (TAZ) di Hakim Bey: in quest’ottica lo stadio è un luogo autonomo dove non esiste alcun ordine naturale precostituito. Nei TAZ descritti dall’anarchico statunitense distinzioni di razza, religione, cultura e sesso sono creazioni artificiali, che alterano la dimensione naturale dello spazio. Lo stadio, nella sua essenza più pura può essere spogliato di queste sovrastrutture e rimanere un luogo incontaminato, dove le convenzioni sociali solite non si applicano. 

Ovviamente tra la concezione teorica del pensatore radicale e ciò che accade nella realtà esiste un numero di sfumature infinito. Per Filo  dare voce e visibilità alle donne voleva dire eliminare le sovrastrutture consolidate nel tempo e riportare lo stadio alla sua condizione basica, quella di un ambiente egualitario, dove poter comunicare anche senza conoscere la stessa lingua e dove gli unici confini e limitazioni sono imposti soltanto dagli striscioni e dagli adesivi con i quali chi popola quello spazio decide di definirsi. 

Per realizzare i 78 ritratti da 5 minuti in mostra, le ragazze di Fan.Tastic Females hanno viaggiato per circa 20 paesi europei, incontrando donne impegnate a diversi livello nel mondo del calcio: responsabili istituzionali, tifose, dirigenti del proprio club e ultras. Questo tour ha permesso loro di creare connessioni tra un gruppo di ragazze molto eterogeneo.

La mostra-evento di Amburgo ha avuto una doppia finalità: presentare le storie raccontate direttamente dalle protagoniste e creare una rete attraverso la quale donne e ragazze possano scambiare le proprie esperienze e affrontare collettivamente i problemi comuni. 

Sebbene il progetto sia tutt’altro che archiviato (la mostra continuerà a girare per almeno altri due anni), l’evento di Amburgo ha rappresentato il punto di arrivo della fase realizzativa. Per questa ragione sono stati invitati a partecipare tutti i volontari che hanno collaborato a ogni livello: chi ha viaggiato senza sosta per realizzare le interviste e chi ha prestato due ore del proprio tempo per tradurre i sottotitoli nella propria lingua. Il coronamento ideale  per chi al progetto ha lavorato attivamente per oltre un anno. 

Oltre alle coordinatrici e alle videomaker che hanno preparato e realizzato tutte le interviste, infatti, molte persone da tutta Europa hanno offerto le loro capacità e il loro tempo per realizzare le grafiche, fare i sottotitoli e trascrizioni, occuparsi della logistica e degli aspetti legati alla comunicazione. 
 
Per presentare al pubblico il contenuto della mostra, infatti, è stato necessario ricorrere a una serie di abilità di varia natura. Ciascuna delle 78 interviste è stata presentata su un pannello verticale, che contiene una breve descrizione della ragazza intervistata e un codice QR che porta l’osservatore al video caricato su Vimeo. Il totale del materiale girato arriva in totale a 8 ore, pertanto ai visitatori della mostra viene dato un biglietto con un codice che permette loro di vedere il resto delle interviste in un secondo momento. 

L’importanza di creare una piattaforma comune tra le donne coinvolte nel calcio in diversi paese è resa molto chiaramente da Naz – una delle videomaker impiegate per tutto il progetto – che ha spiegato in modo molto chiaro l’intreccio tra le questioni specifiche di ciascun paese e le problematiche comuni a tutto il gruppo, parlando del suo paese d’origine, la Turchia. Sullo stesso territorio, infatti, la storia di Gulistan, tifosa dell’Amedspor che non può andare in trasferta perché la sua squadra è il simbolo dell’autodeterminazione del popolo kurdo, si intreccia con quella di Ayben, tifosa del Besiktas che in trasferta ha deciso di non andare più per boicottare la Passolig card (l’equivalente locale della tessera del tifoso), un ostacolo tristemente comune ai tifosi di tutto il mondo. 

Aver sottoposto a tutte le donne le stesse 12 domande è stato funzionale a capire le differenze di prospettiva tra ciascuna di loro. Per esempio, una semplice domanda come ‘in quale parte dello stadio guardi la partita?’ riesce in maniera immediata a sviluppare il dibattito se posta a una tifosa laziale – come Claudia, intervistata prima del tristemente noto volantino diffuso in Curva Nord -, e a una del Werder Brema – come Greta, che guarda la partita dalle primissime file occupate dal suo gruppo (gli Infamous Youth), di cui è componente fondamentale. 

Le difficoltà  della realtà italiana sono emerse anche nella fase organizzativa della mostra. Infatti, come sottolineato dalle coordinatrici, trovare ragazze in Italia che facessero parte di un gruppo ultras è stato praticamente impossibile a causa della reticenza degli appartenenti ai gruppi organizzati ad aprirsi e parlare apertamente dei problemi che si sono trovati ad affrontare. Questa chiusura può essere interpretata come un sintomo preoccupante per la scena ultras italiana che ha di fatto perso un’occasione per confrontarsi con realtà analoghe europee. 

Note:

Il progetto Fan.Tastic females ha ovviamente un sito internet, una pagina Facebook e una Instagram. Se invece volete organizzare una trasferta di Fan.tastic Females nel vostro spazio potete (e dovreste) farlo, seguendo le informazioni contenute qua.

Tutte le foto utilizzate per accompagnare l’articolo sono state prese da qua.

La foto in evidenza con i fumogeni è di Ariane Gramelspacher.

Articolo a cura di Matteo Marchello.

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