lunedì 31 luglio 2017

GLI AIUTI A "CASA LORO"


Risultati immagini per armi a casa loro
Dopo le dichiarazioni copia e incolla dell'ex premier ma ancora segretario del partito Pd Renzi che sono anche quelle di Salvini,"aiutiamoli a casa loro",il rispolvero di un articolo del 2015 dove ci sono cifre inequivocabili sui volumi di affari dell'Italia in fatto di traffico d'armi può essere d'aiuto(repubblica francia_e_italia_sono_le_regine_dell_export_europeo_di_armi ).
Battuti solo dalla Francia a livello europeo emerge il fatto che noi armiamo i paesi che poi sono quelli che più incidono sul tema della sicurezza in tutta Europa,evidenziando il fatto che al momento della stesura non erano accaduti tutti i fatti di sangue in Francia,Belgio e Gran Bretagna.
Insomma oltre allo sfruttamento di uomini,di risorse minerarie e di quelle agricole ci prodighiamo anche nell'aiuto diretto al rifornimento di armamenti per delle guerre che stanno insanguinando non solo l'Africa ma tutto il mondo in maniera silente.
Da vedere anche questo,del resto vendendo armi si producono profughi(madn profughi-e-armi ).

Armi, in Libia, Francia e Italia sono le regine dell'export europeo

Dal 2005 al 2012 l'Italia, battuta nell'UE solo dalla Francia, ha autorizzato 375,5 milioni di euro di esportazioni belliche in Libia, 177,5 milioni le consegne effettive; oggi, nel caos libico, non si sa più chi combatta con quelle armi. Il record di commesse è del 2009 con il Governo Berlusconi. "Fomentiamo la violenza in contesti di cui poi dobbiamo preoccuparci", è la denuncia dell'Osservatorio permanente sulle armi leggere di Brescia. Stesso paradosso in Ucraina e nel Medio Oriente in fiamme

di STEFANO PASTA

ROMA - Mentre i nostri connazionali lasciano la Libia, il made in Italy continua ad essere ben rappresentato nella guerra civile. Tra gli Stati Ue, dal 2005 al 2012 l'Italia è stata seconda solo alla Francia tra chi ha venduto armi alla Libia, che ora, in quello che è diventato uno scenario somalo, sono finite in mano a tutte le diverse fazioni che si stanno combattendo. E dopo il 2012? Non è dato saperlo, la Relazione dell'Ue sull'export di armamenti, che solitamente viene diffusa nel dicembre dell'anno successivo, per il 2013 non è ancora stata pubblicata: doveva uscire a gennaio, ora si parla di aprile. Eppure, mentre si discute di missioni militari e di fine dell'embargo del 2011, sarebbe utile sapere chi, e con che cosa, ha armato i libici...

Il podio dei venditori.
I conti li ha fatti l'Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal) di Brescia, cioè la provincia dove si concentra la produzione del made in Italy che spara. "Nei sette anni presi in esame - spiega l'analista Giorgio Beretta - le autorizzazioni dei governi ad esportare armi in Libia sono state di 431,7 milioni di euro per la Francia, 375,5 per l'Italia, 161,8 la Gran Bretagna, 95,9 la Germania e 22,9 il Belgio". Quanto alle consegne effettive, il podio non cambia: Francia (248,2 milioni di euro), Italia (177,5), Spagna (15,1). Quando nel 2011, mentre si proclamava l'embargo Onu, l'Opal denunciava la vendita delle armi italiane in Libia, Finmeccanica -  partecipata dal Ministero dell'Economia che ne è il principale azionista - precisava "che gli ordini acquisiti non sono in ambito militare".

Tra elicotteri militari e parti di missili.
Eppure Giorgio Beretta cita, relazioni del Governo alla mano, "nel 2006 l'autorizzazione di due A109 militari dell'Agusta e sei mesi di addestramento, nel 2007 per altri otto di questi elicotteri, un aeromobile Alenia Maritime Patrol e 80 mesi di assistenza tecnica per un velivolo Alenia Aermacchi. Nel 2009 il boom: oltre 111 milioni di euro, tra ricambi, nuovi velivoli militari e componenti di missili Milan3; nel 2010 compaiono anche sistemi di sorveglianza (38 milioni di autorizzazioni), mentre l'anno dopo, a causa dell'embargo, scendono a 900mila euro. "Ma nel 2012 - riprende Beretta - l'Italia autorizza 20 milioni di commesse al nuovo Governo post Ghedaffi. Manca trasparenza, ma probabilmente sono parti di ricambio per elicotteri Agusta A109 e AW139, entrambi per impiego militare".

Armiamo i nemici della nostra sicurezza.
Secondo l'analista "la riconversione dell'industria bellica non è una questione né ideologica, né economica. Distribuire armi in contesti instabili, fomentando violenza diffusa, è prima di tutto un problema di sicurezza. Peraltro, la mancanza di coordinamento europeo su questo tema, porta a una concorrenza tra i paesi comunitari che va nella direzione opposta alla difesa comune". Nella Relazione sulle esportazioni di sistemi militari, inviata dal Governo alle Camere a inizio agosto, si legge che nel 2013 la meta principale delle nostre armi è stato il Medio Oriente in fiamme. Una cifra record per quest'area, 888 milioni sul totale di un export italiano di 2.751.006.957 euro.

I nostri clienti nel Medio Oriente in fiamme.
L'Arabia Saudita in primis: in quell'anno, agli sceicchi abbiamo venduto caccia Eurofighter, missili Iris-Ti e un ampio arsenale di bombe per 300 milioni. In Algeria ed Emirati Arabi, il leitmotiv è armi in cambio di gas e petrolio: al controverso presidente algerino Bouteflika abbiamo consegnato elicotteri Augusta e navi d'assalto, oltre a cartucce lacrimogene usate per reprimere le manifestazioni, mentre a dicembre 2013, per la vendita delle due corvette Abu Dhabi Class agli Emirati da parte di Fincantieri, la Procura di Milano ha addirittura aperto un'inchiesta per "tentata corruzione internazionale". Ma l'elenco continua: caccia all'Oman, due velivoli Alenia Aermacchi ad Israele e bombe all'Egitto. "Proprio verso il paese guidato dai militari - dice l'analista di Opal - anche nell'agosto e settembre 2014 la Fabbrica d'Armi Pietro Beretta di Gardone Val Trompia (BS) ha esportato 30mila pistole per un valore di 9 milioni di euro".

Lo stesso paradosso in Ucraina e in altri Stati.
Ma il paradosso per cui in Libia e Medio Oriente le nostre commesse armano le guerre che poi ci preoccupano, vale anche in altri scenari di crisi. Per Giorgio Beretta "anche ad Ucraina e Russia abbiamo venduto armi, ma la grossa novità è del 2011, quando il Governo Berlusconi autorizzò un'esportazione record di oltre 99,4 milioni di euro; di queste, quasi 15 milioni sono state consegnate nel 2012 e 34,4 milioni nel 2013". Inoltre, il made in Italy arma le forze dell'ordine dell'autoritario Turkmenistan e del Guatemala, dove il Dipartimento di Stato Usa segnala "il coinvolgimento della polizia e dei militari in gravi reati quali sequestro di persona, traffico di droga ed estorsione"; in Myanmar, nonostante non ci siano autorizzazioni nelle relazioni governative, le navi militari sono equipaggiate con cannoni della bresciana Oto Melara.

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