Se c'è un argomento politico internazionale di cui si parla a sproposito sia per ignoranza che per il fatto ben più grave del mercimonio giornalistico sicuramente la situazione venezuelana vincerebbe il premio Oscar come peggiore tentativo di diffamazione.
Nei due articoli presi da Contropiano(
gianni-mina-si-persegue-la-fine-del-governo-maduro-passato-chavez e
amnesty-international-venezuela-lettera-critica-al-portavoce-italiano-riccardo-noury )si cerca di fare luce sui fatti che nelle ultime settimane stanno succedendo nello Stato sudamericano e si pongono serie questioni sull'integrità del giornalismo nel raccontare questi eventi con l'intento di smascherare le enormi menzogne che emergono da penne foraggiate soprattutto dagli Stati Uniti.
La nazione dei padroni del mondo che proprio non sopporta che in uno degli Stati con più ricchezza nel sottosuolo vi sia un controllo diretto del governo senza ingerenze delle loro multinazionali fiancheggiate dai paesi europei.
Perché alla base degli scontri e degli omicidi addossati al governo di Maduro si nascondono interventi diretti della Cia e deglo Usa volti a destabilizzare e a delegittimare il suo lavoro nel solco tracciato da Chavez.
Confondono di proposito mentendo scelte coraggiose di un Presidente votato dal popolo con la dittatura(e non solo qui)mandando immagini e fornendo notizie fuorvianti e palesemente false e che spesso ingannano anche testate come Il Manifesto ed organizzazioni come Amnesty.
Il primo articolo è un'intervista a Gianni Minà,profondo conoscitore innamorato del sudamerica che parla dell'ennesimo tentativo di golpe"morbido",dopo quelli avvenuti nel 2002 e nel 2014 in Venezuela e dopo quelli in Honduras,Brasile e Paraguay negli ultimi tempi,mettendo in risalto il cattivo giornalismo non solo per quanto riguarda Caracas ma un po tutto quello che orbita quando i potenti tentano di scrivere la storia attuale.
Il secondo è un appello firmato da varie personalità legate al mondo della cultura per non trascinare Amnesty nello sporco gioco Usa,che con Trump al potere è ancor più pericoloso,di continuare a cercare d'imporre il suo dominio su tutto il sub continente americano foraggiando rivolte in ogni angolo di questa meravigliosa terra.
Vedi anche:
madn dopo-la-vittoria-di-maduro .
Gianni Minà: “Si persegue la fine del governo Maduro, come in passato con Chavez”.
di
Alessandro Bianchi - Lantidiplomatico
Intervista a Gianni Minà. Oltre cinquant'anni di giornalismo con un'attenzione particolare ai diritti dei più deboli e a chi si ribella alle ingiustizie nel nuovo libro conversazione (con Giuseppe de Marzo) di Gianni Minà, un gigante di una professione che ha visto lentamente morire in occidente. Il titolo del libro è: “Cosi va il mondo, Conversazioni su potere, giornalismo e libertà”. “Questa professione da noi è totalmente morta. Io sono da anni che lavoro poco o niente. Ma ho accettato la realtà e non mi lagno. È il prezzo che si paga per la libertà”.
La prima domanda è d'obbligo visto il titolo del libro: come va il mondo in questo fase?
Male, molto male. In questa fase sembra che tutto debba essere veloce. E mi fa ridere, ma anche arrabbiare. Cosa significa essere veloci? Ho conosciuto uomini che hanno dato all’umanità regali di saggezza, civiltà e scrittura senza paragoni e che non hanno mai tenuto in conto la velocità e il tempo. Per loro al centro c’era la riflessione. Così mi sento di affermare che nel mondo moderno spesso si utilizza la velocità come scusa. Un malinteso per truccare e neutralizzare quello che dici. Si tratta di un piano perfetto, un capolavoro che annulla il bisogno della censura tanto caro al potere. Da questo punto di vista le reti sociali compiono molte volte purtroppo un ruolo fondamentale e diventano conniventi.
Qual è stata la scintilla per scrivere questo libro?
Il Referendum di Renzi. La prepotenza di chi ha voluto legare i destini di un paese ad un aut aut sulla menzogna affermando che con la vittoria del NO non ci sarebbe stato un domani. Ma, del resto, è l’epoca dei colpi di Stato mascherati.
E dopo questa frase non possiamo non arrivare all’America Latina, alla tua America Latina…
Eh già. Honduras, Paraguay, Brasile e ora Venezuela. In America Latina si ripete con ancora più arroganza e violenza quella che è stata per anni la campagna contro Hugo Chávez. E poi quando è morto, al funerale c’erano 33 fra capi di stato o di governo e milioni di persone presenti. Milioni. Lo ripeto sempre perché è la prova visiva più grande che tutto quello che i media occidentali avevano raccontato dal 1999 sulla rivoluzione bolivariana era falso. Si sono accorti che non era un criminale come l’avevano dipinto. Chávez aveva perso una sola elezione in quindici anni e aveva ammesso la sconfitta subito il giorno dopo. Se penso al volto attuale degli Stati Uniti, Donald Trump, mi viene da ridere. Come mi viene da ridere a vedere certi giornalisti che prima lo descrivevano come il diavolo, e ora si sono già allineati quando hanno capito che avrebbe portato avanti, anzi insistito con la stessa politica bellicista praticata dagli Usa in Afghanistan, Iraq e Siria.
Adesso però la situazione in Venezuela ha assunto un livello di scontro ulteriore…
Si persegue la fine del governo di Maduro. Così come in passato si puntava alla fine del governo di Chávez e si arrivò al golpe dell’aprile del 2002. Dopo le 43 vittime del 2014 che sono state responsabilità diretta per la quasi totalità della destra golpista e reazionaria (come testimonia il Comitato delle vittime delle Guarimbas) l’opposizione violenta è tornata a prendere in ostaggio il paese e sono tornati i morti in Venezuela. Si persegue l’antico obiettivo. Per essere chiari il fatto che non ci siano le multinazionali del petrolio Usa (o le sue alleate europee) a gestire le risorse venezuelane è uno scandalo per i padroni del mondo. E l’informazione compie il ruolo che ha già giocato nel paese nel 2002 e nel 2014: la ricerca del disordine, del caos organizzato da squadroni di mercenari armati specializzati, per esempio, nel boicottare rifornimenti di derrate alimentari, bevande e di ogni altro genere primario di sopravvivenza.
Maduro, eletto con il 50,78% dei voti nel 2013, magari non ha le capacità politiche che aveva Chávez, ma certamente finora ha saputo resistere a questo scorretto assedio, smentendo le previsioni e rispettando la democrazia.
Alcuni anticorpi, però, l’America latina sembra averli costruiti: Papa Francesco, Mujica ed il Premio Nobel Esquivel hanno espresso, per esempio, prese di posizioni importanti e chiare a difesa del Venezuela…
Si in questi anni l’America Latina si è vaccinata. Gli anticorpi sono tanti. Ma che sia Almagro, un ex ministro di Mujica, il capo della sollevazione contro la sovranità del Venezuela in questo nuovo golpe è triste e ci spiega un altro pezzo importante del mondo attuale: si può comprare tutto. Così capisco l’amarezza di Mujica nella sua dichiarazione: “Almagro non è solo un pericolo per il Venezuela, è un pericolo per tutta l’America Latina”. E’ l’amarezza del mondo moderno. Tutto ha un prezzo e tutti possono affermare l’esatto contrario il giorno dopo.
A Cuba l’anno scorso hai realizzato un documentario sulla visita di Papa Francesco. Come hai trovato l’isola?
Si, il documentario si intitola “Papa Francesco, Cuba e Fidel” ed è andato in onda in occasione della scomparsa del Comandante unitamente all’ultima intervista che avevo fatto con lui. Devo dirti che in questi mesi mi hanno fatto proprio pena i soloni che si sono affrettati a scrivere affermando che il popolo cubano ha ceduto e che presto tornerà ad essere il parco giochi degli Stati Uniti. Non conoscono nulla di Cuba o sono in malafede. Un’isola dei Caraibi che ha resistito decenni si è seduta da pari a pari con la più grande potenza militare della storia. Un miracolo. Poi che dopo l’accordo, il bloqueo sia ancora in vigore, non spaventa certo il futuro di Cuba che resiste già da 55 anni. Nel mondo in cui viviamo, è fallito il capitalismo, è fallito il comunismo, ma Cuba è ancora lì.
Che insegnamento può trarre il Venezuela dalla storia del popolo cubano?
Resistere. Resistere alle ingiustizie del nostro tempo. Resistere ai piani delle oligarchie. Piani che sono banali e noti a tutti: privatizzazioni di massa, povertà diffusa, perdita di diritti, ricchezza per pochi. Il Venezuela deve resistere a tutto questo come ha fatto Cuba.
Quali obiettivi ti sei prefissato con quest'ultimo libro?
Tirare fuori da storie infami, italiane e internazionali, di ieri e di oggi, alcune verità ancora nascoste. Lo presenteremo il 19 maggio alla feria del libro a Torino insieme a Giuseppe de Marzo e con la testimonianza del giudice Felice Casson. Poi forse non ci crederanno lo stesso, ma iniziamo. Esiste una batteria di quelli che oggi vengono definiti “troll”, secondo me con origine negli Stati Uniti, che quando scrivi un articolo, magari smentendo le menzogne che vengono diffuse dai media, organizzano una campagna diffamatoria proprio contro di te. I periodi e le frasi utilizzate sono standard anche se gli argomenti sono diversi ed è incredibile. Personalmente l’ho potuto registrare quando in pochi anni ho scritto di Cuba, di Venezuela e… di Moggi. Quando ho toccato gli interessi di Moggi, ho sperimentato sulla mia pelle le stesse parole, le stesse offese che mi arrivavano per Cuba. Con le reti sociali tutto è più veloce e immediato. Sono Dei in terra ed è un golpe anche quello. L’opinione si forma attraverso il filtraggio di queste reti sociali. Per fortuna io resisto. Alle mie figlie cerco di installare il dubbio e loro mi ringraziano.
Infine, che eredità e quale messaggio speri di lasciare alle giovani generazioni attraverso questo libro?
Di non fidarsi mai di quello che gli viene dato per assodato, perché la verità assoluta non esiste. Esistono porzioni di verità che devi andare a cercare ogni volta e coltivare. Devi cercare e ricercare con sforzo e dedizione. Non è veloce, richiede tempo, lavoro e fatica. Ma poi trovi le prove e colleghi i pezzi. Perdi un mese magari, ma poi le trovi. Il male del mondo moderno è che oggi vince nella comunicazione chi è più veloce. E chi è più potente è anche più veloce.
Un caso emblematico spiega più di tutti il triste declino del mondo di oggi: un leader studentesco della sinistra venezuelana viene ucciso dopo aver annunciato l’adesione della sua sigla al processo costituente indetto dal presidente Maduro, ma per i media occidentali si tratta di “un nuovo caso della repressione della dittatura”. Era invece un delitto dell’opposizione di destra. Purtroppo siamo ormai oltre la mistificazione, siamo in un mondo virtuale. Mi dispiace molto che anche il Manifesto, che fino ad oggi sull’America Latina non aveva mai compiuto errori di questo tipo, ha dovuto fare la smentita ufficiale dopo aver rilanciato questa menzogna. L’ennesima del mondo di oggi.
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Amnesty International e il Venezuela: una lettera critica al portavoce italiano Riccardo Noury.
di Adolfo Perez Esquivel e altri firmatari
Signor Riccardo Noury,Portavoce e responsabile della comunicazione di Amnesty International Italia
con grande rammarico e preoccupazione apprendiamo come la sua organizzazione sia tornata a prestare il fianco all’offensiva delle destre contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela. In un nuovo rapporto intitolato ‘Ridotti al silenzio con la forza: detenzioni arbitrarie e motivate politicamente in Venezuela’, Amnesty accusa le autorità venezuelane
«di aver intensificato la persecuzione e le punizioni nei confronti di chi la pensa diversamente, in un contesto di crisi politica in cui le proteste che si susseguono in tutto il paese hanno dato luogo a diverse morti e a centinaia di ferimenti e arresti».Si tratta di una ricostruzione falsa, tendenziosa e che getta ulteriore benzina sul fuoco delle violenze provocate da chi cerca, per la terza volta (2002 e 2014 i precedenti), di esautorare un governo legittimo con la violenza e con il terrorismo sulle strade.
I dirigenti dell’opposizione venezuelana hanno innescato una spirale di odio ormai sfuggito anche al loro stesso controllo. Gruppi di violenti – fascisti e mercenari con un tariffario preciso perlopiù – applicano con un’organizzazione paramilitare omicidi (che poi i media trasformano in “morti per la brutale repressione del regime”), rapine e devastazioni, oltre a veri e propri atti di terrorismo contro ospedali infantili, linciaggi in piazza, blocco di strade e distruzioni di edifici pubblici.
Se la situazione non fosse così grave per il futuro del Venezuela, suonerebbero quasi comiche le parole di Erika Guevara Rosas, direttrice per le Americhe della sua organizzazione, che arriva a parlare di una «campagna diffamatoria sui mezzi d’informazione nei confronti di oppositori politici». Siamo oltre il farsesco.
Quale sarebbe, signor Noury, secondo Lei la reazione di un qualunque governo occidentale se i dirigenti dell’estrema destra del paese scendessero in piazza a coordinare le azioni dei violenti, spesso armati, come fatto da Freddy Guevara di Voluntad Popular? Il Partito estremista e violento di Gilbert Caro e Stelcy Escalona, che citate nel vostro rapporto. Il dirigente e la militante del partito guidato dal golpista Leopoldo Lopez, sono stati fermati di ritorno dalla Colombia e trovati in possesso di un fucile FAL calibro 7,62 mm, di proprietà della Forza Armata Nazionale Bolivariana con il numero di serie cancellato; un caricatore con 20 cartucce; 3 stecche di esplosivo C4. Ci sembra quanto meno arduo prendere le difese di chi viene trovato in possesso di un vero e proprio arsenale.
Quale sarebbe, signor Noury, secondo Lei la reazione di un qualunque governo occidentale se uno dei leader dell’estrema destra del paese in un’intervista alla BBC, certamente non un organo che può essere additato di simpatie con l’attuale governo venezuelano, invitasse testualmente l’esercito e la polizia del paese a compiere un colpo di stato non obbedendo più agli ordini dello Stato? E’ quello che ha fatto recentemente Julio Borges, altro leader della destra venezuelana.
Come nel caso di Honduras, Haiti, Paraguay e Brasile, in Venezuela è in corso un nuovo tentativo di “golpe morbido”. E i mezzi di comunicazione, purtroppo, si sono posti al servizio dei grandi interessi economici e politici, con l’intento di screditare il governo venenzuelano attraverso notizie false che servono a provocare il deterioramento generale del paese.
“Quello che mi spaventa di più del Venezuela è l’opposizione, o una gran parte di essa. Credo che ci sia un clima di radicalizzazione che si è trasformata in irrazionale e che nel lungo periodo finisca per favorire la destra. Questo è molto pericoloso dato che c’è Trump negli Stati Uniti. Siamo ormai abituati alla retorica della difesa della democrazia, dei diritti umani, contro le armi di distruzione di massa. E dopo arriva sempre il terribile intervento armato degli Stati Uniti. Il peggio che possiamo fare come latinoamericani è fare da sponda all’interventismo. La radicalizzazione e quello che sta facendo Almagro nell’OSA è un pericolo, non solo per il Venezuela, ma per tutto il continente”. Sono le parole illuminanti di Pepe Mujica, ex Presidente dell’Uruguay.
Ecco, signor Noury, perché la sua organizzazione ha deciso di fare da “sponda all’interventismo”? Prevenire le guerre di aggressione, come le tante che l’Occidente ha condotto in questi decenni, è un modo sicuro per evitare oceani di dolore e il disfacimento di interi paesi, che poi costringe a moltiplicare le organizzazioni addette all’emergenza umanitaria, bellica e post-bellica. Per prevenire le guerre occorre anche combattere le menzogne che le favoriscono, perché creano il pretesto. Quando – e solo ogni tanto – le menzogne sono smascherate, è troppo tardi e un paese è già distrutto.
Le ripetiamo, signor Noury: perché la sua organizzazione ha deciso di fare da sponda all’interventismo contro il Venezuela aiutando a creare il “pretesto”? Dopo ex Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia, Ucraina, Siria… la sua organizzazione non ha già visto troppi morti e sofferenza nel mondo prodotti dalla furia cieca dell’ingerenza occidentale?
E, per concludere, Signor Noury, non provate rimorso nei confronti delle famiglie delle vittime riunite nel ‘Comitato vittime delle Guarimbas e del Golpe Continuato’ che Lei, adducendo come motivazione la mancanza di tempo, ha rifiutato di incontrare l’anno scorso quando erano in visita in Italia? Sa signor Noury, quelle persone erano la testimonianza viva di quella violenza terrorista che oggi, come nel 2014, si ripete in Venezuela con gli stessi strumenti e protagonisti.
23 maggio 2017
Primi firmatari:
Adolfo Pérez Esquivel
– Premio Nobel per la pace 1980. Carcerato e torturato dalla dittatura argentina. Gianni Vattimo
– Filosofo Frei Betto –
Teologo della liberazione brasiliano Pino Cacucci
– Scrittore Gianni Minà
– Giornalista e scrittore Alessandra Riccio
– Docente universitario e giornalista Maïté Pinero
– Giornalista Giorgio Cremaschi
– Ex leader del sindacato Fiom Luciano Vasapollo
– Docente universitario. Capitolo Italiano della Rete di Intellettuali in difesa dell’umanità
Seguono altre adesioni