L'assassinio di Giorgiana Masi avvenuto esattamente quarant'anni fa avvenuta per mano poliziesca coperta da tutti gli apparati statali,a detta dei compagni più anziani rappresentò un punto di svolta nella lotta paragonabile,a chi più giovincello come me che all'epoca aveva un anno,alla morte di Carlo Giuliani,altro omicidio di Stato(madn quando-e-lo-stato-ad-ammazzare ).
Durante una manifestazione indetta dal Partito Radicale a Roma per festeggiare il terzo anniversario della vittoria referendaria sul divorzio,ci furono diversi scontri provocati dalla polizia che portarono a vere e proprie scene di guerriglia urbana con barricate e colpi di arma da fuoco,uno dei quali ferì mortalmente la studentessa diciottenne.
Sul caso mai nessuno disse la verità tra i testimoni,coperti dall'allora ministro degli interni Cossiga che ebbe altre morti sulla coscienza come quella del compagno Francesco Lorusso a Bologna sempre nello stesso anno(madn segreti-nella-tomba )e che mai rivelò il nome dell'assassino di Giorgiana.
L'articolo preso da Infoaut(storia-di-classe )oltre a questo(senzasoste.it/12-maggio-la-piazza-la-rabbia-la-morte-giorgiana )parlano in dettaglio dei fatti di quel giorno a Roma e dei tentavi,vani,di giungere ad una verità con colpevoli condannati.
12 maggio 1977: Giorgiana Masi.
Il 12 Maggio 1977, il colpo mortale dalla calibro 22, a soli 19 anni, Giorgiana lo ricevette dalle “Squadre speciali di polizia” sotto gli ordini della violenta e feroce repressione del ministro degli interni e capo della Gladio, Cossiga.
In quel giorno a Roma, il Partito Radicale organizzò una manifestazione in Piazza Navona, per celebrare il terzo anniversario della vittoria al referendum sul divorzio. Opponendosi al divieto imposto da Cossiga, di manifestare per chiunque non facesse parte della cerchia istituzionale, caldamente accolto dall’asse del “compromesso storico” DC-PCI; i manifestanti si riversarono nelle piazze.
Quel lungo pomeriggio vide la resistenza alle numerose cariche, le molte barricate erette vicino Campo dei Fiori e il lancio di bombe incendiarie e colpi d’arma da fuoco tra i manifestanti e le forze dell’ordine, che quel giorno raggiunsero il numero di circa 5000 tra poliziotti in assetto antisommossa schierati a reprimere ed agenti in borghese infiltrati con pistole e spranghe.
L’omicidio di Stato si compì nei pressi di Ponte Garibaldi ,dove due grosse motociclette dei vigili urbani montate da tre vigili in divisa e un uomo in borghese, arrivarono sul lungotevere all'angolo con piazza Belli. Un vigile scese, impugnò la pistola e sparò ad altezza d'uomo, in direzione dei dimostranti in piazza Belli, dove Giorgiana venne raggiunta da un proiettile.
Le testimonianze sono concordi: i colpi vennero sparati da ponte Garibaldi, dove in quel momento, al centro, si trovavano carabinieri e poliziotti appoggiati ad una o due autoblindo.
Queste le parole di Lelio Leone, a testimonianza dell’accaduto: “Ho assistito personalmente al momento in cui Giorgiana cadeva. Siamo arrivati all’imbocco del ponte Garibaldi nel momento in cui la polizia arretrava verso Largo Arenula. Ci siamo spinti in avanti, fino alla metà del ponte, proprio al centro. La polizia intanto caricava alcuni compagni che scappavano nella direzione di Largo Argentina. Sul ponte non c’era nessuno. Saranno passati un paio di minuti e la polizia è tornata indietro, caricano un’altra volta nella nostra direzione. Ci si è fermati prima all’imbocco del ponte, dall’altra parte di Piazza Sonnino. Poi la polizia ha caricato una seconda volta… con le autoblindo. Correvano ed hanno sparato molto; pochi lacrimogeni e molti colpi di arma da fuoco. Insieme a me in quel momento c’erano una decina di altre persone. Gli altri compagni, all’altezza di largo Sonnino stavano formando delle barricate con delle auto. Abbiamo avuto difficoltà a scappare oltre queste barricate che dietro di noi i compagni avevano eretto. Lì c’erano mille compagni che scappavano. Assurdo dire che i colpi siano venuti dalla loro parte: io ero uno degli ultimi ed ho visto tutti con la schiena voltata. Sono stato colpito ad una gamba da un lacrimogeno, mi sono piegato e sono stato costretto a voltarmi. Ho visto tutto: una compagna, Giorgiana, correva ad un metro e mezzo da me. E’ cascata con la faccia a terra. Ha tentato di rialzarsi, a me sembrava inciampata. Poi l’abbiamo soccorsa e caricata su una Appia. L’abbiamo portata all’ospedale. Una cosa voglio sottolineare. Giorgiana era vicino a me, in un gruppo che scappava oltre le barricate che un migliaio di compagni avevano fatto più avanti. Radio Città Futura ha detto che è stata colpita al ventre: la cosa mi ha lasciato molto perplesso. I colpi venivano solo dalla parte dove c’era la polizia. Assieme alla polizia c’erano molti in borghese. Quelli in divisa erano sulle autoblindo, con le finestre aperte. Alla metà del ponte ci sono due rientranze in muratura: lì si sono appostati quelli in borghese, ed hanno sparato.”
Le indagini che seguirono la morte, videro l’avvocato Luca Boneschi battersi per la verità, ricavandone una denuncia per diffamazione dal giudice istruttore Claudio D'Angelo, che nel Maggio 1981 archiviò il caso.
Anni fa si tentò inutilmente di far ripartire il processo, consegnando un'istanza di riapertura dell'istruttoria, nella quale si puntava sulle molteplici testimonianze di chi aveva visto le forze dell'ordine sparare ad altezza d'uomo su ponte Garibaldi. Quel giorno in piazza c'erano quasi sessanta agenti senza divisa, molti di loro mai interrogati dalla magistratura, gli unici interrogati dissero all'unisono che erano arrivati a ponte Garibaldi a incidenti terminati.
Cossiga, in un'intervista del 25 gennaio 2007 dichiarò di essere una delle cinque persone a conoscenza del nome dell'assassino.
Paradossalmente, l'unico imputato della vicenda Masi è rimasto proprio l'avvocato Boneschi. Fu denunciato da D'Angelo per aver accusato il medesimo di non avere fatto abbastanza per pervenire alla verità.
Com'è accaduto e accade troppo spesso in Italia, non si è mai trovato il colpevole.
A Giorgiana :
“Se la rivoluzione di Ottobre fosse stata di Maggio,
se tu vivessi ancora,
se io non fossi impotente di fronte al tuo assassinio,
se la mia penna fosse un’arma vincente,
se la mia paura esplodesse nelle piazze,
coraggio nato dalla rabbia strozzata in gola,
se l’averti conosciuta diventasse la nostra forza,
se i fiori che abbiamo regalato alla tua coraggiosa vita nella nostra morte
almeno diventassero ghirlande nella lotta di noi tutte donne, se..
Non sarebbero le parole a cercare di affermare la vita,,
ma la vita stessa, senza aggiungere altro.”
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