mercoledì 4 maggio 2016

TTIP:E' TUTTO VERO

Il doppio contributo odierno parla nuovamente del Ttip(Trensatlantic Trade and Investment Partnership)con la conferma di tutto quello che si dice da qui a due anni e anche più non sono solo le farneticazioni di milioni di cittadini me compreso che vedono questo trattato come l'inizio della fine non solo degli scambi commerciali ma anche del lavoro e della qualità della vita,ma pura verità.
Saltata fuori dopo diciamo delle indagini e dei suggerimenti pervenuti a Greenpeace Olanda che è riuscita a fornire un malloppo di 248 pagine scritte con parecchi termini tecnici e burocratici e prontamente tradotto per i comuni mortali per farci capire che qui è in atto un accordo che favorirà solo le multinazionali e le imprese.
A danno ovviamente della qualità dei prodotti commerciati,in primis quelli agricoli,un ulteriore peggioramento del clima,una diminuzione del reddito e dei diritti sindacali con un conseguente impoverimento della società che già in questi anni non è che se la passi tanto bene.
Ulteriore controprova ce la da il secondo articolo in cui Germania e Francia per i motivi sopra elencati stanno seriamente pensando di uscire da questo patto transatlantico tra Usa ed Ue,contestando di fatto punti come il fallimento del Cop21 parigino se dovesse essere approvato il Ttip che porterebbe ad un degrado ambientale maggiore e con la difesa dei propri prodotti agricoli che verrebbero sopraffatti da cibo spazzatura magari con diciture truffaldine ma venduti a prezzo estremamente minore.
Mentre divampano le critiche l'Italia continua con entusiasmo a sostenere questo patto che prevede lo spostamento di parecchie multinazionali ed imprese al di là dell'Atlantico(anche qui come se non stesse già accadendo abbastanza)come è già successo con quel padrone-predone di Marchionne con la sua Fiat-Fca.
Perché il Ttip è il trionfo del profitto sulla pelle delle persone sia in fatto di occupazione che in quello di salute sia ambientale che prettamente fisico,un abominio voluto dai pochi soliti noti che per la brama di potere e di successo sono pronti a marciare sui nostri cadaveri.
 
Ttip leaks: Greenpeace Olanda rivela i testi segreti del Ttip.
Avevamo ragione: confermati rischi per clima, ambiente e sicurezza dei consumatori
I cittadini hanno diritto di sapere: Greenpeace Olanda pubblica oggi su www.ttip-leaks.org parte dei testi negoziali del TTIP per garantire la necessaria trasparenza e promuovere un dibattito informato su un trattato che interessa quasi un miliardo di persone, nell’Unione Europea e negli USA. È la prima volta che i cittadini europei possono confrontare le posizioni negoziali dell’UE e degli USA.
Questi documenti svelano che noi e la società civile avevamo ragione a essere preoccupati: con questi negoziati segreti rischiamo di perdere i progressi acquisiti con grandi sacrifici nella tutela ambientale e nella salute pubblica!
Dal punto di vista della protezione dell’ambiente e dei consumatori, quattro gli aspetti seriamente preoccupanti:
  • Tutele ambientali acquisite da tempo sembra siano sparite
Nessuno dei capitoli che abbiamo visto fa alcun riferimento alla regola delle Eccezioni Generali (General Exceptions). Questa regola, stabilita quasi 70 anni fa, compresa negli accordi GATT (General Agreement on Tariffs and Trade) della World Trade Organisation (WTO – in italiano anche Organizzazione Mondiale per il Commercio, OMC) permette agli stati di regolare il commercio “per proteggere la vita o la salute umana, animale o delle piante” o per “la conservazione delle risorse naturali esauribili”. L’omissione di questa regola suggerisce che entrambe le parti stiano creando un regime che antepone il profitto alla vita e alla salute umana, degli animali e delle piante.
  • La protezione del clima sarà più difficile con il TTIP
Gli Accordi sul Clima di Parigi chiariscono un punto: dobbiamo mantenere l’aumento delle temperature sotto 1,5 gradi centigradi per evitare una crisi climatica che colpirà milioni di persone in tutto il mondo. Il commercio non dovrebbe essere escluso dalle azioni sul clima. Ma non c’è alcun riferimento alla protezione del clima nei testi ottenuti.
  • La fine del principio di precauzione
Il principio di precauzione, inglobato nel Trattato UE, non è menzionato nei capitoli sulla “Cooperazione Regolatoria”, né in nessuno degli altri 12 capitoli ottenuti. D’altra parte, la richiesta USA per un approccio “basato sui rischi” che si propone di gestire le sostanze pericolose piuttosto che evitarle, è evidente in vari capitoli. Questo approccio mina le capacità del legislatore di definire misure preventive, per esempio rispetto a sostanze controverse come le sostanze chimiche note quali interferenti endocrine (c.d. hormone disruptors).
  • Porte aperte all’ingerenza dell’industria e delle multinazionali
Mentre le proposte contenute nei documenti pubblicati minacciano la protezione dell’ambiente e dei consumatori, il grande business ha quello che vuole. Le grandi aziende ottengono garanzie sulla possibilità di partecipare ai processi decisionali, fin dalle prime fasi.
I documenti mostrano chiaramente che mentre la società civile ha avuto ben poco accesso ai negoziati, l’industria ha avuto invece una voce privilegiata su decisioni importanti.
Il rapporto pubblico reso noto di recente dall’UE ha solo un piccolo riferimento al contributo delle imprese, mentre i documenti citano ripetutamente il bisogno di ulteriori consultazioni con le aziende e menzionano in modo esplicito come siano stati raccolti i pareri delle medesime.
I documenti pubblicati da Greenpeace Olanda constano di 248 pagine in un linguaggio legale tecnicamente complesso: 13 capitoli di “testo consolidato” del TTIP più una nota interna dell’UE sullo stato del negoziato (Tactical State of Play of TTIP Negotiations – March 2016). Greenpeace Olanda ha lavorato assieme al rinomato network di ricerca tedesco di NDR, WDR and Süddeutscher Zeitung. Fino ad ora i rappresentanti eletti avevano potuto vedere parte di questi documenti in stanze di sicurezza, con guardie, senza consulenti esperti e senza poterne discutere con nessuno. Con questa pubblicazione, milioni di cittadini hanno la possibilità di verificare l’operato dei propri governi e discuterne con i loro rappresentanti.
Chi ha cura delle questioni ambientali, del benessere degli animali, dei diritti dei lavoratori o della privacy su internet dovrebbe essere preoccupato per quel che c’è in questi documenti. Il TTIP, si svela per ciò che davvero è: un grande trasferimento di poteri democratici dai cittadini al grande business. 
Per fermare il TTIP, tutelare i diritti e i beni comuni e costruire un altro modello sociale ed economico, equo e democratico, ti aspettiamo sabato 7 maggio 2016 a Roma per un grande appuntamento nazionale!
ENTRA IN AZIONE CON NOI: FIRMA E CHIEDI DI BLOCCARE IL TTIP!
 
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Ttip.Germania e Francia suonano il de profundis?
 
di Marco Santopadre.
Ad esser maliziosi – ma neanche troppo – ci sarebbe da sospettare che a Greenpeace Olanda quelle 248 pagine di documenti finora segreti sul contenuto dei negoziati tra le due sponde dell’oceano sul Ttip, gliele abbia fornite una delle parti in causa. Forse quella che proprio in questi giorni sta insistentemente recitando il ‘de profundis’ del Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti?
Già alla fine della scorsa settimana il ministro tedesco dell’economia e numero due del governo di Berlino, il socialdemocratico Sigmar Gabriel, aveva sentenziato: “Se gli americani resteranno su questa posizione, noi non avremo bisogno di un trattato di libero scambio e il Ttip sarà destinato a fallire”.
Ma poi è arrivata la tegola dei cosiddetti “ttip leaks”, cioè dei documenti resi pubblici dalla sezione olandese di Greenpeace che hanno mostrato nero su bianco quanto molti, nonostante il carattere segreto delle trattative, sospettavano o sapevano. Il trattato, che mira formalmente a istituire una zona di libero scambio tra Usa e Ue, riducendo i dazi doganali per le aziende e approvando nuove leggi che favoriscano il mercato attraverso l’eliminazione delle differenze normative e amministrative, rappresenta un attacco senza precedenti ai diritti dei lavoratori, alla protezione dei consumatori e dell’ambiente, alla sopravvivenza di centinaia di migliaia di agricoltori, allevatori e produttori europei.
E – la cosa più importante dal punto di vista dell’establishment dell’Unione Europea – un passepartout a disposizione delle multinazionali statunitensi per invadere i mercati continentali senza freni e senza regole, producendo un danno enorme alle grandi imprese europee che pure nel Ttip vedevano uno strumento per aumentare la loro penetrazione bypassando leggi e regolamenti nazionali. E naturalmente per incrementare i profitti. Secondo uno studio del Center for Economic Policy Research di Londra, infatti, il Trattato permetterebbe un incremento dei ricavi annui di 120 miliardi di dollari per le multinazionali europee e di 95 miliardi per quelle a stelle e strisce. Ma, si accusa da più parti, si tratta di stime gonfiate, e comunque non al passo con l’evoluzione – o meglio, l’involuzione – del negoziato, che ha visto man mano aumentare le pretese statunitensi.
E così dopo i tedeschi, sono ora i francesi – l’altra gamba del processo di integrazione europeo – ad intervenire sulla questione, in maniera netta, dura. Un vero e proprio stop. «Allo stato attuale del confronto, la Francia dice di no all’intesa. Perché non siamo per un sistema di libero scambio senza regole. Non accetteremo mai che vengano messi in discussione i principi essenziali della nostra agricoltura, della nostra cultura. E che non ci sia una totale reciprocità nell’accesso agli appalti pubblici» ha tuonato ieri il presidente Francois Hollande. Prima di lui il premier Manuel Valls aveva espresso «inquietudine per l’andamento del negoziato». Lunedì il ministro al Commercio estero Matthias Fekl, figura emergente del partito socialista e titolare del dossier, era stato assai più chiaro: «L’Europa propone molto e riceve molto poco in cambio. Questo non è accettabile. Alla luce dell’atteggiamento attuale degli Stati Uniti, mi sembra che lo stop alle trattative sia l’opzione più probabile». Ma già a metà aprile lo stesso Hollande aveva avvertito che «Se non ci sarà una totale reciprocità, se non ci sarà sufficiente trasparenza, se ci sarà un pericolo per gli agricoltori, se gli europei non avranno libero accesso alle gare pubbliche mentre gli Stati Uniti potranno avere accesso a tutto in Europa, allora non lo accetterò».
In controtendenza invece il governo italiano, che per bocca del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Sandro Gozi, ha ribadito il ‘Ttip-entusiasmo’ dell’esecutivo Renzi, più sensibile ai richiami e all’influenza di oltreoceano: “Gli accordi sono una grande opportunità per le nostre imprese, ci aiuteranno a far crescere i Pil dei Paesi europei”.
Ma la diffusione degli scottanti documenti, che provano i pesanti ricatti e le pressioni da parte degli Usa per avere il via libera ai propri interessi su tutto il fronte, non poteva che legittimare chi, all’interno degli apparati dell’Unione Europea, pensa ormai di chiudere tutta la faccenda in un cassetto. I negoziati, che vanno avanti dal 2013, sono di fatto ad un punto morto. Di fronte allo scarso entusiasmo delle rispettive opinioni pubbliche sia i socialisti francesi che i socialdemocratici tedeschi potrebbero ora pensare di cavalcare lo stop al Ttip in nome di una posizione ‘protezionistica’ che potrebbe costituire un buon argomento di campagna elettorale per due partiti in crisi nera.
E anche da parte statunitense, fanno notare in molti, gli ostacoli aumentano. Se Barack Obama, come sembra scontato, non riuscirà a portare a casa il risultato – la firma del Ttip – entro la fine del suo mandato, non è detto che chi lo sostituirà nello Studio Ovale sia così propenso a riprendere i negoziati. Per motivi diversi, a volte opposti, infatti sia il repubblicano ultrà Donald Trump sia il democratico ‘socialista’ Bernie Sanders hanno espresso la propria contrarietà a proseguire la trattativa. La popolarità dell’accordo transatlantico è sempre più in ribasso, e non solo in Europa. Secondo la fondazione tedesca Bertelsmann il consenso sul Ttip sarebbe passato dal 55% al 17% in Germania e dal 53% al 15% negli Stati Uniti, le cui imprese avrebbero in realtà tutto da guadagnarci dalla costituzione di quella che in molti definiscono una ‘Nato economica’.
E’ in questo clima notevolmente sfavorevole che a giugno si terrà il prossimo round di negoziati tra la Commissione Europea e gli inviati di Washington – quello precedente si è chiuso il 29 aprile – mentre sabato prossimo a Roma è prevista una manifestazione nazionale contro il Ttip e lo strapotere delle multinazionali. Lo scatto di reni dei governi europei sembrerebbe dare ragione a chi, da sempre, si oppone ad un trattato che concederebbe ancora più potere alle imprese e alle lobby. Ma non è il caso di abbassare la guardia, dando credito a dichiarazioni come quella rilasciata poche ore fa dal ministro socialista francese Matthias Fekl: “Noi vogliamo difendere le nostre piccole e medie imprese, l’agricoltura, l’ambiente. Non avrebbe alcun senso aver partecipato al COP21 (il vertice mondiale sul clima, ndr) di Parigi a dicembre per poi, pochi mesi dopo, firmare un patto che lo contraddice”.
La verità è che i governi e l’establishment dell’Unione Europea non sono affatto preoccupati per l’ambiente, i diritti dei consumatori e dei lavoratori, bensì dalla possibilità che la firma del Ttip consenta alle multinazionali statunitensi di dilagare in Europa a danno degli interessi e dell’egemonia delle grandi imprese continentali.
Occorrerà tenerne conto adeguatamente, sabato, scendendo in piazza a Roma, consci che se pure Bruxelles metterà fine ai negoziati con una potenza competitrice come sono gli Stati Uniti, l’Unione Europea il suo ‘ttip’ lo sta già costruendo e imponendo all’interno dei propri confini.
Leggi anche: Greenpeace svela: Ttip, la dittatura di multinazionali e oligarchie

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