La morte avvenuta per suicidio di un detenuto rumeno nel carcere milanese di Opera ha destato molto scalpore(infatti è parecchia la gente che si toglie la vita in prigione)in quanto dei commenti apparsi su Facebook dei suoi carcerieri sono stati pesanti e di chiaro stampo fascista e discriminatorio nonostante gli obblighi cui sono tenuti.
E' vero che non si può cambiargli la testa ed il loro pensiero,ma sul lavoro devono rispondere a determinati diritti e doveri nei confronti di gente che ha sbagliato ed anche in maniera netta come proprio nel caso del suicida Gabriel Barbuta.
Naturalmente tutto si risolverà con una tirata d'orecchie ed una pacca sulle spalle perché nemmeno i direttori delle carceri,i sindacati delle guardie carcerarie e i ministeri competenti se ne infischiano se un detenuto si ammazza,e sono tanti in Italia(vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2015/01/e-cucchilonzibianzinoperna-sono-quasi.html e links annessi)e molti sono la conseguenza di violenze e torture fisiche e psicologiche proprio di quei bastardi con indosso la divisa di carceriere in uno Stato che legalizza,permette e difende soprusi verso i detenuti.
Articolo preso da Infoaut.
Guardie su detenuto suicida: "Uno di meno: per fare 'sto mestiere devi avere il
core nero".
"Uno di meno","Consiglio di mettere a disposizione più corde e sapone", "Un rumeno in meno", "Mi chiedo cosa aspettino gli altri a seguirne l'esempio": queste alcune delle frasi postate su fb da agenti di polizia penitenziaria sulla pagina dell'Aslippe, sindacato delle guardie carcerarie, dopo il suicidio di un detenuto. Tra gli autori dei commenti anche alcuni rappresentanti sindacali.
Gabriel Barbuta, condannato nel 2013 per un omicidio avvenuto nel 2007, stava scontando l'ergastolo e si è tolto la vita nel carcere di Opera, a Milano. Il sindacato di polizia Sappe ha allora rilasciato dichiarazioni alla stampa in merito, sostenendo che le guardie carcerarie italiane sono "attente alle difficoltà di tutti i detenuti, indipendentemente dalle condizioni sociali o dalla gravità del reato commesso". Peccato che, una volta che l'articolo contenente queste parole è stato postato sulla pagina fb dell'Aslippe, gli agenti hanno vomitato nei commenti tutte le nefandezze di cui erano capaci.
Ora, mentre il Pd finge di accorgersi che i detenuti sono in mano a individui che si augurano pubblicamente e senza pudore la loro morte (annunciando "interrogazioni parlamentari"), la direzione dell'amministrazione penitenziaria (organismo tristemente famoso per aver coordinato, giustificato e coperto da sempre ogni genere di tortura o sopruso nelle carceri italiane) annuncia una (possiamo immaginare quanto severa e risolutiva!) "inchiesta interna".
Le decine di morti più che sospette, o di palesi omicidi da parte di guardie carcerarie, avvenute negli ultimi anni (si pensi al caso di Stefano Cucchi), associate all'altissimo numero di suicidi, sono terribile testimonianza di un inferno dove migliaia di persone vivono ammassate alla mercé dei loro carcerieri come oggetti di ogni violenza e di ogni arbitrio e sopruso, per permettere a politicanti e giornalisti (che solo una volta ogni tanto rispolverano un po' di "buona coscienza" per fare notizia) di mettere al sicuro la loro retorica sulla "sicurezza" all'unico scopo di produrre disinformazione, strumentalizzazione delle tensioni sociali e controllo.
I commentatori della pagina dell'Aslippe non fanno quindi che dimostrare ciò che chiunque sia informato sulle condizioni carcerarie o sia passato dal carcere sa sul conto degli agenti di custodia: come ha scritto uno di loro tra i commenti, "per fare questo lavoro devi avere il core nero".
Nessun commento:
Posta un commento