mercoledì 13 settembre 2017
AUNG SAN SUU KYI E IL POPOLO ROHINGYA
La situazione del popolo rohingya,una minoranza musulmana presente nel sud est asiatico ed in particolar modo in Birmania(Myanmar),è taciuta ai più ed il loro genocidio perpetrato dal governo birmano e la relativa fuga per scappare alla repressione non viene per nulla riportata nei telegiornali e sui quotidiani.
Il premio Nobel Aung San Suu Kyi tace su questo massacro che ha fatto centinaia di morti solo negli ultimi tempi e che ha causato la fuga di decine di migliaia di profughi nel vicino Bangladesh,che non sempre accoglie ed anzi preme per il rimpatrio dei rohingya verso situazioni ancor più tragiche.
L'alto commissariato Onu per i diritti umani recentemente ha affermato che questa minoranza presente in maniera consistente nello Stato del Myanmar del Rakhine(tutt'ora off limits per giornalisti e turisti)è tra le maggiormente perseguitate e che nella capitale Sittwe è in atto una pulizia etnica nei loro confronti.
Articolo di Senza Soste(myanmar ).
Myanmar: la paladina dei diritti umani accusa le organizzazioni umanitarie di terrorismo
Una nostra traduzione sulla situazione di violenza e pulizia etnica denunciata in Myanmar
La “pulizia etnica” contro i musulmani rohingya
Tharanga Yakupitiyage IPS
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha denunciato che il riacutizzarsi della violenza in Myanmar (Birmania) ha costretto più di 18.000 rohingya a fuggire in meno di una settimana.
Lo spostamento è iniziato quando il governo di questo Paese dell’Asia sudorientale ha lanciato “operazioni di pulizia” dopo gli attacchi contro le postazioni di sicurezza del 25 agosto da parte del gruppo armato Esercito della Salvezza del Rohinyá Arakán (ARSA), che hanno provocato quasi 110 morti.
Ci sono denunce secondo le quali le forze di sicurezza avrebbero bruciato villaggi e lanciato attacchi contro i rohingya musulmani.
Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), circa 18.500 persone avrebbero attraversato la frontiera con il Bangladesh dallo Stato di Rakáin, e altre migliaia sarebbero intrappolate nella terra di nessuno tra questi due Paesi.
Ci sono anche dei resoconti sul fatto che alcune persone passano attraverso il fiume Nauf, dove le guardie bengalesi hanno già recuperato diversi corpi di circa 20 rohingya annegati.
“Condanno totalmente gli attacchi violenti contro il personale di sicurezza, che ha causato la perdita di molte vite e lo spostamento forzato di migliaia di persone”, ha detto l’alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Zeid Ra’ad al-Hussein, ma ha sottolineato la necessità che le forze governative rispondano in modo proporzionato.
“Disgraziatamente, i nostri timori diventano realtà. Decenni di continue e sistematiche violazioni dei diritti umani, così come le violentissime risposte delle forze di sicurezza agli attacchi a partire dall’ottobre del 2016, hanno contribuito ad alimentare l’estremismo violento in una situazione in cui tutti perdono”, ha proseguito.
In ottobre dell’anno scorso l’esercito della Birmania ha effettuato operazioni di repressione dopo gli attacchi di ribelli rohingya contro posti di controllo di confine, il che ha provocato quasi 90.000 profughi.
L’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha definito “molto probabile” il fatto che gli attacchi contro civili rohingya in queste operazioni costituiscano crimini contro l’umanità.
Cosa che le autorità birmane hanno negato in ripetute occasioni.
Una lunga storia
Il governo da tempo contesta lo status di cittadini birmani del popolo rohingya, ha ridotto la loro possibilità di movimento e li ha esclusi dai servizi sociali, lasciando la maggioranza senza Stato e impoveriti.
L’Alto Commissariato per i Diritti umani ha descritto la comunità rohingya come una delle più “emarginate, perseguitate e vulnerabili del mondo”.
Il presidente del Centro di Ginevra per i Diritti Umani, Hanif Hassan Ali Al Qassim, ha chiesto al governo birmano di prevenire le violazioni dei diritti umani contro la popolazione civile nell’ambito dell’attuale escalation del conflitto militare.
“Le testimonianze inquietanti di rohingya in fuga da Myanmar confermano le gravi violazioni dei diritti umani che sono in atto contro la popolazione civile”, ha dichiarato.
“La società mondiale non può coprirsi gli occhi di fronte all’inquietante situazione in Myanmar. Il Centro di Ginevra fa appello per la fine immediata della persecuzione dei rohingya”, ha aggiunto Al Qassim.
Risposta dell’ONU
In risposta alla violenza in questo Paese asiatico, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) ha tenuto una discussione a porte chiuse nell’ultima settimana di agosto.
Non ci sono state dichiarazioni ufficiali, ma l’ambasciatore britannico Matthew Rycroft ha fatto appello a tutte le parti in causa a far raffreddare la situazione e a guardare la questione a lungo termine.
Rycroft ha aggiunto che il massimo organo di sicurezza sostiene ancora Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace e consigliera di Stato della Birmania.
“Ci rimettiamo a lei perché venga utilizzato il tono corretto e vengano trovati i compromessi e la necessaria riduzione della tensione e risolvere il conflitto per il bene di tutto il popolo della Birmania”, ha dichiarato.
LA violenza è scoppiata appena due giorni dopo la pubblicazione dell’atteso rapporto della Commissione Consultiva dello Stato di Rakáin sulla situazione in questa regione.
“C’è una grave tensione e il rischio è sempre più alto. La violenza non porterà soluzioni durature per il problema del tormentato Stato di Rakáin”, ha dichiarato il presidente della commissione Kofi Annan.
“Tuttavia, lo status quo non può continuare”, ha aggiunto l’ex segretario generale dell’ONU.
Tra le raccomandazioni che figurano nel rapporto di 63 pagine per il governo birmano c’è quella di rivedere la legislazione sul diritto alla cittadinanza, concedere la libertà di movimento ai rohingya musulmani e investire nello sviluppo socio-economico dello Stato di Rakáin.
Annan ha avvertito che il mancato rispetto delle raccomandazioni potrà soltanto alimentare il ciclo della violenza e la radicalizzazione, aggravando la povertà cronica in questo Stato.
Inoltre, Zeid ha fatto appello al governo della Birmania a seguire le raccomandazioni per “ascoltare, anziché sacrificare le preoccupazioni in materia di diritti umani nell’interesse di mantenere la pace e l’ordine”.
Sostegno internazionale richiesto e criticato
Il direttore generale dell’OIM, William Swing, ha chiesto un maggiore sostegno internazionale per i civili che fuggono verso il vicino Bangladesh.
Questo Paese accoglie circa 500.000 rohingya da tre decenni, ha precisato.
Swing ha chiesto al Bangladesh di lasciar entrare un maggior numero di persone che fuggono dalla violenza, molte delle quali sono donne, bambine, bambini ed anziani, o faciliti l’accesso alle agenzie umanitarie perché possano soccorrerle.
Ha fatto anche appello alle autorità birmane dello Stato di Rakáin perché facilitino il lavoro delle agenzie umanitarie e permettano un accesso senza restrizioni contribuendo così a stabilizzare la situazione e ridurre il numero delle persone che fuggono dal Paese.
Ma l’ufficio di Aung San Suu Kyi ha accusato le organizzazioni internazionali di collaborare con i “terroristi”, cosa che fa temere per la sicurezza degli operatori umanitari e la continua violenza.
“Sono estremamente preoccupato che le accuse infondate contro le organizzazioni internazionali mettano in pericolo il personale e rendano loro impossibile fornire un’assistenza fondamentale”, ha sottolineato Zeid.
“Questo genere di dichiarazioni è irresponsabile e serve solo ad aumentare la paura e fomentare la violenza”, ha aggiunto.
Fonte: http://www.ipsnoticias.net/2017/09/la-violencia-expulsa-a-miles-de-rohinyas-de-birmania/
Titolo originale: “La violencia expulsa a miles de rohinyás de Myanmar”
Tratto da www.rebelion.org, traduzione per Senzasoste di Nello Gradirà
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