Come è solito nei paesi occidentali la fratellanza e la solidarietà con persone che da anni vivono uno stato d'assedio e di guerra ma ubicate in aree di cui c'importa poco o nulla,e questo solo perché la disinformazione dei canali ufficiali tace per ignoranza o interessi superiori,arriva in maniera tardiva e tragicamente quando ormai c'è poco o nulla da fare.
La piccola presentazione all'articolo di Infoaut(aleppo-necessario-posizione )parla per l'appunto di Aleppo quando la città siriana è ormai distrutta completamente e le persone da sfollare ormai sono una piccola parte di quelle già scappate(e che poi facciamo barricate per respingerle)o già decedute.
Perché ci si dimentica che la guerra in Siria ufficialmente ha più di quattro anni ma la tensione e le prime avvisaglie sono ancora più datate,in quanto personalmente già nel 2010 non avevo potuto andare nel paese mediorientale in quanto altamente sconsigliato per via della situazione già in evoluzione di una guerra civile che ormai era già cominciata.
E ancora in questi giorni si parla dei ribelli anti Assad ammazzati ad Aleppo come un terribile fatto ma che in verità è la naturale conseguenza della guerra che solamente ora la Russia assieme alle truppe governative e ai curdi stanno combattendo contro l'Isis.
E i media occidentali hanno inculcato nella mente delle persone più malleabili(la quasi totalità)che Assad è il male(di sicuro assieme a Putin non è un santo)ed allo stesso tempo anche Daesh che sta combattendo lo è.
Nei pronostici Usa che senza combattere comunque tirano i fili anche di questo conflitto ha vinto quindi la Siria che assieme all'Iran erano le più papabili come sedi della prossima guerra mediorientale dopo Iraq e Afghanistan(vedi:madn iran-o-siriaquale-la-prima )dopo aver scatenato il conflitto in Libia.
Questa artificiale solidarietà che si vede in giro sui social e in televisione è un'altra mossa tattica statunitense ed europea per svilire per l'ennesima volta Assad,la Russia ed il popolo curdo mentre l'Isis che ormai sembrava alle corde mantiene le linee e paesi foraggiatori di Daesh come Arabia Saudita e Turchia gongolano bombardano pure Yemen e Kurdistan.
Aleppo: ciò che è necessario sapere per prendere posizione.
questi giorni abbiamo assistito a un vero e proprio tripudio di commozione e
solidarietà per il destino di “migliaia di civili” di Aleppo e per i “ribelli”
che hanno resistito per mesi contro il regime siriano ed oggi vengono uccisi o
evacuati dalla città. Tuttavia, se sui media e tra i vertici istituzionali
europei tutti trattano la questione come se si trattasse di una realtà
trasparente a tutti, il commento più comune è: “Mi spiace per quel che accade,
ma non ci ho capito niente”. Laura Boldrini ha decretato lo spegnimento delle
luci di Montecitorio “in segno di vicinanza e solidarietà” con “la gente che è
ostaggio” nella città siriana. Anne Hidalgo, sindaca di Parigi, ha deciso di
spegnere la Tour Eiffel, mentre a Bruxelles sono state spente le luci del Grande
Palace. Raramente si era visto una simile attenzione e un simile cordoglio per
un evento di guerra, come ha fatto notare Fulvio Scaglione sul Post
Internazionale, ricordando come le vittime civili in Iraq e in Afghanistan per
mano di governi e forze armate legati all’Unione Europea, o quelle nella
Striscia di Gaza per mano di Israele non soltanto non provocano un’analoga
indignazione, ma sono minimizzate o occultate dalla nostra informazione.
Tanto più si infittisce questa “solidarietà”
posticcia quanto più si inquina e distorce la descrizione della vicenda reale.
Aleppo è stata, per quattro anni, divisa non in due, come dicono i giornalisti
in queste ore, ma in tre: il regime a ovest, i movimenti islamisti ad est e le
forze rivoluzionarie promosse dai curdi a nord. Questa situazione è stata il
prodotto di due rivoluzioni tra loro parallele e antagoniste, quella teocratica
(Aleppo est) e quella confederale (Aleppo nord). Per comprendere le premesse di
questa situazione è necessario tenere presente che la lotta armata iniziata nel
2011, benchè connessa con la rivolta che l’ha preceduta, non è ad essa
storicamente sovrapponibile, ed ha avuto bisogno, per sua stessa natura, di una
pianificazione, un’organizzazione e un equipaggiamento che la popolazione civile
non sarebbe stata in grado di procurarsi. Per questo la Siria è diventata non
soltanto teatro di scontro sociale, ma anche internazionale. I milioni di
dollari necessari alla logistica, all’armamento e alla propaganda
dell’insurrezione, oltre che gli stipendi dei combattenti e il loro
addestramento, sono arrivati ad Aleppo come altrove tra il 2011 e il 2012 dalle
potenze regionali ostili all’asse siro-iraniano – Turchia, Arabia Saudita, Qatar
– e dai loro alleati europei e americani: Francia, Inghilterra, Stati Uniti.
Queste potenze hanno offerto nello stesso periodo
la supervisione alla creazione di un’esercito ribelle (il Free Syrian Army o
Fsa), la produzione di un’interfaccia politica di questo esercito (la Coalizione
Nazionale Siriana, o Cns, espressione dei Fratelli Musulmani e di alcuni piccoli
gruppi dissidenti) e una macchina propagandistica (l’Osservatorio Siriano per i
Diritti Umani, espressione della Cns e finanziato e ospitato dall’Inghilterra).
Due elementi, però, hanno complicato da subito questo disegno. Da un lato, la
popolazione siriana ostile al regime non ha accettato questa “Coalizione” come
rappresentativa delle sue istanze, perchè costituita da ricchi transfughi
residenti all’estero, considerati estranei alle vicende del paese e non
dissimili dalle elite che già governano la Siria. In secondo luogo, tanto una
parte della popolazione, quanto l’Arabia Saudita e la Turchia si sono mostrate
pronte a sostenere movimenti armati orientati all’imposizione di uno stato
islamico d’impronta sunnita su tutto il paese, laddove Usa e Ue avevano pensato
di poter supportare forme di radicalismo religioso “moderato” (si fa per dire)
come quello, appunto, dei Fratelli Musulmani.
Il tentativo di sottrarre Aleppo all’autorità del
governo iniziò sotto gli auspici turchi ed europei il 19 luglio del 2012 con un
assalto armato dell’Fsa che a ben vedere lasciò piuttosto fredda, se non ostile,
la popolazione della città, segnando l’inizio di una serie estenuante di
offensive e controffensive di cui vediamo l’esito in questi giorni. I
combattimenti, tuttavia, vennero sempre meno portati avanti dall’Fsa, diretto da
ex ufficiali dell’esercito visti dalla popolazione come mercenari prepotenti e
corrotti, che furono surclassati nelle operazioni militari e nel reclutamento
dei civili, tra il 2012 e il 2013, da un’organizzazione anti-Assad alternativa,
Jabat al-Nusra (oggi il suo nome è Fatah al-Sham), filiale siriana di Al Qaeda
il cui obiettivo è instaurare uno stato islamico sui territori conquistati, e in
prospettiva un califfato globale. (Durante il 2013, in seno a questa
organizzazione, si creò un dissidio tra chi voleva dichiarare immediatamente uno
stato islamico e i suoi vertici, contrari all’idea, e più favorevoli a
un’imposizione della legge coranica a macchia di leopardo, e alla proclamazione
del califfato in una seconda fase. Fu così che i propugnatori del “califfato
immediato” si staccarono da Al Qaeda e formarono l’Isis, conquistando una parte
dell’Iraq e attaccando ripetutamente le città europee e statunitensi).
La Turchia e l’Arabia Saudita, supportate
dall’Ue, hanno sostenuto negli anni l’allargamento della corrente teocratica
della rivoluzione contro il regime, dirottando ad essa il denaro e le armi
inizialmente orinetati all’Fsa, che cessò di esistere, ma hanno anche promosso
la formazione di gruppi che, sebbene orientati come Al Qaeda e l’Isis
all’instaurazione di uno stato islamico, sono direttamente controllati da Ankara
e Riad. Questi gruppi, che fecero di Aleppo est una loro base e, come Al Qaeda e
l’Isis, contano migliaia di combattenti, possiedono armi pesanti e gestiscono
fondi di milioni di dollari, si chiamano Arhar al-Sham e Jaish al-Islam. Questi
eserciti jihadisti hanno annichilito ad Aleppo, grazie al loro potere economico
e militare, tutti i movimenti e i gruppi con loro in dissenso. C’è stata anche
una vera e propria guerra civile interna all’insurrezione islamica, che ha
contrapposto nel 2013-2014 Al Qaeda, Arhar al-Sham e Jaish al-Islam da un lato,
aiutate dalle ultime bande vicine ai Fratelli Musulmani, e l’Isis dall’altro. In
questa guerra civile interna al jihad globale, i quartieri di Aleppo est sono
finiti nel 2014 nelle mani di Al Qaeda, Arhar al-Sham e Jaish al-Islam, mentre
l’Isis ne è stato espulso. Al Qaeda e Arhar al-Sham hanno allora fondato, con
altri gruppi salafiti (ossia promotori della restaurazione della società
islamica del VII sec. dc), l’alleanza per Aleppo “Ansar al-Sharia”; Jaish
al-Islam (anch’essa organizzazione salafita), invece, ne ha creata un’altra con
gruppi minori, il cui nome è “Fatah Halab”.
Queste due “cabine di comando”, alleate e
coordinate tra loro, non hanno costituito soltanto la direzione armata delle
migliaia di miliziani che si sono contrapposti al regime a ovest e ai curdi a
nord in questi giorni, ma anche il potere brutale che ha controllato Aleppo est
in questi ultimi due anni, provocando vessazioni, persecuzioni, discriminazioni
e violenze inaudite sulla popolazione civile, la cui vita quotidiana è
precipitata in un incubo inedito per la storia di Aleppo, città caratterizzata
dalla sua profonda modernità, varietà sociale e diversità religiosa, ideologica
e culturale. Questo incubo ha impedito la continuazione di qualsiasi rivoluzione
o opposizione nella città e ha letteralmente gettato gran parte della sua
popolazione tra le braccia del regime, la cui oppressione, se comparata con
quella dei salafiti dei quartieri orientali, è considerata un sollievo. Quando
si sente parlare di “ribelli” o “opposizione” ad Aleppo, quindi, è necessario
sapere che di questo si tratta e si è trattato, per quanto tale realtà sia
disturbante o scomoda.
La macchina di propaganda che nasconde in questi
giorni tutto questo è stata orchestrata dal governo islamista della Turchia, da
quello dello stato islamico saudita, e dall’Unione Europea, che ha in questi due
regimi i suoi alleati nell’area, e considera suo interesse a qualsiasi costo il
rovesciamento, o almeno l’indebolimento e, se possibile, lo smembramento dello
stato siriano. Dal momento che la parte della rivoluzione siriana supportata
dall’Ue ha preso una direzione così reazionaria, i media europei, come sempre
servili verso le politiche estere dei nostri governi, hanno in questi giorni
completamente oscurato questa circostanza, descrivendo, ad esempio, Aleppo est
come un luogo di semplice “opposizione” e “resistenza”, tacendo sui crimini
commessi dai movimenti salafiti che Francia e Inghilterra continuano a
supportare senza ritegno, sebbene l’imposizione delle corti della sharia come
unico riferimento giuridico ad Aleppo est abbia rappresentato in questi anni un
fenomeno contrario ai tanto sbandierati “diritti umani” e che sarebbe
considerato “terroristico” (anche a causa delle sue forme paramilitari) dall’Ue
in tutti gli altri contesti (è simile, a ben vedere, ai fenomeni presi a
giustificazione di guerre e bombardamenti in moltissime aree del mondo, compreso
il vicino Iraq).
La battaglia per la riconquista di Aleppo da
parte del governo siriano viene raccontata diversamente, infatti, da quella
dell’esercito iracheno per la conquista di Mosul, è non è silenziata come il
massacro che l’Arabia Saudita e l’Egitto stanno compiendo contro la popolazione
in rivolta dello Yemen, benché tali governi non siano meno oppressivi verso i
propri popoli e quelli che bombardano. Qualcuno potrebbe pensare che questa
familiare logica dei “due pesi e due misure” abbia a che fare con il fatto che i
paesi dell’Ue sono collocati, nel medio oriente ricco di risorse energetiche, su
uno dei due grandi “assi” geopolitici che contrappongono gli stati della
regione: quello saudita, che comprende paesi come Turchia, Egitto e monarchie
del Golfo, con cui l’Ue organizza i suoi affari, che da decenni si oppone per
questioni di egemonia economica all’altro “asse”, quello iraniano, che comprende
lo stato siriano. Non è un caso che, mentre l’ambasciatore Usa alle Nazioni
Unite Samantha Power accusa la Russia di essere “senza vergogna” per ciò che le
sue forze speciali hanno fatto ad Aleppo, la narrazione degli eventi di questi
giorni in Russia e in Cina (schierate invece, sempre per interessi economici,
con l’Iran e la Siria) è del tutto opposta, somigliando a quella occidentale su
Mosul: Aleppo vive una giusta e necessaria “guerra al terrorismo”.
In questo scenario di disgustosa disinformazione,
censura e ipocrisia, l’Italia non si distingue. Media tra loro anche lontani,
come il Corriere della Sera, Repubblica o Popoff Quotidiano, spiegano in queste
ore che “l’opposizione” di Aleppo andrebbe appoggiata, anche perchè sarebbe
l’unica che ha “sconfitto lo stato islamico”. Ciò è vero, come detto, ma è anche
ridicolo, perchè tale “opposizione” è a sua volta uno “stato islamico”. Ciò che
distingue lo stato islamico meglio conosciuto, dichiarato a Raqqa e Mosul, da
quello di cui non ci dovrebbe esser dato sapere, instaurato da Ansar al-Sharia e
Fatah Halab ad Aleppo est, è da un lato una diversa interpretazione della
strategia jihadista, dall’altro la scelta dell’Isis di attaccare le città
occidentali (cosa che ha indotto Usa e Ue a scorporare questa organizzazione
dall’opposizione etichettata come “legittima” ad Assad, e a bombardarla) ma non
certo le conseguenze del potere di questi soggetti sulla popolazione che deve
patirne le angherie. In secondo luogo non è affatto vero che questa è l’unica
“opposizione” alternativa allo stato islamico ad Aleppo, perché le Ypg-Ypj,
unità di protezione del popolo e delle donne, difendono da anni i quartieri nord
di Aleppo, le campagne settentrionali della sua provincia e, oltre ad aver
contribuito alla cacciata dalla città prima dell’Isis e ora di Ansar al Sharia e
Fatah Halab, stanno avanzando su Raqqa e si oppongono al regime dal 2004, armi
in pugno dal 2012.
La sventurata popolazione di Aleppo subisce così,
in queste ore – grazie a personalità ineffabili come Laura Boldrini, Anne
Hidalgo e Samantha Power – la beffa della “solidarietà” di stati che hanno per
anni finanziato e armato i loro aguzzini, e che ora surrettiziamente li
presentano come vittime per i loro sporchi calcoli politici. Che questo
vergognoso e ipocrita tributo sia stato proclamato, in queste ore, da
personalità femminili, è tanto più assurdo se si considera che proprio la
corrente teocratica della rivoluzione siriana sconfitta ad Aleppo est aveva
promosso e imposto da cinque anni il declassamento delle donne di quei quartieri
a oggetti di arredamento della vita privata degli uomini e dei miliziani,
imponendo l’annichilamento completo della loro esistenza e di ogni loro
protagonismo sociale (ciò che ancora accade a Idlib, tuttora sotto il loro
controllo). Laura Boldrini, Anne Hidalgo e Samantha Power non hanno mostrato la
stessa contrizione quando le combattenti donne delle Ypj curde che difendono un
genere ben diverso di rivoluzione nella stessa città, negli scorsi mesi e in
queste settimane sono state attaccate, assieme alla popolazione civile dei loro
e di altri quartieri, con bombardamenti e armi chimiche proprio da Ansar
al-Sharia e Fatah Halab.
Le Ypg e le Ypj si difendono ad Aleppo nel
silenzio e nell’isolamento internazionale tanto dal regime quanto dai salafiti e
hanno creato un’alleanza ben più vasta e forte delle cabine di comando
oscurantiste di Aleppo est e Idlib: le Forze Siriane Democratiche che
comprendono curdi, arabi, turcomanni e inglobano da un anno le ultime forze Fsa
ancora esistenti, prima allo sbando, che assieme alle Ypg si contrappongono oggi
tanto ai salafiti dell’Isis quanto a quelli di Al Qaeda, Arhar al-Sham o Jaish
al-Islam; eppure delle imprese delle donne e degli uomini che portano avanti
questa rivoluzione – la rivoluzione confederale – non c’è traccia sui nostri
giornali, probabilmente perchè sono il fumo negli occhi per gli alleati turchi e
sauditi dei nostri governi, combattendo non soltato la teocrazia e il
patriarcato, ma anche il capitalismo. I veri rivoluzionari di Aleppo nord hanno
accolto in queste settimane, tra l’altro, migliaia di quei profughi in fuga dai
quartieri est che tanto stanno a cuore ai nostri governi, mentre venivano
bersagliati, va detto, non dal regime, ma proprio dai miliziani asserragliati
nei loro quartieri con armi automatiche come punizione per voler “abbandonare” e
“tradire” i “guerrieri di Allah” (lo stesso che sta facendo l’Isis nelle
campagne a nord di Raqqa e a Mosul).
Battersi per la fine del regime di Bashar
al-Assad è giusto, e molti siriani continuano a desiderare il cambiamento, ma
non qualsiasi forza che si oppone a un regime è meglio del regime stesso. Il
governo siriano non si combatte, in ogni caso, con la commozione ipocrita da
tastiera o con i like su facebook, o censurando la verità su ciò che accade ad
Aleppo, nè in nome di interessi economici nuovamente coloniali che non sono
rivolti contro un regime, ma contro una popolazione, la sua indipendenza, la sua
storia e la sua dignità. Le uniche luci che i nostri governi hanno spento da
tempo, in rapporto alle guerre e al mondo in cui viviamo, sono quelle
dell’informazione corretta e dell’intelligenza. Il cordoglio e la commozione di
questi giorni non sono sinceri o, se lo sono, purtroppo si basano su
un’ignoranza colpevole: poichè nessun governo ha mai detto la verità sulla
guerra alla sua popolazione, ed è preciso dovere della popolazione informarsi e
ottenere conoscenza per rispetto a chi muore anche a causa della ragion di stato
europea e delle inaccettabili menzogne dei nostri giornalisti; e infine occorre
prendere parte e lottare, e non piangere, poiché delle nostre lacrime –
raramente sincere, troppo spesso imbarazzanti – i civili di Aleppo non se ne
potranno fare nulla.
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