venerdì 17 novembre 2017
AF(FASCI)NATI DAL CRIMINE 1
Quella di oggi è la prima parte di un approfondimento sul binomio crimine e fascismo che da quando quest'ultimo è stato partorito nel ventennio e ultimamente sdoganato anche da parte del Pd che ora si sta pentendo amaramente(e non solo il partito di Renzi & co.)per non aver parlato di antifascismo nel suo atto costitutivo,realizzato da Contropiano(le-piste-dei-narcofascisti e fascisti-le-banche-le-piste-nere-delle-rapine ).
Nel primo articolo si fa riferimento al capitolo dello spaccio di droga,uno dei principali contesti di approvvigionamento economico da parte dei gruppi neofascisti ed anche causa di ribellioni interne che hanno portato anche a omicidi e altri strascichi penali connessi al predominio delle piazze di diffusione.
Nel secondo invece i crimini sono legati a rapine che a differenza dello spaccio coinvolge quasi sempre Roma e le zone limitrofe,ed anche in questo caso oltre al reato di rapina si aggiungono anche variegate liste di altre imputazioni sempre legate all'autofinanziamento dei ratti di fogna.
Da notare che i casi esposti si riferiscono agli ultimi cinque anni mentre come sappiamo fin dalla presa del potere il fascismo ha sempre avuto a braccetto il mondo del crimine(poi ovviamente anche il fascismo è di per se un crimine)e la polizia(se ne parlerà avanti anche qui):due casi emblematici presi proprio a caso riguardano i crimini di guerra avvenuti nella ex Jugoslavia,altro che foibe,(madn mario-roatta-e-mario-robotti )e la recente ma sembra quasi dimenticata di Alemagno podestà di Roma(madn si-legge-roma-si-pronuncia-fasciomafia ),eppure non sono passati nemmeno dieci anni.
Le piste dei narcofascisti/1
di Federico Rucco
In queste settimane, c’è una singolare – e tardiva – scoperta dei legami tra gli ambienti neofascisti e la malavita. La “capocciata” di Ostia e una serie di inchieste sulla pista dei “soldi neri”, hanno finalmente svelato una ragnatela di relazioni che si era invece consolidata da tempo.
In questi mesi, affrontando i fascisti in alcuni quartieri della periferia romana, li abbiamo spesso denunciati come “narcofascisti”. Una forzatura dovuta alla adrenalina dello scontro? No, questi sono i fatti che abbiamo ricostruito solo negli ultimi nove anni, quando – a seguito della guerra di mala scatenatasi a Roma nel 2011 con decine di morti ammazzati in tutta la città – per la prima volta abbiamo dedicato attenzione alla cronaca nera scoprendo quello che era ben visibile a tutti, occorreva solo mettere le notizie sparse in connessione tra loro. Non ci abbiamo scritto sopra un libro (ma un opuscolo disponibile in pdf) , né un film, né una serie televisiva, ma abbiamo contribuito a ricostruire un mosaico che deve essere conosciuto e combattuto.
Buona lettura e tirate voi le vostre conclusioni.
A ottobre del 2008 i Carabinieri, arrestano Angelo Manfrin, attivo in una rete di spaccio che aveva basi a Rovigo, Ferrara e Modena, oltre che a Verona, Padova e Milano . Angelo Manfrin, 64 anni, è un notissimo neofascista dei Nar, condannato nell’aprile 1990 dalla Corte d’Assise d’Appello di Venezia per associazione per delinquere, in concorso anche con Gilberto Cavallini, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro. Ora e’ risultato essere l’organizzatore di un vasto traffico di droga destinata ai mercati veneto, emiliano e lombardo, nonché di una capillare rete distributiva con basi in vari città. Manfrin si avvaleva soprattutto della complicità di un altro personaggio, Roberto Frigato, anch’egli noto esponente della destra. ex Ordine Nuovo, recentemente – sembra – legato alla Fiamma Tricolore.
A novembre del 2012, in una grossa operazione antidroga era finito in carcere Emanuele Macchi di Cellere, detto “Lele”, un altro fascista “pesante” ritenuto un “intellettuale di area”. Il pariolino Macchi Di Cellere, ex militante di Terza posizione e del Movimento Rivoluzionario Popolare (ennesimo tentativo di mettere in piedi un gruppo armato rosso-bruno) era stato arrestato a Genova dai carabinieri, al termine di una grossa operazione antidroga che ha portato al sequestro di 165 chili di cocaina arrivati da Santo Domingo. Di Cellere, nonostante fosse stato beccato con 160 chili di cocaina (fosse capitato a chiunque altro avrebbero buttato via la chiave della cella), era stato invece posto quasi subito agli arresti domiciliari a Ostia. Luogo da cui era evaso facilmente per essere però ribeccato di nuovo in Costa Azzurra nel settembre del 2014. Proprio a Ostia, tra l’altro, era arruolato nel clan Fasciani un altro fascista ex Nar, Alberto Picari, era stato arrestato nel 2009 con il resto della banda nell’operazione antidroga denominata Los Moros.
A maggio del 2013, a Milano, nella stessa macchina vengono fermati dalla polizia Domenico Bosa, conosciuto come Mimmo Hammer, noto esponente dei neofascisti milanesi, e Salvatore Geraci. Entrambi sono personaggi noti alle autorità investigative. Domenico Bosa è stato più volte fermato assieme a Stefano Del Miglio e Giacomo Pedrazzoli, due neofascisti milanesi coinvolti nel 2004 nell’assalto armato al centro sociale Conchetta. Salvatore Geraci, invece, viene segnalato dalla polizia giudiziaria per essere “un pluripregiudicato per rapina, sequestro di persona, armi e droga”. I due vengono fermati in macchina, identificati e lasciati ripartire. Ma l’identificazione è il filo conduttore di un’inchiesta, anzi due, che hanno avuto sviluppi recenti e significativi nella conferma delle connessioni tra fascisti, criminalità organizzata e traffico di droga. La prima inchiesta, condotta dal Gico della Guardia di Finanza, è stata, chiusa nel dicembre 2013, e certifica i rapporti tra Domenico Bosa (che però non è indagato nell’inchiesta) e il narcotrafficante montenegrino Milutin Todorovic. Quest’ultimo, a sua volta, è in contatto con la ‘ndrangheta del boss Pepè Flachi. La seconda inchiesta, chiusa invece il 24 marzo 2014, ha portato in carcere Dragomir Petrovic detto Draga, un malavitoso serbo già noto per la strage al ristorante La Strega di via Moncucco (1979).
A ottobre del 2014 era stato arrestato nei pressi di Guidonia un altro fascista, Franco Beccera, detto anche ”Franco il Nero”, già conosciuto negli ambienti del traffico di sostanze stupefacenti ma anche in quelli degli ultras della Lazio e dei gruppi di estrema destra. Durante la perquisizione della sua abitazione, secondo alcune fonti locali, Beccera si sarebbe dimostrato subito collaborativo e non avrebbe esitato a consegnare agli agenti circa 20 grammi di cocaina contenuti all’interno di un guanto da motociclista. Nell’abitazione è stato sequestrato anche un bilancino di precisione usato per la pesatura delle dosi.
A gennaio 2015. Sotto la sella del suo scooter, almeno secondo quanto riporta il Corriere della Sera, il caporione di “Roma ai Romani” ed ora in organico a Forza Nuova, Castellino, nascondeva un etto di cocaina (“per uso personale” ha dichiarato). Da una successiva perquisizione nella sua abitazione sono poi venute fuori 30 bombe carta. Il processo contro Castellino, è stato celebrato con rito abbreviato, ed ha riconosciuto – a discrezione del giudice – l’uso personale della droga, nonostante che il quantitativo – se è vero quanto riferiscono varie fonti – fosse tutt’altro che modico
A febbraio 2015: La Guardia di Finanza di Olbia ha fermato un sessantenne ed ha scoperto che aveva nell’auto un chilo di cocaina. Fatte le dovute identificazioni hanno scoperto che si trattava di Mauro Addis, 61 anni, originario di Carbonia, ma da anni residente a Milano. Un altro nome pesante nel mosaico neofascista italiano ed una nuova conferma dei solidissimi legami tra fascisti e traffico di droga nel nostro paese. Addis è stato in carcere per omicidio durante la sua militanza nei Nar. Era stato condannato a 30 anni di carcere nei primi anni Ottanta e li stava scontando nel carcere milanese di Opera, quando – in regime di semilibertà – era stato nuovamente arrestato nel 1995. In quella occasione la polizia l’aveva bloccato su un’auto di cui aveva clonato la targa utilizzando quella che apparteneva a un magistrato milanese dell’antimafia. Secondo gli investigatori, stava preparando una attentato contro un altro magistrato milanese.
A Luglio 2017: “Se quelli sono i fascisti teniamoli alla larga, insieme a loro ci sono tutti i peggio spacciatori del quartiere”. Il commento è quello degli abitanti di Tor Bella Monaca il giorno in cui Forza Nuova tenta una incursione in via dell’Archeologia fronteggiata da un presidio popolare e antifascista. Ci sono ore di tensione e contrapposizione e ognuno aggrega i suoi. Insieme a Forza Nuova la gente verifica che ci sono gli spacciatori del quartiere e ne trae le dovute conclusioni.
E adesso un invito ai giornalisti di grido. Visto che ormai i fascisti sono di casa nei salotti televisivi o i giornalisti sono di casa nelle sedi fasciste, provate a fare qualche domanda su questi fatti. Al limite rimedierete una capocciata sul naso, a Fausto e Iaio e tanti altri compagni è andata molto peggio.
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I fascisti, le banche, le piste nere delle rapine/2
di Federico Rucco
Abbiamo segnalato nella prima parte di questa inchiesta, le strette connessioni tra i fascisti e lo spaccio di droga nel nostro paese. Di certo non una novità, ma i fatti messi in fila uno dietro l’altro fanno una idea tutt’altro che casuale di tali connessioni.
Ma c’è un altro filone in queste relazioni particolari tra fascisti e malavita: le rapine. Anche qui è la cronaca nera degli ultimi anni – in particolare durante e subito dopo la “mattanza” del 2011 a Roma – a segnalare i fatti ma evitando sempre di metterli in connessione tra loro. Non lo hanno fatto i cronisti né gli inquirenti, legittimando così una immagine dei fascisti come schegge impazzite, lupi solitari, magari un po’ border line. Eppure proprio il tesoretto delle rapine alla fine degli anni ‘70 consentì quella “accumulazione primitiva” di capitali neri a Londra da cui si è poi dipanata una ragnatela di società finanziarie che fanno girare i soldi, tanti soldi, negli ambienti neofascisti.
Marzo 2012/Febbraio 2016: Tra i quattro rapinatori arrestati a marzo 2012 per il colpo all’Unicredit di piazza di Spagna avvenuto il 19 dicembre del 2011, c’è ancora una volta un ex militante dei Nar: Claudio Ragno. Ragno era entrato nella filiale Unicredit del centro storico con una casacca della polizia municipale. I metal detector della banca erano disattivati e così i rapinatori erano riusciti a portare all’interno una pistola. Claudio Ragno, romano (di zona nord) venne arrestato insieme a Luigi Aronica, Marco Di Vittorio e altri militanti dei Nar nell’ottobre del 1980. Scarcerato, viene più volte arrestato per rapina: nel 1988, per un colpo in banca a viale Mazzini, insieme a un altro militante dei Nar e ad uno degli arrestati per quest’ultimo colpo in banca, Silvano Panciotti. Nel 1994, Ragno viene arrestato insieme ad un altro fascista Massimino Rampelli. Al momento della cattura, i due vennero trovati in possesso di coltelli e materiale per mascherarsi. Rampelli, che e’ privo del braccio sinistro, indossava un giubbotto con un arto artificiale. I due dovranno rispondere di tentata rapina aggravata, porto abusivo di armi e ricettazione. Obiettivo era la banca Popolare di Rieti. Eppure solo quattro anni dopo (febbraio 2016) Claudio Ragno, di nuovo libero, viene dalla polizia sul litorale nord di Roma per la rapina del giorno prima all’ufficio postale di via Val Pellice dove avevano dato vita ad uno scontro a fuoco. I due si erano rifugiati in una villa a Fregene risultata di proprietà di uno degli arrestati, Giordano Grilli di 30 anni, incensurato e troppo giovane dunque per avere un passato negli anni neri.
Ottobre 2012: I carabinieri arrestano due pregiudicati romani. Si tratta di Fabio Giannotta, 35 anni e Mauro Santori, 46, ritenuti responsabili di concorso nella detenzione delle armi rinvenute il 17 dicembre del 2011 dai Carabinieri nel quartiere Alessandrino. Nel dicembre scorso i carabinieri rinvennero e sequestrarono, all’interno di un box in vero e proprio arsenale: un fucile d’assalto cinese, un kalashnikov, due pistole mitragliatrici, un pistola, 16 armi da fuoco provenienti da furti e rapine (15 pistole semiautomatiche e a tamburo e un fucile a pompa), 1 autovettura e 2 motoveicoli rubati (uno dei quali con a bordo due pistole con il colpo in canna), e materiale di travisamento. Allora furono arrestati in flagranza di reato due uomini, tra cui il pregiudicato Claudio Nuccetelli e un incensurato, tuttora detenuti nel carcere romano di Regina Coeli.
Fabio Giannotta, è una vecchia conoscenza dell’area neofascista romana. Figlio di Carlo Giannotta ex-segretario della sezione dell’ex-Msi di Acca Larentia e ritenuto il “custode” della sede; fratello del capo ufficio al Decoro Urbano della società municipalizzata capitolina Ama coinvolto nello scandalo parentopoli nella giunta Alemanno. Fabio Giannotta ha preso parte alla tentata rapina alla gioielleria Bulgari nel centro storico di Roma nel 2007 insieme a Claudio Nuccetelli.
Novembre 2012: Tra il gruppo di malavitosi che a Roma stavano per mettere a segno una rapina a mano armata in una sala Bingo in via Baldo degli Ubaldi, spunta un nome già conosciuto: quello di Massimiliano Taddeini, fascista, ex militante dei Nuclei Armati Rivoluzionari (Nar) e Terza Posizione, soprannominato l’Ala.
I tre sono stati fermati in quanto poco prima dell’irruzione erano stati notati da una pattuglia dei carabinieri della compagnia San Pietro perché erano passati col rosso a un semaforo. I carabinieri li hanno seguiti fino al Bingo e poi li hanno fermati e perquisiti, trovando le pistole cariche. Ora dovranno rispondere di porto abusivo d’armi e ricettazione. Uno dei mezzi sui quali viaggiavano è risultato rubato.
Taddeini, legato a Ciavardini e Fioravanti, aveva militato nei Nar e poi in Terza Posizione. Taddeini era anche molto legato a Nanni De Angelis, il militante dei Nar “morto” in carcere dopo essere stato fermato dalla polizia, “con cui condivideva tutto. Su questo asse si reggeva sia la squadra di rugby che l’organizzazione di Terza Posizione”.
Taddeini fu accusato e condannato a sei anni di reclusione per associazione sovversiva e banda armata. Scontata la pena è tornato però in carcere nel 1993 quando, dopo una soffiata, i carabinieri trovarono nel suo appartamento sulla via Braccianense un latitante, Antonio Fiorentino, all’epoca ricercato per rapina, porto e detenzione abusiva d’armi.
Marzo 2016: Non erano gli “zingari” e neanche i rumeni. All’alba di martedi 15 marzo i carabinieri di Roma hanno eseguito una vasta operazione anticrimine nei confronti di 24 persone accusate di associazione a delinquere finalizzata a compiere rapine violente in abitazioni. Per gli investigatori, a capo della banda che faceva rapina nelle case nella capitale ci sarebbe Manlio Vitale, detto ‘er Gnappa’ e considerato già esponente di spicco della banda della Magliana. Le accuse per gli arrestati vanno dall’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di rapine in abitazioni al furto e alla ricettazione, detenzione e al porto abusivo di armi da fuoco.
Manlio Vitale, è una vecchia conoscenza sia nella malavita romana che tra i fascisti. Tant’è che l’operazione dei carabinieri è stata chiamata in codice “Vecchie Glorie”. Ma Manlio Vitale detto “er Gnappa” non è stato solo un malavitoso. Le sue frequentazioni con i fascisti sono note e rimandano al famoso giro del “Fungo” (il particolare bar all’Eur) dove anche recentemente era solito incontrarsi Carminati con gli altri fascisti imputati nell’inchiesta su Mafia Capitale. Il 18 ottobre del 1975 proprio al Fungo, vengono beccati tre boss della ‘ndrangheta insieme a Gnappa. La polizia arresta infatti Paolo De Stefano, don Peppe Piromalli, Pasquale Condello, Gianfranco Urbani e appunto Manlio Vitale. “Tale riunione, lungi dall’essere una mera riunione conviviale costituiva invece una vera e propria riunione mafiosa ad alto livello” si legge nelle informative dell’epoca.
Luglio 2017: I Carabinieri e la Criminalpol, hanno arrestato in Kenya, in un centro commerciale di Nairobi, il fascista Carlo Gentile, 51 anni romano, ricercato dal 2015, perché ritenuto responsabile di due omicidi maturati nel mondo della criminalità della Capitale.
Gentile, il cui nome era comparso di sfuggita anche nelle indagini sul “mondo di mezzo” di Massimo Carminati, era stato un picchiatore del Fronte della Gioventù. Nei primi anni 80 era stato arrestato per una serie di rapine. Una delle ipotesi è che fossero di finanziamento per i latitanti e i detenuti dei Nar. Nel 1994, mentre era in semilibertà era stato nuovamente arrestato con l’accusa di aver partecipato a una rapina con altri detenuti semiliberi (due dei Nar, uno dei Nap).
Gentile uno dei numerosi fascisti in strettissima connessione con gli ambienti criminali della Capitale. recentemente era ricercato per gli omicidi di Federico Di Meo, assassinato a Velletri e di Sesto Corvini, un imprenditore assassinato a Casalpolocco, commessi nell’arco di 15 giorni nell’autunno del 2013. In particolare, per l’omicidio di Federico Di Meo, lo scorso 12 luglio, Carlo Gentile è stato condannato all’ergastolo dalla Corte di Assise di Frosinone. In entrambi i delitti il mandante risulterebbe essere un malavitoso albanese e il complice di Gentile un killer pentitosi dopo l’arresto per un altro delitto.
Novembre 2017: l’ultima vicenda è di pochi giorni fa. Del gruppo intercettato e arrestato dalla polizia il pomeriggio del 7 novembre fuori dalla Banca del Credito Cooperativo di Palestrina (vicino Roma) facevano parte infatti personaggi del calibro di Corrado Ovidi, Massimo Mariani e Franco Oddo. Insieme a loro c’era anche un poliziotto già sospeso dal servizio perché implicato in un’indagine per droga: aveva il compito di ascoltare le frequenze radio delle forze dell’ordine dalla sua auto e segnalare gli spostamenti delle pattuglie ai complici su un altro veicolo. Corrado Ovidi è un fascista “pesante” della zona di San Giovanni, frequentatore della famigerata sede di Movimento Politico di via Domodossola. Anche Massimo Mariani è un noto fascista. Mariani insieme a a Manuel Ovidi, fratello di Corrado, era stato condannato per rapina a sette anni di carcere nel 2013.
Dunque, ci sono una serie di fatti, una serie di nomi che tornano, una serie di connessioni che andrebbero lette nel loro insieme. Eppure inquirenti e cronisti hanno finora evitato di farlo, esattamente come la relazione annuale dei servizi di sicurezza che ha contribuito a costruire l’immagine dei fascisti come “bravi ragazzi impegnati nel sociale”. Ne parleremo ancora.
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