venerdì 27 gennaio 2017

IL MURO DI TRUMP


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Il muro che il neo eletto presidente Usa Trump ha tanto insistito volere nel suo programma elettorale sembra essere sempre più reale ma sempre più difficile da realizzare in quanto il Messico giustamente non lo vuole e non vorrebbe nemmeno pagarlo.
Il muro che dovrebbe dividere gli oltre tremila chilometri di confine,alcuni già predisposti di muri e barriere(circa 600)con una legge di Clinton voluta con l'opera iniziata nel 1994 e votata anche dagli altri democratici Hillary e Obama,sono dal punto di vista giuridico un regresso al progetto Nafta,il trattato di libero scambio tra Canada,Usa e Messico.
Che entrò in vigore il primo gennaio 1994 e che trovò fin da subito degli enormi detrattori,in primis il subcomandante Marcos che proprio in quella data si fece conoscere al mondo con l'insurrezione dell'Ezln come riportato dall'articolo preso da Contropiano(trump-evoca-lo-spettro ).
Che oltre alla storia del muro parla dei lavoratori sia statunitensi che messicani,e degli affari d'oro che le aziende multinazionali e non Usa fecero con questo trattato che permise l'azzeramento progressivo di tutte le imposte tariffarie fra i tre paesi membri.
Ora Trump minaccia il Messico di imporre dazi doganali del 20% ai prodotti messicani destinati al mercato Usa,con conseguenze che potrebbero aumentare ulteriormente l'emigrazione clandestina verso gli Stati Uniti,e che a medio e lungo termine potrebbero incidere e non poco con altri partner economici quali la Cina e l'Ue.

Trump evoca lo spettro della guerra commerciale con il Messico.

di Sergio Cararo 
La possibilità che il Messico paghi per il muro anti-migranti voluto dal neopresidente Usa Donald Trump "non è negoziabile". E' quanto ha ribadito oggi il ministro degli Esteri messicano Luis Videgaray, dopo che ieri Trump ha ventilato l'imposizione di dazi al 20% sull'import messicano per finanziare la barriera. Videgaray ha tenuto una conferenza stampa presso l'Ambasciata messicana a Washington, dove a breve era prevista una visita di stato del presidente messicano Pena Nieto che è stata sospesa dopo le dichiarazioni di Trump. “Se il Messico non vuole pagare per il tanto necessario muro, sarebbe meglio allora cancellare l'imminente incontro" aveva scritto su Twitter il neopresidente statunitense Trump aprendo una crisi senza precedenti con uno dei paesi vicini e dei partner commerciali più importanti.
Non è irrilevante rammentare che Messico e Stati Uniti hanno sottoscritto venticinque anni fa il Nafta (North American Free Trade Agreement) insieme al Canada. Il Nafta stabiliva l'immediata eliminazione dei dazi doganali su metà dei prodotti statunitensi diretti verso Messico e Canada e la graduale eliminazione di altri diritti doganali durante un periodo di circa 15 anni. Prevedeva inoltre la rimozione delle restrizioni fino ad allora vigenti su molte categorie di prodotti, inclusi motoveicoli, componenti di auto, computer, prodotti tessili e prodotti agricoli. Il Nafta entrò in vigore ufficialmente il 1 gennaio 1994, e in quell'occasione il mondo conobbe l'insurrezione dell'Ezln (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale) e il subcomandante Marcos che si opponeva all'entrata in vigore del trattato. L'Accordo fu inizialmente osteggiato, sia negli Stati Uniti che in Canada, dai governi conservatori in materia di libero commercio, ma negli Stati Uniti riuscì ad essere approvato dopo che il Presidente Clinton fece della sua approvazione il suo cavallo di battaglia legislativa nel 1993 che portò al varo il 1 gennaio 1994.
Da allora l'interscambio commerciale e l'integrazione economica tra i due paesi è cresciuta enormemente (ovviamente in modo disuguale). Il Messico e' il terzo partner commerciale degli Stati Uniti ($531,1 mld) ed il secondo mercato di sbocco per le merci USA ($236,4 mld).
A partire dal gennaio 2000, le tariffe messicane per l'importazione di beni dagli Stati Uniti sono cadute dal 10 all'1,3%, mentre le tariffe per i prodotti messicani esportati negli USA sono state ridotte dal 4% allo 0,4%. Un'importante concessione fatta al Messico riguardava l'uso del meccanismo "duty drawback", in base al quale ai produttori messicani è stato concesso di esportare il bene finale senza pagare le tasse sugli input importati da paesi terzi. Questo ha favorito la crescita delle esportazioni degli impianti di assemblaggio denominati "maquiladoras" e che hanno visto centinaia di grandi e medie società statunitensi aprire stabilimenti oltre il confine messicano per poter usufruire di manodopera a basso costo, scarsi diritti sindacali e spesso un regime di terrore per le rivendicazioni dei lavoratori. Per sostenere l'industria maquiladora, dislocata nella fascia di confine con gli USA, nel novembre 2000 il Messico, che imponeva alte tasse sulle importazioni degli inputs provenienti da stati terzi, ha concesso riduzioni tariffarie applicando la clausola della nazione più favorita sulle importazioni di beni capitali per dare la possibilità agli imprenditori messicani di accedere agli input importati a prezzi competitivi.
La delocalizzazione produttiva impetuosa dagli Usa oltre il confine messicano, ha contribuito a destrutturare le imprese industriali statunitensi con anni di ricatti e azioni spregiudicate da parte dei padroni negli Usa. Per anni la working class statunitense ha visto il Nafta come la causa dei propri guai. Trump ha vinto le elezioni proprio solleticando e sollecitando questo risentimento pregresso, e adesso sta dando coerenza alle sue promesse fatte in campagna elettorale, anche a rischio di una guerra commerciale con un vicino più debole (il Messico) ma con l'ambizione di creare un precedente con altri partner di peso globale come Cina ed Unione Europea. E' evidente come si sia passando dall'imperialismo della globalizzazione all'imperialismo regressivo. Il mondo sta cambiando e sarà bene cominciare ad averne piena contezza.

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