A Livorno nelle ultime settimane fa banco la questione che vuole il licenziamento di centinaia di persone previste dai nuovi vertici aziendali di Unicoop Tirreno in quanto i conti,complice una gestione fallimentare dei dirigenti,sono in rosso e naturalmente i primi a pagarne le conseguenze saranno la base della piramide lavorativa della cooperativa.
Si parla di 481 lavoratori equivalenti a tempo pieno corrispondenti tra le seicento e le settecento unità lavorative,una cifra tremenda per una zona che ultimamente non se la vede molto bene e che è tra quelle che paga di più la crisi che l'anno prossimo compirà dieci anni.
In tutti e tre i contributi presi da Senza Soste di mette in chiaro il forte legame tra Coop con il Pd,la Legacoop,Unipol e il sindacato Cgil,un connubio stile Emilia Romagna,in parte anche in altre zone Crema compresa,che nel corso degli anni ha indebolito fortemente la capacità dei lavoratori di avere diritti che sono stato prosciugati in un batter d'occhio mentre le richieste aziendali sono sempre state accolte con i sindacati confederali complici(bl-livorno-coopland-un-matrimonio-crisi ).
Gli altri due sono invece comunicati Usb(crisi-unicoop-tirreno-usb-scrive-al-ministro-poletti e crisi-unicoop-tirreno-usb-invece-colpire-lavoratori-azzerare-la-dirigenza )col primo che include una lettera al ministro del lavoro Poletti(colui che non ha mai fatto un giorno lavorativo in vita sua:polettila-storia-di-un-paraculo )ex presidente di Legacoop cui si chiede l'intervento statale così come fatto per Fiat,banche e prossimamente in maniera massiccia Alitalia.
Il secondo invece chiede l'azzeramento della dirigenza che ha creato questo disastro visto gli stipendi d'oro e tutti i privilegi cui godono tipo auto,premi,benefit,assicurazioni sanitarie,etc.,in un sistema malato che ricalca le scelte ultime dei governi non eletti in ambito lavorativo.
BL: “Livorno e CoopLand, un matrimonio in crisi?”.
Da tempo sappiamo che i conti dell’Unicoop Tirreno non tornano e il piano di razionalizzazione dei nuovi vertici aziendali prevedono tagli rilevanti del personale nei punti vendita diffusi in Italia. Non entriamo nel merito delle indiscrezioni legate ai numeri: certo che il numero prospettato – si parla di 480 esuberi a tempo pieno che per i sindacati si tradurrebbero in 600 dipendenti part time – merita grande attenzione e inevitabile preoccupazione. In particolare ci preoccupa la ricaduta negativa che ci sarebbe per la città di Livorno, già duramente colpita, da tempo, dalla precarietà occupazionale e dalle perdite dei posti di lavoro in vari settori.
L’economia livornese e le trasformazioni urbanistiche per molto tempo si sono legate a doppio filo con l’ex grande proletaria che ha goduto di rispetto, credibilità e di ampia attenzione, tanto da renderla egemonica nel tessuto livornese. Anche a Livorno è stato praticato il “modello Emilia Romagna”, territori dove l’intreccio fra il mondo Coop e il governo del territorio in generale è così forte da arrivare a condizionare e determinare scelte rilevanti per la gestione complessiva delle città. Un mondo che si è rinnovato nel tempo, cambiando la propria natura fino ad assumere il ruolo di modello di “neocapitalismo di sinistra” costruito sul blocco monolitico Legacoop-Unipol-CGIL e PCI/PDS/DS/PD con qualche sfumatura nel tempo e a seconda dei territori.
Non a caso le Coop di consumo in tutta Italia si sono intrecciate con la finanza (nel 2014 dalla vendita delle merci esposte sugli scaffali hanno ricavato 47,1 milioni di euro mentre dalla finanza 210 milioni!), che spesso permette di risanare i bilanci delle attività industriali in negativo. Un business fondato su 3 concetti base: principi mutualistici, fiscalità di favore e azioni in borsa.
Dopo aver condizionato e caratterizzato l’economia livornese e le trasformazioni urbanistiche di Livorno (si prendano tutte le grandi operazioni Porta a Terra, Porta a Mare, Levante) con importanti ricadute positive in termini di occupazione (pur contribuendo in modo pesante a rendere ancora più precario l’equilibrio e la sopravvivenza dei piccoli negozi di quartiere e di prossimità), da anni a Livorno Unicoop Tirreno non assume più nessuno e nei nuovi punti vendita realizzati nell’ultimo decennio si è sempre fatto ricorso al personale interno già esistente.
Adesso ci troviamo davanti a questa minaccia di esuberi che non può lasciare indifferente una città che ha appunto favorito, in lungo e largo, la presenza di questa azienda. Ogni posto di lavoro perso merita attenzione, rispetto, preoccupazione e impegno per recuperarlo. E BuongiornoLivorno sarà, come sempre, dalla parte dei lavoratori. Ma i posti persi dal mondo Coop a Livorno – sebbene inseriti in un contesto più ampio, strutturale e legato alla scelte e alle dinamiche dell’azienda sul piano nazionale – sarebbero accompagnati da processi politici molto severi e non ci troveremmo davanti solo a affaristi e imprenditori che decidono di chiudere un’attività in nome del profitto: qui sarebbero chiamati in causa una classe politica e amministrazioni che anche su questo avrebbero fallito e che non possono in alcun modo pensare di governare nuovamente un territorio come questo.
Direttivo Buongiorno Livorno17 gennaio 2017
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"Il Governo non può, in un periodo di grandi crisi occupazionali, non intervenire".
L'Unione Sindacale di Base invia una richiesta d'incontro al Ministro Poletti: si faccia garante della salvaguardia occupazionale degli otre 600 lavoratori Coop che rischiano idi perdere il lavoro:
Oggetto: richiesta incontro
Ci rivolgiamo a Lei in qualità di attuale Ministro del Lavoro ma anche di ex Presidente Nazionale di LegaCoop nonché dal 2013 dell'Alleanza delle Cooperative Italiane, in relazione al piano di risanamento annunciato e comunicato ai sindacati da Unicoop Tirreno, che ad oggi parla di 481 equivalenti full-time in esubero pari a 6-700 lavoratori.
Unicoop Tirreno è una delle grandi cooperative del sistema della Grande Distribuzione Organizzata Coop in Italia. Conta più di quattromila dipendenti e se da alcuni anni la gestione dei suoi punti vendita, supermercati, ipermercati,ecc oltre che della sede amministrativa centrale, sta provocando ingenti perdite di bilancio, non è accettabile che a pagarne il prezzo siano lavoratrici e lavoratori che, perdendo il lavoro, si troverebbero insieme alle loro famiglie a vivere un dramma devastante.
La gestione è stata talmente fallimentare che, come Lei sicuramente sa, ha portato l'azienda a dover chiedere un prestito alle altre grandi cooperative per rientrare nei parametri fissati dalla Banca d'Italia sul rapporto tra patrimonio netto e prestito sociale.
Il Governo non può, in un periodo di grandi crisi occupazionali, non intervenire.
Per questo motivo Le chiediamo un incontro per affrontare con maggior precisione tutti i dettagli di questa vertenza e cercare una soluzione che salvi i livelli occupazionali.
In attesa di una sollecita e positiva risposta alla presente, distinti saluti.
Unione Sindacale di Base
Esecutivo Nazionale
Francesco Iacovone
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Crisi Unicoop Tirreno, Usb: “Invece di colpire i lavoratori, azzerare la dirigenza”.
Quanti sono e quanto guadagnano i dirigenti Unicoop Tirreno (compreso il Presidente)? Come Unione Sindacale di Base ci poniamo questa domanda perché riteniamo inaccettabile che, mentre viene presentato ai dipendenti un piano con 600 posti di lavoro a rischio, nessuno di coloro che era in plancia di comando negli anni in cui è maturata questa crisi, ha ancora proferito parola. Ha parlato solo il Presidente Marco Lami, in una intervista in cui sostanzialmente non ha detto niente di concreto.
In Italia purtroppo funziona sempre così: quando le cose vanno bene, i manager guadagnano soldi a palate, quando invece vanno male, a pagare sono solo i lavoratori, e i dirigenti cadono sempre in piedi mantenendo i loro posti (al massimo li spostano in società amiche) e i loro lauti stipendi. Noi non ci stiamo. È un sistema ingiusto e malato, e se pensiamo che in questo caso l’azienda si chiama Cooperativa, è ancora più grave.
Invece di andare a colpire i lavoratori, la dirigenza Unicoop Tirreno va AZZERATA. Premi, benefit, lussuose auto aziendali anche per chi vive a pochi chilometri dalla sede. Prima di parlare di qualsiasi altra cosa, è necessario un segnale in questa direzione. Ci rivolgiamo al Consiglio di Amministrazione, chiedendogli di porre la Dirigenza di fronte alle proprie responsabilità.
Il prezzo delle crisi è pagato sempre dagli ultimi, ora basta.
Unione Sindacale di Base
24 gennaio 2017
24 gennaio 2017
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