domenica 4 settembre 2016

IL BUSINESS DEL SOPRAVVITTO NELLE CARCERI ITALIANE


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Breve articolo su un tema poco conosciuto inerente alle carceri e che tuttavia segna quotidianamente la vita di chi è costretto a scontare una pena per delle scelte sbagliate preso da Infoaut(infoaut carceri ).
Il sopravvitto,che è la possibilità di fare delle spese da parte del prigioniero all'interno del carcere,ha prezzi lievitati rispetto a quelli di un normale negozio o supermercato ed il fatto che è il solo punto di vendita dagli alimentari a materiali di cancelleria o di igiene è un business in mano a privati che gestiscono questo servizio.
Da inizio mese in tante prigioni italiane è partita una protesta dei detenuti che si asterranno da comprare qualsiasi bene dal sopravvitto per sensibilizzare la gente che è fuori su questo fatto che rende la loro situazione ulteriormente precaria di come lo è già. 
Carceri: Sopravvitto o sovrapprezzo ? Il business nascosto.
Tra le tante problematiche che affliggono la popolazione detenuta vi è quella dei prezzi esorbitanti dei generi alimentari in vendita presso il cd “sopravvitto” dell’amministrazione penitenziaria e la mancanza di controlli sull’origine del prodotto in vendita. Molto spesso, infatti, questi aspetti vengono sottovalutati perché si ritengono problemi minori tra quelli che investono il pianeta carcere eppure, in molti casi, avere la possibilità di acquistare alcuni prodotti può essere vitale ma, al tempo stesso, diventa una sorta di privilegio, riservato a pochi, a causa dei prezzi quasi duplicati rispetto ai normali prezzi di mercato.
La possibilità di acquistare prodotti al sopravvitto dipende dalla capacità economica del singolo detenuto e, magari, erroneamente, i detenuti -nell’immaginario collettivo- sono visti come persone ricche, i cui familiari arrivano ai colloqui con macchine super potenti carichi di soldi e pacchi. Ma non è così. La maggior parte della popolazione detenuta proviene dagli strati sociali più deboli, dove la miseria la fa da padrone e magari è proprio per uscire da quella miseria che una persona arriva a fare scelte “sbagliate”, le uniche possibili in alcuni luoghi. Quartieri, città, regioni del sud, programmati per creare “criminali” dove l’alternativa è tra la valigia, il clientelismo, lo sfruttamento e l’illegalità. Basterebbe osservare l’insieme dei familiari che arriva (periodicamente) ai cancelli delle carceri sparse in giro per l’Italia (spesso prevalentemente donne e bambini del sud) per rendersi conto della realtà. Colloqui periodici, quasi mai settimanali, spesso mensili ma in tantissimi casi anche annuali o mai. E questo dipende dalle difficoltà economiche ad affrontare i “viaggi della speranza” che le famiglie sono costrette a sopportare pur di non perdere quel minimo contatto affettivo con i propri cari. Questi familiari si vedono arrivare con pacchi carichi di sacrifici e rinunce, non di ricchezze. Vedere una donna col passeggino raggiungere il carcere dalla stazione a piedi perché il costo “ulteriore” del autobus cittadino, dopo il viaggio dalla Puglia alla Lombardia, è “un lusso che non può permettersi, ma non vuole rinunciare a quella manciata di ore che può trascorrere con il marito” dovrebbe far riflettere su quanto sarebbe giusta la c.d. “territorialità della pena” che, insieme a tanto altro, rimane pura enunciazione di principio perché la realtà e ben distante.
Uomini nati al sud e detenuti al nord o “deportati”in Sardegna. I pacchi mensili limitati per peso e generi, spesso da condividere con i fratelli detenuti nati più a sud di loro: i migranti, che per la maggior parte neanche ricevono visite o pacchi.
E, a parte l’assurdità dei generi ammessi e quelli non ammessi che variano a seconda dei diversi istituti ci sono i generi che sono ammessi solo se acquistati, a prezzi triplicati, allo spaccio del sopravvitto come ad esempio l’olio d’oliva che non è ammesso tra i generi che i familiari possono portare o inviare nel pacco ma è acquistabile a 8/10 euro presso il “sopravvitto” e non c’è possibilità di cambiare “negozio”! Quello che diventa intollerabile e insostenibile per i detenuti è l’arbitrarietà e l’esosità dei prezzi praticati negli spacci interni. Altro punto che penalizza ulteriormente la qualità della vita delle persone detenute è l’assoluta mancanza di etichettatura dei prodotti in vendita (pure prevista dalle normative europee), quindi si finisce per pagare a peso d’oro gli scarti di mercati non meglio identificati perché… l’illegalità nelle patrie galere è di casa. Esempi tra tanti che la dicono lunga sulla speculazione che si fa sui bisogni primari delle persone detenute.
Dal 1 settembre, in alcuni istituti, i detenuti si rifiuteranno di acquistare qualsiasi cosa dal sopravvitto. Ne è stata data comunicazione alle direzioni, ai magistrati di sorveglianza, al garante nazionale e alla federconsumatori, affinché i prezzi vengano adeguati, in tutti gli istituti, a quelli correnti di mercato e si rispetti l’etichettatura con le caratteristiche principali chiare (peso, provenienza, qualità) ponendo fine a quella che è una vera e propria speculazione.
Associazione Yairaiha Onlus

da: osservatoriorepressione.info

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