domenica 13 novembre 2016

LA SUORA DEL BUSINESS DEL DOLORE

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Con questo articolo,come del resto per molti altri,andrò controcorrente e sarò magari tacciato di blasfemia perché parlare male dei santi non si fa in Italia e soprattutto di Madre Teresa di Calcutta che è vista come simbolo di bontà e di carità.
Ma l'Italia è anche la nazione dove i terremoti sono l'emanazione di Dio contro le unioni civili,dove i preti pedofili non finiscono in carcere,dove associazioni e club di bacia balaustre legati all'estremismo cattolico sono dichiaratamente di appartenenza fascista.
Quindi grazie anche all'articolo di Senza Soste(madre-teresa-il-dolore-come-business )si rivaluta quello che la suora albanese ha compiuto in India nel corso di decenni e di tutti i soldi,e sono parecchi,ricevuti attraverso donazioni ed investiti in conventi per proselitismo religioso e mai investiti veramente nelle costruzioni di ospedali o di strutture ricettive per i bisognosi.
Un ospedale da 40 posti era stato fondato dalle missionarie della carità ma nel lontano 1952,e da più parti erano stati contestati sia i metodi curativi utilizzati che le condizioni igieniche e i servizi offerti ai malati,con carenze evidenti dal punto di vista medico.
Infatti grazie al fatto che il dolore avvicina a Gesù erano e sono vietati gli antidolorifici,e questa cultura del dolore e del sacrificio ha fatto ammazzare centinaia di persone che potevano essere benissimo ancora vive senza queste ideologie bigotte senza nessun fondamento scientifico.
Tant'è che quando ha dovuto essere curata è andata in Florida presso strutture private di eccellenza e anche le cause di beatificazione prima e di santità poi come spiegato sotto offrono lacune anche dal punto di vista"miracoloso".
E per rimanere in tema del Dio vendicativo anche per la suora del business del dolore l'Aids era una punizione divina per le condotte sessuali improprie...e con questo la santa è servita.

La suora albanese era contraria perfino anche all’uso di antidolorifici per i malati terminali 

Il 4 settembre scorso in Vaticano è stata santificata la suora albanese Anjezë Gonxhe Bojaxhiu, più nota come Madre Teresa di Calcutta, morta nel 1997 all’età di 87 anni, una delle icone religiose più note a livello internazionale.
Secondo le regole della Chiesa cattolica, per la beatificazione occorre che il candidato sia stato autore di un miracolo documentato, e altrettanto avviene per la santificazione.
Nel caso di Madre Teresa si tratta in entrambi i casi di stupefacenti miracoli a distanza: era stata beatificata da Karol Wojtyla nel 2003 grazie alla guarigione di tale Monica Besra, una donna indiana che risolse improvvisamente una forma di tubercolosi dopo aver appoggiato sull’addome un’immagine della suora. In base a un’indagine condotta dal governo indiano, il presunto miracolo si è rivelato falso. La donna è stata guarita dalle medicine ricevute in un ospedale, e i medici della struttura dov’è stata curata hanno denunciato pressioni subite dalle suore per tacere.
Per la santificazione è stata invece omologata la guarigione di un brasiliano affetto da un’infezione cerebrale: la moglie avrebbe pregato con un santino di Madre Teresa nelle mani. Quest’anno il miracolato ha raccontato la sua esperienza al meeting di CL a Rimini.
Madre Teresa, trasferitasi in India appena diciottenne, fondò nel 1950 la congregazione delle “Missionarie della carità”, dirigendola con estremo autoritarismo, e due anni dopo aprì un piccolo ospedale da 40 posti letto, il Nirmal Hriday, destinato ai moribondi che venivano respinti dagli ospedali pubblici.
Per quanto possa essere sorprendente, vista l’incredibile quantità di donazioni ricevute, si tratta dell’unica struttura sanitaria costruita da Madre Teresa. Questo ospedale l’ha resa famosa in tutto il mondo, ma ha attirato durissime critiche, provenienti anche da fonti molto autorevoli, inerenti la sua gestione e il trattamento dei malati.
Piuttosto esplicito il settimanale tedesco Stern, che nel 1998 titolò “Madre Teresa, dove sono i tuoi milioni?” I soldi delle donazioni finivano di solito nella costruzione di nuovi conventi, che in genere non forniscono alcuna assistenza alla popolazione ma hanno solo un ruolo di proselitismo.
Le note riviste mediche “Lancet” e “British Medical Journal” hanno puntato l’indice sulle terapie praticate, giudicate assolutamente insufficienti ed inefficaci. Si parlava di scarsa professionalità, diagnosi molto superficiali, carenti condizioni igieniche, riutilizzo di aghi con pericolo di contagio, mancanza di acqua calda, pessima qualità del cibo: «Tra i malati incurabili finivano spesso anche poveracci che sarebbero potuti guarire con le cure appropriate, ma che finivano anche loro per morire a causa delle infezioni e dell’inedia».
Qualche giornalista addirittura ha paragonato i malati di Madre Teresa agli internati nei lager. E “Le Monde” scriveva: «La suorina albanese era interessata a promuovere i suoi disumani principi dottrinali su sventurati moribondi che finivano nel suo ospizio, destinati a non uscirne più e a morire nella sofferenza, giacché la missionaria non permetteva l’uso di antidolorifici”.
Madre Teresa si opponeva esplicitamente alle cure mediche: «Se accetti la sofferenza e la offri a Dio, ti darà gioia. La sofferenza è un grande dono di Dio. Il dolore avvicina a Gesù».
Lei probabilmente era già abbastanza vicina a Gesù, tanto è vero che quando ha avuto bisogno di cure non ha esitato a procurarsele in strutture private di alto livello situate all’estero, come la Mayo Clinic di Jacksonville (Florida).
Uno studio canadese del 2013 parlava di “metodo opinabile nella gestione dei malati, controversa gestione dell’enorme quantità di soldi ricevuti, strani agganci politici”.
Dal punto di vista politico, Madre Teresa si caratterizzava per un assoluto fondamentalismo, e considerava un tradimento le riforme del Concilio vaticano secondo. Ha sempre manifestato posizioni ultraconservatrici: contraria all’aborto, alla contraccezione e al divorzio. E naturalmente «L’Aids è semplicemente una giusta retribuzione per una condotta sessuale impropria».
Nello Gradirà
Pubblicato sul numero 119 (ottobre 2016) dell'edizione cartacea di Senza Soste

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