Sembrano le elezioni europee del 2009(sembra abbiano vinto tutti )o anche in epoche più recenti dove bene o male nessuno o quasi dei candidati sindaco per le amministrative di domenica e per loro i rappresentanti di partito si sia sbilanciato più di tanto sul dire che si abbia perso o vinto,si abbia guadagnato o lasciato per strada qualche voto.
A parte che i numeri ci sono e sono ufficiali,questo primo esito visto che in quasi tutte le più grandi città si tornerà a votare,ha visto un Pd in difficoltà,un centro destra allo sbando dove si è diviso ma che non ha fatto sfracelli altrove,un generale buon risultato del Movimento 5 stelle e la sinistra vera che arranca e che perde consenso laddove fino al giorno prima era attaccata alle vesti del Pd(vedi Milano).
Napoli è un risultato a parte così come Milano dove i due candidati fotocopia si sono visti alla pari per ora,mentre Roma c'è stato un voto di protesta che ha visto la candidata Raggi dei pentastellati staccare di tanto gli altri candidati,con la Meloni fuori dai giochi ma non per molto.
Gli articoli seguenti di Senza Soste(http://www.senzasoste.it/politica/elezioni-amministrative-qualcosa-si-e-rotto-picchiamo-li )e di Infoaut(http://www.infoaut.org/index.php/blog/prima-pagina/item/17193-elezioni-amministrative-battuta-di-arresto-per-il-pd )aiutano ad analizzare meglio il risultato politico che deve anche marcare l'aumento del partito del non voto con percentuali di astensionismo sempre più elevate.
tratto da http://contropiano.org
Nel caos post-primo turno, alcuni cose diventano chiarissime.
a) Renzi prende molte bastonate sui denti, ovunque;
b) Napoli diventa ufficialmente la prima “città derenzizzata”;
c) il Movimento Cinque Stelle sfonda a Roma e Torino;
d) esistono molte Italie, ma la differenza primaria è tra metropoli e provincia;
e) il sistema di potere allineato lungo la filiera Troika-Unione Europea-Renzi-clientele locali non riesce più a convogliare il consenso di una “maggioranza silenziosa”;
f) vere alternative di sistema per ora non ci sono, o possono trovare progressivamente forma solo a partire da quelle alleanze sociali, per quanto disomogenee e vaghe, che si sono chiaramente coagulate in un voto antigovernativo e antidestra.
Al vertice della banda renziana hanno decisamente ragione ad essere fortemente preoccupati. Si è rotto il presunto incantesimo che doveva elevare Matteo Renzi assolutamente al di sopra della scena politica nazionale. La forza del contafrottole di Rignano sull’Arno sta tutta nel monopolio dei media mainstream (la coalizione dei loro proprietari), schierati a suo sostegno dalla filiera di comando multinazionale. Ma non ha più presa efficace su una coalizione sociale interclassista, com’era stato solo due anni fa, in grado di sostenere credibilmente un rovesciamento costituente e reazionario condensato nelle “riforme” di questo governo.
Il contenimento dei danni non è riuscito. Il “patto del Nazareno 2.0”, a Roma, riuscirà a portare Giachetti al ballottaggio, ma il distacco dalla pentastellata Raggi è abissale. Berlusconi ha smontato consapevolmente il vecchio centrodestra, convogliando le sue clientele sul candidato Pd molto più che sul “palazzinaro di bella presenza” che ufficialmente sosteneva. L’obiettivo sembrava già da mesi chiarissimo: concentrare le forze malate del vecchio potere capitolino per provare a stoppare, al ballottaggio, l’ascesa della “forza antisistema”, pur priva di qualsiasi progetto che vada oltre il minimo sindacale dell’”onestà”, dopo l’abisso svelato da mafia capitale (curioso come, sui media di regime, l’espressione sia scomparsa a favore di una colpevolizzazione del solo Ignazio Marino).
Un disegno razionale, perché è certamente più facile dirottare sul candidato renziano i voti delle clientele di destra che non portare su una fascista come Meloni parti consistenti del residuo voto d’opinione che si considera “progressista” e moderato. Ma è un disegno paradossalmente indebolito proprio dalle politiche di taglio della spesa pubblica (lungo la filiera che si articola dalla Ue fino alle città), che riducono ai minimi termini i margini di bilancio con cui nutrire proprio le clientele, le “cooperative” e gli interessi da subappalto.
Napoli esibisce una coalizione sociale vera, opposta e vincente. Una vera e propria speranza di disarticolazione generale del sistema dominante, sul piano politico e sociale, perché riesce a precisare sempre meglio i contorni di una rivolta dal basso, dalle periferie metropolitane. Anche qui si dimostra come, interrotte le linee di finanziamento che nutrivano clientele e servilismi, diventa impossibile mantenere una consenso elettorale per quanto drogato – tuttora – da voti comprati (a basso prezzo), da minacce e veri e propri brogli, dal voto di scambio.
Torino e Bologna misurano la crisi del sistema di potere in due roccaforti che avrebbero dovuto garantire un rapido disbrigo della pratica elettorale.
L’eccezione italiana è dunque Milano, vera capitale del blocco dominante, con due competitor fotocopia e la sostanziale debolezza dei movimenti sociali (che spiega la debolezza locale delle proposte politiche “antisistema”, e non viceversa).
C’è comunque da tenere nel dovuto conto che le metropoli mostrano una dinamica sociale e politica in rapidissimo movimento, mentre i piccoli centri di provincia – che hanno certamente un peso sul piano nazionale, come massa di voti giostrabili nel referendum di ottobre – vivono logiche assai diverse, frutto di una struttura sociale meno polarizzata sul piano reddituale.
Ma il dato centrale è politico: qualcosa si è rotto nel rapporto tra potere e “popolo”. La presa che sembrava ferrea sull’immaginario e sulla rappresentanza politica si va sfaldando. E la velocità cresce col passare dei mesi. Il vecchio – non è affatto paradossale, Renzi rappresenta proprio questo, nonostante le chiacchiere – sta morendo, ma il nuovo ancora non è nato. Anche se Napoli fa sperare.
Attenzione, però. Nella Storia non si danno “vuoti di potere” che durino a lungo, specie se non ci sono poteri alternativi in grado di sostituire quello declinante. L’antagonismo può giocare la partita solo se smette di pensare nelle dimensioni del cortile e accetta di battersi nella società, in campo aperto, nelle condizioni date e non in quelle che ci piacerebbero. E proprio da Napoli, vogliamo ancora rammentarlo, arriva la lezione del migliore antagonismo oggi esistente. Quello che è in grado di innervare e organizzare settori sociali (non solo “soggettività antagoniste”), di presidiare spazi fisici e politici, di selezionare nuovi protagonisti della politica e di sorvegliare la regolarità del voto, sfruculiando poteri che oggi appaiono assai meno forti di prima.
5 giugno 2016----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Elezioni amministrative: battuta di arresto per il PD.
I risultati delle elezioni amministrative sono una sconfitta per il Partito
Democratico. Sconfitto a Roma e Napoli, crisi pesanti a Torino, Bologna e
Milano. Ora dal PD si affrettano a dire che, rispetto a queste elezioni
amministrative, saranno più importanti i risultati del referendum costituzionale
in autunno (su cui, a quanto pare, si giocano le dimissioni). D'altronde è una
compagine politica che si basa sulla gestione dell'immagine come tecnica di
governo. Tuttavia questi risultati sono una pesante battuta di arresto al
cammino, apparentemente trionfale, del progetto di partito della nazione
immaginato dal PD renziano.
Nei mesi di campagna elettorale i media sono
stati apertamente schierati a sostegno del partito di governo oscurando
qualunque voce differente e attaccando sistematicamente chiunque riuscisse a
fare trapelare contestazioni o critica. I contemporanei attacchi incrociati
della magistratura (che persegue il proprio specifico interesse) sembravano
poter far particolarmente male ad un M5s in loop sulla retorica dell'onestà. La
disintegrazione della destra sembrava aver consegnato al PD l'egemonia come polo
liberale e moderato. Nonostante questo, oggi, il progetto renziano si ritrova
più debole. L'attacco al ceto medio con il Salva Banche ha pesato su una
composizione sociale per lo più orientata verso una voto PD. Così come le
situazioni diventate pubbliche in cui il PD ha funzionato da comitato di affari
per imprenditori amici e faccendieri hanno contribuito ad offuscare l'immagine
positiva ed efficiente voluta dal premier.
Le promesse del Jobs Act, della Garanzia giovani,
dei grandi eventi, dello Sblocca Italia hanno prodotto effetti di ritorno di
immagine (la speranza nell'uscita dalla crisi) per il governo solo sul
brevissimo periodo (l'Italia riparte). Nella maggior parte dei casi si verifica
che si è trattato di provvedimenti di facciata o di sostegno a grandi interessi
economici.
Sul piano locale le amministrazioni PD si sono
distinte per aver gestito le città nel nome "dell'ordine" e per l'incapacità di
offrire risposte ai bisogni delle persone. La retorica del nuovo si è
concretizzata in tagli, corruzione e manganelli. Anche qua difficile tirare per
le lunghe l'illusione dei grandi eventi/grandi opere e delle smart city.
Il dato dell'astensione è in crescita di diversi
punti percentuali rispetto alle tornate elettorali precedenti. Sempre più
persone non vedono il senso del voto per la sfiducia e lo schifo crescenti nella
politica istuzionale.
Napoli: Luigi De Magistris
chiude il primo turno al 42,5%, mentre il candidato PD non arriva neanche al
ballottaggio superato da quello della destra. Le comparsate (sempre contestate
dalle piazze) di Renzi a Napoli a poco sono servite.
Roma: Grande, annunciato,
fallimento per il PD. Virginia Raggi - m5s è in testa con un solido vantaggio --
35,4% contro 24,8% del PD Giacchetti. Il M5S diventa il primo partito. Il Pd si
è sudato fino all'ultimo voto la possibilità di arrivare al ballottagio,
tallonato da Fratelli d'Italia con Giorgia Meloni. Mafia Capitale, l'affare
Marino e le conseguenti scelte scomposte (o interessate, a seconda dei casi) dei
partiti hanno sicuramente pesato su questo risultato.
Torino: insieme a Roma, l'altro
grosso schiaffo in faccia al PD. Fassino-PD al 41,9%, Appendino M5S 30,9%. Nel
capoluogo piemontese non si andava al ballottaggio per le elezioni
amministrative da 15 anni (di incontrastato potere PD/ds). Nella città il cui il
sistema politica-affari-magistratura ha trovato il massimo dell'integrazione
intorno agli intrecci PD, Compagnia di San Paolo e ex-FIAT qualcosa scricchiola.
Parliamo della città più impoverita del nord italia, dove il conflitto sociale è
stato gestito esclusivamente con il manganello e con la pesante repressione
giudiziaria degli oppositori politici. Questo ballottaggio ha il sapore del
fallimento per il PD.
Bologna: un'altra città in cui
il PD soffre e perde terreno (5 punti) rispetto al passato. Il 39,5% del
candidato Merola è un altro fallimento. Il ballottaggio, come previsto, sarà con
la destra guidata dalla candidata leghista. Mentre va a picco l''affluenza
complessiva (-12% rispetto alla tornata precedente), soffrono anche i partiti
che si sono erti come alternativi al potere Democratico, a partire dalla Lega
che va al ballottaggio ma riscontra 2000 voti in meno rispetto al 2012, con il
Movimento 5 Stelle che si attesta invece distante dalla coalizione guidata dalla
Bergonzoni, al 16%, quando le aspettative per questa formaizione la vedevano
come possibile concorrente per il ballottaggio. Dunque, se da una parte Merola e
i suoi incassano una clamorosa perdita di consenso, gli altri principali partiti
registrano ugualmente una evidente emorragia di voti: stessa sorte a sinistra
(coalizione Civica e la lista civica guidata da Amelia Frascaroli, ex assessore
al welfare) che perde complessivamente tremila voti rispetto al precedente
risultato ottenuto da Sinistra Ecologia e Libertà. Per il ballottaggio si aprono
le danze tra chi appoggerà l'attuale sindaco,e si fa strada una ipotesi di
coalizione PD - Manes Bernardini (NCD, ex-Lega Nord, che ha ottenuto il 10% di
preferenze). nella città felsinea, a fronte di una campagna elettorale
altamente sterile, all'indomamni del voto aleggia forte la sensazione di una
incapacità di presa ormai cronica su una grossa fetta di potenziali elettori,
che non vedono nelle opzioni partitiche soluzioni credibili per una
amministrazione soddisfacente della città metropolitana.
Milano: altra delusione per il
PD, dove la ricetta di destra con il candidato Sala (41,7%) non convince la
borghesia milanese che di fronte alla copia sostiene ancora in larga parte
l'originale: il condidato di destra Parisi (40,8%). I due uomini di Expo
andranno al ballottaggio.
seguiranno maggiori aggiornamenti...
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