Sono passati esattamente settant'anni dall'inizio del processo di Norimberga che si concluse,almeno la sua prima parte più famosa con alla sbarra i principali criminali di guerra nazisti,il primo ottobre dell'anno successivo.
Entrato nella memoria collettiva grazie a film,documentari,foto e libri,questo che è ritenuto ancora oggi il più importante e grande processo collettivo mai celebrato al mondo,diede alle vittime colpite e ai pochi superstiti sopravvissuti,una giustizia dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Norimberga era una città simbolo per i nazisti,e qui si processarono le leadership delle organizzazioni tedesche più famose e letali come le SS e la Gestapo,per crimini di guerra,contro l'umanità,per crimini contro la pace e per aver pianificato,iniziato e portato a termine guerre di aggressione.
Durante l'arco di durata che fu di quasi un anno alcuni imputati si suicidarono,pochi si pentirono,molti non dimostrarono di avere coscienza di quello che avevano compiuto e tanti cercarono di difendersi rispondendo alle accuse con l'essere stati ligi ai comandi.
Persone cui ai tempi e anche ora stanno bene ammazzate o in galera per decenni o per tutta la vita come Bormann,Frank,Goring,Hess,Keitel,Von Ribbentrop,Rosemberg e Speer erano i protagonisti del processo assieme ai giudici,i sostituti e i procuratori statunitensi,britannici,francesi e sovietici che gestirono e organizzarono tutti quei mesi di lavoro.
In Italia,come disse Churchill,non ci fu bisogno di una Norimberga dopo l'uccisione di Mussolini,ed infatti i capi del fascismo italiano che scamparono la morte dopo un periodo di inibizione tornarono a fare politica o furono messi a capo dell'esercito e della polizia,ma questa è un'altra storia.
70 anni fa il processo di Norimberga.
Il 20 novembre 1945 iniziava a Norimberga “il più grande processo della storia”: 24 gerarchi nazisti vennero chiamati a rispondere di cospirazione, crimini contro la pace, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Tra loro non c’erano Hitler, Göbbels e Himmler, che si erano suicidati pochi mesi prima.
A giudicare gli imputati fu un tribunale militare internazionale presieduto dal britannico Lord Geoffrey Lawrence e composto da 8 giudici, due per ognuna delle potenze alleate. I russi avrebbero voluto celebrare il processo a Berlino, ma nella capitale rasa al suolo non c’erano edifici adatti. Fu scelta Norimberga sia perché erano rimasti in piedi il palazzo di giustizia e l’adiacente prigione, sia per motivi simbolici: la città dove si erano svolte le più imponenti parate naziste sarebbe stata anche il teatro dell’ultimo atto del regime. Stahmer, l’avvocato di Göring, alla prima udienza espose le sue tesi difensive: “Ciò che questo tribunale vuol fare è applicare una legge nuova a fatti accaduti in precedenza. La legge, per un principio universale, non può avere valore retroattivo. Del resto non esiste un diritto penale internazionale e i giudici che emetteranno la sentenza sono scelti unicamente tra i vincitori”. Le accuse in realtà erano supportate da diversi trattati internazionali preesistenti, come le convenzioni dell’Aja e di Ginevra.
Furono ascoltati 350 testimoni, messe agli atti 200mila dichiarazioni giurate ed esaminati 100mila documenti. Vennero proiettati i filmati girati nei lager dopo la liberazione, che provocarono uno shock enorme nell’opinione pubblica mondiale: gli orrori del nazismo venivano alla luce in tutta la loro mostruosità. Il processo si concluse il 30 settembre 1946 e il giorno dopo fu pronunciata la sentenza: dodici condanne a morte (Bormann in contumacia), tre all’ergastolo (Hess, Frische, Raeder), quattro a pesanti pene detentive (Speer, Von Schirach, Neurath e Dönitz) e tre assoluzioni (Papen, Fritzsche e Schacht). Le esecuzioni ebbero luogo nelle prime ore del 16 ottobre. Nell’ordine furono impiccati Von Ribbentrop, Keitel, Kaltenbrunner, Rosenberg, Frank, Frick, Streicher, Sauchel, Jodl e Seyss- Inquart. Göring preferì suicidarsi con una capsula di cianuro la cui provenienza non è mai stata chiarita. I corpi furono cremati nei forni del lager di Dachau, messi in funzione per l’ultima volta, e le ceneri disperse in un fiume.
Oltre al processo principale, a Norimberga se ne svolsero altri 12 a carico di funzionari del regime che si chiusero con 24 condanne a morte e varie pene detentive. Negli altri paesi sconfitti non vi fu una Norimberga: Churchill ebbe a dire che in Italia l’esecuzione di Mussolini aveva chiuso il discorso, mentre in Giappone, anche se i più noti criminali di guerra vennero condannati, l’imperatore Hirohito fu lasciato sul trono fino alla morte (1989). L’epurazione lasciò quasi intatti gli apparati burocratici dei paesi sconfitti: ormai la guerra fredda era iniziata e anche i vecchi arnesi del nazifascismo facevano comodo in chiave anticomunista. A distanza di 70 anni dal processo la questione della legittimità del tribunale continua a rappresentare il principale argomento di polemica. E se si cercano in rete materiali su questo tema è inquietante notare che prevalgono le tesi revisioniste e filo-naziste.
Un tribunale penale internazionale espressione delle Nazioni Unite (rifondate nel giugno del 1945) avrebbe certamente avuto molta più credibilità di giudici nominati dalle potenze vincitrici, le quali non erano certo inattaccabili sul piano dei crimini di guerra e dei diritti umani. Uno dei giudici russi, Iona Nikitchenko, negli anni ’30 aveva pronunciato le sentenze di morte delle purghe staliniane. Britannici e francesi continuavano a dominare i loro imperi coloniali con il pugno di ferro, e all’inizio del processo erano passati poco più di tre mesi dall’olocausto nucleare di Hiroshima e Nagasaki. Cinicamente, l’ex presidente statunitense Truman nel 1971 dichiarerà che per il mantenimento degli equilibri internazionali il bombardamento atomico delle due città era stato molto più utile del processo di Norimberga. Agli Usa interessava una supremazia basata sulle armi, non sui principi etici. Con i gerarchi nazisti avrebbero dovuto scomparire per sempre anche le guerre di sterminio in nome di una “razza superiore”. Neanche mezzo secolo dopo, in quella stessa Europa che continua a definirsi la culla della civiltà, sarebbe tornato l’orrore della “pulizia etnica”.
Nello Gradirà
Pubblicato sul numero 109 (novembre 2015) dell'edizione cartacea di Senza Soste
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