martedì 1 dicembre 2015

L'OMICIDIO POLITICO DELL'AVVOCATO TAHIR ERCI

I due contributi presi rispettivamente da Infoaut e Senza Soste parlano della Turchia ormai al centro dell'attenzione strategica nella lotta per e contro il terrorismo,e narra la storia di tre persone che hanno dato molto per la verità e la libertà in un paese dove questo è ancora un tabù e che hanno dato tanto in termini propri.
Addirittura la propria vita il famoso avvocato Tahur Elci,alla guida degli avvocati locali del sud-est della Turchia,proprio nella zona dove i curdi sono la maggioranza:durante un comizio è stato assassinato mentre era impegnato a parlare ancora del suo popolo a Diyarbakir,la capitale non riconosciuta della nazione curda.
Era uscito da un mese dal carcere dove vi era finito per aver detto che il Pkk era un'organizzazione politica armata e non un gruppo terrorista,e per questo fu arrestato in diretta televisiva e gli erano già stati comminati sette anni e mezzo di reclusione.
Ieri invece ad Istanbul e ad Ankara sono stati arrestati due giornalisti del quotidiano Cumhuriyet,il caporedattore Can Dundar e il corrispondente dalla capitale Erdem Gul rei di aver scoperto con una loro inchiesta un traffico di forniture militari dalla Turchia all'Isis tramite i ribelli anti Assad in Siria,rischiando ora l'ergastolo.
Filo conduttore dei due fatti che hanno sollevato manifestazioni e tensioni ad Istanbul ed in Kurdistan naturalmente il Erdogan che oltre a smentire le sue colpe parla di maggior contrasto al terrorismo mentre lo arricchisce costantemente.

Diyarbakir, assassinato Tahir Elci, avvocato al fianco del popolo curdo.

Prosegue la guerra permanente dichiarata dallo stato turco ai curdi. Questa volta è stata il turno dell'uccisione di Tahir Elci, uno dei più importanti avvocati al fianco del popolo curdo, freddato in un agguato da diversi colpi di pistola. Le dichiarazione ironiche di Erdogan, che parla di “necessità ancora più forte di proseguire la battaglia con il terrorismo”, nascondono a stento una realtà evidente di commissione dai parte dei servizi segreti di Ankara dell'omicidio.

Proprio mentre le tensioni tra Russia e Turchia si innalzano ulteriormente, dopo l'abbattimento del jet russo e le parole di Putin che ha ribadito come la Turchia sostenga attivamente l'Isis acquistandone il greggio, Erdogan sembra voler proseguire e intensificare la sua azione contro la popolazione curda sfruttando il momento di innalzamento delle tensioni internazionali per regolare anche i conti all'interno del paese.

Tahir Elci è caduto durante un comizio a Diyarbakir, città nella quale è stato dichiarato il coprifuoco. A guida dell'associazione degli avvocati locali (sud-est della Turchia) era stato rilasciato dal carcere appena un mese fa, dopo aver subito un arresto per dichiarato in diretta televisiva di non ritenere il PKK un'organizzazione terroristica, ma un'organizzazione politica armata con grande seguito popolare.

Nell'occasione gli erano stati comminati sette anni e mezzo di carcere, ma questi evidentemente non bastavano come pena agli occhi di chi ha voluto togliergli la vita. Nel suo ultimo discorso prima di essere assassinato, Elci sottolineava le violenze dell'esercito turco a Diyarbakir, portate soprattutto nei confronti dei civili in un vero e proprio scenario di guerra creato dall'esercito turco nei confronti della resistenza curda.

L'Hdp di Demirtas ha immediatamente parlato di “omicidio politico”, mentre immediatamente a Istanbul veniva convocato un presidio per rispondere all'assassinio. Presidio che è stato caricato dalla polizia ancora una volta decisa a criminalizzare e a non lasciare alcuno spazio di agibilità politica a chi sostiene la causa curda; la polizia ha anche aperto il fuoco sui manifestanti che nel quartiere Sur di Diyarbakir si erano radunati in migliaia davanti all'ospedale dove è stata portata la salma per l'autopsia.

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Erdogan fa arrestare due giornalisti. Avevano denunciato le forniture militari turche all’Isis.

Il caporedattore Can Dundar e il suo collega responsabile dell’ufficio di Ankara Erdem Gul, accusati di spionaggio, terrorismo e divulgazione di segreti di Stato, rischiano fino all’ergastolo. Il caso riguarda un servizio del 2014 su un carico di armi fermo alla frontiera con la Siria, e destinato alle milizie dell’opposizione anti-Assad
Erdogan l’aveva promesso: “La pagherà cara”. E il tempismo, a pochi giorni dall’abbattimento del jet russo da parte dell’aviazione turca per una violazione del suo spazio aereo di pochi minuti, non è casuale. Can Dundar, caporedattore del quotidiano Cumhuriyet, assieme al suo collega responsabile dell’ufficio di Ankara Erdem Gul, sono stati arrestati e incriminati per spionaggio, “divulgazione di segreti di stato” e “appartenenza a un’organizzazione terroristica”. Il caso riguarda un servizio del 2014 su un carico di armi fermo alla frontiera con la Siria, e destinato alle milizie dell’opposizione anti-Assad.
Secondo quanto rivelato dal quotidiano, nel gennaio 2014 le forze si sicurezza turche avevano intercettato un convoglio di camion fermi alla frontiera siriana. Dopo aver mostrato il contenuto delle casse – armi e munizioni – in un video, il quotidiano aveva rivelato che fossero destinate ai ribelli siriani. Era già da qualche anno che la Turchia veniva accusata di fornire armi alle formazioni islamiste della guerra civile siriana, con denunce di passaggi di frontiera da parte dei miliziani e contrabbando di ogni genere necessario alla guerriglia con la complicità delle autorità turche. Ma il convoglio sequestrato, collegato all’Organizzazione Nazionale di Intelligence Turca (MIT), era una prova schiacciante nei confronti di Ankara.
Diffuso nel maggio del 2014, il servizio aveva causato un polverone politico proprio a poche settimane dalle elezioni presidenziali. L’allora primo ministro Erdogan, furioso, aveva presentato egli stesso una denuncia penale contro Dundar, considerato uno dei più importanti giornalisti del panorama editoriale turco. Chiedendo per lui “sentenze multiple”, Erdogan aveva promesso che Dundar l’avrebbe “pagata cara”. E ieri il mandato d’arresto è arrivato: tre capi di imputazione differenti, per sentenze che vanno dai 10 anni all’ergastolo: secondo la legge turca, l’appartenenza a un’organizzazione terroristica è punita con 10 anni di prigione, mentre una condanna per spionaggio fino a 20 anni. Rivelare documenti governativi riservati, però, porta alla pena più grave di tutte, il carcere a vita.
Ieri un migliaio di persone si sono radunate di fronte agli uffici di Cumhuriyet a Istanbul, protestando contro l’arresto dei due cronisti e cantando slogan come “Tayyip ladro, Tayyip bugiardo, Tayyip assassino” e “fianco a fianco contro il fascismo”, mentre Dundar, trasportato nel carcere di Silivri rassicurava i suoi sostenitori dicendo “non preoccupatevi, queste sono medaglie d’onore per noi”. “E’ un giorno nero per la democrazia e per le libertà” ha detto Kemal Kılıçdaroğlu, leader del Partito popolare repubblicano (CHP), mentre il suo vice Mahmut Tanal ha tacciato la mossa di “colpo di stato” contro la stampa, dichiarando che “avviare un’indagine e ordinare l’arresto di due giornalisti con ordini speciali è massacrare la legge”.
La vicenda segna un nuovo colpo ben assestato alla stampa libera, in un paese sempre più impegnato a perseguitare gli oppositori e a reprimere i diritti umani fondamentali, come da anni denunciano giornalisti, attivisti e organizzazioni internazionali: qualche settimana fa anche la Commissione Europea aveva richiamato il governo turco per il suo uso controverso della magistratura, sempre più utilizzata per fini politici più che giudiziari. Nena News

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