Ma mentre il governo che ieri tramite il ministro dell'ambiente Galletti elargirà dodici milioni di Euro per affrontare questa priorità,si parla di provvedimenti restrittivi soltanto per due voci elencate qui sopra,le auto e l'utilizzo di caldaie e camini,mentre non si pone il problema degli inceneritori,o dei termovalorizzatori che fa più chic,che sono oltre che la causa di migliaia di morti e di malattie croniche(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2015/09/i-dati-arpa-sullaumento-di-malattie.html ),anche dei primi attori tra chi contribuisce a questa pessima qualità dell'aria.
Oltre alle soluzioni tappa buchi dell'esecutivo i soliti sbruffoni della politica spettacolo(Grillo,Salvini,Berlusconi tra gli altri)parlano di situazione provocata da anni di lassismo politico,proprio quando almeno gli ultimi due governavano,e di scelte progettuali sbagliate,e su qui non ci piove.
L'incentivo all'utilizzo degli inceneritori è proprio uno dei cavalli di battaglia del Pd,che per inciso a Cremona ha preso per il culo migliaia di persone durante l'ultima campagna elettorale,ma i peggiori politicamente parlando sono gli adepti del Movimento 5 stelle che chissà negli anni precedenti dov'erano,sono nati politicamente solo qualche anno fa e prima non avevano problemi a sputtanare l'ambiente e non avevano mai votato nessuno in vita loro?
Come detto prima la politica dei proclami e del preoccuparsi dell'ambiente e della natura,che di riflesso condizionano totalmente la nostra salute,arriva solamente quando il danno è stato provocato ed è difficile porre una soluzione almeno a breve termine.
Con le scelte di ieri verranno penalizzate ancora le classi più deboli che dovranno pagare e caro il fatto di dove cambiare caldaie che consumano troppo e male(ma almeno qui potrebbe entrare in gioco il fattore sicurezza)e che dovranno rottamare coattamente le proprie vecchie auto,che presumibilmente non hanno ancora cambiato perché non se ne possono permettere una nuova.
Smog: 25.000 morti ogni anno per le polveri sottili.
Aria tossica e
inquinanti alla stelle in tutto il Paese con Comuni e Regioni, come di consuetudine, che si muovono in ordine sparso,
firmano divieti nel tentativo di arginare l’emergenza smog. A Roma, ad
esempio, si viaggia a targhe alterne oggi e domani. A Milano il Comune ha
deliberato 3 giorni di blocco totale del traffico da oggi fino al 30 dicembre
dalle dalle 10 alle 16. Il sindaco Giuliano Pisapia parla di «un passo
coraggioso mai fatto in precedenza». E anche se il leader della Lega Matteo
Salvini parla di «una cazzata.. che non risolve i problemi» gli studi dell’Arpa
(Agenzia della Regione Lombardia) risponde Pisapia dicono che il blocco totale è
l’unico strumento che abbia una qualche efficacia.
Il Governo intanto ha convocato un vertice d’emergenza per mercoledì 30 per fare fronte all’inquinamento. Una riunione per coordinare gli interventi. Sono stati invitati i presidenti di Regione, i sindaci dei grandi centri urbani e il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio. «L’emergenza smog che si sta verificando in molte grandi città italiane può durare ancora molto» ha spiegato Galletti, quindi «la nostra risposta deve essere coordinata e “di sistema”, non in ordine sparso».
Il presidente di Regione Lombardia Roberto Maroni ha invece convocato per le 18.30 di oggi al Pirellone un Tavolo di coordinamento con i vertici di Anci Lombardia e con le altre principali istituzioni. Lo scopo è dare un ordine all’azione dei comuni lombardi sulle iniziative antismog e valutare il coordinamento delle altre Regioni della pianura Padana.
Ma con l’allarme si moltiplicano le polemiche. Tra i primi a sollevare le critiche è il leader del Movimento 5 stelle, Beppe Grillo, che dal suo blog in un post dal titolo “Morti di guerra in tempo di pace”: scrive “Il 2015 si chiuderà secondo l’Istat con 68mila morti in più rispetto al 2014. Come ai tempi delle grandi guerre e attacca, “premier e ministri sono una sciagura per il Paese, non si rendono conto di ciò che accade nel Paese. Litigano per mezzo punto percentuale di Pil e fanno decreti lampo di domenica per salvare le banche mentre passeggiano incuranti sui cadaveri di 68mila italiani che non hanno saputo proteggere”.
I Verdi si rivolgono invece al commissario straordinario di Roma Francesco Paolo Tronca: “Snocciolando i dati dei livelli delle polveri sottili PM10 nella capitale sembra di leggere un bollettino di guerra” afferma il portavoce dei Verdi di Roma Gianfranco Mascia. “Non capiamo perché il responsabile della salute dei cittadini, il facente funzioni di Sindaco Commissario Straordinario Tronca, non voglia prendere quei drastici provvedimenti che servono a bloccare l’inquinamento da polveri sottili”.
Intanto arrivano impietosi i dati diffusi dal progetto VIIAS. Nel 2015 si sarebbero potute salvare 11mila vite umane se i limiti di legge sulle Pm10 e Pm2.5 fossero stati rispettati e di 14 mila per NO2 (diossido di azoto ): 25 mila cittadini italiani oggi sarebbero in vita se la legge fosse stata rispettata: questi sono i dati del dipartimento epidemiologia inseriti nel progetto Viias, valutazione integrata dell’impatto dell’inquinamento sull’ambiente e sulla salute. Sempre secondo questo studio la vita degli italiani si accorcia ogni anno di 10 mesi.
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Rifiuti, in Italia record di inceneritori
L’Italia continua a ignorare la legge che impone la differenziata al 65%. Secondo il Rapporto Rifiuti Urbani 2015 di Ispra in aumento le tonnellate di rifiuti mandati a incenerire. Legambiente: “Nessuno vuole i termovalorizzatori, tranne le grosse multinazionale che hanno investito in questi impianti per fare business”
Elisa Murgese - tratto da http://www.wired.it
L’Italia continua a scegliere i termovalorizzatori, ignora le leggi che lei stessa fa sulla raccolta differenziata e aumenta il carico di rifiuti mandati a incenerire.
Emettono diossine, sono inquinanti. Nessuno vuole i termovalorizzatori suo suo territorio. “Peccato che le grosse multinazionali hanno investito in questi impianti per fare business”, racconta a Wired.it Laura Brambilla, responsabile nazionale Comuni ricicloni per Legambiente. Dati alla mano, secondo il Rapporto Rifiuti Urbani 2015 di Ispra, nonostante una lieve diminuzione dal 2013 al 2014, resta il costante aumento dei rifiuti mandati a incenerire, passati da 3,8 milioni di tonnellate nel 2005 a 5,1 lo scorso anno (+34,8%). Secondo i dati dell’Istituto superiori per la protezione e la ricerca ambientale, sono 44 gli inceneritori per rifiuti urbani attivi nel 2014, la maggior parte dei quali presenti al nord (29 impianti), di cui quasi la metà localizzati in Lombardia. Numeri che l’inchiesta civica partecipata #riciclozero sta cercando di monitorare.
Una mappatura dell’Italia che brucia ideata dalla giornalista Rosy Battaglia e realizzata con la rete di supporto di Cittadini Reattivi, per creare un fermo immagine di impianti attivi, autorizzati e previsti.
“Negli ultimi quattro anni il numero degli inceneritori è leggermente diminuito – precisa a Wired.it Rosanna Laraia, responsabile servizio rifiuti di Ispra – Questo non perché vi è stata un’inversione di tendenza ma solo perché si è chiuso qualche vecchio impianto. Inoltre, la scelta di dismettere alcuni inceneritori non significa che si sia diminuito il quantitativo di rifiuti inceneriti, che invece resta ancora a livelli molto alti”. In Italia, infatti, il 17% dei rifiuti urbani prodotti è mandato nei termovalorizzatori mentre il 31% viene ancora smaltito in discarica. Quasi un 50% tra discariche e inceneritori, quindi, contro il 42% di recupero e riciclaggio. Il ritratto di un’Italia che arranca, se si considera che il Pacchetto rifiuti approvato dal Parlamento Europeo il 2 dicembre chiede agli Stati di ridurre al 10% lo smaltimento in discarica entro il 2030.
“Laddove è presente un termovalorizzatore sul territorio, questo è abbinato a una scarsa raccolta differenziata”. Non ha dubbi Laura Brambilla, la responsabile nazionale Comuni ricicloni, delle ragioni economiche che spingono i Comuni verso discarica e inceneritori. “Si potrebbero almeno smantellare gli impianti obsoleti e invece registriamo richieste di ampliamento e ristrutturazione – continua Brambilla – Se raccogliere in modo differenziato costa molto di più rispetto a incenerire o, ancor peggio, mandare i rifiuti in discarica, allora nessun Comune sarà incentivato a differenziare”. Una situazione aggravata, secondo la rappresentante di Legambiente, dall’assenza di un sistema capace di premiare le amministrazioni green. “Ogni città può scegliere se differenziare i rifiuti o mandarli in discarica senza che vi siano né incentivi né punizioni”. Un meccanismo che sembra ignorare l’obbligo di legge del 65% di differenziata.
“Non si dovrebbe potere scegliere se differenziare o meno, ma la legge è ignorata da quanti dovrebbero fare i controlli – continua la responsabile di Comuni Ricicloni – Grazie a questi mancati controlli, i sindaci non hanno alcun motivo per rendersi ‘antipatici’ ai loro cittadini obbligandoli a mettere i bidoni per differenziare sul loro balcone. Inoltre, nel Mezzogiorno si arriva alle situazioni limite in cui oltre l’80% dei cittadini non pagano la tassa rifiuti. Un contesto di illegalità, dove i Comuni dovrebbero sostenere costi elevatissimi per essere a norma di legge”. Così, mentre le amministrazioni non rispettano l’obbligo a differenziare e i cittadini decidono di non pagare la tasse sui rifiuti, la scelta più praticata resta quella più economica.
Ma se la logica a guidare le amministrazioni resta una pura scelta di risparmio, ecco spiegato perché la percentuale di raccolta differenziata si attesta ancora al 45%. Anche se si nota un aumento di tre punti rispetto al 2013, infatti, l’Italia è in ritardo di sei anni rispetto al conseguimento degli obiettivi che lei stessa si era fissata per il 2008. Ancora all’orizzonte, invece, il traguardo del 65% di riciclata che si sarebbe dovuto raggiungere nel 2012. Risultati che si traduco in una penisola spaccata in due, con il Nord capace di raggiungere il 57% di differenziata e un Mezzogiorno indietro di almeno dieci punti percentuali, con il centro fermo al 41% e il Sud al 31%. Superano l’obiettivo del 65% fissato dalla normativa Veneto e Trentino Alto Adige. Ma se sono ben oltre il 50% anche Friuli Venezia Giulia e Lombardia, le sorelle calabresi e siciliane compensano con un 19 e 12,5%. Pessimi risultati anche in Puglia, Basilicata e Molise, mentre in Campania (48% di differenziata) e Abruzzo (46%) la spinta ecologica appare in grande crescita.
Altro nesso importante tra termovalorizzatori e differenziata, il fatto che gli impianti spesso sono dimensionati su obiettivi di raccolta differenziata inferiori rispetto a quelle previsti per legge. Caso emblematico la Liguria, dove il termovalorizzatore è stato calibrato sull’attuale bassissimo livello di rifiuti differenziati (35%). In altre parole, se la Regione dovesse migliorare i risultati di differenziata, l’impianto avrebbe comunque bisogno dello stesso quantitativo di rifiuti per funzionare. Rifiuti che la Liguria dovrebbe essere costretta a fare arrivare da altre zone d’Italia. Un quadro diverso si registrerebbe se gli impianti fossero calibrati in base all’obiettivo di legge del 65% di differenziata, creando anche una spinta – alle Regioni – per riallinearsi con una norma ormai ignorata. Un panorama che stride ancora di più, visto che “secondo il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti le Regioni che non presenteranno un piano rifiuti concreto dovranno aspettarsi l’arrivo di un nuovo termovalorizzatore”, conclude Brambilla. Per un problema rifiuti che sembra volersi risolvere, ancora una volta, buttando la spazzatura tra le fiamme.
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