Già nel maggio 2001 presso il commissariato di polizia Città Studi in via Cadamosto a Milano era stata esposta una bandiera con la croce celtica(madn che-succede-milano ),ed il bis documentato(chissà cosa rimane di nascosto e di segreto)sempre da un'immagine comparsa nella caserma Baldissera a Firenze recante sul muro un vessillo del secondo Reich(comunque usata da gruppo neonazi)è l'ulteriore prova della vicinanza tra le forze dell'ordine ed i gruppi di estrema destra che escono dalle fogne in tutta Italia.
D'altronde le indagini richieste dalla Pinotti,ministra della difesa e teoricamente al comando di militi,poliziotti e carabinieri,risulterebbero inutili fin dalla partenza in quanto già pronte all'insabbiamento o comunque ad essere eseguite in un clima lavorativo certamente contaminato.
I due articoli,il primo incentrato proprio sul caso fiorentino permeato di falsa ignoranza e d'ipocrisia da vendere in quanto il protagonista non sa o non vuole sapere che la bandiera in questione fa parte dell'ampio e copiato qua e la simbolismo nazifascista(carabiniere-nazista-la-fiera-degli-ipocriti )sono entrambi di Contropiano.
Nel secondo(quegli-aiutini-degli-apparati-ai-fascisti ),tra l'altro,una missiva,un'informativa direttamente dello stesso ministero della Pinotti che nell'aprile 2015 quando era già in carica col governo Renzi,nel quale si da la dritta al Tribunale civile di Roma a trattare con i guanti le teste di merda di Ca$$a Povnd nei vari procedimenti a loro carico in quanto vicini alla popolazione in povertà vittima del degrado,un ulteriore sdoganamento istituzionale che ha permesso l'ultimo mediatico.
Il carabiniere nazista e la fiera degli ipocriti.
di Alessandro Avvisato
L’ipocrisia del potere è sempre intollerabile. Quando poi riguarda l’ideologia con cui vengono nutriti i suoi “difensori armati” la cosa diventa apertamente un incentivo.
La notizia è stata data con l’”ohibò” di prammatica dai media “perbene”: Una bandiera di guerra del Secondo Reich, appesa in una delle stanze della caserma Baldissera di Firenze, che ospita il VI Battaglione carabinieri Toscana e gli uffici del comando regionale. Da sotto la finestra — che corrisponderebbe a quella di una camerata — affacciata sui trafficatissimi viali di circonvallazione, a poche centinaia di metri dal Ponte Vecchio, è bastato attendere il buio per filmare in maniera nitida uno dei simboli utilizzati durante le manifestazioni dai gruppi nazisti e xenofobi di tutta Europa, comprese anche alcune curve estremiste.
Andiamo con ordine, comunque. Non c’è dubbio che lo “scandalo” è stato sollevato da fuori della caserma, da un passante che ha fotografato la bandiera (non uno stemmino o un gagliardetto, insomma una cosa di piccole dimensioni che potrebbe anche passare inosservata). Solo a quel punto è scattata la ricerca del “colpevole” di quello che – per il codice penale italiano in vigore – è un reato: apologia di fascismo. Se un “difensore dell’ordine” non conoscesse la differenza tra un reato e un’opinione sarebbe già grave, perché ci sarebbe da preoccuparsi sulla sua capacità di “far rispettare la legge” (se l’ignora, come fa?).
Ma è fin troppo evidente che non si tratta della goliardata di un singolo carabiniere. «In questa caserma sono di stanza centinaia di carabinieri e alti ufficiali, come è possibile che nessuno si sia accorto di niente?», si domanda Matteo Calì, autore della fotografia. Diciamo dunque che varie centinaia di carabinieri, compresi sottufficiali e ufficiali, hanno visto la bandiera e l’hanno considerata “normale”.
Un singolo carabiniere con simpatie naziste è un problema. Un intero reparto è qualcosa più che inquietante.
Non si può neanche sostenere che ci sia dell’ingenuità. La bandiera del Secondo Reich, infatti, non sarebbe storicamente una bandiera nazista (ovvero del Terzo), ma – come riporta anche il Corriere della Sera – “la bandiera viene utilizzata nelle manifestazioni dei gruppi neonazisti e xenofobi in Germania come nel resto dell’Europa e ha fatto, secondo quanto si dice nel video, la sua comparsa anche in alcune curve di qualche stadio italiano. Spesso è al fianco dei simboli del nazismo, della svastica nera che era il simbolo della Germania di Adolf Hitler, nelle manifestazioni”.
C’è insomma piena consapevolezza che esporre la bandiera del Terzo Reich è un reato, dunque si ripiega su quella del Secondo per “sminuire” la portata dell’eventuale contestazione (che avrebbe doverosi risvolti penali). Le simpatie naziste vengono insomma appena appena velate dalla simbologia di Cecco Beppe.
Sono ovviamente seguite le prese di posizione indignate, tipo la ministra della Difesa, Roberta Pinotti, che ci ha tenuto a far sapere di aver “già chiesto al Comandante generale Tullio Del Sette — ha concluso Pinotti — chiarimenti rapidi e provvedimenti rigorosi verso i responsabili di un gesto cosi vergognoso”.
Il problema è però che tutti omettono di ricordare che si tratta solo dell’ennesimo caso del genere. A Milano, a febbraio di quest’anno, era successa la stessa cosa. E lì avevano avuto persino la faccia tosta di sostenere che si trattava di “un reperto di sequestro” (il che, tecnicamente, aggrava il reato, perché dichiari sapere che lo stavi commettendo).
Siccome non siamo ingenui e ricordiamo tutto, al contrario della stampa mainstream, vorremmo far scorrere il film che inizia subito dopo la Liberazione e arriva ai nostri giorni. Ossia dalla scelta – democristiana e statunitense – di mettere alla guida delle Scuole di formazione della polizia italiana Guido Leto. Che poteva vantare un curriculum criminale – capo della polizia segreta fascista, nel Ventennio – sufficiente a decretarne la condanna a morte, come un Eichmann o un Goering qualsiasi.
Qui no. La “continuità dell’apparato statale”, dal fascismo ad oggi, è tale da non consentire a nessuno di “sorprendersi” nello scoprire che una buona fetta del personale delle cosiddette “forze dell’ordine” è ideologicamente fascista. Glielo insegnano fin dal reclutamento…
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Quegli “aiutini” degli apparati di Stato ai fascisti.
di Federico Rucco
(che aveva acquisito la siciliana Banca Nuova ed ora è stata acquisita da Banca Intesa) ci sono i conti correnti dei servizi segreti (L’Aisi in particolare) adibiti a pagare i bonifici per “giornalisti, conduttori di programmi di informazione e intrattenimento su televisione pubbliche e private”.
La domanda che sorge spontanea è: c’è una relazione tra questa attività di “influenza” dei servizi segreti sui media e il fatto che i fascisti negli ultimi mesi siano stati così amplificati e sdoganati sulle televisioni pubbliche e private?
La risposta a questa domanda richiederebbe di conoscere i nomi e i cognomi dei giornalisti e dei conduttori televisivi che hanno ricevuto i soldi dai servizi segreti. In secondo luogo diventa decisivo sapere il “perchè” e per “fare cosa” i servizi segreti hanno pagato gli operatori dei mass media.
Ma per cercare di definire un contesto di questa operazione di “influenza” sulla società, occorre riconnettere tra loro diversi pezzi che, letti separatamente, non rendono l’idea di una operazione in corso negli ultimi tre anni.
Qual’è l’obiettivo di questa operazione che, a nostro avviso, ha tra i suoi ideologi e sponsor gli apparati dello Stato? L’obiettivo sta diventando piuttosto evidente. Per esempio veicolare l’idea che il crescente disagio sociale possa e debba esprimersi politicamente solo attraverso i gruppi neofascisti, negando, omettendo e ostacolando (anche con la repressione preventiva del modello Minniti) ogni altra possibilità di espressione politica riconosciuta e riconoscibile nelle forze della sinistra antagonista.
Chi ha il mandato istituzionale di garantire “la sicurezza”, ha ben chiaro quale sia e quanto sia esplosiva la situazione sociale nel paese. Il recente rapporto della Commissione parlamentare sulle periferie, ad esempio, ci restituisce il dato di almeno quindici milioni di persone che vivono nelle periferie delle aree metropolitane e dei centri urbani in condizioni di crescente impoverimento, degrado ed esclusione sociale.
Le scelte dei governi che si sono succeduti e si succederanno, sono consapevolmente mirate ad acutizzare e cristallizzare questo enorme disagio sociale (con qualche palliativo come la truffa della Rei che rende permanente lo stato di povertà invece di combatterlo), ma ne temono le conseguenze e le possibilità di ricomposizione politica sul piano dei conflitto di classe.
Negli anni scorsi abbiamo segnalato con forza come in una delle relazioni annuali dei servizi segreti al Parlamento, venisse sottolineata la loro preoccupazione per il successo “politico” manifestatosi con le due giornate di lotta del 18 e 19 ottobre 2013 (sciopero generale dei sindacati di base e manifestazione di massa insieme ai movimenti sociali e alle organizzazioni politiche) e la successiva soddisfazione per il fallimento del risultato politico che si era palesato.
Nelle relazioni dei servizi segreti, quando il disagio sociale viene organizzato da forze della sinistra antagonista si parla di “strumentalizzazione dei problemi sociali”. Ma la visione cambia radicalmente quando il medesimo disagio sociale viene invece espresso dai gruppi neofascisti.
Assistiamo così dal 2011 in poi ad una costruzione politica e mediatica del ruolo e dei gruppi neofascisti priva di ogni allarme (riservato e amplificato invece nei confronti dei movimenti di sinistra).
Nella relazione presentata dai servizi segreti nel febbraio del 2017, riferendosi ai gruppi fascisti si scrive che: “Le formazioni più rappresentative, che ambiscono a un accreditamento elettorale, hanno incentrato l’attività propagandistica, rivolta soprattutto ai contesti giovanili e alle fasce sociali più disagiate, su argomenti di richiamo come la sicurezza nelle periferie degradate dei centri urbani, le problematiche economico-abitative “degli italiani” e l’occupazione”.
Ed ancora si sottolinea che: “In particolare l’emergenza migratoria, ritenuta tra i temi più remunerativi in termini di visibilità e consensi, ha ricoperto un ruolo centrale nelle strategie politiche delle principali organizzazioni che, nel tentativo di cavalcare in modo strumentale il fenomeno, facendo leva sul malessere della popolazione maggiormente colpita dalla congiuntura economica e dalla contrazione del welfare, hanno sviluppato un’articolata campagna propagandistica e contestativa (manifestazioni, presidi, attacchinaggi, flash mob) contro migranti e strutture pubbliche e private destinate all’accoglienza, influenzando indirettamente anche la costituzione di “comitati cittadini” di protesta.
Insomma i fascisti vengono dipinti più o meno come degli attivisti sociali attenti ai problemi degli “italiani” impoveriti dalla crisi. Certo qui e là ci sono delle “scappatelle” come la caccia ai bengalesi nei banglatour dei giovani di Forza Nuova a Roma, lo squadrismo sistematico nelle città del Nordest, i gruppi paramilitari beccati in Liguria e Abruzzo. Viene accuratamente evitato di segnalare le ripetute ed evidenti connessioni tra gli ambienti neofascisti e la malavita (a Roma sicuramente, ma non solo).
Di tutto questo però non vi è mai traccia nella striminzita paginetta dedicata ai fascisti (rispetto alle 12 dedicate alla sinistra) nelle relazioni sulla sicurezza del paese che i servizi segreti presentano al Parlamento.
Ma la ciliegina sulla torta l’ha segnalata a gennaio 2016 fa il sito Insorgenze.net, rivelando un documento riservato del ministero degli Interni, in cui lo sdoganamento dei fascisti come “bravi raagazzi” viene scritto nero su bianco in una informativa. La prosa del documento, sottolinea giustamente Insorgenze. Net, appare del tutto inusuale per una nota informativa degli organismi di polizia, e lascia trasparire una chiara empatia, quasi una sorta di compiacimento che rasenta l’agiografia quando si valorizzano le capacità politiche del gruppo (Casa Pound, ndr) “facilitato nella concomitante crisi delle compagini della destra radicale e dalla creazione di ampi spazi politici che Casa Pound è pronta ad occupare”.
La stessa nota informativa del Ministero degli Interni si sbrodola quando descrive “l’impegno primario di Casa Pound volto alla tutela delle fasce deboli attraverso la richiesta alle amministrazioni locali di assegnazioni di immobili alle famiglie indigenti, l’occupazione di immobili in disuso, la segnalazione dello stato di degrado delle strutture pubbliche per la riqualificazione e la promozione del progetto Mutuo Sociale”. C’è da rimanere allibiti di fronte al fatto che la stessa attività di rivendicazione, occupazione di immobili in disuso, segnalazione del degrado di strutture pubbliche, quando viene condotta da movimenti di sinistra venga criminalizzata e repressa senza alcuna remora.
Per dare una idea e fare i dovuti confronti, oggi La Stampa ci racconta che, secondo il Viminale, dal 2011 al 2016 contro i fascisti ci sono stati “10 arresti e 240 deferimenti all’autorità giudiziaria”. Nello stesso periodo contro i militanti e attivisti della sinistra ci sono stati 852 arresti; 15.602 denunce; 385 fogli di via; 221 decreti di sorveglianza speciale; 139 obblighi di firma; 71 obblighi di dimora, in larghissima parte per reati legati a lotte sociali, sindacali, ambientali, antimilitariste cioè picchetti antisfratto, occupazioni di case, blocchi stradali, picchetti, sostegno a immigrati e rifugiati, manifestazioni No Tav, No Muos e contro la militarizzazione in Sardegna. Una bella differenza no?
In compenso i rarissimi casi di azioni di polizia o giudiziaria contro i fascisti, consentono a questi ultimi di poter ricorrere a quel “vittimismo aggressivo” che manifestano sistematicamente quando “le prendono” dagli antifascisti militanti..
Un dettaglio quest’ultimo emerso con la dovuta rilevanza, quando in alcuni quartieri popolari della periferia est di Roma, i fascisti sono stati affrontati e respinti con estrema e incoraggiante determinazione.
Del resto, la relazione annuale dei servizi segreti al Parlamento, non sottovaluta affatto questa acutizzazione dello scontro tra fascisti e antifascisti nel territorio, cioè sul versante “sociale” più che ideologico, soprattutto nelle periferie. Da almeno tre anni i servizi di intelligence segnalano che “Sul piano previsionale, si ritiene, infine, che continueranno a verificarsi episodi di contrapposizione (provocazioni, aggressioni e danneggiamenti di sedi) con frange dell’estrema sinistra, per effetto sia della mobilitazione concorrenziale su tematiche sociali, da parte di entrambi gli schieramenti, sia delle visioni contrapposte in tema di immigrazione”
Torniamo così all’obiettivo mirato di questa operazione degli apparati dello Stato di sdoganamento politico e mediatico dei fascisti: consegnare la rappresentanza politica della rabbia, del degrado e del disagio sociale alla destra e in particolare a gruppi neofascisti come Casa Pound.
Si spiegano allora le ormai sempre più frequenti comparsate televisive dei fascisti, le “curiosità giornalistiche”, la partecipazione ai dibattiti nelle sedi neofascisti in nome del “confronto democratico” (vedi Mentana e Formigli), in sostanza la legittimazione e la costruzione politico/mediatica di una presenza dei fascisti nello scenario come espressione del “disagio sociale”, ritagliandogli esattamente – come dice l’informativa del Ministero degli Interni – “l’ampio spazio politico che Casa Pound è pronta ad occupare”. Una operazione studiata a tavolino, fin nei minimi dettagli e con le disponibilità finanziarie per realizzarla.
Una ragione di più per confermare l’antifascismo militante e permanente come una componente indissolubile dell’intervento politico, sociale e sindacale nei territori e nei luoghi di lavoro.
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