sabato 12 agosto 2017
TAGLI SCOLASTICI DI SPESE E DI ANNI
Dopo i tagli violenti alle spese pubbliche per l'istruzione(per gli istituti privati ovvio che sono aumentate)ecco in arrivo prossimamente,per ora solo sottoforma di esperimento per un centinaio di licei italiani ma solo in una classe a scelta,una nuova riforma scolastica aumentando le ore annuali e introducendo nuovi modelli d'istruzione(vedi per ulteriori dettagli:www.ilpost.it liceo-breve/ ).
La ministra Valeria Fedeli già passata nel tritacarne mediatico e non solo per alcune sue scelte e per quelle ereditate(madn ma-davvero-e-tutta-colpa-degli insegnanti )propone questo nuovo programma scolastico già sperimentato su poche classi e ormai diffuso in Europa(a parte in Scandinavia dove c'è il sistema europeo migliore e le superiori sono di cinque anni)che avrebbe vantaggi per tutti a parte che per gli studenti.
Nell'articolo preso da Left(il-liceo-breve )si spiegano semplicemente che tutte le innovazioni,la scuola non dev'essere ferma e statica soprattutto riguardo ai metodi d'insegnamento ma non ai contenuti studiati che sovente vengono cancellati o nascosti con programmi reazionari,che tale riforma apporterà.
Innanzitutto queste novità possono essere benissimo applicate ai licei e a tutti gli altri istituti con termine quinquennale,e poi accavallando ore e programmazioni didattiche si cade nella confusione,e nel volere velocizzare l'apprendimento si ha rischio elevato di non acculturare e preparare adeguatamente gli studenti.
Poi il governo ci guadagnerebbe creando subito personale sottopagato un anno in anticipo,sia che si proseguano gli studi universitari o meno,con un evidente riduzione dei costi legati all'istruzione,con meno professori stipendiati e classi sempre più numerose.
Il “liceo breve”? Così lo vuole il mercato. Ovvio.
di Giulio Cavalli
Capiamoci: dopo la laurea breve partorire l’idea di un “liceo breve” (soprattutto con le motivazioni addotte) è poco di più di una scoreggia estiva. Per due motivi: uno strettamente legato ai numeri e uno di quadro più generale e culturale.
I numeri, innanzitutto, ci dicono che già la laurea breve è stato un fallimento. Come ha scritto bene Marzio Bartoloni (qui) “la missione di quella riforma finora è fallita: le nuove matricole all’università non sono decollate come si sperava, anzi a conti fatti ne abbiamo perse 10mila per strada. E così restiamo fanalino di coda in Europa (peggio di noi solo la Romania) per numero di laureati. Anche l’obiettivo di aumentare le chance di trovare subito un posto di lavoro non è stato raggiunto: è vero che non si possono accostare percorsi universitari così differenti, ma se con il vecchio diploma di laurea trovavano lavoro, a un anno dalla tesi, circa 7 neo dottori su 10 i laureati triennali e magistrali di oggi possono vantare numeri praticamente sovrapponibili”. Rifarsi a un esperimento fallito per lanciare un’iniziative di governo ha lo stesso fascino del gridare al mondo di avere inventato una nuova abitazione a cui manca “solo” il tetto.
C’è poi la questione della pregiatissima “innovazione” che questo liceo porterebbe: “didattica innovativa”, “basta lezioni frontali” e l’insegnamento di alcune materie in lingua straniera. Perché tutto questo non si possa applicare agli attuali licei quinquennali rimane un mistero.
C’è poi la questione culturale e sociale: un’istruzione così fighissimamente smart rientra perfettamente nei canoni della superficialità culturale che fa il paio con il fastidio per i “professoroni” e la cultura in generale. L’idea che per raggiungere i propri obbiettivi conti più la furbizia o la velocità di esecuzione piuttosto della densità di pensiero è ormai un dogma di questo decennio e applicare questo (brutto) trend alla scuola non è proprio una grande idea. No.
E poi c’è la questione fondamentale: un mercato del lavoro che vuole lavoratori sottopagati (e sottoculturati), pronti per essere valutati “al chilo” come semplice costo, trova nel “liceo breve” la giusta rappresentazione. Un anno di scuola in meno significa avere prima carne da lavoro. E, se ci pensate bene, significa avere meno costi per l’istruzione. Sembra banale, in effetti, ma ci guadagnerebbero tutti. Tutti gli altri. Ovvio.
Buon mercoledì.
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