Tutti i bei volti rappresentati qui sopra sono solo una piccola parte di chi è finito sotto la lente d'ingrandimento,ma sottolineo senza comunque aver violato la legge panamense ma quella dei paesi di appartenenza,nello scandalo chiamato Panama Papers che consiste in una fuga di notizie interna allo studio legale Mossack Fonseca del piccolo paradiso fisale centroamericano.
Infatti i files analizzati per più di un anno dal consorzio internazionale dei giornalisti investigativi(Icij)hanno portato alla luce migliaia di persone,molti dei quali dei prestanome,che hanno dirottato proventi leciti o meno dei loro affari,assieme a compagnie offshore che in questo modo hanno evaso parecchi milioni di Dollari e di Euro che dovevano essere tassati in tutto il resto del mondo.
Non si salva quasi nessuno dei ricchi e dei potenti del mondo che siano politici,attori,registi,imprenditori,sportivi ed industriali,e nell'elenco sottostante mancano aggiornamenti che uniscono la famiglia Le Pen e che sancisce che la prima testa importante caduta è quella del premier islandese Gunnlaugsson.
L'articolo è preso da Infaut(http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/16830-#panamapapers-di-potenti-off-shore-e-finanza-transnazionale )mentre suggerisco questo di Contropiano(http://contropiano.org/news/internazionale-news/2016/04/05/sanders-panama-papers-nel-2011-gia-chiaro-077527 )dove il candidato democratico alla poltrona presidenziale Usa Sanders aveva previsto tutto questo finimondo finanziario alla stipula dell'accordo "Panama Free Trade Agreement" avvenuto nel 2011.
#PanamaPapers: di potenti, off-shore e finanza transnazionale.
"La più grande fuga di
notizie della storia della finanza mondiale” mette nero su bianco, ancora una
volta, una notizia che nuova non è: austerità, legalità, “sacrifici” vanno bene
per il 99%.
E servono, strutturalmente, a consentire all’1%
di continuare tranquillamente a “surfare” sulla superficie del mondo,
utilizzando le vie – più o meno lecite – della finanza internazionale, meglio
ancora se offshore. Senza divisioni di nazionalità, posizionamenti partitici,
differenze culturali o sociali.
Tutte e tutti assieme, appassionamente
(e…capitalisticamente, verrebbe da dire). I Panama Papers, sono 11,5 milioni di
files analizzati da oltre un anno da un team di giornalisti dell’International
consortium of investigative journalists (Icij) e pubblicati (una prima parte)
tra domenica 3 e lunedì 4 aprile dai media di mezzo mondo (in Italia,
l’Espresso).
La sostanza è abbastanza chiara: un immenso
sistema di società offshore con sede in paradisi fiscali gestito per oltre 40
anni dallo studio legale Mossack Fonseca, con base a Panama City (Panama,
CentroAmerica) e uffici in più di 35 paesi del mondo.
Sono 214.000 le compagnie offshore coinvolte in
oltre 200 paesi e territori. Tra i nomi coinvolti diversi leader politici, dal
presidente ucraino Poroshenko a quello argentino Macrì fino al re dell’Arabia
Saudita, il primo ministro del Pakistan Nawaz Sharif, l’ex vice presidente
dell’Iraq Ayad Allawi, l’ex presidente egiziano Mubarak, alcuni stretti
collaboratori di Vladimir Putin, il padre del premier inglese David Cameron e
famigliari di almeno otto tra ex e attuali componenti del vertice del Partito
Comunista della Cina.
E poi
imprenditori, sportivi, personaggi del mondo dello spettacolo, dal regista Pedro
Almodovar al calciatore Lionel Messi, già nel mirino del fisco spagnolo per
altre operazioni finanziarie in odore di evasione.
I Panama Papers rivelano poi pure il
coinvolgimento di vari esponenti della FIFA, come il francese Michel Platini e
Eugenio Figueredo, ex funzionario della FIFA sotto indagine per frode e
riciclaggio di denaro, oltre all’ex attaccante interista Ivan Zamorano, l’ex
difensore romanista Gabriel Heinze e – secondo l’Irish Times – altri venti
proprietari o ex proprietari di squadre di calcio, tra le quali viene citata
pure l’Inter.
E ancora: c’è anche lo spagnolo Miguel Arias
Cañete, commissario a Clima ed Energia di quell’Unione Europea che da oggi
deporta i migranti in Turchia e che è strutturalmente fondata su finanza,
mercati e dottrine di austerity (per gli altri). I documenti mostrano che tra
gli off-shore c’è infatti anche il gruppo di investimenti Rinconada, creato nel
2005, di cui è azionista Micaela Domecq Solis-Beaumont, la moglie di
Cañete.
I documenti incriminati mostrano che banche e
studi legali non avrebbero seguito le norme (di per sè già…generose con il
capitale trasnazionale) che permettono di individuare i clienti coinvolti,
creando società difficili – se non impossibili – da rintracciare.
I file fatti uscire dallo studio panamense,
grazie a una “talpa” interna, sono oltre dieci milioni: nei prossimi giorni,
quindi, sono attese altre rivelazioni.
ITALIA – Tra gli italiani (800 in totale) sono usciti, finora, i nomi di Luca di Montezemolo, Giuseppe Donaldo Nicosia, imprenditore latitante, coinvolto in un’inchiesta per truffa con il braccio destro di Berlusconi, ed ex senatore di Forza Italia, Marcello dell’Utri, e due banche, la lombarda UBI (che unisce le ex banche di Brescia e Bergamo) e Unicredit.
Il commento di Antonio
Tricarico, economista, responsabile del programma Nuova Finanza
Pubblica dell’associazione Re:Common, attivista dagli anni ’90 del movimento
altermondialista e della Campagna per la riforma della banca mondiale (CRBM) Ascolta
qui.
Abbiamo sentito, per un commento, anche
Vincenzo Comito, economista, docente universitario e
collaboratore de “Il Manifesto”. Ascolta
qui.
REAZIONI – Il primo paese ad apre
un’inchiesta interna è stata l’Australia, mentre il governo dell’Inghilterra,
interrogata dai giornali anglosassoni sul caso del padre del premier Cameron (un
ricco agente di cambio che per trent’anni, fino alla morte nel 2010, avrebbe
eluso il fisco, mentre il figlio da tempo ha lanciato una campagna
“antievasione”) parla di una “questione privata”.
In Islanda, invece, quella del premier Sigmundur
Davíð Gunnlaugsson è la prima testa che potrebbe cadere. Oggi pomeriggio,
lunedì, è già stata convocata una manifestazione fuori dal Parlamento. Il tema
delle banche è particolarmente sentito nel Paese, dopo il sostanziale fallimento
del sistema nazionale nel 2008.
I documenti diffusi oggi mostrano però una
società off shore legata a Gunnlaugsson, fondata nel 2007 con l’aiuto di Mossack
Fonseca, che aveva contratto un grosso credito nei confronti di tre banche
islandesi. Nel 2008 queste tre banche sono state parzialmente nazionalizzate
dopo che avevano dichiarato bancarotta.
Gunnlaugsson è quindi accusato di conflitto di
interessi e di non avere detto all’opinione pubblica di avere interessi diretti
nei salvataggi delle banche. In poche ora, oltre 20mila persone hanno firmato
una petizione che di fatto lo “licenzia” (in Islanda ci sono in totale 320mila
persone).
La reazione più dura è invece quella della
Russia. Per il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov “A Mosca sappiamo bene chi
fa parte di questa cosiddetta comunità giornalistica, ci sono molto giornalisti
la cui occupazione principale non è il giornalismo, ci sono molti ex
rappresentanti del dipartimento di Stato, Cia e altri servizi speciali”.
Gli Usa hanno ritenuto fosse necessario denigrare
Putin in seguito ai successi dell’esercito russo in Siria e alla liberazione di
Palmira, passata sotto silenzio dai media occidentali”.
Sulle varie tesi “complottiste”, che in sostanza
vedrebbero questa fuga di notizie pilotata da chi apparentemente non è stato
ancora al momento coinvolto nell’inchiesta (politici e imprenditori Usa) abbiamo
raggiunto telefonicamente il giornalista e blogger Mazzetta, che in un post
mette in evidenza numerose contraddizioni, al momento, di queste tesi, data la
mole di materiali ancora da pubblicare, che lo studio panamense è solo uno delle
centinaia che si occupa di questo genere di operazioni, ma soprattutto
l’ennesima dimostrazione di pochezza di buona parte dell’informazione mainstream
italiana.
da radiondadurto
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