La morte di Inigo Cabacas,tifoso dell'Athletic Bilbao morto il 9 aprile 2012 dopo quattro giorni di coma per essere stato colpito in testa da un proiettile di gomma sparato dall'ertzaintza ore dopo la fine della partita casalinga di Europa League tra i bilbaini e lo Schalke 04,ancora non conosce un colpevole.
Si sa come sia avvenuta la sua morte ma manca ancora il nome di chi ha sparato per motivi ormai avvezzi anche a noi dove l'omertà e indagini insabbiate e deviate di casi simili sono un modo vergognoso di come lo Stato gestisca questi avvenimenti.
L'articolo preso da Infoaut(http://www.infoaut.org/index.php/blog/varie/item/16884-bilbao-stanno-coprendo-il-poliziotto-che-ha-assassinato-pitu )mette la data del 7 giugno come un limite a quello che potrebbe accadere,cioè l'archiviazione del caso se non dovessero sussistere altri supplementi d'indagine.
Che visto l'andazzo dello Stato fascista spagnolo nei confronti dei Paesi Baschi sarebbe anche un fatto molto vicino e per loro naturale e preventivato:nell'articolo sono spiegate le modalità della morte di Inigo Cabacas cui aggiungo pure questo post del 2012(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2012/04/morte-di-stato-in-euskal-herria.html ).
Inor ez da hiltzen,ahazten ez badugu(Le persone che non vengono dimenticate non muoiono).
Inor ez da hiltzen,ahazten ez badugu(Le persone che non vengono dimenticate non muoiono).
Bilbao, stanno coprendo il poliziotto che ha assassinato Pitu.
«Chi ha sparato sa di aver sparato, chi gli stava vicino pure». A
quattro anni dall’omicidio di Inigo Cabacas, Pitu, continua la lotta dei
genitori contro l’archiviazione che potrebbe essere pronunciata a
giugno.
Non è solo l’Italia ad aggiungere capitoli al
libro sul calcio e le sue miserie extracalcistiche. A 2000 km dai dintorni dello
stadio “Barbera” di Palermo dove ieri sono avvenuti gli scontri tra tifosi di
Palermo e Lazio, c’era dell’altra tensione tra tifosi di calcio. Una tensione
diversa però, la tensione di chi si è visto ammazzare un amico dopo una partita
di calcio senza che questi abbia avuto giustizia. Un folto corteo sfilato per le
calles di Bilbao è giunto fino al punto in cui quattro anni fa Pitu –
questo il nomignolo di Inigo Cabacas – veniva assassinato tragicamente dopo una
partita di calcio della sua squadra del cuore, l’Athletic Club che avendo
battuto lo Shalke 04 in Europa League approdava alle semifinali della
competizione. Quattro anni, millequattrocentosessanta giorni sono passati.
«Quattro anni di lotta» ha detto a margine del corteo Manu Cabacas, padre di
Inigo, che con la moglie Fina Liceranzu sta portando sulle spalle non solo il
peso di avere perso il loro figlio, ma anche quello di non avere ancora avuto
giustizia. E sta lottando per averla.
Dopo quattro anni dall’assassinio, rispetto al
punto di partenza di questa indagine, i passi avanti per trovare i colpevoli
sono stati meno dei passi indietro. Sono anche le dinamiche dell’accaduto a
logorare dentro chi a Inigo voleva bene. Perché l’assurdità è che il ventottenne
tifoso dell’Athletic, quella sera di aprile 2012, stava solo bevendo una birra
in una Herriko Taberna. Non era colpevole di alcunché se non di
trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. La Ertzaintza – la
polizia autonoma basca – fece irruzione nella via a due passi dallo stadio San
Mames, in cui si trovavano Inigo e altre decine di persone, dopo che una prima
volante era accorsa per sedare un alterco tra alcune persone. Uno degli agenti
giunti in seconda battuta sul posto sparò ad altezza d’uomo colpendo Inigo che
morì in ospedale pochi giorni dopo.
L’azione della Ertzaintza, l’accorrere di altre
tre volanti dopo la prima, la carica ed i colpi sparati, vennero successivamente
giudicati come inutili e sproporzionati. Ma tant’è che ora c’è un morto ma non
c’è il suo assassino. Se di assassino si vuol parlare, visto che da fonti
istituzionali si continua a chiamarlo “incidente”. Non si trova chi abbia
sparato ma ci sono degli indagati, ovvero gli agenti che con passamontagna e
casco d’ordinanza fecero irruzione nella via caricando e sparando. Nessuno di
loro però dice di avere premuto il grilletto, ognuno di loro dice di non sapere
chi abbia premuto il grilletto: niente di più facile per portare le indagini ad
un punto morto e garantirsi l’impunità.
Omertà, reciproche coperture e silenzi che fanno
infuriare i genitori e gli amici di Inigo. Qualche giorno fa al quotidiano
spagnolo Publico, Manu Cabacas ha enunciato quello che per lui è più
che un sospetto: «Stanno coprendo il poliziotto che ha assassinato mio figlio» –
ha detto il papà di Pitu – «Chi ha sparato sa di aver sparato, chi gli stava
vicino pure». Una denuncia che il comitato che chiede giustizia per Inigo ha
alternamente trasformato in appello, sollecitando che chi sa cosa è accaduto,
parli.
Il procedimento non ha mancato di riservare anche
colpi bassi: come la richiesta di indennizzo di 777mila euro che è stata
notificata alla difesa dei Cabacas e al quotidiano basco Gara per aver
diffuso la registrazione audio nella quale si provava l’ordine via radio dato
dal comando di polizia di caricare, nonostante la prima volante accorsa alle
23.30 avesse già comunicato che la situazione era tranquilla e che il diverbio
per cui era intervenuta si era già acquietato. Una testimonianza, quella diffusa
dal quotidiano e dal documentario “Cronaca di una ferita aperta”, che risulta
decisiva per inchiodare il comando di polizia bilbaino alle sue responsabilità
su una gestione folle dell’ordine pubblico.
E il prossimo 7 giugno, se il giudice non
ordinerà nuovi supplementi di indagine, il caso potrebbe chiudersi con una
istanza di archiviazione. Perché finora non se n’è cavato un ragno dal buco, e
in molti pur non accettandolo paiono credere che a nessuno degli indagati verrà
l’idea di “sputare il rospo”. Un altro caso di malapolizia finora rimasto
impunito. Miserie extracalcistiche appunto, perché qui il calcio – quel gioco
che era la più gran passione di Pitu – non c’entra proprio nulla.
da popoffquotidiano
Davigo: "La classe dirigente che delinque è peggio dei ladri". Poi frena.
Polemica dopo le prese di posizione del presidente dell'Anm. Un fronte bipartisan (Pd, Fi, Ap, Ala, Lega) lo attacca. Il M5s e Si lo difendono. Alcuni magistrati ne prendono le distanze. Gratteri: "Ha sbagliato a generalizzare".
"La classe dirigente di questo Paese quando delinque fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente da strada e fa danni più gravi". Lo ha detto il presidente dell'Anm, Piercamillo Davigo, durante la lectio magistralis al master in prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e corruzione dell' Università di Pisa. In serata la precisazione: "In Italia - ha detto - la vulgata comune è dire che rubano tutti. No, mi fa arrabbiare questa cosa, rubano molti. Non tutti. Altrimenti non avrebbe senso fare i processi".
Il neo presidente dell'Anm, dunque, rilancia e dopo un'intervista al Corriere della Sera ("I politici non hanno smesso di rubare. Hanno smesso di vergognarsi. Rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di nascosto. Dicono cose tipo: 'Con i nostri soldi facciamo quello che ci pare. Ma non sono soldi loro; sono dei contribuentì") ritorna a sparare a zero scatenando un vespaio di polemiche. Molti magistrati ne prendono le distanze. Un fronte politico bipartisan (Pd, Fi, Lega, Ap) lo attacca. Il M5s e Sinistra italiana lo difendono.
Ma in serata il presidente Anm frena: "Non ho mai inteso riferirmi ai politici in generale - ha precisato in una nota - ma ai fatti di cui mi sono occupato ed a quelli che successivamente ho appreso essere stati commessi. Non ho mai pensato che tutti i politici rubino, anche perchè ho più volte precisato che, se così fosse, non avrebbe senso fare processi che servono proprio a distinguere".
Il j'accuse di Davigo. Parlando all'università di Pisa, Davigo ha detto: "Per un paio di decenni l'attività di questo Paese non è stata quella di contrastare la corruzione ma i processi sulla corruzione. Questo è stato un messaggio fortissimo". "Dire che i magistrati devono parlare solo con le loro sentenze - ha aggiunto - equivale a dire che devono stare zitti". "La classe dirigente di questo Paese quando delinque fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente da strada e fa danni enormi". "La corruzione è un reato particolarmente segreto, occulto, non si fa davanti a testimoni, è noto solo a corrotti e corruttori, non viene quasi mai denunciato. È un reato a cifra nera. È un reato seriale. Per questo è necessario premiare chi parla".
Le critiche/1: i magistrati. Le dichiarazioni di Davigo sono state criticate da alcuni esponenti del mondo della magistratura. Critico il vicepresidente del Consiglio Superiore della magistratura Giovanni Legnini: "Le parole del presidente Anm - ha detto - rischiano di alimentare un conflitto di cui la magistratura e il Paese non hanno alcun bisogno. Da Davigo prendono le distanze anche l'ex presidente dell'Anm Luca Palamara ("Non alimentare scontro con la politica. No a generalizzazioni"). E Nicola Gratteri, nuovo procuratore capo di Catanzaro: "Ha sbagliato a generalizzare, bisogna sempre entrare nello specifico. Se si dice che 'sono tutti ladri', facciamo il gioco dei ladri".
Le critiche/2: gli ex magistrati, ora politici. Davigo non ha risparmiato bordate anche nei confronti dei suoi colleghi che si sono dati alla politica. "I magistrati - ha dichiarato - non dovrebbero mai fare politica. Sovente sono pessimi politici". Tra i suoi ex colleghi parlamentari, alcuni gli hanno dato contro, altri lo hanno appoggiato. Tra i critici, Donatella Ferrante, pd, presidente della commissione Giustizia della Camera ("Uno scontro fino a se stesso, un pregiudizio verso una intera classe. Auspico una presa di posizione da parte della Giunta dell'Anm"). E il senatore dem Felice Casson ("Da Davigo una ruvidezza, i politici rubano, ma è un errore generalizzare"). Tra chi condivide il suo pensiero, il deputato di sc Stefano Dambruoso: "Condivido l'allarme di Davigo, soprattutto per la politica locale".
Gli attacchi bipartisan. Duro il presidente del Pd e commissario del partito a Roma, Matteo Orfini: "Le classi dirigenti dovrebbero aiutare a distinguere, a far capire le differenze ai cittadini e non a generalizzare come si fa al bar". Il deputato di Fi Luca Squeri commenta: "Generalizzazione populista". Matteo Salvini, leader del Carroccio: "Non può permettersi di generalizzare" (poi aggiunge: "Lo incontrerò, per fare alcune battaglie"). Fabrizio Cicchitto, Ap: "Vuole alzare la tensione al massimo". "È incendiario e contradditorio", taglia corto Luca D'alessandro, di Ala.
M5s e Si fanno quadrato. Sostengono Davigo M5s e Si. Luigi Di Maio, del direttorio 5Stelle: "Solidarietà a Davigo per gli attacchi che sta ricevendo. Invece di attaccare uno dei simboli dell'inchiesta Mani Pulite, i partiti dovrebbero guardarsi in casa loro e fare pulizia". Alfredo D'Attorre, dell'esecutivo nazionale