Doppio contributo odierno per un tema che riguarda la crescita e lo sviluppo dei nostri giovani,si parla di scuola e quindi si parla di investimenti per il futuro di un paese:il primo è preso da Infoaut e parla del crollo del soffitto avvenuto ad Ostuni(Br)mentre il secondo è un commento di un blogger preso da http://www.giuliocavalli.net/2015/03/09/io-non-voglio-pagare-scuola-privata-ai-tuoi-figli-non-mi-fa-risparmiare/ e che riguarda il problema della differenziazione tra scuole pubbliche e private.
Il primo pezzo parla del crollo di un pezzo d'intonaco in una scuola rimasta chiusa per quattro anni e riaperta a gennaio proprio per lavori di ristrutturazione,e nell'incidente occorso in una scuola elementare fortunatamente non ci sono state vittime ma feriti guaribili.
Nell'altro sono elencati semplici calcoli di un genitore che giustamente non vuol pagare la scuola privata e/o paritaria ai figli degli altri elencando esempi presi da cifre che non sono state mai chiarite e fornite dal governo.
Elemento che accomuna i due articoli qui sotto sono le balle promesse e sbandierate ai quattro venti da Renzi e dal ministro dell'istruzione Giannini,che cercano di far credere che un misero investimento(poco più del costo sei chilometri di Tav investiti per la scuola per tutta Italia)nell'educazione possano far diventare la scuola bella,nuova e sicura.
Ostuni, crolla il soffitto di un'aula. Dove sono le #scuolesicure di Renzi?
Ennesimo crollo in una scuola: l'ultimo episodio in ordine di tempo è avvenuto oggi in un istituto elementare di Ostuni, in provincia di Brindisi. Il crollo si è verificato in mattinata, a lezioni in corso, quando uno spesso pezzo di intonaco, largo cinque metri quadrati, si è staccato dal soffitto, cadendo in testa agli alunni di una classe di seconda elementare e ferendo, fortunatamente in maniera non grave, due bambini colpiti alla testa dai calcinacci, assieme a una maestra caduta nel tentativo di soccorrerli.
Ciò che fa ancora più rabbia, in questo caso, è che la scuola di Ostuni era appena stata ristrutturata: 4 anni di chiusura e più di 1 milione di euro spesi per metterla in sicurezza, fino alla riapertura avvenuta solo pochi mesi fa, a Gennaio. Non è difficile immaginare che anche stavolta alla tutela della sicurezza siano stati anteposti ben altri interessi tra appalti, profitti e speculazioni.
Il cedimento di questa mattina è solo l'ultimo di una lunga serie e da anni gli studenti di tutta Italia denunciano le condizioni precarie degli edifici in cui sono costretti a trascorrere le proprie giornate scolastiche. A ogni crollo assistiamo al rituale coro di indignazione e promesse da parte di enti locali e governo, pronto a sgonfiarsi in un nulla di fatto non appena il clamore mediatico si spegne.
D'altronde a far capire quale sia l'idea del governo in materia di sicurezza delle scuole è il commento dello stesso ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini (quella de "La buona scuola"...). Il ministro ha infatti promesso tempestivi accertamenti di responsabilità sull'accaduto, aggiungendo però che in altri casi (cioè quelli che accadono frequentemente in moltissimi altri istituti) i crolli erano "giustificati" (sic!) dalla vetustà degli edifici. Come a dire che nella maggior parte delle scuole italiane può capitare di vedersi crollare in testa un soffitto e la responsabilità sarebbe da imputare unicamente alla data di costruzione dell'edificio e non ad anni di politiche di disinvestimento e tagli sulla formazione in cui il problema dell'edilizia scolastica è stato sistematicamente ignorato o relegato a intervento non prioritario.
Di fronte a episodi come quello di stamattina, degli annunci del venditore di fumo Matteo Renzi sull'investimento da parte del governo di un miliardo di euro nell'edilizia scolastica per avere #scuolebelle #scuolenuove e #scuolesicure non rimangono che gli hashtag. Basta confrontare qualche cifra (facciamo un esempio? gli investimenti sull'edilizia scolastica corrispondono a meno di un chilometro di Tav...) per capire che, dall'alta velocità all'Expo, le priorità rimangono grandi opere e grandi eventi in cui buttare miliardi di soldi pubblici a scapito della tutela della sicurezza e di una vita dignitosa per tutti e tutte.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Io non voglio pagare la scuola privata ai tuoi figli. E non mi fa risparmiare.
Un post quasi definitivo di Leonardo:
Ciao a tutti, mi chiamo Leonardo, ho un blog, e non mi va di pagare per la privata dei vostri figli. Chi mi conosce da un po’ di tempo lo sa – è una cosa che scrivo a intervalli regolari, più o meno ogni volta che qualche lobbista o politico di area cattolica bussa al governo con la mano sul cuore e l’altra tesa.
Stavolta però mi hanno letto in tantissimi, non so neanche io perché. Scherzi di facebook. Tra i tantissimi era normale che ci fosse anche qualche lettore che non la pensa come me. Qualcuno convinto che finanziare le scuole private coi miei soldi di contribuente sia una cosa buona e giusta – se non altro perché, pensate un po’, farebbe risparmiare allo Stato un sacco.Ciao a tutti, mi chiamo Leonardo, ho un blog, e non mi va di pagare per la privata dei vostri figli. Chi mi conosce da un po’ di tempo lo sa – è una cosa che scrivo a intervalli regolari, più o meno ogni volta che qualche lobbista o politico di area cattolica bussa al governo con la mano sul cuore e l’altra tesa.
È in effetti una storia che ho sentito spesso. Siccome l’articolo 33 della Costituzione è chiarissimo (“Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”), l’unico sistema per aggirarlo è sostenere che le scuole private facciano addirittura risparmiare. Anche la recentissima letterina pubblicata su Avvenire e controfirmata da 44 parlamentari di area Pd spiega che il “sistema [delle private paritarie] costa allo stato solo 470 milioni di euro/anno [fonte?], pari a circa 450 euro/anno/alunno per la scuola dell’infanzia e primaria [fonte?], mentre lo stanziamento per le secondarie di I e di II grado è praticamente inesistente”. Siccome secondo il Ministero dell’Istruzione ogni studente costa allo stato 6000€ all’anno, il risparmio appare evidente.
Ma sarà vero?
Tanto per cominciare, mi piacerebbe sinceramente capire chi ha fatto il famoso conteggio dei 470 milioni di euro l’anno. Se è un dato vero, che problema c’è a citare la fonte? E invece nessuno la cita mai. Se la prendono con te che non sai l’aritmetica, ma non ti spiegano da dove loro hanno preso i dati. È curioso.
Ma anche volendo prendere per buono il dato dei 470 milioni di euro all’anno, qualcosa non mi torna – no, in generale non mi torna niente. È uno di quei problemi che sembrano appunto banalmente aritmetici e poi a guardarli bene non lo sono affatto. Un ente – non necessariamente una scuola – un qualsiasi ente che mi promette di farmi risparmiare se gli do dei soldi, mi lascia perplesso. Forse davvero non sono abbastanza intelligente da capire come funziona. Mi piacerebbe che qualcuno intervenisse qua sopra e me lo spiegasse. Finora non c’è riuscito nessuno, forse sono senza speranza.
Proviamo a capirci. Le scuole private esistono già. Se per assurdo scomparissero all’improvviso; se gli alunni fossero a causa di ciò costretti a iscriversi alle pubbliche, è chiaro che la spesa pubblica leviterebbe. Credo che sia appunto il caso che hanno in mente i 44 parlamentari quando parlano di un “risparmio evidente”. Ma è un caso abbastanza assurdo, no? Le scuole private esistono già, e tanti genitori ci manderanno comunque i loro figli. Che lo Stato li aiuti o no. Quale convenienza ha lo Stato ad aiutarli?
Gli studenti di queste scuole costano poco allo Stato – 5530€ in meno ad alunno, a dar retta ai vostri numeri. Sembra un bel risparmio, ma se aumentassimo il numero di posti, lo Stato risparmierebbe di più? Ne siete convinti? Io non ne sono del tutto convinto.
E se invece lo calassimo?
Partiamo da un presupposto: si tratta di scuole paritarie. Gli alunni che le frequentano dovrebbero essere in grado di sostenere gli stessi esami degli alunni che frequentano le statali. I pochi dati che abbiamo in riguardo non ci permettono di sostenere che le scuole paritarie finanziate dallo Stato offrano in media un servizio di qualità. A quanto pare per ora il servizio medio è inferiore a quello delle pubbliche – ma a parte questo: qualcuno si aspetta che le scuole paritarie costino di meno?
Da un punto di vista meramente economico non c’è nessun motivo perché ciò succeda. Anche se non è in grado di assicurare ai propri studenti un’istruzione dello stesso livello di quella delle scuole pubbliche, la scuola paritaria dovrebbe avere tutte le spese di quella pubblica. A meno di non credere alla favola del volontariato – ovvero: mi va bene se in cortile c’è un volontario che sta attento che i bambini non si ammazzino sull’altalena – ma se in classe c’è un volontario che insegna ai bambini l’inglese, non è un volontario. È un insegnante non abilitato e non pagato – oppure pagato poco e in nero. È schiavitù, al limite evasione fiscale – non volontariato. Siamo d’accordo su questo? Lo spero.
Dunque non si capisce effettivamente come possa una scuola paritaria costare ai genitori meno di una scuola pubblica. Quest’ultima, tra l’altro, facendo parte di un’enorme rete di scuole presenti in modo capillare sul territorio italiano, può ottenere diversi servizi a un prezzo di favore. Può selezionare insegnanti in tutto il territorio italiano mediante concorsi (anche se spesso non lo fa), razionalizzando una serie di risorse (mezzi di trasporto, personale non docente, cancelleria), con un’efficienza molto maggiore. È un po’ il motivo per cui la grande distribuzione può permettersi di tenere i costi più bassi di una bottega in centro. Per lo stesso motivo, ci si aspetterebbe che la scuola paritaria privata costasse al pubblico un po’ di più della scuola pubblica. E infatti è così.
Ma ad alcuni non va bene.
Vorrebbero pagarla di meno.
Vorrebbero che gliela pagassi un po’ io.
E se io smettessi di pagargliela?
Prendiamo per buoni i dati dei 44 parlamentari. Uno studente di privata costa allo Stato 470 euro? Ma se la scuola costa più o meno quanto quella pubblica (e davvero, non si capisce come potrebbe costargli di meno), questo significa che gli altri 5000 euro e rotti ce li mette il genitore. Abbiamo dunque davanti un genitore che è disponibile a sborsare 5000 euro all’anno per l’educazione di suo figlio, ma ne pretende 470 da me. Ma se smettessi di dargliene 470? Se gliene dessi soltanto, diciamo, 300? Lui toglierebbe suo figlio dalla privata paritaria? Secondo me no. Cioè, magari alcuni sì. Ma pochi. La maggior parte continuerebbe a iscriverlo alla privata, perché cosa sono in fondo i miei 470 rispetto ai suoi 5000?
Vedete come funzionano i numeri? Voi li usate per dirmi che i buoni scuola fanno risparmiare. Io vi prendo gli stessi numeri e vi dimostro che posso risparmiare ancora di più – se i buoni scuola ve li taglio a metà. Chi avrà ragione? Il dibattito è aperto.
“Prendete, per esempio, la questione del volontariato. L’istruzione di massa ha convinto il gonzo che lo stato non può – e forse neanche deve – far fronte ai bisogni essenziali dei miserabili, e che a questo può – addirittura preferibilmente deve – supplire l’attività benevolente del volontariato, che tuttavia non può farsene interamente carico, sicché necessita di un aiuto, e da chi se non dallo stato? Al gonzo si fa credere che questo si traduca comunque in un risparmio, e il gonzo, oggi, ci crede. Al gonzo d’una volta, invece, mancava il concetto di sussidiarietà: alla richiesta di denaro pubblico per fare beneficenza avrebbe drizzato le antennine, fottendosene altissimamente di poter apparire cinico, ancor meno di rivelarsi ignorante sul ruolo dei cosiddetti corpi intermedi. Il gonzo d’oggi non se lo può permettere” (Malvino)
Nessun commento:
Posta un commento