Da quando il giullare fiorentino consentì nuovo spazio politico al pagliaccio di Arcore ecco che,complice gli acciacchi e le demenze già ampiamente comprovate ancor prima che raggiungesse la sua età attuale,Berlusconi torna ad avere agibilità politica e dopo il lungo stop imposto per le sue azioni criminali che non lo hanno visto scontare nemmeno un giorno in carcere,propone soluzioni alternative e discutibili riguardo il coronavirus(secondo articolo preso da uno dei suoi megafoni,l'altro,il TG5,propone da una settimana servizi ed articoli di almeno un minuto dedicato a lui sui 5-6 dedicati alle news del mattino:il giornale due-sfide-berlusconi-aiuti-medici-e-imprenditori ).
Che nella tradizione del centro destra è fatto di slogan e di propagande impossibili da attuare,come l'azzeramento delle tasse per il 2020,cioè per i soliti noti lavoratori non dipendenti,quelli le tasse le pagano sempre e comunque,e il più facilmente attuabile scudo penale per le aziende e gli imprenditori che non verrebbero perseguiti dalla giustizia in caso di contagi e di morti avvenute sul posto di lavoro,sempre retaggio della peggior politica sua e dei suoi alleati,quella di scampare alla galera sempre e comunque.
Discorso che è strettamente legato a quello scritto nel primo contributo(contropiano impunita-su-contagi-la-confindustria )e che vede nuovamente Confindustria che ragiona come Berlusconi e che propone l'impunità per il contagio e discute sulla possibilità dell'infortunio per chi ha contratto il coronavirus sul posto di lavoro,in aperta lotta con l'Inail visto che una buona fetta dei contagiati nel periodo del recente pieno lockdown arrivano proprio dagli infettati nelle aziende,negli ospedali e in tutti i luoghi lavorativi.
Mi scuso per l'immagine che contiene il simbolo del partito dell'ex premier puttaniere e di uno dei programmi delle sue reti più odiosi e infamanti,fatti malissimo da pseudogiornalisti pessimi,falsi e venduti.
Impunità su contagi. La Confindustria contro l’Inail e la sicurezza dei lavoratori.
di Unione Sindacale di Base
Dal 7 aprile al 7 maggio, ancora sotto lockdown, si sono verificati 83.311 nuovi contagi. L’ISS ci dice che su 9.360 casi diagnosticati il 20% ha contratto il virus in occasione di lavoro. L’INAIL, d’altra parte, certifica al 4 maggio oltre 37.000 contagi (17% del totale) sui posti di lavoro, con una età media di 47 anni.
Questi dati, parziali e largamente sottostimati, restituiscono perfettamente in quali condizioni siano stati costretti a lavorare – o a recarsi al lavoro – milioni di lavoratrici e lavoratori che non hanno potuto scegliere di “restare a casa”. Ma che a casa, dalle proprie famiglie, ci tornavano a fine turno di lavoro diventando a loro volta vettori di infezione.
Del resto, nel periodo di massima chiusura in questo Paese erano attive oltre il 52% delle attività produttive, dichiarate essenziali, alle quali sono andate via via aggiungendosene altre: a metà aprile erano 200.000 le aziende riaperte in deroga, il 55,8% delle quali nelle regioni più colpite dal virus.
A ben vedere dunque le misure di contrasto all’epidemia sono state dettate non dal rispetto del diritto alla salute delle lavoratrici e dei lavoratori, e dei cittadini tutti, ma dalla volontà di profitto delle imprese e dall’impossibilità del SSN di tenere botta ai ricoveri a causa dei ripetuti tagli, definanziamenti e assenza di prevenzione.
Ora, nella fase di riapertura e a pandemia ancora in corso, Confindustria non solo rivendica con “furore ideologico” sgravi, soldi a fondo perduto, detrazioni, indennizzi, senza vincoli e controlli dello Stato – puntualmente concessi nel decreto “rilancio” appena presentato dal governo, per un valore che supera il 50% della manovra stessa – ma pretenderebbe pure uno scudo penale che metta al riparo le imprese dalla responsabilità di mettere in sicurezza le lavoratrici e i lavoratori.
Da Confindustria è partito un feroce attacco all’INAIL, colpevole di riconoscere il Covid-19 tra le cause di infortunio e nonostante i ben 453 milioni a fondo perduto (50 attraverso il Cura Italia e 403 col Decreto Rilancio) che la stessa INAIL ha messo a disposizione delle imprese per l’acquisto dei dispositivi di sicurezza e per la sanificazione dei luoghi di lavoro.
Siccome le malattie infettive sono sempre state riconosciute come “causa di infortunio” (non se lo è certo inventato il Cura Italia!) e la denuncia di infortunio di per sé non produce alcun automatismo nel riconoscimento di una condotta colposa, che resta da accertare e che può essere penalmente sanzionata solo a seguito della sua individuazione, altrimenti viene archiviata (come avviene nella maggior parte dei casi d’altronde!), cosa si nasconde davvero sotto la richiesta di Confindustria che, peraltro, necessiterebbe dell’abbattimento di almeno un paio di articoli del Codice Penale?
L’attacco sottende in realtà una vera e propria rivendicazione di avere mani libere sulle condizioni e sull’organizzazione del lavoro, l’insofferenza verso ogni regola, seppur minima, che tuteli i lavoratori, l’indignazione per la lesa maestà di possibili, quanto improbabili, controlli da parte di quello Stato al quale si chiede continua assistenza senza contropartite.
La storiella padronale dello “spirito anti-imprenditoriale” si infrange sulla realtà degli ultimi 30 anni che ben racconta come questo capitalismo straccione intenda perseverare nella socializzazione delle perdite a fronte della privatizzazione dei profitti.
E allora, non solo giù le mani dall’INAIL, e da qualsiasi servizio pubblico svolga funzioni determinanti a tutela dei lavoratori, ma vanno rafforzati diritti e tutele per tutti e tutte.
L’aumento costante e consistente degli infortuni, solo aggravati dall’epidemia in atto, determinati dal continuo peggioramento delle condizioni di lavoro richiede un intervento che metta al centro il rispetto della vita e della salute dei lavoratori.
Il Primo Maggio abbiamo lanciato la proposta del reato di omicidio sul lavoro, su questa strada intendiamo proseguire. Perché deve finire il tempo del lavoro senza diritti e senza dignità, è il momento di inchiodare i padroni alle loro responsabilità.
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Le due sfide di Berlusconi: "Aiuti a medici e imprenditori".
Il Cavaliere critico col governo: "Vergognoso togliere il bonus ai sanitari. Scudo penale per le aziende"
Presidente Silvio Berlusconi, lei per rilanciare l'economia italiana avrebbe cancellato le tasse per il 2020? O le nostre casse non ce lo consentono?
«Avrei certamente sospeso tutti i pagamenti per il 2020, in modo da non togliere risorse ad attività che già lottano per sopravvivere.
Lo Stato con una mano continua a chiedere denaro ai cittadini, con l'altra non paga i debiti della pubblica amministrazione verso le imprese. Ecco, io credo che si debba davvero fare tutto il necessario adesso, subito, per evitare il collasso delle imprese e la perdita di posti di lavoro. Questo 2020 deve essere considerato come un anno sabbatico in cui concentrare tutto il deficit possibile per mettere in sicurezza il 2021. Se lasciamo che le aziende chiudano, si mette in moto una spirale pericolosissima: meno sono le persone che lavorano e più calano i consumi e i risparmi, e questo porta alla chiusura di altre aziende, porta a nuovi licenziamenti e così via. E significa anche minore gettito fiscale e più spesa sociale - perché naturalmente non possiamo lasciar morire di fame chi rimane senza lavoro e quindi fare più deficit. Occorre uno shock fiscale per la ripartenza con una flat tax a un livello molto contenuto e occorre un poderoso taglio alla burocrazia, con l'abolizione del regime delle licenze e delle autorizzazioni preventive per chi fa impresa. Naturalmente, poi è necessario usare al meglio l'aiuto dell'Europa che sarà decisivo».
Le riaperture commerciali nei ristoranti e la burocrazia del metro: Cipriani, dell'Harry's Bar di Venezia ha detto che con queste regole non riaprirà. Ha ragione?
«Ho ascoltato con grande apprensione lo sfogo di Arrigo Cipriani, che dà voce al sentire comune di tanti suoi colleghi. Ha perfettamente ragione. Negli Stati Uniti e in tutto il mondo si siano presi provvedimenti che consentono il funzionamento degli alberghi e dei ristoranti e la pronta erogazione degli aiuti ai lavoratori e agli imprenditori mentre in Italia ai lavoratori e agli imprenditori non è arrivato assolutamente nulla. Il settore della ristorazione, come quello del turismo, purtroppo è fra i più penalizzati. Conciliare le esigenze sanitarie con il funzionamento dei ristoranti e dei bar è molto difficile, ma non impossibile. Come minimo, ridurre i coperti significa diminuire i ricavi a parità di costi fissi. D'altronde anche se i ristoranti potessero riaprire normalmente, sarebbero comunque in difficoltà. Molti italiani non hanno lavoro, non hanno denaro da spendere, chi lo ha preferisce tenerlo da parte, preferisce risparmiare in vista di un futuro incerto piuttosto che pagarsi una cena al ristorante. Ma tutto il turismo è fermo e certamente per quest'anno farà numeri molto bassi. Da imprenditore capisco benissimo la sofferenza di chi ha messo in piedi un'attività, le ha dedicato la vita, e ora la vede crollare senza averne colpa. Per questo mi ha indignato il fatto che nei giorni scorsi a Milano dei ristoratori siano stati pesantemente multati, per aver espresso in una piazza, in modo civile e senza assembramenti, la sofferenza della loro categoria. D'altronde capisco anche le preoccupazioni delle autorità sanitarie perché il coronavirus purtroppo non è affatto scomparso. La soluzione credo non vada cercata discutendo di mezzo metro in più o in meno fra i tavoli, quanto piuttosto aiutandoli concretamente, attraverso contributi a fondo perduto, attraverso agevolazioni fiscali, attraverso il blocco delle tasse nazionali e locali e con il prolungamento della cassa di integrazione per i loro dipendenti».
In questa crisi da coronavirus si assiste ad una decrescita costante della nostra economia e ad una sempre maggiore presenza del lavoro via computer da casa. Sta vincendo la ricetta politica, seppur nel dramma da Covid-19, di Grillo e Casaleggio?
«Questo sarebbe il terzo disastro che verrebbe ad abbattersi sul nostro Paese. Dopo quello sanitario e quello economico, avremmo anche un disastro politico e culturale. Per fortuna però non è così. Al contrario, questa crisi sta dimostrando l'importanza della competenza, della professionalità, dell'esperienza, che noi abbiamo messo con spirito costruttivo a disposizione delle istituzioni. Le idee grilline sulla decrescita felice si stanno dimostrando folli e pericolose: ora rischiamo davvero la decrescita e non c'è proprio nulla di felice. Potrebbe essere una tragedia per tanti italiani, per tante famiglie, per tante imprese. Mi auguro che da questo dramma possa uscire se non altro mutato il paradigma politico dell'Italia e si ponga davvero fine all'era dell'incapacità al potere. Del resto, innovazioni come lo smart working non le ha certo inventate Grillo. Sono anni che le aziende studiano come introdurlo, perché comporta vantaggi per tutti, per le aziende, per i lavoratori, per la collettività, ma ha anche diverse controindicazioni, soprattutto in termini di produttività. Tutto questo comunque non ha nulla a che fare con le fumose ideologie di Grillo e di Casaleggio.
La misura che Conte e il Governo non hanno messo nel decreto e che lei invece avrebbe messo?
«Sarebbe un elenco molto lungo. Ma per prima cosa non ho visto i mille euro per tutto il personale sanitario, per i medici e per gli infermieri che in questi 100 giorni hanno rischiato la vita. C'è proprio da vergognarsi. Potrei elencarle i tanti settori dimenticati, per esempio l'agricoltura, per la quale invece di introdurre i voucher si è adottata una sanatoria sui clandestini che non è solo inutile ma è anche pericolosa: una sanatoria che non accontenta il mondo agricolo, accontenta soltanto erronee richieste di una sparuta minoranza. Potrei parlare della scuola paritaria, 12 mila scuole e un milione di studenti con le loro famiglie, che sono stati abbandonati completamente a sé stessi. Potrei parlare delle concessioni balneari, di cui non è garantita la proroga automatica di fronte ai nuovi investimenti necessari per la riapertura. Potrei parlare della mancanza di uno scudo penale per i datori di lavoro diligenti, che adottano correttamente le misure anti-coronavirus e tuttavia oggi sono penalmente responsabili se un dipendente si ammala. Su questi e tanti altri aspetti daremo battaglia in Parlamento, sperando che la disponibilità di Conte a collaborare con l'opposizione questa volta non sia solo di facciata».
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