martedì 9 giugno 2020

I CAMICI DEL CLAN FONTANA:UNA DONAZIONE TARDIVA?

Non smette mai di stupire ovviamente in negativo la Regione Lombardia,e limitandoci solamente alla vicenda coronavirus ecco che ti spunta il parente che guadagna sopra all'emergenza,ai morti per dirla grossolanamente ma è quello che è.
La vicenda trapelata dal Fatto Quotidiano sul programma Report andato in onda ieri sera è nota:c'è una gara senza appalto per una fornitura di camici per un valore di 513 mila Euro che viene assegnata(non vinta,non c'è stata gara)alla Dama spa,cui dietro stanno la moglie di Fontana e suo fratello,il cognato del governatore dice che il tutto si è svolto a sua insaputa,dev'essere un bell'ambientino la sua famiglia vista la scarsa comunicazione.
Non finisce qui,si torna indietro e si nota che la fatturazione successivamente(quando sono stati colti con le mani nel sacco,a pensar male ci si azzecca spesso)è stata stornata in modo tale che quel mezzo milione di Euro sia risultata una donazione,e su questo iter burocratico-finanziario indagherà chi di dovere perché per una donazione non credo che questa sia una via molto fumosa.
L'articolo di Left(appalto-a-sua-insaputa )parla di un politico inetto e recidivo nella sua condotta immorale oltreché criminale,e per una volta abbandonato compare Gallera,il pessimo Fontana dà prova di sapere essere scandalosamente incapace anche se si trova da solo.
Nel secondo(contropiano perche-puntare-il-dito-contro-fontana )una carrellata di tutte le malefatte del boss lombardo,relative solamente al Covid-19 perché sennò la lista sarebbe ancor più lunga e grave,accumulate in breve tempo e con molta applicazione,mentre rimando,per la situazione generale della sanità lombarda,a questo link:madn sanita-lombardala-verita-fa-male-ai leghisti .
D'altronde la platea di chi si frega le mani avidamente per una catastrofe come può essere un terremoto,un'alluvione o per l'appunto una pandemia si allarga e se si sta un poco in silenzio si riescono a sentire le risate ed i gridolini di giubilo di chi sta aspettando una pioggia di miliardi dall'Europa,facendo a gara a chi riuscirà ad intascarsi di più,a titolo personale o tramite parenti ed amici,sulle spalle delle vittime.

Appalto a sua insaputa.

di Giulio Cavalli
Una nuova fiammante storia arriva dalla Lombardia del duo Fontana & Gallera e questa volta si impiglia tra le pieghe dei parenti del presidente, più precisamente nelle pieghe di bilancio della Dama spa che appartiene – tramite Divadue srl – per il 10% a Roberta Dini (moglie di Attilio Fontana) e per il resto delle quote – tramite una fiduciaria svizzera – a suo fratello Andrea Dini.

Il 16 aprile Regione Lombardia tramite l’agenzia regionale pubblica degli acquisti Aria spa acquista dalla moglie e dal cognato di Fontana camici per un valore di 513mila euro. I bravi giornalisti di Report (la puntata andrà in onda stasera) chiedono spiegazioni al cognato di Fontana: quello prima risponde che «non è un appalto, è una donazione. Chieda pure ad Aria, ci sono tutti i documenti» e poi si corregge aggiungendo che «effettivamente, i miei, quando io non ero in azienda durante il Covid, chi se ne è occupato ha male interpretato, ma poi me ne sono accorto e ho subito rettificato tutto perché avevo detto ai miei che doveva essere una donazione».

Dal canto suo il presidente Fontana, ha annunciato, tramite un comunicato, una querela nei confronti del Fatto quotidiano che ha anticipato il contenuto dell’inchiesta di Report, e ha diffidato la trasmissione di RaiTre «dal trasmettere un servizio che non chiarisca in maniera inequivocabile come si sono svolti i fatti». Nella nota Fontana ha ribadito la sua «totale estraneità alla vicenda» e ha precisato di aver «già spiegato per iscritto» agli inviati di Report di non sapere «nulla della procedura attivata da Aria spa» e di non essere «mai intervenuto in alcun modo». Ed ecco la replica di Ranucci (Report): «Non vedo proprio perché non dovremmo andare in onda. In fondo raccontiamo un bel gesto. Senza di noi e senza il Fatto Quotidiano nessuno avrebbe infatti saputo che l’azienda del cognato del presidente della Lombardia ha donato ai suoi cittadini materiale sanitario. E dal momento che Fontana dice di essere all’oscuro possiamo dire che tutto sia avvenuto a sua insaputa, sia in Regione che in casa. Insomma credo debba ringraziarci. Se non ce ne fossimo occupati noi avrebbe continuato a non sapere nulla».

In effetti a fine maggio risultano stornati i soldi con una nota d’accredito ma risulta piuttosto significativa la risposta di un appalto a sua insaputa che aggiunge un nuovo capitolo all’insaputismo dei nostri politici – alcuni dei quali negli anni hanno ricevuto appartamenti, favori, scambi e ogni volta ci hanno spiegato che non possono controllare tutto.

L’insaputismo del resto è lo stesso male che attanaglia quelli che continuano a concedere le piazze ai fascisti stupendosi poi che si comportino da fascisti oppure quelli che soffiano sulla violenza e poi si stupiscono della violenza oppure quelli che a sua insaputa hanno messo i malati in mezzo agli anziani delle Rsa.

Bisognerebbe scrivere una nuova legge morale: se qualcuno a sua insaputa è stato gravemente inopportuno allora è troppo superficiale per ricoprire un incarico pubblico. Solo così, forse, si potrebbe sconfiggere il virus dell’insaputismo che infesta la storia politica d’Italia.

Buon lunedì.

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Perché puntare il dito contro Fontana.

di  Marco Ferri   
Il punto non è che che la Giunta regionale della Lombardia sia stata inefficiente, ma che abbia agito nell’ambito di una logica politica che ha deliberatamente fatto a pezzi la Sanità pubblica, ha finanziato quella privata con oltre il 30% delle risorse pubbliche, che, per favorire i privati, ha desertificato la medicina di base. 

Il punto è che fedele a questa linea di condotta, la Giunta Fontana ha portato la regione alla catastrofe sanitaria, e non rendendosene conto, ha tentato di gestire la drammatica situazione con alterigia, retorica e fallimentari coup de theatre, come il flop dell’ospedalone nei padiglioni del Portello o la strage del Pio Albergo Trivulzio.

Coerentemente alla logica per cui il profitto è tutto, le associazioni degli industriali hanno caodiuvato le scelte della Regione: non sono state mai chiuse del tutto le fabbriche del bresciano e della bergamasca.

Come dice Guglielmo Forges Davanzati: “In sostanza, la malattia italiana consiste nell’avere una bassa domanda interna non compensata da una dinamica della domanda estera di importo sufficiente. La crisi sanitaria – e le guerre commerciali in atto – ovviamente amplifica questo fenomeno, giacché riduce le esportazioni nette. Va poi aggiunto che parte delle nostre esportazioni non sono altro che vendita di prodotti intermedi alla Germania o ai Paesi satelliti, così che la nostra crescita finisce per dipendere anche dagli ordinativi che arrivano dal nord d’Europa (*).” 

La polemica se toccasse alla regione o al Governo prendere la decisioni di istituire “zone rosse” è una porcheria degna della più sfacciata propaganda, tanto più che Fontana ha simulato fin da principio una pantomima secessionista, come a dimostrare la superiorità organizzativa della Lega nei confronti di Roma pigrona.

 Addirittura, si sono pervicacemente convocate conferenze stampa in competizione oraria con quelle della Protezione civile, che si sono poi dimostrate il palcoscenico della prodezze matematiche dell’assessore Gallera. 

Dunque, Fontana è stato efficiente nel perseguire una politica sanitaria sbagliata, nell’essere completamente succube alle volontà delle aziende che volevano consegnare le commesse – per paura di perdere fatturato e ordini, che sono venute prima della salute degli operai e delle loro famiglie, e dei loro vicini -, ligio alla consegna della propaganda antigovernativa, che è stata la perniciosa linea di condotta della Lega di Salvini, di cui Fontana si sente perfettamente organico, dimenticando che un presidente di Regione rappresenta la Stato, non la leadership di un partito. 

Una delle cose più nauseanti dell’emergenza Covid-19 è stata l’invenzione della categoria politica dei “Governatori del centrodestra”. 

La strage avvenunta nelle Rsa, il numero di morti a casa, tra atroci sofferenze, perché non c’erano posti letto, sono reati di cui Fontana forse risponderà davanti ai giudici. Dovrebbe farlo anche davanti alla sua coscienza, ma questo è un problema – e che problema! – tutto suo. 

Ma il fatto è che la gestione dell’emergenza ha messo a nudo che non solo il famoso “modello Lombardia” era un bluff, un trucco per spillare soldi sulla salute dei cittadini, e riceverne dalle casse della Regione, ma che tutta la Sanità pubblica italiana ha subìto da anni l’attacco delle privatizzazioni non solo delle prestazioni, ma anche del personale medico e paramedico, reso precario. Quando muoiono insieme pazienti, medici e infermieri significa che il sistema da sbagliato passa a criminale. 

Ecco allora che puntare il dito contro la Giunta Fontana è accusare quella classe dirigente che in Italia ha gestito la privatizzazione della Sanità pubblica, è accusare le politiche neoliberiste, che hanno tagliato welfare, schiacciato i salari, fatto a pezzi i diritti, prodotto disoccupazione e lavoro nero, è accusare l’imprenditoria italiana per l’ingorda miopia. 

L’uscita dalla pandemia è in realtà l’ingresso in una nuova durissima crisi economica. “L’economia italiana – dice ancora Guglielmo Forges Davanzati – arriva alla pandemia del coronavirus già in recessione e soprattutto in una traiettoria di declino che data almeno dalla svolta dei primi anni novanta. Si tratta di un arco temporale lungo, caratterizzato da una continua caduta della domanda interna e del tasso di crescita della produttività del lavoro. E si tratta di una stagione caratterizzata dalla sostanziale assenza di politiche industriali e dalla fiducia nelle privatizzazioni e nella deregolamentazione dei mercati, in particolare del mercato del lavoro.”

La novità è che la risposta non si cerca più nell’austerity, come è avvenuto con la crisi del 2008. Ma i consistenti finanziamenti pubblici annunciati non possono rimanere nella mani di chi ha condotto l’economia e la società di nuovo in un baratro. 

Il protagonismo delle istanze della base della società, cioè della classe lavoratrice, del precariato, delle donne, dei giovani disoccupati o malpagati, ma anche le intelligenze della ricerca scientifica, dell’ambientalismo, della creatività sono condizioni essenziali per svoltare la lunga gelida stagione del liberismo. 

Va organizzata e dispiegata una forte iniziativa politica per spingere a una corretta, lungimirante distribuzione dei finanziamenti pubblici promessi.

Mentre puntiamo il dito contro i responsabili, dobbiamo ricucire l’ordito di una nuova prospettiva economica e sociale, il tessuto di una nuova visione della politica. 

(*) G. Forges Davanzati, Il rilancio della domanda interna per uscire dalla recessione, “Nuovo Quotidiano di Puglia”, 6 giugno 2020.

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