venerdì 14 giugno 2019

NUOVA LEGA VECCHIA MAFIA


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In un paio di giorni l'Italia è sempre più un paese dove manifestare è sempre più difficile,pericoloso e passibile di galera e uno Stato dove la mafia può non solo continuare ma addirittura aumentare i propri introiti,vedi il decreto sbloccacantieri e la possibilità di subappaltare(vedi anche:madn un-governo-braccetto-con-la-malavita per quanto riguarda i tappeti rossi stesi dal governo ai mafiosi).
Gli articoli di Contropiano(mafia-e-manganello-le-due-facce-della-lega e salvini-provi-a-convincere-i-gabbiani-firmato-ue )parlano del decreto sicurezza bis che porta alla fase successiva un lavoro cominciato da Minniti e che come quello del rappresentante piddino valica la soglia di molti diritti visto che ci sono stati richiami ufficiali da molte parti anche in sede europea.
Proprio quell'Europa,soprattutto è scritto nel secondo contributo,che continua ad avvertire l'Italia che i conti non vanno bene e che le proposte del governo(flat tax)non coprono le spese preventivate oltre che ovviamente ad accontentare i ricchi che pagheranno meno tasse.
Interventi politici ed economici che ricadranno drammaticamente sulle spalle di milioni di persone mentre ancora ci dicono che i problemi sono l'immigrazione e ancora l'immigrazione,uno stratagemma che per ora ha funzionato bene per i leghisti(senza dimenticarci i grillini complici di queste decisioni)ma che potrebbe girarsi indietro con effetti devastanti per questi boriosi razzisti ignoranti.

Mafia e manganello, le due facce della Lega.

di  Claudio Avvisato 
Due notizie in poche ore che sembrano arrivare da universi agli antipodi. Eppure riguardano lo stesso partito – al governo – e lo stesso leader, Matteo Salvini.

La prima notizia, di ieri pomeriggio, è l’approvazione definitiva del cosiddetto “decreto sicurezza bis”, un dispositivo paranazista che ha dovuto cancellare parecchi dettagli rispetto alla prima versione per non rischiare di sbattere contro le eccezioni di costituzionalità già al primo esame del Presidente della Repubblica (peraltro, su questo tema, assolutamente “conciliante”).

La seconda, di stamattina, è l’arresto di Paolo Arata, ex consulente della Lega per l’energia ed ex deputato di Fi, e del figlio Francesco. Sono accusati di corruzione, autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni. Sarebbero soci occulti dell’imprenditore trapanese dell’eolico Vito Nicastri, ritenuto dai magistrati tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro.

Strano insieme, la Lega. Riesce a tener dentro le pulsioni peggiori travestite da “legge e ordine” e quel “partito degli affari” che collega senza soluzione di continuità imprese normali e prestanome mafiosi, lobbisti improvvisati e politici di sottobosco.

Ma andiamo con ordine.

Il decreto sicurezza, al primo articolo, “risolve” il rebus che ha tormentato il governo in questo primo anno: di chi è la competenza ad aprire o chiudere i porti a navi che hanno salvato naufraghi in mare? Vittoria totale di Salvini, perché tale potere viene attribuito al ministro dell’interno (si salvano le navi militari – per evitare il ripetersi del “caso Diciotti” – e “navi in servizio governativo non commerciale”; insomma, morte alle Ong).

L’articolo 2 inasprisce le pene pecuniarie per i comandanti di navi che “non ottemperino agli ordini” del ministro stesso.

Il 4 “potenzia le operazioni di agenti sotto copertura” allo scopo si “contrastare l’immigrazione clandestine”; il che, nel contesto “culturale” del decreto, significa mandare agenti infiltrati nelle organizzazioni umanitarie che ancora si sforzano di raccogliere migranti in mare.

Ma è l’articolo 6 il vero cuore del provvedimento. Vale la pena di riportarlo per intero, visto che diventa una modifica del codice penale: “Articolo 5-bis. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato e fuori dai casi di cui agli articoli 6-bis e 6-ter della legge 13 dicembre 1989, n. 401, chiunque, nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, lancia o utilizza illegittimamente, in modo da creare un concreto pericolo per l’incolumità delle persone o l’integrità delle cose, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile o in grado di nebulizzare gas contenenti principi attivi urticanti, ovvero bastoni, mazze, oggetti contundenti o, comunque, atti a offendere, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.”.

La traduzione è semplice: potete manifestare solo se ve lo permettiamo e se non fate nulla per farvi vedere (incriminare per l’uso di fumogeni – totalmente innocui – è davvero indicativo). In ogni caso, se vi carichiamo, non dovete disporre di nessun articolo di abbigliamento in grado di ridurre i danni derivanti dalle nostre manganellate (emblematico il caso del giornalista Origone, pestato a Genova, cui sono arrivate le scuse ma solo perché “purtroppo non era distinguibile da un manifestante”).

Guerra alle occupazioni, abitative e non, con la modifica del codice penale prevista dall’articolo 7: “Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con la reclusione da uno a cinque anni.”

E via indurendo, sugli stadi e altri temi di cui ci occuperemo dettagliatamente in altra occasione.

Tutta questa furia repressiva contro i più deboli (migranti, senza casa, opposizione politica) convive allegramente con il massimo del “garantismo” nei riguardi dei forti. Ricordate come Salvini e glia altri boss leghisti avevano difeso i loro sottosegretari Siri e Rixi?

Bene. L’operazione antimafia di stanotte va a colpire un ingorgo di interessi affaristici e mafiosi che hanno proprio nella Lega – come prima in Forza Italia, prima ancora della Democrazia Cristiana e alleati vari, e anteguerra nel regime fascista – il referente politico primario.

Come riferiscono le agenzie, l’arresto di Arata e figlio è stato disposto dal gip di Palermo Guglielmo Nicastro su richiesta della Dda guidata da Francesco Lo Voi (il magistrato candidato alla carica di capo della Procura di Roma contro cui si erano mosse le “longa manus” di Renzi, Luca Lotti e Cosimo Ferri, nel recentissimo “caso Palamara”).

Gli Arata sono indagati da mesi per un giro di mazzette alla Regione siciliana che coinvolge anche Nicastri, tornato in cella già ad aprile perché dai domiciliari continuava a fare affari illegali.

In questo business c’erano anche gli Arata che, secondo i pm, di Nicastri sarebbero soci. Oltre che nei confronti dei due Arata il giudice ha disposto l’arresto per Nicastri, la cui la misura è stata notificata in carcere in quanto già detenuto, e per il figlio Manlio, indagati pure loro per corruzione, auto riciclaggio e intestazione fittizia. Ai domiciliari è finito invece l’ex funzionario regionale dell’Assessorato all’Energia Alberto Tinnirello, accusato di corruzione.

Una tranche dell’inchiesta nei mesi scorsi finì a Roma perché alcune intercettazioni avrebbero svelato il pagamento di una mazzetta, da parte di Arata, all’ex sottosegretario alle Infrastrutture leghista Armando Siri. In cambio del denaro Siri avrebbe presentato un emendamento al Def, poi mai approvato, sugli incentivi connessi al mini-eolico, settore in cui l’ex consulente del Carroccio aveva investito.

Un vero ircocervo di tipo nuovo, la Lega di Salvini. Da un lato il manganello della polizia, dall’altra la “frequentazione” con interessi palesemente mafiosi, intermediati da un “responsabile energia” del partito, dunque un dirigente su base fiduciaria elevatissima, non uno che passava di lì per caso.

Il ministro dell’interno può anche dire che lui non ne sapeva nulla, ed anche il segretario della Lega. Certo che avere un ministro di polizia che non si accorge di promuovere – come segretario di partito – interessi criminali non è proprio un indicatore di efficienza…

Resta il fatto che le due notizie hanno anche un altro aspetto su cui riflettere.

La “stretta repressiva” contro i deboli trova tutti d’accordo (dettaglio più, dettaglio meno), soprattutto er quanto riguarda gli oppositori politici e sociali. E quindi non c’è alcuna resistenza sul piano legislativo e costituzionale (vedremo se qualche tribunale solleverà eccezioni, ma intanto questo orrore diventa legge…).

Ma il carrozzone leghista viene nuovamente investito da un’inchiesta da cui non è pensabile uscire politicamente indenni. Nell’immagine, nei rapporti clientelari e territoriali, ecc.

Se dovessimo dirla nei termini “politichesi”, questa inchiesta è un mini-siluro sulla corazzata legista, che nel frattempo viene avallata pienamente nella sua riscrittura reazionaria della “Costituzione materiale” di questo paese.

Il sospetto? E’ che questo regime reazionario in costruzione vada benissimo a chiunque – dall’Unione Europea agli Usa, dagli imprenditori locali a quelli multinazionali – stia ragionando su come “lavorarsi” il paese. Sul chi debba essere invece il “dittatore del futuro”, la partita è ancora aperta.

Al punto da far apparire Salvini per uno che lavora conto terzi.

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“Salvini, provi a convincere i gabbiani”, firmato UE.

di  Dante Barontini   
L’uomo che parla ai gabbiani è anche il più popolare d’Italia, stando ai voti raccolti alla europee. Ma ciò non ne fa l’uomo più potente d’Italia, per lo meno stando ai rapporti dentro il governo e anche stando alle reazioni degli stessi gabbiani.

E se un vicepremier lascia un vertice di governo per andarsene a blaterare in solitudine sul tetto del Viminale – mostrando involontariamente anche qualche timore verso gli agguerriti pennuti – forse è bene vedere nell’episodio un indicatore di difficoltà, invece che di potenza.

Al vertice di Palazzo Chigi il boss leghista si era presentato con la sicumera che si addice a chi ha una solida maggioranza nel paese, anche se non nel Parlamento (lì, bene o male, comandano ancora i grillini…). Flat tax sul piatto, per esaudire il desiderio sfrenato della sua vera base sociale – gli imprenditori di piccola taglia e di mezza tacca – che non vede l’ora di poter non pagare le tasse senza doversi svenare in spese per commercialisti e, soprattutto, senza più temere di trovarsi la Guardia di Finanza fuori la porta con un mandato in mano.

Gli evasori fiscali tipici, insomma.

Che siano questi i suoi veri e fedeli sponsor lo si può vedere da uno degli indubbi successi riportati da Salvini, il cosiddetto “sbloccacantieri”.

L’affidamento dei lavori in subappalto – vero paradiso per le mafie interessate ai lavori pubblici (grandi e piccole opere) – non può ora superare il 40% dell’importo complessivo del contratto di lavori. Apparentemente si tratta di un “cedimento” rispetto al 50% previsto dal testo originario del decreto, ma comunque è più del 30% previsto dal Codice degli appalti (di cui non a caso aveva chiesto la sospensione per due anni).

Della stessa natura è la sospensione fino al 20 dicembre 2020 (un anno e mezzo, non poco) l’obbligo per i Comuni non capoluogo di fare gare attraverso le stazioni appaltanti. Le amministrazioni che hanno qualche disponibilità da spendere – spesso del Nord e molto spesso leghiste – possono quindi darsi da fare senza troppi controlli preventivi (tutto lavoro per la magistratura, dopo…).

Coerente con questo approccio anche il congelamento per due anni del divieto del ricorso all’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione dei lavori. E quindi via libera alle grandi manovre per cui chi presenta un progetto poi non è detto che sia anche il responsabile dei lavori (e le mafie ringraziano, ancora una volta).

Tra i 40 e i 150 mila euro è previsto un affidamento diretto previa consultazione di tre operatori. Tra i 150 mila e i 350 si prevede una procedura negoziata con la consultazione di almeno 10 operatori, che diventano 15 fino a un milione. Consultazione, non gara. Si può tranquillante gestire un appalto a te, un altro a quell’altro, entro un piccolo ventaglio di “imprenditori amici”.


Salvati anche i gestori autostradali – in concessione su un bene di proprietà pubblica – la cui cessazione anticipata dovrà eventualmente essere vagliata dalla Corte dei conti, in modo da escludere la “colpa grave” del dirigente.

Nominati anche i commissari straordinari per il completamento del Mose e per il Gran Sasso. Ma in generale si prevede che per gli interventi infrastrutturali ritenuti “prioritari” il governo possa nominare uno o più commissari straordinari che potranno agire in deroga alle legge in materia di contratti pubblici. E quando di deroga, può accadere di tutto…

Piccolo cabotaggio, insomma, indubbiamente favorevole per il sottobosco imprenditoriale.

Ma quando si passa alla grande dimensione, alle misure che – eventualmente – dovrebbero essere approvate dalla Commissione Europea, tipo la flat tax che richiede coperture miliardarie sui conti pubblici, ecco che basta un Tria o un Conte a sbattergli la porta in faccia. Ossia quello che è avvenuto nel “vertice” di giovedì mattina.

Abbiamo dunque questo apparente paradosso rivelatore: il massiccio consenso elettorale può servire per “aggiustare” affari minori, ma è completamente inutile ai fini della decisione sulle politiche di bilancio, industriali, economiche, fiscali, di un paese.

Non è una cosa che ci sorprende, visto quel che andiamo scrivendo da anni su ruolo e natura dell’Unione Europea. Ma dovrebbe far pensare, come minimo, quanti ancora si illudono che si potrebbe “cambiare” la Ue conquistando la maggioranza in un paese (senza neanche prendere in considerazione l’ipotesi di quelli che vorrebbero “cambiarla” con un consenso elettorale da frazione marginale).

Come scrive l’economista Marco Veronese Passarella, “In un’economia con i conti esteri in ordine, i mercati finanziari giocano al ricatto solo se qualcuno ha consegnato loro le chiavi della banca centrale. Il che, d’altra parte, vuol dire che, una volta consegnate le chiavi, rompere il ricatto diviene un’impresa disperata. A neoliberisti & friends va dato atto che, mentre sul piano positivo ci azzeccano poco o nulla, la loro capacità di plasmare le istituzioni sulla base dei propri sistemi normativi è sorprendente.” 

E infatti l’Eurogruppo – un ente non previsto neppure dai trattati, ma che decide tutto in materia economica continentale – non molla la presa di un  millimetro. “L’Eurogruppo ha ascoltato le proposte della Commissione Ue sull’Italia e sostiene la richiesta di prendere le misure necessarie per rispettare le regole di bilancio“, ha detto il presidente Mario Centeno. Subito ringraziato dal commissario agli affari economici uscente, Pierre Moscovici: “c’è un chiaro sostegno per la nostra analisi e il nostro approccio, ora continuiamo con il lavoro preparatorio che può portare alla procedura, restando pronti a valutare ogni elemento che l’Italia può portare“.

Se persino un banale propagandista con il 34% è, alla fine fine, costretto a salire su tetto e farsi spaventare dai gabbiani, forse è il caso di cominciare a ragionare di cambiamento in termini un po’ meno “fantasiosi” o di piccolo cabotaggio…

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