mercoledì 10 gennaio 2018
ESISTE UN NAZIONALISMO ROSSO?
Tema importante non solamente elettorale è quello dell'Europa,se starci dentro o meno,e se nell'essere ancora presenti se usare ancora la moneta unica dell'Euro o tornare a monete nazionali,alla Lira che in tanti rimpiangono o altri conii.
Ne parla indirettamente,ma ho preso spunto in parte da questo articolo che pubblicizza un incontro che si terrà a Roma sabato prossimo organizzato dalla Rete dei Comunisti(contropiano )in quanto si parla sia di Europa ma anche del resto del mondo,inteso come Palestina.
La sinistra comunista italiana,e sono anni che lo faccio osservare,ha perso quel carattere di solidarietà attiva che viene promossa da sempre meno gente e per sempre più pochi casi concreti,quella mutualità che era parte fondamentale e prerogativa dei movimenti comunisti e socialisti degli scorsi decenni.
Solamente in pochi casi c'è qualcuno che di prima persona organizza incontri,viaggia e porta aiuto o si fa aiutare da compagni e attivisti di altri luoghi,la maggioranza ora al limite ne discute o posta qualche articolo o foto che magari poi nemmeno legge e che riguardano soprattutto Sud e Centro America,qualcosa dell'Africa e dell'Asia ma mica tanto.
Si parla di un Europa che da quando è nata ufficialmente ha usato modalità diverse su questioni nazionali,dalla Spagna alla ex Jugoslavia passando all'Ucraina e alla Gran Bretagna,alcuni metodi decisamente forti e violenti ed altri più soft.
Sappiamo che una divisione di tipo estremo come la secessione in Italia non se ne parla così come come per la Catalogna,e che quella che voleva la Lega negli anni novanta ormai non e proposta nemmeno più dai suoi capi,ma questioni presenti da decenni come quella irlandese e quella basca e catalana sono molto sentite ancora dal movimento antagonista italiano ma non dalla politica di sinistra che vorrebbe(e dovrebbe)racchiudere tutti questi elementi.
Ma che sinceramente non riesce a farlo o per lo meno non in un modo unico ma frammentato in mille sottoinsiemi che si somigliano tutti ma che hanno qualche punto di rottura rispetto ad altri,in una successione lineare di pensiero ma comunque divisa allo stesso tempo.
Catalogna, Donbass, Palestina: la questione nazionale interroga i comunisti.
di Rete dei Comunisti
L’esplosione della vicenda catalana ha dimostrato quanto, nell’Unione Europea del XXI secolo, la questione nazionale sia ancora vigente e prioritaria, smentendo quei profeti che, superficialmente, preconizzavano il tramonto degli stati nazionali in epoca di “globalizzazione”.
La lotta per l’autodeterminazione, di nuovo, rappresenta in vari territori dell’Europa un formidabile motore di mobilitazione popolare e costituisce uno strumento attraverso il quale alcune classi sociali – in particolare la piccola borghesia e le classi subalterne colpite da anni di austerity – manifestano un disagio e un desiderio di rottura nei confronti dell’attuale assetto istituzionale dominato dallo svuotamento della democrazia formale a favore di una governance ordoliberista gestita da istituzioni sovranazionali che non prevedono la legittimazione e il consenso popolare.
In generale si può affermare che, se il processo d’integrazione ha svuotato di sovranità i governi e le istituzioni nazionali, espropriate a vantaggio delle istituzioni comunitarie (formali e informali fa poca differenza), nel continente è in corso ormai da tempo un processo di ricentralizzazione che accentua il carattere autoritario e reazionario degli stati amplificandone le funzioni coercitive e di controllo, sia nei confronti di eventuali ribellioni di natura sociale sia di qualunque altra contraddizione possa mettere a rischio una stabilità interna indispensabile a consentire al polo imperialista europeo di reggere una competizione internazionale sempre più feroce.
La vicenda catalana ha messo, finora, in evidenza la rigidità di una Unione Europea che di fronte al manifestarsi di un conflitto nazionale al suo interno non sa e non può fare altro che sostenere incondizionatamente lo Stato-Nazione di riferimento.
La questione nazionale si pone oggi, nel continente europeo, sia a partire dal recupero della sovranità popolare in quegli stati che fanno parte dell’Unione Europea e che ne sono stati espropriati, come i Pigs, o che pur non facendone parte sono già ingabbiati all’interno del suo spazio economico e normativo – si veda la sponda sud del Mediterraneo – sia in relazione al diritto all’autodeterminazione delle nazioni senza stato che invece proprio negli Stati trovano un muro, una barriera invalicabile sostenuta dall’Unione Europea e dalle sue istituzioni.
Non può sfuggire che uno dei momenti fondativi, costitutivi dell’Unione Europea è stata la disgregazione violenta della Jugoslavia da parte di una Germania che ha soffiato sul fuoco dei nazionalismi pur di assorbire nella sua orbita alcuni territori a spese dell’ex stato federale. Ma quel principio di autodeterminazione della Croazia, della Slovenia e della Bosnia, difeso manu militari dalla costituenda Unione Europea – oltre che dagli Stati Uniti – non è ora riconosciuto da Bruxelles ai catalani mentre rispetto agli scozzesi si dimostra una certa tolleranza dopo la Brexit decisa da Londra.
D’altra parte, l’UE non ha esitato, pur di allargare fino a Kiev la sua area di influenza, a sostenere un golpe reazionario e a sdoganare i fascisti e i neonazisti ucraini appoggiando al contempo una criminale guerra contro le popolazioni russe dell’est del paese il cui il diritto all’autodeterminazione, di nuovo, Bruxelles non vuole riconoscere. In Palestina intanto l’occupazione israeliana si fa ancora più feroce grazie anche alla complicità di un’amministrazione Trump che provocatoriamente ha deciso di riconoscere Gerusalemme come capitale del cosiddetto ‘Stato Ebraico’.
I comunisti hanno, nel corso della loro storia, affrontato la questione nazionale in diversi modi, attraverso diverse chiavi di lettura, a seconda delle epoche, dei contesti, delle necessità concrete del momento. Non si può quindi affermare che esista, all’interno del movimento comunista, un’unica chiave di lettura su questo tema, un modello da applicare sempre e comunque. Ci dobbiamo quindi affidare dall’analisi concreta della situazione concreta, forti dell’analisi e dell’esperienza storica di quei leader e di quei movimenti, in particolare Lenin, che con il diritto delle nazioni all’autodeterminazione si confrontarono direttamente all’interno di un contesto rivoluzionario.
Su questi temi invitiamo tutti a confrontarsi in un incontro che si terrà a Roma il prossimo 13 gennaio dal titolo “I comunisti, l’Unione Europea e l’autodeterminazione dei popoli”.
Nei prossimi giorni, inoltre, il nuovo numero della rivista Contropiano conterrà un documento della Rete dei Comunisti sull’analisi di fase a livello internazionale ed un altro contributo che ricostruisce l’evoluzione del pensiero di Lenin proprio sulla Questione Nazionale.
Rete dei Comunisti
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I comunisti, l’Unione Europea e l’autodeterminazione dei popoli
Il caso catalano interroga i comunisti sull’attualità della questione nazionale
Sabato 13 gennaio, ore 16.30
Impact Hub Roma, via dello Scalo San Lorenzo 67
Coordina: Giampietro Simonetto – Coordinamento Nazionale Rete dei Comunisti
Relazione di Marco Santopadre – Coordinamento Nazionale Rete dei Comunisti
Interventi di:
Maurizio Vezzosi – giornalista, esperto di Donbass
Bassam Saleh – attivista palestinese
Eleonora Forenza – Europarlamentare PRC
Marco Morra – attivista Laboratorio Casamatta Napoli
Alessandro Giardiello – Sinistra Classe Rivoluzione
All’iniziativa sono invitati a partecipare e ad intervenire: Partito Comunista Italiano, FGCI, Collettivo Genova City Strike, Collettivo Militant, Sinistra Classe Rivoluzione, Associazione Marx XXI, Fronte Popolare, Laboratorio Casamatta, Comitato Palestina nel Cuore…
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