In puro stile anonima sequestri un commando di poliziotti italiani e digossini,istruiti direttamente dal governo del Kazakistan e dalla persona del loro ambasciatore sul nostro suolo,hanno prelevato ed estradato le due persone come se niente fosse,senza che il ministro dell'interno Alfano ne fosse a conoscenza(così dice lui).
Quando è saltata fuori la grana è successo un putiferio internazionale,con la nostra solita figura di merda in ambito internazionale ed il richiamo ufficiale dell'Onu e di tutte le organizzazioni che si battono per i diritti umani,con i kazaki che praticamente hanno comandato le operazioni assieme al Viminale secondo le ultime indagini,con l'ambasciatore Yelemessov che aveva detto che all'interno dell'abitazione dove sono state prelevate madre e figlia vi fosse un latitante armato.
Ultimo atto per ora è stato il voto di sfiducia ad Alfano che naturalmente non è stata approvata grazie all'intervento del Pd e di Letta in prima persona che ha difeso a spada tratta il ministro dell'Interno in un gioco sempre più sporco,sempre più insano e che fa sì che le due maggiori forze presenti numericamente nella maggioranza se ne stiano tranquillamente sedute sui propri scranni.
Voglio terminare citando un link di Senza soste che contiene sia il contributo sotto che un altro pezzo in cui si parla della ragione principe per cui in questa vicenda ci sia stato così tanto servilismo,ovvero gli interessi energetici che l'Italia ha in Kazakistan(http://www.senzasoste.it/politica/caso-kazako-tra-servilismo-e-incapacita-e-gas ).
Caso kazako. Tra servilismo e incapacità.
La
vicenda del caso di Muktar Ablyazov-Shalabayeva è stata degna di entrare
all'onor di cronaca delle maggiori testate giornalistiche solo negli ultimi
giorni. Eppure risale alla notte del 29 maggio quando a Roma un ingente gruppo
di forze dell'ordine e digos ha fatto irruzione in una casa al cui interno si
trovavano la moglie di Ablyazov e la figlia, con un mandato di cattura alla mano
per quello che viene definito un "dissidente politico", e il conseguente
rimpatrio forzato in Kazakhstan per le due famigliari.
Su Ablyazov pende infatti un mandato di cattura
internazionale emesso dal Kazakistan e valido anche in Russia. Considerato il
nemico numero uno del presidente del Kazakistan, Nursultan Nazabarayev, Ablyazov
è anche ricercato dalla Gran Bretagna dove gode di uno status un po'
particolare: da un lato gli è stato riconosciuto l'asilo politico, dall'altra è
sotto accusa per non essersi presentato a un processo per la sottrazione di 5
miliardi di euro alla banca di cui è stato a lungo presidente (la BTA). Per
questo è stato condannato a 22 mesi. Quello che più risalta nella vicenda, senza
soffermarci troppo sulla figura di Ablyazov, sono tuttavia ben altre
considerazioni riguardo a quanto sta uscendo nelle ultime ore attraverso
dichiarazioni et simile che sembrano aver messo in moto un meccanismo che
coinvolge diversi aspetti di un potere attuato e di un servilismo concesso. A
partire dall'utilizzo del termine e della conseguente applicazione della
categoria "dissidente" con la quale è stato etichettato Ablyazov, che risulta
essere il costrutto residuale dell'imperialismo umanitario anni '90, per
legittimare in qualche modo le azioni riservate ai casi particolari come questo.
Eppure, Ablyazov certamente non fa parte di nessun movimento di liberazione né
tanto meno è un rappresentante di una lotta specifica nella stessa direzione.
Eppure le associazioni umanitarie eccedono nell'utilizzo del concetto, forti
delle considerazioni fatte invece dalle autorità del Kazakistan che lo ritengono
"un criminale collegato al terrorismo internazionale", che già la dice lunga
sull'implementazione di costrutti sovradeterminati.
Ma a tener banco in questa vicenda, sono ancora
una volta le questioni economiche e politiche nel connubio di politica estera e
energetica che riguarda l'Italia, soprattutto dopo la crisi libica e il colpo
franco statunitense alla Libia con l'estromissione di Roma. A partire da quel
momento, inizia a mancare per l'Italia il gas proveniente dalla Libia e gli
interessi strategici che vi sono dietro. Da qui il repentino tentativo di
spostarsi sul territorio dell'Azerbaijan, ritenuto un partner troppo poco
affidabile e la successiva necessità di tessere relazioni e rinsaldare legami
commerciali e economici con il Kazakhstan. Questo è dovuto anche al ruolo della
Russia nella questione energetica petrolifera e i rapporti che i due Paesi
hanno.
All'interno di questo quadro, si profila quindi
una sceneggiata facilmente ricostruibile. L'interesse nazionale in materia
energetica sovrasta su tutte le altre questioni, dando vita di riflesso ad un
problema politico: tra accuse, smentite, dichiarazioni e lavate di mani, si
trova l'equilibrismo perenne in cui oscilla Letta. All'interno del così chiamato
governo delle larghe intese, vi è da una parte il Pdl che sembra avere un
margine di manovra più esteso rispetto a quello del Pd, dovuto anche dalla linea
berlusconiana di attuare un tentativo, fallito miseramente, di ritagliarsi una
sfera di autonomia in Est Europa. Certo è che questo governo, giusto per non
smentirsi, dimostra ancora una volta la sua incapacità nel gestire situazioni in
cui prevale il caos sistemico che rende difficile ogni politica estera che sia
un minimo organica. Un problema endemico destinato a ripetersi in
futuro.
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