mercoledì 30 giugno 2010

BISOGNA PORTARE FUORI LA SPAZZATURA

Articolo interessante postato da Indymedia Lombardia e che riprende la notizia data da un compagno di Crema inguaiato con l'ingiustizia per aver manifestato il proprio dissenso nei confronti di quell'aborto umano gigantesco di Giuliano Ferrara che ha ontato della sua viscida presenza la città dove abito due anni orsono.
Che a Crema digossini e sbirri non abbiano un cazzo da fare è appurato,e oltre prendere qualche pischello con grammi di fumo oppure arrestare i mendicanti quando ci sono eventi e manifestazioni di un certo spessore dove personaggi come Ferrara e Magdi Allam allora la città si riempie di sbirri pronti per denunciare a casaccio chi si oppone a queste squallide presenze.
Il fatto che racconta questo ragazzo,Domenico,però è da trattare anche per un altro verso,ovvero lo sbirro che il ragazzo non ha nè ingiuriato nè minacciato(i soliti giochetti di questi questorini capricciosi)è difeso da un avvocato che suona pure in un gruppo hardcore della zona,i Nettezza Umana,che spesso si esibiscono in centri sociali e feste antifasciste.
Tale persona in qualità di libero professionista può scegliere benissimo chi rappresentare o meno,e la scelta di voler difendere uno sbirro di merda la dice lunga su quello che pensa questo avvocato...senza voler etichettare un musicista


"Anomalie" della vita e avvocati chitarristi!


Un saluto a tutt*,sono Domenico.Lo scorso mese presso il tribunale di Crema,si è svolta la prima udienza del cosidetto "processo Ferrara",strascico giudiziario frutto della calata in città del direttore del Foglio,che due anni fa venne a presentare la sua lista Aborto? No grazie! , dove io risulto l'unico imputato.Non starò a raccontare tutte le cavolate che la digos locale ha voluto scrivere su alcuni fottuti fogli di carta per giustificare tale processo, d'altronde non credo nemmeno interessi a qualcuno entrare nelle pieghe della giustizia borghese,io stesso ho la mente ed il cuore altrove... in questo momento il mio impegno è rivolto alla lotta contro tutti i lager di stato,la questione del nucleare,il razzismo dilagante,la battaglia contro la discarica d'amianto di C. Cantone ecc. ecc.In questo processo sono "accusato" di aver ingiuriato e minacciato un rappresentante delle forze dell'ordine,tale Pierluigi L. Oltre il giudizio penale, in caso di condanna ci sarà pure il rito civile ,visto che c'è anche una querela di parte presentata dal poliziotto stesso.ma arriviamo al dunque...L'avvocato di parte civile,cioè colui che prende le difese dello sbirro è tale M.S.(ometto volutamente di mettere il nome per intero per non calcare troppo la mano)il quale in prima udienza ha chiesto al giudice come risarcimento danni per il suo assistito 5000 €.Tale M.S. oltre a fare l'avvocato,nella vita privata suona la chitarra in un gruppo punk (...) locale e la band porta il nome di :Nettezza Umana.Questo gruppo, spesso e volentieri ha suonato e tuttora suona in centri sociali,spazi occupati,feste antifa e quant'altro graviti nella sfera dei compagn@ più o meno organizzati.Ora,lungi da me dal dare indicazioni sul comportamento che i compagn@ stessi dovranno tenere nei confronti di questa persona o del gruppo in questione(ognuno risponda a coscienza),il mio dovere morale era ed è semplicemente quello di mettere al corrente "l'anomalia",di segnalare un problema che secondo me esiste e va affrontato senza esagerazioni alcune,di certo personalmente non vorrei capitare in un posto di compagni/e a bere una birra spalla a spalla col "personaggio" in questione!Questo è tutto.P.S.Aldilà di tutto, oggi come allora solidarietà al genere femminile continuamente attaccato da una società fottutamente patriarcale e clerico-fascista.anarchicamente saluto,Domenico.
narodibrutto@libero.it

Difende gli sbirri ma suona hardcore.

Cercate anche voi le incongruenze!
Da Indymedia Lombardia apprendiamo che ad XXXX, nel processo che lo vede imputato per minacce ed ingiurie ad uno sbirro, vengono richiesti 5000 euro di risarcimento. Questo avviene, durante la prima udienza, ad opera dell'avvocato difensore dello sbirro,IL CHITARRISTA DEI NETTEZZA UMANA, gruppo hardcore da anni sulle scene nel circuito centri sociali e antifascismo. Dovrebbero suonare a Brescia il 15 luglio al concerto antifascista.
Non servono altre parole.

scelta di campo.

Questo è il sito del gruppo.http://www.myspace.com/nettezzaumana/
C'è scritto che suoneranno al Festival Antifascista (organizzato da compagni) vicino a Brescia il 15 luglio. Magari in attesa di chiarire la questione (non è che ci sia molto da chiarire) si può anche evitare di farli suonare.
Per quanto riguarda il gruppo (non la singola persona)... se la notizia è confermata... (non credo ci siano margini di errore su una cosa del genere) occore pretendere che il gruppo faccia una scelta di campo.Se vogliono far parte della scena che suona ai festival autogestiti legati al movimento o se vogliono solo fare i musicisti... niente in contrario (non si può pretendere che un gruppo abbia coscienza politica solo perchè suona punk/hc)... ma o di qua o di là...

martedì 29 giugno 2010

TUTTE LE"CASE"DI TARICONE

Che tristezza l'informazione italiana che ha visto catalizzare le proprie ultime notizie sulla morte di un tamarrissimo come Pietro Taricone che ha fatto della vendita della propria immagine e dell'essere coatti un'ideale di vita cui ha fatto seguito un enorme afflusso di cervelli sminchiati dal mito del tutto e subito e della decerebrazione televisiva.
Che tristezza non per la sua morte che anche nella tragicità dell'evento in se comunque ha tolto di mezzo un fascista dalla circolazione,c'è rammarico per come un"personaggio"creato dalla televisione sia stato glorificato e mitizzato per la sua ignoranza,diciamocelo chiaro,uno che afferma:"CasaPound mi piace moltissimo, mi piace il mutuo sociale, mi affascina l'idea del 'fare' a prescindere dalle ideologie"non è tanto sveglio,dire che Fogna Pound non sia un movimento basato su ideologie(in questo caso nazifasciste)è un'assurdità che solo persone come Taricone possono pensare.
Un passaggio da meteora,dalla casa del grande fratello,alla casa pound e infine alla casa della grande morte...suvvia,basterà non prestare troppa attenzione alla notizia che terrà banco per una settimanella e poi pure lui cadrà nel dimenticatoio com'è giusto che sia.
I due articoli successivi sono presi da Roma.Indymedia a firma di Doriana Goracci ed il secondo direttamente da quella cloaca di Ca$$a Pound Italia quando Taricone fece da padrino alla nascita del"Gruppo Istinto Rapace",che è stata,guarda caso la coincidenza,pure la sua tomba.

Pietro Taricone nella Casa della Grande Morte.

Il profilo di Pietro Taricone è quello di un ragazzo che la notorietà straordinaria avuta con la prima edizione del Grande Fratello Italiano, ha fatto diventare realtà vincente, la reality dimessa e provinciale di un qualunque ragazzo italiano. Prestante, senza essere un gigante, nè fisicamente nè per le sue doti artistiche, è morto in una prova di atterraggio con l'elicottero. In campo anche la compagna.In un' intervista di Luca Barbareschi, pochi mesi fa raccontò la sua vita e si prestò alle punture degli aghi...
Pietro Taricone,parlò anche nella primavera del 2009, di un' altra Casa: CasaPound. "CasaPound mi piace moltissimo, mi piace il mutuo sociale, mi affascina l'idea del 'fare' a prescindere dalle ideologie. Credo che in questo sia il futuro della politica": ieri sera si è presentato nello stabile occupato di via Napoleone III per la conferenza 'Nicola Bombacci e la sinistra fascista', un incontro con Francesco Mancinelli, di 'laboratorio Perimetro' e il rettore della Libera Universita' 'San Pio V' di Roma, lo storico Giuseppe Parlato, tra i maggiori esperti dell'argomento. Vederlo nella gremita sala conferenze di CasaPound e' stata una sorpresa anche per gli organizzatori, che proprio contro quel 'Grande Fratello' che nel 2000 aveva dato la notorieta' a Taricone avevano messo a segno una clamorosa azione nel 2008, assaltando, al grido di 'La casa non e' un gioco', la 'bolla', la tensostruttura costruita a Ponte Milvio per ospitare gli aspiranti concorrenti, per rivendicare il diritto alla proprieta' della casa e chiedere l'introduzione del 'mutuo sociale'. "Ero curioso - ha spiegato Taricone all'Adnkronos- Seguo CasaPound da tempo e mi piace il suo approccio fattuale alle cose. Credo che l'impegno su azioni concrete che parta dai giovani sia il futuro in una societa' in cui i partiti sembrano sempre piu' scatole vuote, scollegate dalla societa'". A Taricone è piaciuta l'iniziativa del tavolo sull'omofobia che Cpi ha promosso con Paola Concia e alcune componenti del movimento glbt, cosi' come l'impegno nei confronti della popolazione abruzzese colpita dal terremoto. E a chi gli chiede ''ci verresti a CasaPound a fare un incontro sul 'Grande Fratello'? risponde ridendo: ''Si', ci verrei. Sarebbe catartico''
.Non so se quello del paracadutismo era un hobby per tenersi in allenamento, se era una passione a prescindere: "Era sceso in campo con il "Gruppo Istinto rapace". Sono gli ’arditi’ della scuola di paracadutismo sportivo di CasaPound Italia. Un’iniziativa che ha un ‘padrino’ d’eccezione, l’attore Pietro Taricone, che si è fatto promotore dell’incontro tra Cpi e 'The zoo', la scuola di Riccardo Paganelli con sede a Terni."So che non è reality ma una permanenza breve sulla terra, un morire senza senso.E tra le Braccia della Grande Morte,di piccole non ce ne stanno, è finita la sua vita, breve. Aveva 35 anni da 4 mesi e non sarà più il padre di una bambina di 6 anni.

"Gruppo Istinto Rapace"

Roma, 15 febbraio - Scende in campo il ‘’Gruppo Istinto rapace’’. Sono gli ’arditi’ della scuola di paracadutismo sportivo di CasaPound Italia. Un’iniziativa che ha un ‘padrino’ d’eccezione, l’attore Pietro Taricone, che si è fatto promotore dell’incontro tra Cpi e 'The zoo', la scuola di Riccardo Paganelli con sede a Terni. L’obiettivo dell’operazione è rendere accessibile a tutti uno sport normalmente molto costoso. E infatti l’accordo tra Cpi e la scuola di Terni si basa su una sorta di ‘prestito d’onore’. In pratica, il corso, a prezzo di costo, 1.275 euro, potrà essere pagato in rate mensili da 100 euro, delle quali sarà CasaPound Italia a farsi garante.‘’Niente finanziamenti, niente banche, ma un accordo che si fonda su una stretta di mano: praticamente una rivoluzione - spiega Fabrizio Croce, responsabile sport di CasaPound Italia - E’ una vittoria per noi, di quelle che contano. Significa offrire ai ragazzi la possibilità di iniziare uno sport che non promette telecamere o vetrine ma che senza dubbio consente di crescere, come individui e come gruppo. Significa dimostrargli che la ‘parola d‘onore’ ha ancora un valore. Insomma, e’ un progetto che ha tante implicazioni, nel quale crediamo molto e sul quale vogliamo investire. A coordinarlo per Cpi sarà Tiziano Nocilli e la sua prima ‘missione‘ sarà la nascita di una squadra acrobatica di CasaPound Italia’’.‘’Quando ho cominciato a ‘lanciarmi’ mi sono innamorato di questo sport - racconta Pietro Taricone - 'Saltare' da 4.500 metri con un paracadute a profilo alare è un’esperienza unica, che vorrei potessero conoscere anche altri. Lo sport ci aiuta a crescere, a incanalare le energie nel giusto modo, a stare lontani da quelle derive nichiliste che continuano a cercare di imporci come modelli culturali. Avvicinare i ragazzi allo sport, dargli una mano a comprendere e amare anche quelle discipline che finora sono rimaste privilegio di pochi è il mio modo di fare volontariato. E con CasaPound Italia su questo siamo in totale sintonia: l’incontro con Cpi è stato fortuito, ma ho capito subito di aver trovato l’interlocutore giusto, per concretezza, pulizia e voglia di fare’’.L’iniziativa partirà ufficialmente domenica 28 febbraio, con una giornata di festa e sport organizzata all'aviosuperficie di Terni. Sarà un primo incontro, in cui si raccoglieranno le adesioni e chi sarà presente potrà ’lanciarsi’ in tandem con l’istruttore a 180 euro o provare l'emozione di un 'viaggio passeggero' accanto al pilota del Cessna 675 Caravan della scuola.

lunedì 28 giugno 2010

GENOVA TRA IERI ED OGGI

Prendo spunto da una protesta dei centri sociali e degli anarchici a fronte di una manifestazione fascista di Forza Nuova-Vecchia Merda avvenuta sabato pomeriggio a Genova per rimandare ad un anniversario importante che è quello del 30 giugno del 1960 quando nel capoluogo ligure ci fu una sommossa popolare di migliaia di persone contro la scelta del'MSI di tenere il propiro congresso proprio nella città medaglia d'oro per la Resistenza.
Scontri che portarono l'allora governo Tambroni(tenuto assieme da democristiani e fascisti)alla fine della sua esistenza dopo che pure a Reggio Emilia in misure molto più tragiche ed in numerose città italiane si tennero manifestazioni di protesta.
L'articolo di Indymedia Piemonte preso dal quotidiano genovese"IlSecolo XIX"riguardo ai fatti dell'altroieri e la pagina di Wikipedia che tratta dei fatti di Genova sono i due contributi al post di oggi.

[Genova]Corteo Forza Nuova, scontri tra anarchici e sbirri.

Una cinquantina di giovani anarchici e dei centri sociali ha contestato nel primo pomeriggio, incendiando e rovesciando cassonetti della spazzatura, un comizio del movimento di estrema destra Forza Nuova nel quartiere genovese di Marassi.
Anarchici contestano comizio di Forza Nuova
Una cinquantina di giovani anarchici e dei centri sociali ha contestato nel primo pomeriggio, incendiando e rovesciando cassonetti della spazzatura, un comizio del movimento di estrema destra Forza Nuova nel quartiere genovese di Marassi.
Gli anarchici, con caschi da motociclista ed il volto coperto da foulard, sono stati separati dal raduno di un centinaio di aderenti a Forza Nuova, in piazza Manzoni, da un folto gruppo di poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa.
Da via Canevari, sull’altra sponda del torrente Bisagno, i giovani di estrema sinistra hanno tentato di attraversare il ponte di Castelfidardo, ma sono stati dissuasi dalla massiccia presenza di forze dell’ordine. Due cassonetti sono stati dati alle fiamme e numerosi altri sono stati rovesciati al loro passaggio in corso Galliera e corso Sardegna.
I giovani di estrema sinistra avevano uno striscione con la scritta «Genova Antifascista».
In piazza Manzoni era atteso il segretario nazionale di Forza Nuova, Roberto Fiore, per un comizio. Numerose le bandiere del movimento di estrema destra e le croci celtiche.
Il corteo si è sciolto poco dopo le 17 in piazza Romagnosi, ma prima ha tentato di venire a contatto con la manifestazione di Forza Nuova da corso Galliera, ma l’imponente schieramento di Polizia e Carabinieri l’ha impedito.
Così i giovani hanno bloccato il traffico in corso Sardegna, rovesciando in totale una decina di cassonetti della spazzatura. Visto l’imponente schieramento di forze dell’ordine, più di duecento tra poliziotti e carabinieri il corteo di anarchici è indietreggiato verso lo stadio Luigi Ferraris sciogliendosi in piazza Romagnosi, dove il partito della Rifondazione Comunista aveva organizzato una protesta pacifica contro il comizio di Forza Nuova.
Due fotoreporter sono stati aggrediti alle spalle senza danni da un gruppo di anarchici, che con la scusa di chiedere loro una sigaretta hanno tentato di colpirli a calci e pugni.
Da Il Secolo XIX: http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2010/06/26/AMDLGooD-anarchici_contest...
Si ricorda a tutti i compagni che il 3 Luglio si terrà a Genova un corteo antifascista e anticapitalista, per rendere viva la rivolta popolare del 30 Giugno 1960!
Fatti di Genova del 30 giugno 1960.

Con la locuzione Fatti di Genova del 30 giugno 1960 ci si riferisce agli scontri seguiti al corteo indetto dalla Camera del Lavoro e appoggiato dall'opposizione di sinistra il 30 giugno 1960 per protestare contro la convocazione a Genova del sesto Congresso del Movimento sociale italiano.

Il governo Tambroni.
A marzo del 1960 l'esponente democristiano Fernando Tambroni ebbe l'incarico di formare un governo per sostituire quello guidato da Antonio Segni appena dimessosi. Il 21 marzo nell'ottenere la fiducia alla camera Tambroni fu votato anche dai deputati missini. Quando apparve che i voti missini erano fondamentali per la "tenuta" del governo, Tambroni fu fatto oggetto di feroci critiche ed accuse di filo-fascismo e dovette dimettersi. Alternandosi fra nuovi tentativi di formare governi si arrivò al 4 aprile quando Tambroni ottenne la fiducia grazie all'appoggio esterno dell'MSI. Nel frattempo montava l'opposizione contro il governo Tambroni accusato da sinistra di aprire le porte ai neofascisti.

Il sesto congresso del MSI.
La decisione presa nel maggio 1960 dal Movimento sociale italiano di convocare il suo sesto congresso a Genova, città decorata medaglia d'oro della Resistenza in cui era partita l'insurrezione del 25 aprile, fu presa come scusa per cercare di indebolire il Governo Tambroni. Va detto, inoltre, che il precedente congresso missino si era svolto a Milano, anch'essa decorata con la medaglia d'oro, senza alcun tipo di protesta dove i missini appoggiavano la giunta comunale fin dal '56. Inizialmente la convocazione del Congresso missino al teatro Margherita in via XX settembre non suscitò alcun tipo di reazione in città.

La reazione della sinistra.
Solo il 6 giugno i rappresentanti locali dei partiti comunista, radicale, socialdemocratico, socialista e repubblicano fecero stampare un manifesto in cui denunciando il Congresso missino come una grave provocazione, lo additavano a il disprezzo del popolo genovese nei confronti degli eredi del fascismo. Il 25 giugno durante un corteo di protesta vi furono alcuni incidenti con la polizia. Nel corso di tale corteo si decise di indire un comizio per il 2 luglio nel corso del quale sarebbe intervenuto Ferruccio Parri.
A rendere ancora più incandescente la situazione intervenne la falsa notizia della partecipazione ai lavori del congresso di Carlo Emanuele Basile prefetto della città ai tempi della Repubblica Sociale Italiana. Basile era conosciuto in città per gli editti che minacciavano la deportazione degli operai rei di sciopero bianco. In verità si trattava di Michele Basile, avvocato di Vibo Valentia. Secondo Donato Antoniello e Luciano Vasapollo in Eppure il vento soffia ancora la presenza di Carlo Emanuele Basile invece sarebbe stata annunciata dai dirigenti del MSI come quella di Junio Valerio Borghese e citano come riferimento il libro di Nicola Tranfaglia Le Piazze. Il 28 giugno Sandro Pertini affermando la sua opposizione al congresso disse:
« La polizia sta cercando i sobillatori di queste manifestazioni, non abbiamo nessuna difficoltà ad indicarglieli. Sono i fucilati del Turchino, di Cravasco, della Benedicta, i torturati della casa dello studente»
Il 30 giugno la Camera del Lavoro cittadina indisse uno sciopero generale dalle 14 alle 20, a cui si sarebbe aggiunto un lungo corteo per le strade della città ma quando la testa del corteo giunse in Piazza De Ferrari in cui sostavano alcune camionette della polizia la situazione si surriscaldò. Le camionette della celere furono circondate dai manifestanti e gli agenti insultati e minacciati anche con spranghe di ferro. Nella descrizione di un giornalista del Corriere della Sera:
« Giovanotti muscolosi si applicavano a divellere cassette di immondizie, a staccare dalle pareti di un portico riquadri con i programmi deicinematografi, a spaccare i cavalletti che recingevano un piccolo cantiere di lavori in piazza De Ferrari. Nelle mani dei manifestanti comparvero, stranamente bombe lacrimogene. La sassaiola contro la polizia era incessante. Un agente fu buttato nella vasca della fontana di piazza De Ferrari, altri vennero colpiti dalle pietre e andarono sanguinanti a medicarsi»
Nelle foto della manifestazione si vedono sia politici che comandanti partigiani che sfilano preceduti dai Gonfaloni della città.
In serata il questore Giuseppe Lutri comunicò al Governo l'impossibilità di garantire lo svolgimento del Congresso missino.

L'annullamento del Congresso.
Il giorno seguente, il Governo in difficoltà propose di spostare il Congresso a Nervi, ma il direttivo del Movimento Sociale, guidato da Arturo Michelini, respinse la proposta e decise di annullare la manifestazione denunciando: "le gravissime responsabilità che da un lato i sovversivi e dall'altro il governo si sono assunti nel rendere praticamente irrealizzabile un congresso di partito e nel tollerare una sfrontata violazione del codice penale vigente".
Il 6 luglio a Roma presso la Porta San Paolo fu indetta una nuova manifestazione contro il governo che, vietata all'ultimo, porto a incidenti con la polizia nel corso dei quali morì l'agente Antonio Sarappa. Altre manifestazioni si svolsero poi nei giorni seguenti tra cui quella drammatica di Reggio Emilia in cui caddero cinque manifestanti.
A seguito delle proteste e dello sfaldarsi della propria maggioranza il Governo Tambroni si dimise il 19 luglio.

Aspetti controversi.
I fatti di Genova costituirono certamente il momento in cui l'anticomunismo smise di essere il valore fondamentale per la Repubblica e divenne minoritario rispetto all'antifascismo. Fu anche il momento in cui si esaurì la strategia legalitaria di Arturo Michelini e la destra missina tornò nel ghetto per restarci fino alla trasformazione in Alleanza Nazionale. Specularmente, il Pci, fino a quel momento ancora poco legittimato, acquistò grande visibilità. Altro beneficiario dei fatti di Genova e delle repressioni sanguinose che ne seguirono fu il Psi, tant'è vero che pochi anni dopo venne varato il primo governo di centro-sinistra dell'Italia repubblicana.
Va detto, però, che al di là delle imponenti manifestazioni permangono alcuni dubbi circa la spontaneità delle proteste che sarebbero scaturite successivamente. Il politologo Piero Ignazi analizza:
« Perché quando viene data notizia del Congresso missino, a metà maggio, a Genova non vi è la benchè minima opposizione? In realtà in quel frangente si catalizzano sul congresso del MSI una serie di tensioni diverse ma convergenti. Da parte delle sinistre incidono la preoccupazione per l'impronta sempre più autoritaria della presidenza della Repubblica e la ripresa di una mobilitazione operaia e contadina a cui è necessario dar sfogo; da parte democristiana pesa la lotta per il controllo del partito e, più particolarmente, il pericolo delle "avventure milazziane". La strategia delle correnti "aperturiste" nella DC punta in primo luogo al rinvigorimento dello spirito antifascista delle sinistre per tagliare l'erba sotto i piedi ad una ipotetica alleanza tra le ali estreme che, sulla base di progetti di rinascita nazionale conditi con abbondanti dosi di populismo, mini il sistema di potere democristiano; e in secondo luogo mira allo screditamento di quelle componenti democristiane che ricercano una intesa con la destra. Nulla di meglio, quindi, che favorire lo "scatenamento della piazza" per liberarsi, ad un tempo, di un alleato scomodo e degli oppositori interni al progetto del governo delle "convergenze parallele". »
(Piero Ignazi.)
« Lo sconcerto che investe il MSI per questa sconfitta, causata solo in apparenza dalla "piazza", ma, in realtà, dalle manovre romane, è tanto più acuto quanto più ampia era la disponibilità del partito al processo di integrazione completa e di legittimazione nel sistema »
(Piero Ignazi.)
Anche il giornalista Indro Montanelli rilevò una regia occulta del Partito Comunista Italiano:
« Il movente politico dell'agitazione-senza dubbio alcuno ispirata e guidata dal Pci- era tenuto un po' i sordina per lasciar posto all'indignazione e al pianto su Genova profanata dalla presenza "nera", e sui morti della Resistenza oltraggiati »
(Indro Montanelli)
Grazie alla testimonianza di un ex dirigente del Pci, Luciano Barca, è emersa la sapiente regia comunista delle manifestazioni. In più, analizzando non solo i documenti di provenienza antifascista, ma anche le carte dei Carabinieri, emergono inquietanti risvolti sulle proteste di piazza. Esistevano squadre di 5-10 uomini ciascuna con un leader e perfettamente coordinate. C'era perfino un servizio medico organizzato per evitare che i manifestanti andassero in ospedale e venissero in quella sede identificati. Inoltre esistevano depositi nascosti di sassi, bottiglie di benzina (con la complicità degli stessi distributori), chiodi per bucare le gomme delle camionette, spranghe, spezzoni di catene e speciali guanti di gomma per raccogliere i lacrimogeni e gettarli. Non mancavano, poi, i ganci da portuale: arnese tipico dei "camalli".

Sandro Pertini.
In seguito Sandro Pertini scrisse nella presentazione di un libro:
« È Genova che ha riaffermato come i valori della Resistenza costituiscano un patrimonio sacro, inalienabile della Nazione intera e che chiunque osasse calpestarli si troverebbe contro tutti gli uomini liberi, pronti a ristabilire l'antica unità al di sopra di ogni differenza ideologica e di ogni contrasto politico. »
ed ancora
« Dinanzi a queste provocazioni, dinanzi a queste discriminazioni, la folla non poteva che scendere in piazza, unita nella protesta, nè potevamo noi non unirci ad essa per dire no come una volta al fascismo e difendere la memoria dei nostri morti, riaffermando i valori della Resistenza. Questi valori, che resteranno finché durerà in Italia una Repubblica democratica sono: la libertà, esigenza inalienabile dello spirito umano, senza distinzione di partito, di provenienza, di fede. Poi la giustizia sociale, che completa e rafforza la libertà, l'amore di Patria, che non conosce le follie imperialistiche e le aberrazioni nazionalistiche, quell'amore di Patria che ispira la solidarietà per le Patrie altrui. »

venerdì 25 giugno 2010

CLORO AL CLERO

Questo post vuole essere un completamento all'articolo immesso un mesetto fà http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2010/05/le-verita-sullotto-per-mille.html
dove si analizzava il meccanismo che porta milioni di Euro nella casse del Vaticano e dello Stato,e che non sempre viene utilizzato per gli scopi reclamizzati.
L'articolo tratto da Roma.Indymedia entra nel merito delle percentuali tratte dal sito della Cei e notiamo che le destinazioni dell'otto per mille alla chiesa non vanno tutte in missioni ed opere di pace e carità come ampiamente descritto nella pubblicità che vediamo scorrere spesso sulle reti televisive,ed anzi esse sono solo una minima parte(il 33%)in quanto la gran maggioranza degli introiti(l'altro 67% pari a 660 milioni di Euro)vanno nelle tasche dei sacerdoti e nella costruzione e manutenzione di chiese e opere pie,e sappiamo bene che tali uscite sono ampiamente ammortizzate dalle nostre tasse e le mazzette dei politici(vedi il caso Sepe).
La chiesa oltre a non pagare l'Ici sulle sue proprietà ha molti altri vantaggi ed ultimamente pure in campo giudiziario hanno avuto degli enormi aiuti grazie alla destra al potere che lecca il culo al mondo clericofascista(un impero)che del bene al mondo ne fa ben poco!

«L'8 per mille alla carità»... Ne siete proprio sicuri?

L'altro giorno vi ho parlato dell'otto per mille, spiegandovi l'inghippo grazie al quale alla Chiesa Cattolica e agli altri beneficiari affluiscono un sacco di quattrini da gente che non è minimamente consapevole di averglieli dati.

Oggi, per approfondire il discorso, vorrei soffermarmi su un altro aspetto abbastanza inquietante: vi siete mai chiesti come vengono impiegati quei fondi?Negli spot televisivi con cui la Chiesa chiede l'otto per mille agli italiani sono puntualmente reclamizzate finalità come l’assistenza ai disabili e agli anziani, il sostegno dei paesi in via di sviluppo, l’accoglienza dei senza tetto e via discorrendo: cioè, in estrema sintesi, tutte le attività che nel linguaggio corrente vengono chiamate "opere di carità".Se ci si prende la briga di verificare come vengono effettivamente impiegati quei soldi, tuttavia, ci si accorge che in realtà le cose stanno in modo diverso.

All’indirizzo internet della CEI è possibile consultare il rendiconto di spesa dei fondi assegnati alla Chiesa con l’otto per mille: l’esposizione è piuttosto contorta e farraginosa, ma se ci si arma di una calcolatrice e di un pizzico di pazienza se ne può venire a capo nel giro di un paio d’ore. Prendendo come riferimento l'impiego dei fondi assegnati nell’anno 2005, ad esempio, si possono ricavare questi dati:

Sacerdoti € 315.000.000
Culto e pastorale € 271.000.000
Edilizia di culto € 130.000.000
Carità € 115.000.000
Terzo mondo € 80.000.000
Beni culturali € 70.000.000
Fondo di riserva € 3.000.000
Totale dei fondi € 984.000.000

Esaminiamo una per una le singole voci.

L'importo più significativo (circa il 32% del totale) si riferisce al sostentamento dei sacerdoti, che attraverso questo meccanismo viene quindi abbondantemente finanziato dallo Stato italiano; nel sito della CEI è spiegato che per l’anno 2005 il 57% dei fondi necessari al sostentamento del clero deriva dall’otto per mille: si tratta di una quota decisamente sostanziosa, specie se si considera che un ulteriore 22% del fabbisogno viene finanziato attraverso gli stipendi dei sacerdoti che lavorano -come ad esempio gli insegnanti di religione-, e quindi che in un modo o nell’altro lo Stato mantiene i sacerdoti per una quota che sfiora il 70%.

La seconda voce di spesa (circa il 28% del totale), è denominata “Culto e Pastorale”: scartabellando sul sito internet della CEI ci viene spiegato che in questa dicitura -piuttosto oscura per un profano- è ricompreso il finanziamento di opere pastorali quali famiglie religiose e volontariato laicale (49 milioni di euro), del fondo catechesi per l’educazione cristiana (60 milioni di euro), dei tribunali ecclesiastici regionali (7 milioni di euro), nonché di varie attività delle diocesi quali cura delle anime, formazione del clero, catechesi -ancora?- e formazione cristiana, facoltà teologiche e istituti religiosi (155 milioni di euro).Se si eccettuano le opere pastorali, che in alcuni casi consistono in attività di assistenza analoghe a quelle degli spot, le altre voci di spesa si riferiscono al finanziamento di iniziative che con quelle attività hanno ben poco a che vedere: circa l’80% di questa voce di spesa, corrispondente al 22% dei finanziamenti totali, viene pertanto destinata a impieghi che riguardano il funzionamento interno della Chiesa Cattolica e dei suoi apparati.

Circa il 13% del finanziamento totale viene poi destinato alla cosiddetta “Edilizia di culto”, cioè agli interventi edilizi in favore delle parrocchie, delle case canoniche, delle aule per il catechismo (ma non dei parcheggi, delle palestre, degli impianti sportivi, delle aule scolastiche, come viene esplicitamente specificato nel sito della CEI).

Dando per scontato che le voci “Carità” e “Terzo mondo”, pari complessivamente al 20% del totale, siano rappresentative di attività più o meno corrispondenti a quelle reclamizzate, che gli impieghi in favore dei “Beni culturali”, pari al 7% del totale, finiscano in un modo o nell'altro per arrecare dei benefici sia pure indiretti alla collettività, e trascurato il trascurabile accantonamento al “Fondo di Riserva”, si possono tirare le somme e tornare a riflettere sui messaggi pubblicitari di cui si diceva all'inizio.

Ebbene, tirando le somme i risultati sono decisamente sorprendenti, perché il 67% dei fondi ricevuti con l’otto per mille nel 2005, pari alla bellezza di 660 milioni di euro, sono stati destinati a utilizzi che non corrispondono affatto a quelli reclamizzati negli spot televisivi, ma che riguardavano il mantenimento dell’apparato della Chiesa Cattolica, dei suoi dipendenti e dei suoi fabbricati; solo il 33% dei fondi è stato speso per attività in qualche modo corrispondenti agli appelli mediatici sui quali la Chiesa investe tante risorse, probabilmente a loro volta finanziate con l’otto per mille degli anni precedenti.

Il che equivale a dire che per ogni dieci euro di IRPEF che il contribuente decide di versare nelle casse della Chiesa Cattolica, solo tre vengono effettivamente destinati alle lodevoli finalità che presumibilmente l’hanno spinto a quella scelta.

Se aggiungete che più della metà di quei soldi, come vi dicevo l'altro giorno, provengono alla Chiesa da persone che neanche sanno di averglieli dati, il quadro è completo.
Stupiti? Ne avete tutte le ragioni. Però, per cortesia, conservate un po' di meraviglia per la prossima volta: quando mi racconterò che fine fa l'8 per mille destinato allo Stato, credetemi, vi servirà.

giovedì 24 giugno 2010

SARAMAGO SU BERLUSCONI

Con parecchi giorni di ritardo voglio condividere una lettera che Josè Saramago scrisse lo scorso anno e che parlava di Berlusconi,che è apparsa in molti siti e blog e che la dice lunga su come i timori che molti italiani hanno siano condivisi anche all'estero.
La frase più bella secondo me è che"L'Italia non è come Berlusconi",poche parole che danno ancora una speranza affinchè le cose possano cambiare,di più:è uno spronare i giovani e meno da parte di un anzianotto a contiuare ad essere vigli sul ritorno del fascismo in Italia ed essere pronti a combattere questo male che ciclicamente colpisce il nostro paese.
L'articolo di"El Pais"a frima di Miguel Mora è stato tratto da Indymedia.Lombardia,Berlusconi è da eliminare per la rinascita del paese,punto e basta.

Saramago ci lascia: una delle sue ultime interviste.

Saramago: “Berlusconi è il fascismo in cravatta stile Armani”Articolo di Società cultura e religione, pubblicato mercoledì 14 ottobre 2009 in Spagna.
[El País]
“Non ho il benché minimo dubbio che Berlusconi voglia restaurare il fascismo in Italia”, afferma José Saramago. “Non è un fascismo come quello degli anni trenta, fatto di gesti ridicoli come l’alzare il braccio teso. Ne ha altri, ugualmente ridicoli. Non sarà un fascismo in camicia nera, ma in cravatta di Armani”.
È magro e gracile, parla con un filo di voce ma ha trovato le forze chissà dove ed è qui, in giro per l’Italia a presentare il suo libro Il quaderno pubblicato dalla casa editrice Bollati Boringhieri.
Saramago è arrivato a Roma questo mercoledì da Milano dopo essere stato ad Alba (in Piemonte). Il pubblico si emoziona ed esplode in applausi quando inizia a cantarle chiare lanciando accuse ed invettive. “Berlusconi corrompe tutto ciò che tocca”. “Berlusconi è patetico, ridicolo e volgare”. E ancora: “Berlusconi sostiene che è offensivo che una prostituta vada in televisione. E che vada a letto con il primo ministro non lo è?”.
Saramago compirà 87 anni il mese prossimo. Sa che questo viaggio sarà l’ultimo in Italia ed è contento di vedere che il suo spirito irriverente e le sue scomode verità hanno sedotto un pubblico fedele. “La gente ha voglia di ascoltare queste cose. Non è vero che l’Italia è come Berlusconi” racconta, seduto davanti ad una colazione che non tocca, nella sua stanza dell’hotel Locarno di Roma. “Eccome se gli piacerebbe! Ma questo non significa che io abbia speranze di cambiamenti. Vedo scarsa consapevolezza. Menomale che qualcuno ne ha, altrimenti sarebbe tutto perduto”.
Martedì, il giornalista Marco Travaglio e lo scrittore Marco Belpoliti lo hanno accompagnato al teatro Parenti. Gli attori Anna Galiena e Alessandro Cremona hanno letto alcuni passaggi del libro. Ad Alba, più di mille persone hanno riempito il teatro comunale per ascoltarlo parlare sul potere della parola. Questa sera [ si riferisce al 14 ottobre N.d.T] l’appuntamento è al teatro Quirini Gassman.
“Questa accoglienza dimostra che ormai non c’è più differenza tra la scrittura di un blog e la scrittura letteraria”, commenta. “Il libro è una raccolta di testi letterari sull’attualità. Credo che al pubblico non interessi il dibattito sull’immediatezza del giornalismo. Vogliono leggere idee e cose di qualità”.
Il quaderno, un ripasso letterario dell’attualità mondiale scritto nel corso di un anno e mezzo nel suo blog, è già ai primi posti tra i saggi più venduti dopo che Einaudi, la sua casa editrice di sempre, ha deciso di non pubblicare il libro per gli appellativi che il Nobel del 1998 ha dedicato a Berlusconi.
[Articolo originale "Saramago: "Berlusconi es el fascismo de corbata de Armani"" di Miguel Mora]
http://www.elpais.com/articulo/cultura/Saramago/Berlusconi/fascismo/corb...

mercoledì 23 giugno 2010

LA MATURITA' FIRMATA DAL REGIME

Fortunatamente il mio esame di maturità è nel libro del dimenticatoio da parecchi anni ma sfortunatamente d'altro canto non ho avuto la possibilità di sparare a zero sulla traccia che riguardava le foibe,tema inculcato dai revisionisti del regime con a capo in questo caso la feldmaresciacalla Gelmini a capo di quel che si paventa un nuovo esercito scolastico di piccoli balilla.
Sulla menata identitaria nazionale la nuova maturità fascista è infarcita di rimandi a Mussolini,foibe e D'Annunzio,con la seconda prova odierna del liceo artistico che è un progetto per ristrutturare un'ex casa della GIL(giovani italiani del littorio).
La contrapposizione di personalità come Levi e Brecht non sono certo un biscottino dato per placare le sollevazioni popolari di chi a ragione crede che la nuova piega che sta prendendo la scuola pubblica italiana sia molto brutta:precarietà degli insegnanti,riduzione drastica dei sussidi ed un taglio rilevante del personale oltra al fatto non trascurabile del revisionismo storico che si nota dalla scelta dei testi scolastici che parlano di quant'era bello e necessario a volte il fascismo togliendo le pagine dedicate alla Liberazione ed alla Resistenza.
Beata ignoranza Gelmini ed il suo manipolo di reazionari col braccio teso in romanesco saluto devono piantarla di minare la scuola italiana delle loro bombe di stupidità perché le conseguenze giuste e tragiche(per i fasci al potere)presto si faranno sentire.
Articoli presi da Indymedia.Lombardia,il primo di"Staffetta".

Una bella maturità: temi su Mussolini e le foibe.

“Chi controlla il passato, controlla il futuro. Chi controlla il presente, controlla il passato” (George Orwell, 1984)
Oggi uno dei terreni della fascistizzazione dell’Italia è senza dubbio la scuola e la formazione. Già il ministro Gelmini aveva prospettato nuovi programmi scolastici che esaltano gli scrittori italiani come momenti dell’«identità nazionale» e persino la tragedia greca come fondamento dell’«identità occidentale» (la rivolta di Antigone contro il potere potrà allora serenamente giustificare i crimini di guerra in Iraq, Afghanistan, ecc.).
Così, nella prima prova della maturità il ministro ha voluto lasciare il segno di questo nuovo corso. Un tema su «Il ruolo dei giovani nella storia e nella politica. Parlano i leader» con una bella frase retorica di Benito Mussolini del 1925, sei mesi dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, che recita fra l’altro:
«Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della miglior gioventù italiana, a me la colpa! (Applausi). Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! (Vivissimi e prolungati applausi)».
E già il 16 giugno 2010 il ministro Meloni ostentava la sua «passione superba» salutata da una selva di mani tese nel saluto fascista, in piazza Vescovio davanti alla sede romana di Forza Nuova.
Ma il «leader» Mussolini non basta. C’è anche una bella traccia revisionista dedicata al «giorno del ricordo al fine di conservare e ricordare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe». Nel 2004 i partiti di destra hanno infatti istituito, per bilanciare la «Giornata della Memoria» (il 27 gennaio, in ricordo dello sterminio nazifascista di circa 6 milioni di ebrei), una mistificante «Giornata del Ricordo» (il 10 febbraio, in memoria dei presunti eccidi delle Foibe: 326 vittime accertate, 6.000 vittime ipotizzate senza concrete prove storiografiche). E non riuscendo a documentare le proprie fantasie, la destra giunge persino ad appropriarsi di partigiani fucilati dai nazisti travestendoli da «vittime delle foibe».
Il «ricordo» istituzionale delle Foibe non è pietà verso i morti, ma una strumentalizzazione volta solo a rivalutare storicamente l’esperienza della dittatura fascista, screditando la Resistenza partigiana, mettendo sullo stesso piano nazifascisti e antifascisti, sfruttando tragici episodi del passato per manipolare la storia a proprio uso e consumo.
L’occupazione fascista della Jugoslavia comportò una feroce persecuzione razziale delle genti slave (considerate «razza inferiore»), l’italianizzazione forzata, il divieto di parlare la propria lingua, la soppressione di tutte le scuole croate e slovene, il sequestro (spesso reso superfluo dalla devastazione dei locali) di circa 4.000 sedi di associazioni culturali slave. Già nel 1920 Benito Mussolini affermava: «Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 500 italiani». Tra il 1941 e il 1945 l’occupazione nazifascista produsse la distruzione di decine di migliaia di abitazioni, la morte di circa 45.000 civili sloveni e croati e l’arresto e l’internamento di altri 95.000.
Il regime fascista costruì in Jugoslavia 15 campi di concentramento e 14.000 prigionieri persero la vita nei lager italiani in Slovenia. Quella fascista fu una delle prime e più feroci «pulizie etniche» dell’età moderna secondo una politica di colonizzazione che prevedeva il massacro delle popolazioni locali e l’esproprio di terre e proprietà a favore della superiore «razza italiana». Come avvenne in Albania e nell’Africa Orientale Italiana, anche con l’uso massiccio di armi chimiche contro le popolazioni civili.
Proprio questa volontà revisionista di equiparazione e bilanciamento simmetrico tra vittime e carnefici, tra repubblichini e partigiani, tra sterminio nazista e presunti martiri delle foibe entusiasma la destra italiana, a copertura delle sue violente politiche xenofobe. «Con le tracce della maturità di quest’anno», ha dichiarato Giovanni Donzelli, portavoce nazionale del movimento gggiovanile del PdL, «i giovani saranno finalmente orgogliosi di essere italiani. La traccia sulle foibe accanto a quella su Primo Levi mostra una scuola finalmente capace di rappresentare tutta l’Italia».
«Questa», aggiunge il portavoce dei gggiovani del PdL, «è la scuola che da sempre sognamo: libera e meritocratica. È finita l’epoca in cui sindacalisti ed ex sessantottini egemonizzavano la scuola trasformandola in un ammortizzatore sociale utile a indottrinare i nuovi giovani a ideologie vecchie e superate».
Già, mentre governo e sindacati istituzionali benedicono accordi sindacali capestro, c’è chi s’impegna a spazzar via anche il ricordo di una lotta di liberazione sociale che non è mai riuscita davvero a defascistizzare questo misero, smemorato paese.
Ed esitante sembra anche la reazione degli storici di professione come quella di Lucio Villari che ha dichiarato: «Il tema storico sulle foibe si presta a strumentalizzazioni».
Comunque la scelta è varia. C’è la traccia artistico-letteraria su «Piacere e piaceri» con D’Annunzio in prima fila controbilanciato da Brecht. Ci sono pure gli Ufo, la cui minaccia ha inquietato di recente la Lega Nord: il saggio breve di ambito scientifico-tecnologico s’intitola infatti «Siamo soli?», ovvero un bel «tema sugli Ufo».
Oggi bisogna invero ribadire che la trasversalità bipartisan è un progetto di normalizzazione autoritaria che, ovunque s’impone, divide distrugge e impoverisce. Anzi, la trasversalità “condivisa” è stato uno dei vettori della corruzione e del disastro sociale e culturale di questo paese.
Per la verità, la memoria, la giustizia sociale, ora e sempre resistenza! Costruiamo un movimento dal basso contro l’uso strumentale e manipolatorio degli ambiti della formazione!

La maturità fascista.
Dopo le tracce del tema di maturità con innegabili richiami al fascismo oggi la seconda prova dei licei artistici di indirizzo "architettura" richiedeva la ristrutturazione di un ex casa della GIL (giovani italiani del littorio). sarà una strana coincidenza??non so voi ma io ho smesso di credere alle coincidenze molto tempo fa.

martedì 22 giugno 2010

MINISTRO PER EVITARE NUOVAMENTE IL CARCERE


Come promesso nei giorni scorsi parlando dei crimanali clericopolitici Sepe e Lunardi ecco un altro personaggio che a dir la verità nella sua esistenza ha ricoperto sia l'incarico sacerdotale che quello di truffator-politico.
Aldo Brancher nasce come prete e grazie poi alle conoscenze avute in abito talare è riuscito a districarsi bene nei meandri della politica quando ha decisodi scendere in campo a fianco di Berlusconi,da buon azionista Fininvest tanto per rimarcare che per loro non ci sono"conflitti d'interesse"tra televisione e politica.
E' tutt'ora il tramite tra il Pdl e la Lega e questa sua nomina a ministro di un nuovo ministero,quello per l'attuazione del federalismo,placa gli animi ai leghisti più esagitati che vogliono dividere l'Italia non subito,da ieri:già in manette durante Tangentopoli risulta pluri indagato in diversi processi ancora oggi in vigore,tant'è che la sua nomina fa pensare troppo e male ad un suo dribblare il carcere per l'ennesima volta.
Da"Senza Soste"ecco un articolo che mette assieme pezzi da diverse testate giornalistiche,con la mia proposta che è caduta su un lavoro di Dario Ferri per"Giornalettismo"dove le vicende di questo criminale si sono intrecciate con Mokbel,Berlusconi,Fiorani e Galan,unendo politici di destra e pseudosinistra in un'orgia di inciuci che hanno finito per darlo in culo ai soliti poveretti.

Perle di una stagione politica: Brancher ministro .

Non è sfuggita al Sole 24 ore la doppia contingenza legata alla nomina di Aldo Brancher a ministro del federalismo.La prima è sicuramente, come dire, terrena. Brancher, che è uno stretto collaboratore di Berlusconi e un fedele della Lega, deve essere processato il 26 per il caso Fiorani-Antonveneta (quello dei furbetti del quartierino con i vertici dei Ds implicatati).Caso unico nel pianeta, a parte l'eccezione nordcoreana, per evitare il processo a Brancher lo si è fatto ministro. Usufruirà del legittimo impedimento. Visto che il caso Fiorani ha risvolti anche nel centrosinistra il silenzio ha regnato sovrano.La seconda contingenza è legata alla necessità di far finta di dare l'impressione di fare il federalismo. Il centrodestra non lo farà ma qualcosa, all'elettore del lombardo-veneto, bisogna racccontare. Al Sole che non sono stupidi l'hanno capito benissimo.
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-06-19/poltrona-simbolica-coprire-difficolta-080400.shtml?uuid=AYmPhuzB

RICICLAGGIO: BRANCHER (PDL) DIETRO A MOKBEL?

In un’intercettazione il faccendiere neo-fascista fa il nome del parlamentare vicino a Berlusconi e Tremonti come "dominus" del movimento politico da lui guidato.Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – "Noi siamo un partito, il Partito federalista italiano… (Questa) è una richiesta fatta da Brancher e Brancher è il braccio destro di Berlusconi e Tremonti, praticamente l’uomo operativo che screma qualsiasi iniziativa e poi la porta avanti": È il 18 marzo 2008, un mese prima delle elezioni politiche del 13 e del 14 aprile 2008, quando Gennaro Mokbel parla al telefono dei suoi intenti politici e degli appoggi sui quali conta. E fa il nome di Aldo Brancher, poco conosciuto dal pubblico ma fondamentale canale di comunicazione di Silvio Berlusconi e "pontiere" storico tra Forza Italia e Lega Nord prima e dopo la nascita del Popolo delle Libertà, tanto da essere anche nominato sottosegretario nella legislatura 2001-2006.

CHI E’ BRANCHER – Ex prete, e soprattutto primo responsabile della pubblicità in Famiglia Cristiana, che sotto la direzione di Don Emilio Mammana ha aperto per la prima volta il giornale delle parrocchie alla vendita degli spazi, è dirigente del gruppo Fininvest dal 1982 al 1999, anno in cui decide di entrare a far parte di Forza Italia; l’elezione in parlamento arriva nel 2001, e per lui c’è anche un incarico istituzionale: diventa sottosegretario al ministero per le riforme e la devoluzione, ricoprendo anche formalmente il ruolo di cinghia di trasmissione tra il partito di Berlusconi e quello di Bossi, e arrivando anche a polemizzare duramente con il governatore del Veneto Giancarlo Galan in più occasioni.Anche lui, come molti, ha conosciuto il carcere: è rimasto per tre mesi a San Vittore durante Tangentopoli, e nell’occasione, ha raccontato Berlusconi, lui e Confalonieri pattugliavano il carcere per mettersi in comunicazione con lui. Brancher viene condannato in primo grado e in appello per falso in bilancio e violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti: in Cassazione arriva la prescrizione per il secondo reato, mentre il primo viene depenalizzato dal governo Berlusconi, del quale faceva parte all’epoca. Rieletto nelle legislature successive, viene indagato a Milano per ricettazione nell’indagine sulla scalata di Fiorani all’Antonveneta: la Procura trova un conto alla Banca Popolare di Lodi intestato alla moglie di Brancher con un affidamento e una plusvalenza sicura di 300mila euro in due anni.

FIORANI E GALAN - Disse Fiorani all’epoca: "Per Aldo Brancher, allora sottosegretario alle Riforme istituzionali e "pontiere" storico tra Forza Italia (il suo partito) e la Lega, avevo quantificato «una somma nel 2003 sul conto della moglie»; «100mila euro nel 2004 che ho consegnato in ufficio a Lodi per ringraziarlo per l’ attività in Parlamento per aiutare Fazio»; e «100mila euro nel 2005», curiosamente proprio gli stessi restituiti a Fiorani da Giorgetti.Più un incrocio complicato con Calderoli, allora ministro delle Riforme istituzionali: «200mila euro a Lodi quando ho consegnato la busta a Brancher che la doveva dividere con Calderoli". Sempre secondo Fiorani, infatti, "Brancher mi disse che doveva dividere con Calderoli perché il ministro aveva bisogno di soldi per la sua attività politica". Da segnalare anche la polemica che l’ha visto coinvolto qualche tempo fa insieme all’ormai ex governatore del Veneto Giancarlo Galan: "Purtroppo alleviamo avvoltoi nel cortile di casa, dalle parti di Bardolino. Ma abbiamo già dimostrato di avere ottima mira con la doppietta", disse Galan su di lui, reo di aver rilasciato al Corriere del Veneto un’intervista critica sul Pdl locale. Accuse accolte con sconcerto da Brancher: «È vergognoso che si debba assistere a questo livello di insulti».

lunedì 21 giugno 2010

RAZZISMO TRA EBREI


Avrete visto nei giorni scorsi parlare d'Israele non solo per la strage avvenuta sulla"Mavi Marmara"ma anche per una manifestazione tenutasi principalmente a Gerusalemme ma pure in altre città dove gli ebrei ultraortodossi erano scesi in piazza per legittimare la propria scelta razzista di non volere nelle"loro"scuole alunne di discendenze arabe o nordafricane.
Vediamo di riassumere brevemente l'articolo tratto da"Senza Soste"e preso da"Altrenotizie"a firma di Luca Mazzuccato in quanto in una zona d'Israele vi sono degli ebrei ultraortodossi a loro volta divisi in ashkenazi e sefraditi,con i primi originari dell'est europa ed i secondi di discendenza arabo-africana,insomma bianchi e olivastro-neri dove i genitori dei primi che sono la maggioranza non vogliono avere nelle scuole femminili sovvenzionate quasi interamente dallo Stato avere a che fare con bambine sefradite.
Le motivazioni sono semplicemente di carattere razziale poichè vi è una supposta differenza mentale a favore delle bimbe ashkenazi,e i genitori di queste ultime sono stati condannati a due settimane di carcere in quanto hanno tenuto a torto a casa da scuola le loro figlie impedendo le corrette funzioni scolastiche per tutti.
Ciò ha portato a dissapori e incasinamenti all'interno del governo israeliano dove si discute la laicità dello Stato a fronte della legge dettata dalla Torah,con sviluppi che non tarderanno ad arrivare,forse anche in maniera tragica.
E'un problema questo che è tale e quale a quello italiano dove si vocifera su classi divise a seconda della provenienza geografica,un atto d'intolleranza verso bambini che nemmeno pensano a quelle assurdità che hanno nella mente i"grandi",a loro non fa nessuna differenza se il loro compagno di scuola sia africano,cristiano,cinese,musulmano,sudamericano od ebreo,per loro è più facile perché non conoscono il razzismo.

Israele: a scuola di razzismo.

Una manifestazione oceanica: centomila ebrei ultraortodossi in piazza per rivendicare orgogliosamente il loro diritto di praticare la segregazione razziale. Un colpo d'occhio impressionante nel centro di Gerusalemme, come in una scena tratta da Matrix, dove gli agenti portano cappelli neri a tese larghe invece di occhiali a specchio.
Altrenotizie si è occupato in passato di questa incredibile storia di razzismo e discriminazione, che nasce nella colonia illegale di Immanuel, nel nord della West Bank. Nel piccolo villaggio di tremila abitanti, quasi tutti Haredim (ebrei ultraortodossi), c'è una scuola privata femminile dove si insegna sotto stretta osservanza religiosa.
In questa scuola elementare sono ammesse soltanto bambine ultraortodosse e, fin qui, niente di strano. Ora, all'interno della comunità ultraortodossa ci s’identifica in base al paese di provenienza dei propri antenati: gli Ashkenazi sono immigrati in Israele dall'Europa orientale, mentre i Sephardi provengono dai Paesi Arabi e dal Nord Africa.
La scuola di Immanuel è off limits per le figlie di genitori sefarditi. I genitori ashkenazi difendono con orgoglio la loro scelta, notando che “è come mettere americani e africani insieme: non possono studiare nella stessa classe per via della loro differenza mentale.” Una delle madri ribadisce i concetti in un'intervista rilasciata al quotidiano Haaretz: “Solo bambini puri possono andare alla nostra scuola. Le bambine sefardite hanno la televisione a casa mentre noi ashkenazi parliamo solo Yiddish. Le bambine sefardite hanno una pessima influenza sulle nostre figlie.”
Un padre sefardita, la cui figlia è stata segregata, pretende che “il Ministero dell'Istruzione intervenga per fermare la segregazione una volta per tutte. Gli ashkenazi pensano di essere più intelligenti di noi, ma in realtà quello che non sopportano è il colore della nostra pelle”. I genitori discriminati hanno fatto ricorso alla Corte Suprema, che ha obbligato la scuola (che riceve ingenti contributi statali) ad accettare le bambine sefardite. In segno di protesta, i rabbini ashkenaziti hanno ordinato ai genitori di ritirare tutte le loro figlie (ovvero la quasi totalità delle alunne) dalla scuola a fine dicembre dello scorso anno, in pratica boicottando l'intera scuola e bloccandone le attività.
La Corte Suprema ha dunque ordinato ai genitori ashkenazi di riportare le figlie a scuola oppure di finire in prigione per due settimane. Come in Italia, è illegale tenere i figli a casa per mesi interi. Secondo l'avvocato dei genitori, “in una disputa religiosa la decisione del rabbino invalida quella della Corte, perché la Torah è più potente di qualsiasi autorità.” Dopo l'ennesimo rifiuto della comunità ashkenazita di riportare i figli a scuola e mettere fine alla segregazione, la Corte ha condannato i genitori ashkenaziti a due settimane di prigione.
Giovedì mattina, ventidue madri e quattro padri si sono dati alla macchia mentre circa trentacinque padri sono saliti sul bus che li portava a Gerusalemme, dove si sarebbero consegnati alla polizia. Al loro arrivo a Gerusalemme, i genitori in stato d'arresto sono stati accolti da una folla oceanica di ebrei ultraortodossi ashkenazi, che al grido di “dio è il nostro signore”, li hanno accompagnati fino alla stazione di polizia. Prima di costituirsi, alcuni tra i genitori sono saliti sul palco della manifestazione per arringare la folla. “Vado in prigione a testa alta”, ha gridato un padre, “Faremo quello che ci ordinano i rabbini, e loro si occuperanno di educare i nostri figli.”
Una contemporanea manifestazione imponente si è verificata a Bnei Brak, il sobborgo ultraortodosso a Est di Tel Aviv. Entrambe le dimostrazioni sono state pacifiche, a differenza dei violenti scontri dei giorni scorsi, in cui centinaia di giovani ultraortodossi si sono scontrati con la polizia a Giaffa e in altre zone del Paese. Secondo i rabbini leader della protesta ashkenazita, “niente del genere era mai successo dalla seconda guerra mondiale, vedere ebrei ultraortodossi arrestati e finire in prigione.”
La comunità ortodossa in realtà è spaccata in due. Il partito ultraortodosso sefardita dello Shas, che è membro del governo Netanyahu, si trova tra l'incudine e il martello, con conseguenze a tratti demenziali se non fossero così tragiche. Il rabbino Ya'acov Yosef, figlio del famoso rabbino e leader dello Shas Ovadia Yosef, è il promotore del ricorso dei genitori sefarditi alla Corte Suprema, che ha dato inizio a tutta la faccenda. Allo stesso tempo, lo Shas è un partito religioso e non può andare contro la legge degli Haredim, che prevale sempre sulla legge dello Stato. Come compromesso, giovedì Ovadia Yosef ha dichiarato di essere contrario a ogni discriminazione, ma allo stesso tempo criticando la decisione della Corte Suprema, perché contraria alla Torah (anche se in difesa della sua comunità etnica).
La manifestazione di oggi porta con sé drammatiche conseguenze per lo Stato ebraico. La comunità ultraortodossa, i cui uomini per lo più non lavorano ma vivono dei sussidi statali, ha assunto una posizione eversiva e si è apertamente schierata contro lo Stato e le sue istituzioni. Allo stesso tempo, le scuole religiose, dove i rabbini incitano alla disobbedienza e a volte al sabotaggio, non potrebbero sopravvivere senza i massicci finanziamenti del governo.
Non passa settimana ormai senza che i giovani estremisti ultraortodossi si scontrino con la polizia, per protestare contro l'apertura di parcheggi durante lo Shabbat o la costruzione di edifici su presunti siti religiosi. Secondo Yossi Sarid, editorialista di Haaretz, lo Stato ha coltivato e coccolato una serpe nel suo seno e manca poco ormai alla guerra aperta tra ebrei laici e religiosi, ormai latente da troppo tempo. Sperando che le frange più estremiste degli Haredim, ovveri i coloni armati negli insediamenti in West Bank, non decidano di prendere alla lettera le incitazioni dei rabbini e le loro maledizioni contro alcuni membri della Knesset.
Luca Mazzuccato
tratto da www.altrenotizie.org

domenica 20 giugno 2010

UNA COPPIA DI CAMORRISTI


A riprova del costante intreccio tra politica,mafia e Chiesa ecco la notizia degli avvisi di garanzia inviati all'arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe e l'ex ministro di destra Pietro Lunardi indagati per gli appalti e le inchieste che riguardano i Grandi Eventi dove già erano coinvolti due volponi come Anemone e Balducci colpevoli di aver approfittato ed aver corrotto ambienti legati al Vaticano ed alle opere pubbliche dello Stato per guadagni(enormi)personali.
Naturalmente attendendo nuove immunità e polemiche che seguiranno questa notizia con i soliti giudici eversivi comunisti leggiamo i contributi che riguardano questa novità(che poi tanto nuova non è visto che ormai gli inquisiti politici e pretofili sono quotidiani nella cronaca)forniti da Roma.Indymedia ed un articolo del 2001(fonte:www.societacivile.it)dove Lunardi disse candidamente che"Mafia e Camorra ci sono sempre state e sempre ci saranno. Purtroppo ci sono e dovremo convivere con questa realtà".
Proprio una bella coppia questi due,camorristi acclamati e protetti da quelli come loro,criminali che meriterebbero come minimo la galera!

G8, indagati il card. Sepe e Lunardi. Per entrambi accusa di corruzione.

Avviso di garanzia da Perugia per l'inchiesta sui Grandi Eventi. Sia per l'arcivescovo di Napoli che per l'ex ministro si fa riferimento a ristrutturazione e vendita di immobili, in cui sarebbero coinvolti Anemone e Balducci
ROMA - Improvvisa svolta nell'inchiesta sui "Grandi Eventi" e gli appalti per il G8 alla Maddalena. Il cardinale Crescenzio Sepe e l'ex ministro delle Infrastrutture Piero Lunardi sono indagati. A entrambi è contestato il reato di corruzione. L'avviso di garanzia è stato emesso dai pm di Perugia Alessia Tavarnesi e Sergio Sottani. L'arcivescovo di Napoli e l'ex ministro sono indagati in due diversi tronconi dell'inchiesta.
Per il cardinale Sepe, l'indagine riguarda in particolare la ristrutturazione e la vendita di alcuni immobili di Propaganda Fide nel 2005. Operazioni nelle quali risulterebbe coinvolto il costruttore Diego Anemone, considerato personaggio centrale dell'inchiesta sui Grandi Eventi. Il sospetto degli inquirenti perugini è che l'arcivescovo di Napoli abbia ricevuto in cambio dei favori. Secondo una fonte vaticana citata dall'agenzia Ansa, il cardinale è sereno: "Aveva già dato la sua disponibilità a parlare con i magistrati di Perugia", spiega la fonte. "Lo farà e chiarirà la sua posizione".
Riferendo ai magistrati sull'ormai famoso appartamento in via Giulia, a Roma, il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso aveva dichiarato 1 che era stato proprio il cardinale Sepe a procurargli la sistemazione, dopo un periodo di permanenza in un istituto ecclesiastico i cui orari erano incompatibili con le esigenze dello stesso Bertolaso.
Ancheper quanto riguarda Lunardi l'accusa fa riferimento alla ristrutturazione e alla vendita di un immobile. In entrambe le operazioni sarebbe coinvolto l'ex presidente del Consiglio dei lavori pubblici Angelo Balducci, tuttora detenuto. In un'intervista a Repubblica 2, l'ex ministro aveva ammesso e difeso lo "scambio di favori" di cui era stato protagonista quando era titolare delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Convivere con la mafia.

Pietro Lunardi, ministro delle Infrastrutture, dichiara alla Versiliana: «Mafia e Camorra ci sono sempre state e sempre ci saranno. Purtroppo ci sono e dovremo convivere con questa realtà. Questo problema non ci deve impedire di fare le infrastrutture. Noi andiamo avanti a fare le opere che dobbiamo fare, e questi problemi di Camorra, che ci saranno, per carità, ognuno se li risolverà come vuole». Protesta Pina Grassi, la vedova di Libero Grassi, un imprenditore palermitano che non voleva «convivere con la mafia» e per questo è stato ucciso. In tv, Enzo Biagi chiede a Lunardi di precisare le sue dichiarazioni. Il ministro, che per strade e tunnel ha una vera ossessione, risponde: «Siamo costretti a convivere con la mafia come con altre realtà, per esempio i 7 mila morti sulle strade». Cosa nostra come la nebbia in Val Padana.

PRETE NON PRETE MERDA E'


Ennesimo rinvio a giudizio di Pierino Gelmini(definirlo Don è inesatto poiché è un falso prete nel nome ma non nella sostanza)per reati che riguardano abusi sessuali sugli ospiti delle sue comunità,e tra l'altro negli anni addietro per violenze sessuali era già stato condannato.
Si preannuncia per lui un posto in qualche nuovo ministero come per il neoeletto Brancher(ne parlerò più in là col tempo)così per fargli evitare nuovamente la galera?
Vedremo,intanto ecco i primi due articoli di Toscana.Indymedia a firma rispettivamente di Mazzetta e Venturik che analizzano la persona-bestia Gelminia trattata con molta ironia perché bisogna mettere un poco di zucchero in storie di abominevole aberrazione e cattiveria umana.
L'ultimo apporto quotidiano è una biografia di Gelmini presa dal"Circolo "Giustizia e Libertà" di Sassari"(fonte Italialaica per un articolo del 2007 di Valerio Gigante)che integra quella che avevo già aggiunto qualche mese fà presente nel post:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/search?q=don+gelmini,prete o non prete che sia rimane amicone di Berlusconi e della cricca di criminali al governo e di politici come Gasparri e Giovanardi,sporco pedofascista rincoglionito.

Rinviato a giudizio Pierino Gelmini, lo spretato.

Oggi i media parlano del rinvio a giudizio di "don" Pierino Gelmini, ma Gelmini è stato spretato tempo addietro proprio per le gravi accuse che lo riguardano. Accuse che riguardano violenze sessuali sugli ospiti (anche minori) delle sue "comunità", dove l'ex prete diceva di curarli con la cristoterapia.

Gelmini non è "don" e non è nemmeno un "religioso" come alcuni lo hanno definito e insieme a lui sono finiti nei gua alcuni dei suoi collaboratori, intercettati dai carabinieri mentre cercavano d'intimidire i testimoni coinvolti nel caso.Tutte cose che non sembrano turbare i suoi amici politici, da Berlusconi a Giovanardi fino a Gasparri, che ribadiscono la loro fiducia nell'ex sacerdote e continuano a raccontare la storia di quanti giovani avrebbe salvato dalla droga, anche se nessuno li ha mai potuti contare e anche se la cristoterapia è una bufala come se ne sono sentite poche.Continua così la farsa che ha per protagonista l'anziano ex-sacerdote che, per difendersi dalle gravissime accuse, non aveva esitato a dirsi addirittura vittima di un complotto della lobby ebraico-radical-chic.Vista l'avanzata età del reo, difficilente Gelmini finirà in carcere, nonostante una fedina penale abbastanza sozza e una vita che lo ha già visto scontare quattro anni di carcere, una parte dei quali in isolamento per le molestie sessuali nei confronti di altri detenuti, quando era soprannominato "padre Jaguar" (dal modello di auto con cui andava in giro) e andava in giro millantandosi monsignore.
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Sarà il cognome?

A quanto mi risulta, tra il signore qua sotto in divisa da prete e la ministressa dei quizzoni non esiste nessuna relazione di parentela; casualmente, hanno lo stesso cognome.

Stando a Huiquipedia (così si dice in nahuatl), il suddetto prete è invece fratello d'un altro presbitero, il famoso frate francescano Padre Eligio. Quello di Gianni Rivera e dell'abatino, insomma. Dev'essere il cognome, insomma. Ti chiami in un certo modo, e sei tutto Iddio e riflettori, quizzoni e recuperi de'tossici, accuse di abusi sessuali e maestri unici. Non saranno certamente, è vero, gli unici a chiamarsi così; ma, debbo dirlo, fossi un onorato e irreprensibile Gelmini che fa l'operaio fonditore, il geometra o persino il precario, penserei seriamente a presentare una richiesta di variazione del cognome.Leggo, sempre su Vikipetã (così si dice in guaraní), che il signore vestito da prete di cui sopra avrebbe pure fatto la Resistenza. Ecco, se fossi la Resistenza pure penserei a fare quantomeno un disclaimer. In pochi mesi mi sarei vista affibbiare Mike Bongiorno e don Gelmini Pierino. Rinviato oggi a giudizio per lasciamo perdere, tanto si sa benissimo di che si tratta. Una delle cose più belle che abbia letto al riguardo sono le dichiarazioni di tale Giovanardi, uno tutto valori e famiglia. È andato a trovare il suo amicone in tonaca, dichiarando candidamente: "Per me don Gelmini è come Don Bosco". Favoloso. Ignorava, il Giovanardi (o forse no!) che, da un po' di tempo, sta venendo fuori che Don Bosco era un fior di pedofilo. Insomma, Giovanardi non ha fatto che confermare il fatto.Insorge, e come dubitarne, il centrodestra. Don Gelmini è un perfetto esempio di prete mediatico, o mediaprete. Uno di quelli che ha costruito le sue fortune (ed anche un bel po' di conquibus) sul recupero. Il fratellino recuperava tossicodipendenti (come un'altra étoile dei centridestri, il fondatore di lager Vincenzo Muccioli), lui recupera "ragazzi indigenti". Nel 1971 subì, il don Pierin Pieretto, una condanna per truffa per emissione di assegni a vuoto e bancarotta fraudolenta: 4 anni di galera, peraltro interamente scontati. La Chiesa Cattolica, però, non prese alcun provvedimento: eris sacerdos in aeternum. In questi giorni, come detto, il rinvio a giudizio per molestie e abusi sessuali: rinvio promulgato da un giudice che, curiosamente assai, ha un cognome pure non poco mediatico e televisivo (si chiama Panariello). Tra coloro che insorgono, oltre al Giovanardi tutto famiglia, c'è pure Maurizio Gasparri. A tale riguardo, è bene ricordare che il testè nominato ex esponente di Alianza Nacional gode sottobanco di un certo numero di soprannomi, tra i quali si distingue per eleganza quello di Chiappetta Nera.Insomma, una bella insalatona. La consueta insalatona. Iddìi, ragazzini, tonaconi, politicanti, fascisti, famiglie, valori, recuperi, palpate di culetti. Anche se a rigore non c'entra nulla, mettiamoci anche una spruzzata di quizzoni. As usual. Ma tanto, come no, ci penserà qualcun altro. Andranno tutti all'inferno. Ovviamente, dopo l'emissione del giudizio universale, insorgerà il centrodestra. Mi vedo già Gasparri e Giovanardi: Iddìo rosso maledetto! Qualcuno ipotizzerà anche che i giudici universali siano esponenti di Magistratura Democratica. Mi spiace di non essere bravo a far tarocchi fotografici, perché avevo in mente una certa prima pagina del Giornale....

La nostra speranza è che almeno un politico di sinistra (uno, non chiediamo troppo!), nel corso dei dibattiti che intasano i canali televisivi, trovi il tempo di zittire i garruli sostenitori di Don Gelmini (per esempio Gasparri o Giovanardi) illustrando alcune delle poco edificanti vicende biografiche del prete-manager (da garantisti non ci pronunciamo sulle quasi cinquanta denuncie di molestie sessuali, alcune su minorenni, che gli sono piovute sul capo negli ultimi tempi).

Le "imprese" di Don Pierino Gelmini , "prete di strada" tra lusso, business, politica e carcere.di Valerio Gigante, Agenzia cattolica Adista, 1-9-2007
Ha detto di essere vittima della “lobby ebraica-radical-chic” (ritrattando poi lo scivolone, costatogli una valanga di critiche e la rinuncia dell’avvocato Franco Coppi a difenderlo), della massoneria, dei gay, del laicismo radicale, della magistratura anticlericale. Ma la vicenda di don Pierino Gelmini, indagato dai pm di Terni per presunti abusi sessuali nei confronti di alcuni ragazzi della Comunità Incontro (ad accusarlo, diversi ex ospiti della struttura da lui fondata e diretta) parte da lontano. La “vocazione” dei fratelli Gelmini. Quella di Gelmini è infatti una biografia lunga e con diverse zone d’ombra. Nato nel 1925 in provincia di Milano, ha vissuto e studiato in Lombardia. Ma è stato ordinato prete nel 1949 lontano dalla sua zona di origine, nella diocesi di Grosseto.
Circostanza curiosa, che le note biografiche riportate sul sito web della Comunità Incontro spiegano così: da Milano, Gelmini si presenta al vescovo di Grosseto, “diocesi bisognosa di clero”, e “si prepara al sacerdozio”. A quell’epoca il vero “don Gelmini”, quello famoso, non era lui, ma il fratello padre Eligio, esuberante frate minore che preferiva il cachemire al ruvido panno francescano, precursore di tante figure di preti mediatici e mondani che frequentano salotti, feste e studi televisivi. Padre Eligio era confessore e assistente spirituale di vip e calciatori (era, tra l’altro, il “cappellano” del Milan, oltre che amico intimo di Gianni Rivera), l’unico prete al mondo a poter vantare di aver concesso un’intervista al settimanale sexy Playboy, frequentatore di eventi mondani, nonché fondatore della comunità di recupero per tossicodipendenti «Mondo X» e del Telefono Amico. Particolarmente dettagliata nel raccontare i primi anni di sacerdozio di don Pierino - che negli anni ’60 diventa segretario del card. Luis Copello, arcivescovo di Buenos Aires fino al 1959, passato poi in forze alla Curia vaticana come Cancelliere di Santa Romana Chiesa –, la sezione del sito internet della “Comunità Incontro” dedicato alla biografia di Gelmini omette del tutto gli eventi che caratterizzano il periodo che va dalla metà degli anni sessanta al 1979. Sono infatti gli anni in cui per don Pierino iniziano i problemi con la giustizia e le vicissitudini giudiziarie.
I primi guai giudiziari. “Già nel 1965 - racconta Marco Lillo in un articolo pubblicato dall’Espresso il 16/8 - un anno prima di darsi ai tossicodipendenti, il sacerdote aveva comprato la splendida tenuta di Caviggiolo con tanto di maniero e riserva di caccia a Barberino del Mugello, sull’Appennino toscano. I giornali dell’epoca raccontano che gli assegni per 200 milioni di lire (del 1965) consegnati alla Società Idrocarburi per l’acquisto erano scoperti e il tribunale inflisse tre mesi di galera a don Pierino”.Nel 1969 il prete acquista un’altra villa all’Infernetto, zona Casal Palocco, una delle più “in” dell’hinterland romano. La biografia ufficiale di Gelmini si limita ad accennare all’abitazione definendola “una casa più ampia” di quella dove don Pierino aveva sino ad allora vissuto. Per la precisione si trattava invece di una villa in cortina a due piani protetta da un largo muro di cinta con ringhiera di ferro battuto, un vasto giardino in cui era custodita una Jaguar, piscina, due cani, tre persone a servizio: un autista, una cuoca e una cameriera. Insomma, se al fratello Eligio piaceva la bella vita, don Pierino non era da meno. Ma il tenore di vita di don Pierino viene compromesso dalla magistratura: il 13 novembre 1969 i carabinieri lo arrestano nella sua abitazione (grande scalpore sui giornali dell’epoca suscitò la notizia che i carabinieri avevano trovato una Jaguar nel giardino di don Pierino) per emissione di assegni a vuoto, truffa e fallimento di una cooperativa di costruzioni collegata con le Acli di cui il sacerdote era tesoriere e che doveva costruire palazzine all’Eur. Gelmini viene anche coinvolto in un’inchiesta che riguarda la ditta di import-export tra Italia e Argentina che aveva costituito sfruttando – si disse – le buone entrature ottenute attraverso i servizi resi al card. Copello.
Nel 1970 il prete ripara quindi all’estero, nel Vietnam del Sud, dove fa amicizia con l’ex arcivescovo della cittadina di Huè, mons. Pierre Martin Ngô Ðình Thuc, fratello di Jean Baptiste Ngô Ðình Diêm, dittatore del Vietnam del Sud, assassinato nel 1963, ormai caduto in disgrazia presso gli Stati Uniti. Ma anche in Vietnam Gelmini ha grane con la giustizia: proprio dall’ex arcivescovo di Hué, insieme a madame Nhu, vedova del fratello minore del presidente Diêm e per anni sua first lady, viene denunciato per appropriazione indebita. Nel 1971 torna in Italia. Ed entra in carcere. Il processo a suo carico si era infatti concluso con la condanna a quattro anni, che don Pierino sconterà interamente. Uscito di prigione - dopo aver trascorso un breve periodo di ritiro in Maremma per volontà delle autorità ecclesiastiche - nel 1976 don Gelmini torna in cella, ad Alessandria.
Insieme al fratello Eligio è infatti accusato di aver ricevuto una bustarella di 50 milioni da Vito Passera, imprenditore in difficoltà che puntava sui buoni uffici dei fratelli Gelmini per diventare console onorario della Somalia e ottenere facilitazioni nel commercio di burro tra gli Usa e il Paese africano. Stavolta però in prigione don Pierino ci rimane poco tempo. Assieme al fratello, viene prosciolto dalle accuse e nel ‘77 è di nuovo nella sua villa romana a Casal Palocco. Nel 1979 don Pierino, sulle orme del fratello (che nel 1974 era riuscito a farsi assegnare gratuitamente dal conte Lodovico Gallarati Scotti l’uso del suo castello di Cozzo Lomellina come sede del suo “Mondo X”), dà inizio al business antidroga. 1979: nasce la holding della tossicodipendenza“Don Gelmini Spa”, titola il 16 agosto l’Espresso, ricostruendo la nascita dell’impero economico del prete antidroga. La prima comunità di recupero nasce ad Amelia, in provincia di Terni. Don Pierino si fa assegnare in comodato d’uso per 40 anni un frantoio abbandonato, il Mulino Silla, in una piccola valle chiamata delle Streghe, facendone la sede della sua nuova attività. Nel 1988 sindaco di Amelia diviene l’ex leader della Cgil Luciano Lama. È lui a segnalare alla procura il fatto che a don Pierino i vincoli del piano regolatore stavano stretti e i piccoli casali abbandonati che andava acquisendo si trasformavano in enormi strutture senza le necessarie autorizzazioni. “Alla fine - racconta l’Espresso - tutto fu sanato, grazie anche ai socialisti della giunta”.
Così le proprietà immobiliari della Comunità Incontro hanno potuto estendersi senza sosta, al punto da comprendere, nella sola provincia di Terni, boschi, uliveti, vigneti e pascoli per una ventina di ettari, oltre a diversi fabbricati sparsi tra Cenciolello, Porchiano e la strada di Orvieto. Oggi la Comunità di don Gelmini conta ufficialmente 164 sedi in Italia e 74 nel mondo. Dati contestati però da Stefania Nardini in un articolo comparso su Gente d’Italia, quotidiano italiano delle Americhe. La giornalista, che ha passato un periodo presso la Comunità Incontro, racconta di culto della personalità, di body guard armati di pistola, di macchinoni di lusso (un vizio antico), di disparità nel trattamento degli ospiti, ma anche di cifre gonfiate a beneficio della sua immagine pubblica: “Si parla di 164 sedi residenziali in Italia - scrive la Cardini - e invece sono 64, di 180 gruppi d’appoggio che in realtà sono una ventina, di un turnover residenziale di 12 mila persone (turnover in cui sono comprese semplici richieste di informazioni), di 126.624 ingressi in comunità tra il 1990 e il 2002, mentre attualmente si registrano non più di 20 o 30 colloqui al mese, il che significa al massimo 360 ingressi all’anno, cifra che si riduce alla metà considerando coloro che rinunciano”.Anche sui cospicui introiti delle Comunità i numeri sono incerti: “La trasparenza amministrativa - racconta l’Espresso - non è mai stata una priorità della comunità. Sul sito internet non c’è traccia del bilancio. Bisogna andare alla Camera di commercio a Roma per scoprire che la Comunità Incontro, organizzazione non lucrativa a fini sociali, è presieduta da una sconosciuta: Umbertina Valeria Mosso, avvocato di 86 anni.
Il comitato direttivo è composto dalle persone più vicine a don Pierino, come Claudio Legramanti e Claudio Previtali e dal ‘don’, che è il segretario generale, ma con ampi poteri di gestione”. La politica: un ritorno di “fiamma”In ogni caso, il suo piccolo impero don Gelmini lo ha realizzato anche in virtù delle sue ottime entrature politiche, oltre che alle cospicue donazioni che il suo carisma ha saputo intercettare. Solo in occasione della megafesta per gli 80 anni di don Pierino, nel 2005, Berlusconi dichiarò di volergli devolvere 10 miliardi delle vecchie lire. Alla mega kermesse in onore del prete ottuagenario c’era anche un altro grande amico di Gelmini, l’allora ministro Maurizio Gasparri. Insieme ad altri rappresentanti del governo, come Rocco Buttiglione e Pietro Lunardi, oltre a Gustavo Selva e ad una sfilza di sottosegretari. E ad un esponente della “Prima Repubblica”, l’ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, da anni tra i volontari della “Comunità Incontro”.A tanta benevolenza da parte del leader e degli esponenti della Casa della Libertà, Gelmini ha sempre risposto con una indefessa militanza a destra, che - oltre ad intercettare verso Berlusconi il consenso di migliaia di visitatori ed ospiti (nonché delle loro famiglie) passati in comunità negli ultimi 30 anni - si è più volte caratterizzata con la presenza di Gelmini a manifestazioni politiche ed elettorali. Lo si è visto spesso con esponenti di An (lo scorso anno, in campagna elettorale, era a fianco del candidato sindaco di Roma Gianni Alemanno).
Nel 2006 don Pierino fu uno dei maggiori sostenitori della nuova legge sulla droga che ha eliminato la differenza tra droghe leggere e pesanti. “Grazie, Gianfranco, per la legge contro la droga, affido a voi di An il compito di difendere i principi cristiani”, disse don Gelmini ai delegati di An presenti alla conferenza programmatica del partito, il 5 febbraio 2006. Le accuse a don Gelmini: nella Chiesa, qualcuno sapevaLe recenti accuse di molestie sessuali hanno - per la verità - qualche precedente negli anni d’oro della Comunità incontro. Come quando, il 23 novembre 1991, venne ritrovato morto sgozzato a Rimini Fabrizio Franciosi, cittadino di San Marino, anni prima ospite della Comunità del Mulino Silla. Durante le indagini, il fratello della vittima raccontò che poco tempo prima di morire Fabrizio gli aveva raccontato di aver subito da don Gelmini abusi sessuali in una casetta nel parco della comunità. Nel 2003 don Antonio Mazzi, animatore della comunità per tossicodipendenti Exodus, ricevette la lettera di un ragazzo che raccontava di aver subito molestie sessuali da parte di don Gelmini nel 1993, quando aveva trascorso un periodo di sei mesi ad Amelia. Poi il giovane si era trasferito in una struttura di don Mazzi, con il quale si era confidato ed aveva continuato a mantenere rapporti epistolari. Ma Mazzi ha raccontato questi fatti solo nelle scorse settimane, quando il caso don Gelmini era già scoppiato. Sentito dal procuratore di Terni Carlo Maria Scipio e del pm Barbara Mazzullo, Mazzi ha comunque ribadito punto per punto ciò che aveva già rivelato circa il contenuto della missiva. Nel 2004, un libro di Marco Salvia, Mara come me racconta la vita all’interno di una comunità di recupero di tossicodipendenti, delineata nei termini di un lager gestito da un prete bigotto e fanatico e da responsabili violenti.
La storia è romanzata, ma il 23 gennaio 2005 il quotidiano il manifesto pubblica una lettera con cui l’autore usciva allo scoperto, dichiarando che i fatti narrati nel libro erano reali e che dietro la figura di don Luigi, il padre-padrone della comunità, si celava don Pierino Gelmini. E poi ci sono le accuse fatte da Bruno Zanin nel suo libro-autobiografia Nessuno dovrà saperlo, in cui afferma di aver subito abusi sessuali da Don Gelmini all’età di 13 anni (il capitolo che parla dell’abuso è stato messo online dall’autore all’indirizzo internet www.bispensiero.it/documents/DonGiustino.pdf). Nel libro, Zanin, che è stato negli anni ’90 collaboratore di Radio Vaticana, racconta anche di aver parlato degli abusi all’allora direttore dei programmi dell’emittente, p. Federico Lombardi (oggi direttore della Sala Stampa vaticana) ed a mons. Giovanni d’Ercole, religioso orionino, capo ufficio della sezione affari generali della segreteria di Stato del Vaticano, da sempre amico di don Pierino e da qualche mese direttore responsabile della rivista della comunità “Il Cammino” e dell’emittente Tele Umbria Viva, di cui Gelmini è proprietario. Titoli e sottotitoli Anche con la Chiesa cattolica i rapporti, a dispetto delle difese d’ufficio tratta che oggi vengono fatte di don Pierino come dell’ennesimo prete vittima delle persecuzioni mediatiche e laiciste, sono piuttosto tesi. Fin dal 1963, quando don Pierino iniziò a fregiarsi del titolo di monsignore, senza esserlo, il Vaticano ha iniziato a diffidarlo dall’utilizzare quel titolo e in seguito lo ha anche sospeso a divinis. Sospensione poi ritirata, ma il titolo tanto agognato non arrivava. Nel 1988 Gelmini risolse allora il problema con un abile éscamotage: pur essendo un prete di rito latino, aderì ad una Chiesa cattolica di rito orientale, quella melkita, e si fece insignire del titolo di Esarca Mitrato della Chiesa cattolica greco-melkita. Titolo onorifico che non equivale certo a quello di vescovo. E nemmeno a quello di monsignore. Nelle biografie “ufficiali” di don Gelmini però il titolo ottenuto dalla Chiesa melkita è messo in grande evidenza (insieme ad un’altra lunghissima sequela di bizzarri riconoscimenti: da “maggiore garibaldino e primo cappellano della Legione Garibaldina” a “gran comandante dell’Ordine di George Washington”). Non solo per la sua altisonanza, ma perché dà all’esuberante prete il diritto all’uso dell’anello, della mitra, della croce e del pastorale quando celebra la messa con rito greco (o avendo ottenuto dal Vaticano uno speciale permesso a celebrare con il doppio rito). Ma a don Gelmini certe sottigliezze liturgiche vanno strette e la messa continua a celebrarla in rito romano, vestendo però i sontuosi paramenti greco-cattolici.
Una piccola rivincita con la gerarchia che tanto lo ha bistrattato don Pierino se l’è presa il 20 ottobre del 2000, quando Wojtyla ricevette in piazza San Pietro trentamila rappresentanti delle Comunità Incontro. La benedizione del papa polacco non ha però migliorato i difficili rapporti con la Curia, che continua a non amarlo. Recentemente, al card. Francesco Marchisano, presidente dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica, che gli ha chiesto di fare un passo indietro per meglio difendersi dalle accuse, don Pierino ha risposto: “Mi chiede di fare un passo indietro? Lo faccia lui in avanti, in un burrone”. E comunque, ha tenuto a precisare don Pierino, “io non guido un’associazione religiosa, ma laica”.)Fonte: italialaica.it